- Ma una volta che si sono formate le squadre, i tur-ni di gioco come si fanno ? - Come i posti del tavolo, quelli sono i turni. II bel-lo del gioco e che tu non sai chi e che gioca con te. Ap-pena avrai detto la carta, tutti e quattro incominceranno a guardarsi storto, ad accusarsi a vicenda di essere l'in-truso, a proclamare le proprie carte prive di denari di ogni specie. Uno di loro mente. Ma fino a che quella carta non salta fuori non puoi sapere come va il gioco, ne tu ne i tuoi avversari. Soltanto chi ha il re a denari conosce tutta la situazione, e ovviamente fara di tut-to per non farsi trovare, magari perdera anche grossi punti per farsi scoprire piu tardi possibile. Hai preso tutto? - Dai le carte, si fa un giro di prova. Era tomato a casa alle quattro del mattino, dopo aver depositato nonno Ampelio sul divano di casa sua, per-che nonna Tilde andava a letto alle undici e chiudeva con il chiavistello, chi c'era c'era. E si era veramente divertito. Da allora, ogni tanto, quando la clientela e i presenti lo permettevano, giocava a briscola in cinque e si divertiva come uno scemo. Due Era passata un'ora e mezzo circa e la partita era finita: Pilade aveva vinto, Massimo e Aldo si erano di-fesi bene, per Ampelio e per il Rimediotti baratro. Men-tre Massimo, tomato giocoforza barista, radunava i bic-chieri, i quattro giovanottini orientarono faticosa-mente le sedie in direzione della passeggiata. Tra-sformato il circolo vizioso in anfiteatro Parlamentäre, si apprestavano a quello che, qui a Pineta, e l'auten-tico sport nazionale. Farsi gli affari degli altri. - Allora, l'avete visto? Ora ci s'e avuto anche l'o-micidio. - Toh, davvero. Povera crista, ammazzata in casa, figurati! Giä in giro non ci si pole piü anda' con tutti vest'arbanesi che c'e a giro, ora figurati, vengano a am-mazzatti in casa. - Gino, scusa sai, in primo luogo mi devi spiega' co-sa c'entra l'arbanesi; e poi come fai a sapere che l'han-no ammazzata in casa ? - Aveva le ciabatte ai piedi, le pantofole di pelo. Ora colle pantofole di pelo ci va a giro fori di casa solo la 30 31 Siria, che ě ancora viva anche se ě mezza rincoglioni-ta, quindi l'hanno ammazzata in casa. - Certo poveraccia... Massimo vuotó il portacenere ricolmo nel secchio, e intanto non riusci a trattenersi dal domandare: - E gli albanesi, scusi? Gino lo guardó da sotto in su, ammiccó col mento verso l'alto (gesto millenario, atto a rafforzare le pro-prie opinioni quasi invocando presso di sé la sapienza celeste: ě indispensabile nelle discussioni da bar, specie sugli argomenti di non univoca interpretazione, quali prestazioni di centravanti, familiaritá di una fem-mina a pratiche orogenitali et similia) e disse: - No, ti sembran pochini ? Secondo te ě regolare che tutta questa gente arriva, senza documenti che 'un si sa nemmen chi sono, e io devo crede' che sia tutta gente ammodo? Sono ma dei manigoldi! Spacciano, rubano, credano ďessere chissá chi... - No, dicevo, - continuó perfidamente Massimo -cosa c'entrerebbero stavolta? Mi spiega perché tutte le volte che succede qualcosa lei mi deve tirare in mezzo gli albanesi, anche quando scipparono quella don-netta davanti al bagno Lomi ? Gino avvampó e perse il filo del discorso per un attimo. Tre settimane prima, una bagnante era sta-ta scippata della borsetta davanti alio stabilimento balneare, e il vecchietto aveva tenuto banco per due giorni con il pericolo albanese, profetizzando sven-ture di ogni risma e invocando l'intervento dello State Continuó fino a sera del terzo giorno, quando ven- ne fuori che lo scippatore era il nipote del suo di-rimpettaio. Approfittando del