Radice di venticinque Boia de'. Non si respira dal caldo. Te guarda per que-sto affettaminchia del Fusco mi vado a chiappare la ma-dre di tutte le insolazioni, accidenti alia sua di madre, quel tegamaccio marcio senza manico. Questo era tutto quello a cui Massimo era in grado di pensare, mentre andava verso il commissariato. Per stare al fresco passö dalla pineta e allungö un po' la strada. Prese macchinalmente una sigaretta, ma con quel caldo pensö che non se la sarebbe goduta, quindi la rimise nel pacchetto e continuö a camminare. Camminando, guardava per terra e catalogava so-vrappensiero i rifiuti di cui la pineta era ricca: - Cartone di Coca... carta dei panini... e la mia, si... bravi ragazzi... penna... incarto di preservativo... ma come fanno... io avrei paura... poi ti vanno gli aghi di pino nelle chiappe, ti fai male... avanzi di rigatoni... questi sono peggio... i rigatoni al pomodoro al mare, dio bono... ce n'e certi che si portano anche il cacciucco e i piatti di ceramica... e il vino... i fiorentini, poi... loro sono davvero il massimo; sembra che debbano or-ganizzare un assedio, si portano tutto... pane, pro-sciutto, pinne e occhiali, coccodrillo di gomma «per i' bimbo» e quintali di derrate alimentari... per forza ne affoga dieci l'anno... e da stupirsi che non muoiano di congestione direttamente in pineta... perlomeno qui se parlo da solo nessuno mi sente... Tuttavia, si azzitti. Uscito dalla pineta, aveva dovuto fare solo un cen-tinaio di metri per raggiungere il commissariato: ma era-no bastati e avanzati per farsi un bei bagno di sudore. Massimo non sopportava nemmeno l'idea di essere su-dato: lo metteva a disagio. Entrö in commissariato e si sedette su un divanet-to. Stese le gambe sul divano e si rassegnö ad una lun-ga attesa. E invece, sorpresa!, Fusco usci dallo studio e lo chiamö dentro. Li, in evidente posizione da interrogati, c'erano una ragazza sui diciassette vestita con un top verde, che serviva solo come evidenziapuppe, e una mi-crogonna arancione, che cosi conciata sembrava la ni-potina di Cher, e un ragazzo un poco piü grande. II ragazzo era di media statura, abbronzato tanto da far risaltare dei denti che sembravano fluorescenti, e aveva l'aria di chi non dorme da parecchie ore. Tutti e due, nonostante l'aria condizionata, grondavano di sudore, e la ragazza doveva aver pianto fino a poco tempo prima. II commissario, al contrario, sembrava perfettamen-te a suo agio: si sedette e fece cenno con la mano a Massimo di fare altrettanto. - Bene, signorina, per ora non mi serve altro. Ora l'agente Pardini le chiederä di dettare la sua deposizione 66 67 e di firmarla. La pregherei pero di non lasciare il pae-se, potrei aver bisogno di parlare ancora con lei. Quan-do dovrebbe tornare a casa, signorina Messa ? La ragazza tiro su col naso e disse: - Non so, tra una settimana, credo... ma se le serve io posso fermarmi an-che tutta Testate, io... qualsiasi cosa possa fare... - e comincio a piangere, silenziosamente. II ragazzo non la guardava, sembrava che facesse di tutto per non met-tersi a piangere anche lui; ciononostante, sembrava piu spaventato che non addolorato. E ne hai ben donde, penso Massimo. La ragazzina, intanto, era riuscita a do-minarsi e lo guardo con aria interrogativa, lui fece un cenno spasmodico con una mano a dirle che andava tut-to bene. Lei lo guardo ancora e, a cenni, gli fece capi-re che lo aspettava. Lui le fece segno di no, poi alzo una mano in un malcerto tentativo di saluto tranquillizzante. Massimo comincio a trovarsi a disagio e stava per dire a Fusco che sarebbe tomato dopo, ma il commissario lo guardo e gli fece cenno un'altra volta di stare sedu-to. Chiamo l'agente Pardini e fece accompagnare la ragazza, si alzo e chiese con voce sussurrata: - Novita ? - Eh, niente. Stamani e passato da me Ochei. Mi ha detto una cosa che mi sembra importante. - E sarebbe ? - Che lui e andato a rufolare nel cassonetto, alle quat-tro e mezzo di notte, per cercare qualcosa da mangia-re. Dice che la ragazza non c'era ancora. - Ah. Le quattro e mezzo. E come fa ad esserne sicuro ? - L'ha visto sull'orologio laser. - L'orologio laser? - Si, quello dell'Imperiale. - Strano. Fusco si sedette e comincio a tamburellare con una matita sul tavolo. - Parecchio strano. Tradotto in soldoni, la ragazza e stata portata la tra le quattro e mezzo e le cinque del mattino. E una finestra di tempo piuttosto stretta. Bene. Inoltre - prosegui il commissario - c'e qualco-s'altro. Siccome la ragazza e stata uccisa tra mezzanotte e l'una, il referto medico e preciso, questo significa evi-dentemente che l'omicidio e stato commesso in un luogo distante al massimo quattro, cinque ore di mac-china dal cassonetto. II che vuol dire tutta la Toscana, l'Umbria, la Liguria e parte del Lazio. Si, e il resto mancia, penso Massimo. Che macchina ha, una Trabant usata colla roulotte dietro piena di por-fido? - Bene - disse il dottor commissario - io la ringra-zio e la lascio tornare al suo lavoro. Prima pero passi dall'agente Tonfoni e firmi la deposizione che l'altra volta si era scordato. Buon pomeriggio. Fuori, ad attenderlo, oltre alle solite pennellate di aria bollente, c'era la ragazza. Aveva smesso di piangere. Si accosto a Massimo che agognava il fresco della pi-neta e procedeva a passo veloce. - Scusi, posso chiederle una cosa ? - Prego. 68 69 Massimo rallentó il passo. Ciononostante la ragazzina, che non era molto alta, continuava a taccheggiare ve-locissimo per stargli accanto; camminava sui tacchi al-ti con una facilitá che lo colpi. Sembrava una bimba, ma aveva l'insieme e il portamento di una modella, molto piu dei soprammobili venticinquenni che gli consu-mavano aria e patatine al bar all'ora dell'aperitive La sua ex moglie, quella maiala, non sapeva camminare sui tacchi alti: una volta che erano andati a teatro si era comprata apposta le scarpe col tacco alto, «che tu ve-dessi Massimo come ci stanno bene sul vestito rosa col-la giacca scollata», e l'indiscutibile eleganza dell'insie-me da fermo era guastata dall'incedere a scatti e fuo-ri fase, tipo automobile col cambio manuále guidata da un americano. - Lei, cioě, quel commissario li dentro... lo conosce bene? - Non molto - rispose - frequenta il bar. - E che tipo ě ? - chiese la ragazza guardando Massimo. - Mah... La ragazza lo guardó di nuovo. Aveva gli occhi ver-di e il trucco, che le era colato da ogni parte per il pian-to, li sottolineava in modo violento. Sembrava che le si stessero squagliando per il caldo. Massimo decise di essere sincere - Sostanzialmente, ě un po' un coglione. Erano appena entrati in pineta, silenziosamente. La ragazza guardó in terra, quindi si giro di lato e, fer-mandosi, ricominció a piangere silenziosamente. Im- barazzatissimo, Massimo si guardo intorno: vide una panchina, e ci fece accomodare la piangente pulzella spe-rando che smettesse presto. Apr! il pacchetto di siga-rette e ne accese una, tanto per fare qualcosa. Tirando su col naso, la ragazza disse qualcosa che fi-niva in «uno». Massimo non capi e disse: - Scusa? - Ce l'ha con Bruno. - II ragazzo che e in commissariato ? - Dovevano uscire insieme, ieri. Massimo si divert! per un istante con l'immagine di Fusco con un gran mazzo di fiori che aspettava impa-ziente il ragazzo davanti a un ristorante, poi ritorno alia realta. La ragazzina si guardo intorno, poi chiese a Massimo: - Me la darebbe una sigaretta ? - Certo -. Gliela porse. - E dammi del tu, per favore. Lei fece un tentativo di sorriso. - Va bene. - Come