momento, Pilade si insert nel discorso: - Come lo sai delle pantofole ? - Ce lo diceva Massimo prima che tu arrivassi, l'ha trovata lui quella disgraziata - disse Gino un po' so-stenuto. - E stato il primo a trovarla. - Cos'e, le ho mandato all'aria gli albanesi e ora so-spetta di me? - L'hai trovata te ? - Non esattamente, l'ha trovata un tizio li vicino al cassonetto. Quando l'ha trovata ha tentato di te-lefonare alia polizia, pero aveva il cellulare scarico. Siccome il bar era l'unico posto aperto, alle cinque e un quarto, e venuto da me a telefonare alia polizia: solo che era ubriaco da strizzare, quindi il centrali-nista ha creduto a uno scherzo e ha messo giu. Sono andato con lui a vedere dov'era il cadavere, e poi alia polizia ho telefonato io. Sono arrivati dopo cinque minuti, dopo dieci avevano riconosciuto la morta, e siccome avevano gia chiamato il dottore avevano tut-ti una faccia... Massimo fece una pausa, mentre passava il panno sul tavolino e lo scuoteva nel secchio. Per pensare alia scena di quella mattina, non doveva sforzarsi: si ri-cordava tutto con precisione. II dottor Carli gli era simpatico, tutto sommato, e quando arrivo al parcheggio della pineta era curioso di 32 3 3 vedere come avrebbe accolto la cosa: vedere nel cas-sonetto una persona che conosceva. Di vista, magari, ma la conosceva. E soprattutto era la figlia di una persona della quale era moko amico. II dottore non aveva smentito la sua fama di persona serafica: aveva subito riconosciuto la ragazza, ed era rimasto solo un attimo fermo davanti al corpo, prima di scuotere la těsta in modo dubbioso. Non gli era sembrato dispiaciuto: probabilmente do-veva aver capito qualcosa giá quando era arrivato. Nes-suno aveva avuto la presenza di spirito per guardarlo negli occhi mentre, sceso dalla macchina, salutava gli agenti. Solo dopo aver esaminato il cadavere, con una delicatezza che di solito gli era estranea, si era lascia-to un po' andare. - Lo sa qual ě il problema ? Massimo non disse nulla, continuando a guardare il dottore negli occhi che ora tradivano una discreta in-quietudine. Era evidente che non aveva nessuna voglia di tornare a casa: verosimilmente, preferiva la parte del medico efficiente a quella dell'amico addolorato. - II problema ě che lo devo dire ad Arianna. Appunto, pensó Massimo. - Vuole farlo lei? - gli domandó. Domanda cretina, ma non ce la faceva a staré in silenzio mentre il dottore si puliva gli occhiali forse per la cinquantesima volta. Molto alto, circa due metri, sulla cinquantina, col volto pacioso e capelli brizzolati, sembrava proprio quello che era: un medico sulla scéna del delitto. So- migliava vagamente a Guccini, a proprio agio su quel piazzale come Fvancesco sul palco. Si era vestito in fret-ta e furia come sempre: inoltre, era tomato tardi da un ricevimento e non doveva aver dormito molto. - Vedrai... se non glielo dico io. Poveraccia. Anzi, poveracce tutte e due. Sembrava che si preoccupasse molto di piu della ma-dre che non della figlia. Era anche logico: la madre era una sua arnica storica, che passava almeno un paio di settimane a Pineta. La figlia doveva averla vista appena, anche se abbastanza da riconoscerla; quando uscivano insieme, i ragazzi (la figlia di Arianna, il figlio del dottor Carli e altri ragazzotti del posto) an-davano per conto loro. A trarre Massimo dall'impiccio ci penso la voce stentorea del commissario Fusco, per il quale Massimo provava dei sentimenti che lo di-sturbavano. Ne aveva parlato una volta, proprio col dottor Carli: e si erano trovati d'accordo sul fatto che non era uma-namente possibile trovare, nel dottor commissario come lui