fai a sapere che Alina e il tuo amico dovevano uscire insieme ? - Non e mio amico, e mio fratello -. Tirata di sigaretta, pausa. - Alina mi ha telefonato, ieri. Mi ha det-to che cenava con uno, ma non mi ha detto con chi. Allora io le ho chiesto se era il suo ragazzo, e lei mi ha detto «in un certo senso...». Io le ho chiesto se lo co-noscevo, e lei mi ha detto no, che non lo conoscevo as-solutamente. Intanto aveva smesso di piangere, ma non di tirare su col naso. Prese un fazzoletto, si soffio e lo butto via con un gesto che cominciava a denotare allenamento. 70 71 Massimo intanto stava zitto. Dentro di se, stava ri-muginando « nonsonoaf f arituoinonsonoaf f arituoi-nonsono...». Per vincere la tentazione. Cominciava a chiedersi cosa c'incastrava lui in quella situazione, e perche fosse tanto curioso di quello che stava suc-cedendo. A stare coi vecchi, penso, sto diventando una vec-chia comare anch'io. Dai, Massimo, fatti gli affari tuoi e torna al bar, che c'e da lavorare. - E allora perche pensi che fosse tuo fratello? -chiese infine, mentre nella testa gli si affacciava l'im-plausibile ma appropriata immagine di un tabellone lu-minoso da stadio, con scritto «Tentazione F.C. 3672 -Massimo 0». Lentamente, la bimba fece si con la testa. - Ieri sera Bruno ha ricevuto un messaggino sul te-lefono, da Alina. Cera scritto «Alle dieci davanti ca-sa mia?» e uno smile. Lo so perche 1'ho letto. - Tuo fratello te l'ha fatto leggere? - No, l'ho letto di straforo mentre era in bagno. Cioe, non e che ho fatto una cosa bella, lo so, ma io... - si fermo, guardo dritto Massimo negli occhi e disse, con franchezza improvvisa: - Io non volevo che uscisse con Alina. Ah, penso Massimo. - Scusa, non per farmi gli affari tuoi («0 falso!» lam-peggiava il tabellone), ma perche? La bimba stava per rispondere quando nella piccola radura davanti alia panchina arrivo, annunciata da un rumore di foglie, una cinquantenne grassa come un lot- tatore di sumo con al guinzaglio uno Yorkshire. La donna si fermo ansimante accanto ad un albero e guardo Massimo con una faccia acidissima che probabilmente significava «badali che schifo avra vent'anni piu di lei». Allora la ragazza guardo di nuovo Massimo e disse: -Da un'altra parte ? Intanto la donna continuava a guardarli male, mentre l'acconto di cane si esibiva in una ridicola pisciati-na su un cespuglio da cui Massimo si immaginb un ala-no che usciva, lo acchiappava di mascelle e lo portava via come in Un pesce di notne Wanda. - Va bene, vieni con me. Ti va un gelato ? - disse Massimo, pensando che se proprio doveva passare da pe-dofilo tanto valeva farlo in grande stile. Si alzo, e mentre andavano via si volto a guardare la cicciona; si accerto che la ragazza non guardasse, le sorrise e le fece con la mano il gesto dell'accelera-tore come a dire «e dopo me la trombo». La cicciona avvampo. Dieci minuti di silenzio dopo, erano seduti a un ta-volino all'ombra fuori del bar. Massimo aveva scelto apposta il tavolino piu distante da quello dei vecchietti, che facevano finta di giocare a carte e ridacchiavano. Sempre compreso nei suoi compiti di barrista, arrivo Aldo. Si posiziono dietro la ragazza, si schiari la voce con discrezione e chiese con voce compita: - II signor conte desidera ? - Innanzitutto che tu vada in culo, e dopo, quando hai fatto, mi porti un te freddo. Per te? 72 73 - Una Coca, grazie. Aldo approvo con un lieve cenno del capo e ando via. - Sigaretta? - No, grazie. Qui c'e gente. I miei non lo sanno che fumo. - Scusa se ritorno subito al dunque, ma perche non volevi che tuo fratello... La ragazza si passo le mani nei capelli, lo sguardo perso. Per un attimo Massimo ebbe paura che gli dicesse che non erano affari suoi e andasse via. Che nemmeno avrebbe avuto tutti i torti, fra l'altro. - Ora non pensare che io parlo male di Alina, pero... il fatto e che, parlandone come da viva, era parecchio indipendente, molto sveglia, diciamo, cioe... Ho capito, penso Massimo. Parlandone come da viva, era un po' troia. - A me mi raccontava dei suoi ragazzi, che faceva, dove la portavano... non c'e niente di male, affari suoi, pero non volevo che prendesse in giro il mi' fratello. Erano stati insieme Testate scorsa, una volta. Per lei tutto come prima, niente di serio; era un amico con cui, insomma, era successa una cosa... Lui invece era ipnotizzato, proprio. Le telefonava tutti i giorni minima tre o quattro volte, se lei andava in discoteca ci andava anche lui, non le si scollava un attimo. Lei par-lava con lui, si imboscavano alle feste e tornavano do-po un'ora, stavano in due sullo stesso asciugamano al mare. A me sembrava che lei fosse contenta di aver-ci il cavalier servente, pero ogni tanto, quando non sta- vano insieme, le sue soddisfazioni se le prendeva. Lo so perche l'ho vista. Pero a me diceva che lei e Bruno non facevano niente, erano amici e che gli aveva detto chiaro che erano solo amici. Gli piaceva starci insieme. Io invece volevo che se la levasse dalla testa, e infatti si incontravano di nascosto, e non mi dice-vano niente. E ora lei e morta, e io sono qui (singhiozzo) che faccio la stronza e (singhiozzo ripetuto e mento che trema un pochino) e non so nemmeno per cosa sto piü male... Chinö la testa, ma la ritirö su subito dopo. Aveva gli occhi lucidi, pero era riuscita a non piangere stavolta. Massimo pensö che era meglio trovare un modo per spe-dirla a casa il prima possibile. - I tuoi sanno qualcosa ? - I miei... non si rendono conto di un tubo. E per quello che ho paura ad andare a casa, ora. Cioe, io non posso andare a casa a dirgli cosa sta succedendo. Non ti rendi conto. Quelli svengono. A meno che non ci abbia giä pensato Fusco, a dirgli qualcosa, nel qual caso sono giä svenuti, pensö Massimo. Spero che tu abbia dietro le chiavi, senno oltre al resto dormi sullo zerbino. - Forse e meglio che tu ci vada. Qualsiasi cosa suc-ceda, e non e detto che succeda qualcosa, e meglio se i tuoi genitori lo vengono a sapere da te. Dammi retta. La ragazza tenne gli occhi bassi un momento, poi ten-tennö la testa in un cenno di assenso. Si alzö facendo scorgere a Massimo un notevole canyon intrappolato 74 7.5 nel top verde, rimise a posto la sedia e si incammino. Dopo qualche passo, tornö indietro e sorrise: - A proposito, mi chiamo Giada. - Bel nome. Io sono Massimo. Aldo arrivö con 1'aplomb del maggiordomo inglese, depose le bevande sul tavolino e si mise a un lato con le mani dietro la schiena. - II signor conte ě servito. - Arrivi in tempo, piucchealtro. - Mi scuso, signor conte, ma il luogo da lei men-tovato non mi era noto, e ho dovuto faticare assai per reperirlo. Di certo lei col suddetto culo ha mag-gior dimestichezza, visto come si ě comprato questo esercizio. - Grazie comunque. Cosa cacchio ridono quei defi-cienti, li dentro ? - Era in corso una diatriba, signore, sul fatto che la sua amica fosse piccola. Ci si chiedeva se non fosse trop-po piccola per afferrare čerti argomenti. In senso me-taforico, s'intende. - Me 1'immagino. Ora comunque torno dentro, gra-zie di tutto. Rientrö nel bar e venne accolto da nonno Ampelio, che ghignava come uno che la sa lunga. - Allora ? - Cos'e quella macchia? - Quale macchia ? - Sui pantaloni, questa. - Ma so assai io... sembra gelato. Dev'esse' vecchia. - Si, si, vecchia -. Si voltö verso Aido. - Col cazzo che ti lascio il bar un'altra volta, a te e a tutto il resto del gerontocomio. - Vero - disse il Del Tacca. - I vecchi a te non ti garbano tanto. Del resto s'ě capito che a te piace la