avrebbe amato far si chiamare, niente che ispi-rasse la minima briciola di simpatia. Dopo aver concluso, in armonia con Carli, che Vinicio Fusco era permalo-so, arrogante, testone, presuntuoso e vanesio, il dot-tore aveva sentenziato: - Quell'uomo e un libro di barzellette sui calabresi. E Massimo, che aveva approvato interamente la con-clusione, tutte le volte che pensava a Fusco non pote-va fare a meno di chiedersi se per caso, a forza di stare con il Rimediotti, non stesse diventando un po' raz- 34 35 zista. Si consolava pensando che quando andava all'u-niversitá, a Pisa, un suo amico siciliano, del quale tut-to si poteva dire tranne che facesse distinzioni razzi-ste, in un momento di ebrietas aveva tracciato «l'i-dentikit del perfetto idiota»: e tra le altre caratteristi-che fondamentali, che Massimo non ricordava, dove-va essere ingegnere, juventino e calabrese. Comunque, dato il momento, il dottor commissario ar-rivava al momento giusto. Bello gioviale, visto che ama-va il suo lavoro e gli piaceva svolgerlo di fronte a un pub-blico, arrivó di spalle ai due di sorpresa e tuonó allegro: - Allora, Walter, mi dica tutto: etá, sesso, ora, causa, varie ed eventuali. II dottore, con lo sguardo rivolto verso la punta del-le sue scarpe, intrecció le mani dietro la schiena, poi attaccó: - Etá diciannove anni, sesso femminile, casomai ci fosse bisogno del dottore per questo, morta all'incirca tra le due e le cinque ore fa, non di meno né di piú. Causa del decesso, strangolamento. Varie ed eventuali, il mondo ě pieno di stronzi. Fusco la incassó piena. Quasi sicuramente si era di-menticato che Carli la conosceva. Rimase un attimo fer-mo, con la mascella protesá in avanti e le mani sui fian-chi, quindi risolse che era meglio darsi da fare per can-cellare la figura di merda. Cominció subito urlando ai fotografi che voleva le stampe prima della fine della mat-tina, quindi concentró la sua attenzione su una Clio ver-de scuro parcheggiata li vicino, con le ruote del lato de-stro nel fango delle pozzanghere. - E questa? Ando vicino all'automobile, guardó dal finestrino e řece la faccia di chi ha capito tutto. Quindi, dopo aver indicate un agente, lo chiamó con un cenno della mano. Massimo osservó divertito il giovane spilungone av-vicinarsi ad ampie falcate al piccolo Fusco e irrigidirsi sull'attenti per ricevere ordini. - Riposo, Pardini. L'automobile del ragazzo, quello che ha trovato il corpo. Ci sono ancora le chiavi nel cru-scotto. La tolga di qua che rompe i coglioni - ordinó Fusco al torace dell'agente Pardini. - Commissario, mi scusi - intervenne il ragazzo, che stava attendendo di essere interrogato in modo informale, e che al momento si sentiva giustamente al centro dell'attenzione, ma venne interrotto da Fusco con un cenno della mano aperta. - Tranquillo, ragazzo, mentre ti spostano la macchina ci facciamo quattro chiacchiere. A che ora hai scoper-to il corpo ? - Prima ě meglio che le dica un'altra cosa. Guardi che... Fusco si avvicinó al ragazzo con uno sguardo trucu- lento, probabilmente provato per interi minuti davan-ti alio specchio, con le mani sempře sui fianchi. - Ragazzino, prima ě meglio che rispondi alle mie do-mande. Lo ripeto piano, cosi intanto ti passa la sbor-nia e capisci: a-che-ora-hai-scoperto-il-corpo? Frattanto Pardini, entrato in macchina, si era ag-giustato il sedile portandolo avanti, quindi aveva gira-to la chiave e messo in moto. L'automobile rimase fer-ma, con le ruote che slittavano nel fango. Arrivarono 36 37 altri due agenti, e spingendo l'automobile riuscirono a disimpantanarla. - Alle quattro circa, sono sicuro. - In che posizione era ? - Era dentro il cassonetto, con la faccia che sporge-va. Com'era quando siamo arrivati. - Lo so, lo so. E te ne sei andato subito al bar? - Non subito. Ho aspettato un pochino per vedere se mi passava il giramento di testa, poi ho preso e sono andato. Per poco non sfascio la macchina per arri-vare, la Micra nuova di trinca. Fusco guardö nell'ordine: il ragazzo, la Clio verde scu-ro, il ragazzo, la pozzanghera davanti a lui, quindi con gli occhi fissi su quest'ultima chiese: - Eh? - Ho detto che ho aspettato un pochi... - Fermi! - urlö Fusco agli agenti che ormai avevano spostato l'automobile: quindi, gli occhi al cielo, ug-giolö: - Meeerda... - Si voltö di nuovo verso il ragazzo, incazzatissimo: - Tu chiaramente non me lo potevi dire subito, no! Un'automobile con le chiavi nel cruscotto sul luogo dove e stato rinvenuto un ca-davere, e io la faccio spostare! E perche? Perche nessuno mi dice nulla! Ma cosa cazzo hai in quella testa ? - Guardi, signor commissario - disse il ragazzo, che sembrava sinceramente dispiaciuto e anche un po' in-timorito - che e proprio quello che cercavo di dirle prima, quando mi ha interrotto... Con gli occhi sbarrati, il commissario rimise le ma- ni in tasca. Guardo tutti i presenti con l'aria piu truce che gli riusci di trovare, quindi si volto e si allon-tano borbottando audibilmente: - E tanto e sempre col-pa tua, Fusco. Eh gia. II ragazzo rimase in silenzio, guardando la schiena di Fusco con una faccia che incominciava a tradire un tan-tino di mancanza di fiducia nello Stato. Massimo e il dottore, che aveva ritrovato una par-venza di sorriso, si scambiarono uno sguardo d'intesa. - Ogni volta che lo vedo all'azione scopro sempre qualcosa di nuovo - disse il dottore. Subito dopo s'incupi di nuovo. Un po' per curiosita, un po' per tentare di distrar-lo altri cinque minuti, Massimo gli chiese: - Mi spie-ghi una cosa, per cortesia: quando lei dice «tra le due e le cinque ore» lo dice per avere la certezza, l'inter-vallo in cui di sicuro e successo, e magari ha un'idea precisa, oppure ha realmente significato un interval-lo cosi largo ? II dottore scosse la testa, poi rispose senza guardarlo: - Al momento e cosi, non posso dire di piu. Per es-sere piu certi ci vogliono altri esami, si determina l'an-damento della temperatura auricolare o rettale nel tempo, il contenuto dello stomaco se si conosce l'ora precisa della cena, e si puo essere piu precisi, ma dipende da quando e successo tutto. Se il decesso risale a poco prima, si puo essere molto precisi. Comunque... - il dot-tore guardo Massimo - ... sono sicuro che la ragazza e morta verso mezzanotte, ora piu, ora meno. Ma potro essere sicuro solo dopo... insomma, dopo. 38 39 Intanto Fusco si era riavvicinato. Chiamó il dotto-re con la mano, e mentre lo aspettava disse a voce al-ta a Massimo e al ragazzo: - Voi due restate a dispo-sizione, dovró interrogarvi ufficialmente. Nel pome-riggio vi manderó a chiamare. - Quindi ora devi andare dal Fusco e farti interro-gare? II bar adesso era vuoto, dentro e fuori. La gente era andata tutta al mare, non si sarebbe visto nessuno prima delle sei di sera; a quell'ora arri-vavano a gruppi di due o tre, a prendere una schiac-ciatina e una birretta di ritorno dal mare. Poi, dalle set-te fino a quando piaceva all'Altissimo, cominciava la vita. Massimo lasció che il pensiero vagasse tra le scene che avrebbe visto tra non moko, alle facce che avrebbe salutato. Tipi palestrati con ragazze abbron-zate oltre il pensabile, livornesi col gilet direttamente sul torso nudo e il catenone d'oro, femmine talmente belle, levigate e curate da poter essere solo puttane di