car-ne giovane, non dubita'. - Gia - intervenne Ampelio. - Sei un ber troiaio, ar-tro che discorzi! Badali se devi anda' dietro a una che ciavrä sedicianni, con tutte velle che c'ě a giro. Se lo sapesse la tu' nonna... - Nonno, se nonna Tilde sapesse la meta di quello che ti vedo fare, dire e mangiare qui dentro tutti i gior-ni, in casa ci dovresti rientrare coi pompieri. Aido prese la parola, mentre nonno Ampelio non-curante della minaccia metteva a posto le carte: - D'altronde oggi, finora, ti sei divertito solo te. Inutile resistere. Se continuava a fare finta di niente e non cambiava discorso, avrebbero continuato a prender-lo in giro tutto il giorno. Massimo si sedette e cominciö. - Allora, la ragazza che ě venuta con me si chiama Giada Messa; 1'ho incontrata in commissariato, era li col fratello. II fratello, Bruno, ě il ragazzo che ha ri-cevuto 1'ultimo messaggio inviato dal telefonino di Ali-na. La ragazza ha letto di nascosto questo messaggino sul cellulare del fratello; c'era scritto di andare a casa di Alina alle dieci, per andare a cena. - A cena alle dieci? - interruppe Ampelio. - Hanno visto un ber mondo. A casa mia restavan senza, sa'. Quando ero a quell'eta... 76 77 - Cosa succedeva quand'eri a quell'etä loro lo san-no, perche siete coetanei, e a me mi importa una sega. Scusa, sai, ma sennö finisco domani. II ragazzo ha rac-contato alia sorella di essere andato a casa di Alina alle dieci meno dieci e di avere aspettato Ii fino alle undid e trenta. Dunque, fino qui i fatti. Ora, le opinions La ragazza dice che Alina e il fratello avevano un intrallazzo, non ho gli elementi per dire se e cosi o no. Lei e convinta di si. Ha detto anche che a lei 'sta co-sa non andava a genio perche... - Perche parlandone come da viva - disse Aldo, -questa Alina Costa aveva appena l'etä di guidare la mac-china, perö dice che di cambi ne aveva maneggiati giä parecchi. Massimo lo guardö un attimo. - Certo, com'e piccino questo paese - disse il Del Tac-ca con fare indifferente. - L'ho sentito dire dal Pigi, quello che lavora all'A-ra Panic. L'Ara Panic, ovvero la discoteca di quelli che si cre-devano piü ganzi degli altri, irritava il cielo con le sue luci di richiamo per un vasto tratto di lungomare verso la cittä. D'estate come d'inverno, una lunga fila di disertori della vanga, parcheggiate in divieto carpiato le immeritate Mercedes, si assiepavano ai cordoni d'en-trata per sottoporsi speranzosi o alteri al vaglio di ul-teriori beoti, prezzolati dalla balera al fine di concedere l'ingresso solo ai piü fulgidi rappresentanti della raz-za. AlPinterno, il volume della musica e tale da rinci-trullire del tutto gli astanti che giä in media hanno me- no neuroni ehe capelli. I druidi che officiano il rito della selezione si chiamano, in gergo, buttafuori: il Pigi, al secolo Piergiorgio Neri, era uno dei baldi rappresentanti della privilegiata casta. Trent'anni anagrafici, abbronzatura intensa, capelli neri con i colpi di sole, torace ipertrofico e depilato che deformava magliette attillatissime con squarci nei punti tattici, sorriso a tren-tadue denti sottolineato da un pizzetto vezzosamente tinto di viola, il Pigi suscitava nei villeggianti una gamma di reazioni pressoché completa che andavano dal-ľadorazione tipo totem delle liceali ai rapidi segni di croce della vedova Falaschi. - Bel tipo anche lui. Quando te l'ha detto? - Ieri sera, al ristorante. E venuto a cena prima di andare alia discoteca, come fa sempre. Ha mangiato po-co e bevuto acqua, come sempre, poverino. Parlava con due suoi amici, e diceva che la ragazza morta andava spesso li all'Ara Panic. Diceva che piú che ballare Testate scorsa consumava i divanetti. - E te, non volendo, hai sentito tutto. - Anche non volendo, parla piu forte di Ampelio. Sara l'abitudine a stare in mezzo al casino, ma parla che lo senti in tutto il ristorante. Una volta un tizio, uno con una faccia da killer della mafia russa, che gli stava se-duto al tavolo accanto, per farlo smettere, gli ha chie-sto: «Ma lei piano non parla mai?» e lui, furbetto: «Si, quando trombo». Una scena piu bella di quella li non ľho piu vista. 