altissimo bordo erano li tutte le sere, tutti diversi ma tutti uguali come veniva da pensare a Massimo. Che poi, come sempře, si vergognava senza motivo di clas-sificare un cosi interessante gruppo di persone sotto un verso di Luis Miguel. Alcune facce, alcuni atteggiamenti, certe volte lo incu-riosivano talmente che gli sarebbe piaciuto andare li, dal-la persona, e attaccarci discorso per vedere che tipo era. Talvolta lo aveva fatto, e 1'esperienza non ne valeva trop-po la pena. - Pianeta Terra chiama Massimo: Massimo rispondi! Massimo si scosse. Aldo abbasso le mani che aveva messo a megafono intorno alia bocca e approvo con un cenno del capo. - Dica. - Ora devi andare da Fusco ? - Si, fra mezz'ora. Perche? - Non faceva meglio a venire lui qui ? Ampelio gli diede man forte: - Faceva meglio davvero. Te sei qui, a lavora', lui per fatti du' domande poteva anche veni' senza la rot-tura di dovecci anda' te! Ti pare? Massimo sorrise scuotendo la testa: - Nonno, mi deve interrogare in caserma, con qual-cuno che riporti le mie dichiarazioni. E poi se venisse qui, te lo immagini ? Tempo dieci minuti tutto il pae-se saprebbe tutto quello che sa il commissario. Anzi, di piu. Non mi fate quelle facce da martire perche non e il caso. - Mmmhh... Pilade si era appoggiato generosamente sullo schie-nale della seggiolina; tipico atteggiamento di chi deve rivelare qualcosa. Prese il pacchetto di Stop, ne estras-se una (ma come si fa a fumare una roba simile ? pen-sava sempre Massimo) e se la accese mentre cominciava a parlare, cosi che la sigaretta tra le labbra ballon-zolava al ritmo delle consonanti. - Lo sai qual e il ganzo ? II ganzo di tutta la faccenda, caro Massimo, e che il paese ne sa gia di piu di quello che sa il commissario. Primo, perche il Fusco e un 40 41 fesso - gli astanti annuirono in modo coordinato - e secondo, perche se una cosa e successa in paese, a qual-cuno del paese, c'e sicuramente qualcuno che sa un pezzetto di quel che succede. Qualcuno che ha visto qualcosa, e non sa cosa significhi. Dammi retta, Massimo, il Fusco dovrebbe venire qui al bar e parlare con tutti quelli che passano di qua, poi andare a casa di tutte le donnette, poi andare al mercato, e cosi via. Da lui, direttamente, non ci va nessuno, pero intan-to io sono uscito di casa alle due e dieci e la mi' mo-glie era al telefono da un'ora e venti: quando torno stai tranquillo che mi fa una chiorba come un cbomero col delitto. Massimo si mise a ridere. Pilade aveva ragione: il brainstorming di vecchiette era cosi temibile che nessuno sarebbe sfuggito, in quei giorni, alle elucubrazioni nate da sedicenti Miss Marple rintanate in casa a te-lefonare a tutti quelli che conoscevano. Basta che non accusino me, penso. Tre - Cognome e nome ? - Massimo Viviani, cioe Viviani Massimo. - Nato? - Certo, sennö non sarei qui. - Vuol essere cosi esauriente da dirmi anche dove e quando ? - Pisa, cinque febbraio millennovecentosessantanove. - Grazie. Professione? - Barrista. A Massimo il malumore di dover andare in com-missariato era aumentato parecchio. Aveva aspettato quasi un'ora il dottor commissario (in una tristissima stanzina con una porta a vetri, a cui augurava di essere alle prese con inderogabili impegni di tipo intestinale) in compagnia di una foto di Ciampi e di un opu-scoletto suH'utilitä e l'importanza della figura professionale dell'artificiere. Dopo averlo letto due o tre volte ed aver cercato gli errori di stampa (nemmeno uno: cosa rara) si era acceso una sigaretta e aveva lasciato vagare il cervello fino al momento della chiamata. Uno dei tre subalterni era andato a chiamarlo e lo aveva in- 42 43