'Sto qui gli ě andato a due centimetri dagli occhi, lo ha guardato fisso nelle pupille per qual-che secondo e gli ha detto tranquillo tranquillo: «E quan- 78 79 do ti prendono a calci in culo cosa fai, piangi?». Allo-ra..., da li in poi, e stato un agnellino. Dunque, dice-vamo di Alina. II Pigi diceva anche che quest'estate non l'aveva ancora vista, ne in discoteca ne da altre parti. - Secondo me c'e andato anche lui - disse il Rime-diotti testeggiando in modo sapiente. - Tanto e poo un troiaio, quer vagabondo. Dice che una volta ha messo incinta una di sedicianni, e poi l'ha fatta aborti'. Me l'ha detto la Zaira, quella che il su' nepote lavora alia discoteca dell'Imperiale. (Altra regola fondamentale, nel farsi gli affari di per-sone mai viste ne conosciute, e la documentazione delle proprie asserzioni con precisi riferimenti a persone, o an-cor meglio a parenti di persone, la cui competenza in materia sia assicurata da una qualsivoglia analogia con la persona in questione; cio conferisce anche al piu ardito spro-loquio la struttura rassicurante di un sillogismo). - Si, perb ora rimettiamoci un attimo in carreggiata -disse il Del Tacca. - Siccome il Pigi, fondamental-mente, 'un c'incastra nulla, rimaniamo sui fatti. Si diceva che questa bimba, pace all'anima sua, era sveglia, no? E questo mi torna. Quel che non mi torna, a me, e un'altra cosa -. Sorso di Campari, per creare il climax. - Vero, Massimo? - Pub darsi. Se mi dici cosa. Magari non torna nem-meno a me. - No no, fidati, a te torna di sicuro. Sono due anni, da quando hai aperto il bar, che ci pigli per il culo. E sempre a farvi l'affari dell'artri, e io vorrei sape' cosa ve ne frega, e te dimmi se quello t'ha fatto quarcosa di male... e intanto ora sei li, colla seggiolina! E prima sei stato a parla' un'ora con una che nemmen conosci e hai lasciato il bar da solo. No, eh! Allora, siccome non conosci nessuno in questa faccenda, ora mi spieghi perché. Se c'e un perché. Massimo accavalló le gambe, si mise a braccia con-serte e guardó il Del Tacca. Era tutto il pomeriggio che tentava di non pensar-ci. Non sono affari tuoi, pensó ancora una volta. Ma siccome non era capace di non pensarci, tanto valeva arrendersi. - C'e un motive Ho visto il Fusco. Ho visto il ra-gazzo. Ho sentito quello che ha detto il dottore sui mes-saggi. II Fusco ha fatto due piu due, ed ha trovato il colpevole. Logico. Rapido. Un ottimo risultato. - Davvero, non sembra vero - disse Aido. - Uno deficiente come il Fusco si trova fra capo e collo un omi-cidio, lui che fa fatica a fare le parole crociate, e lo ri-solve in due giorni. D'altronde, con gli elementi che aveva raccolto, ci sarei riuscito anch'io. - In che senso? - chiese Massimo. - Che anch'io avrei individuato il colpevole. Quel ra-gazzo, cioě -. Aido si alzó dal tavolino, andó alia spina della birra e si riempi il bicchiere continuando a chiac-chierare. - Non ě come nei gialli. C'e il movente, c'e l'occasione, ci sono le prove. Torna tutto. - Bravo fesso. Tu, come lui. Avreste sbagliato en-trambi. - Se', lo dice lui - disse il Rimediotti. - Figurati. E chi puó esse' stato, sennó? 80 81 - Questo non lo so. Ma Bruno Messa, no. Assolu-tamente no. Ci fu un momento di silenzio. Poi Ampelio ridacchió con aria compiaciuta," prese il bastone e indicó con quello i vecchietti rimanenti. - Guardali come ci sono cascati. Massimo, appena hai smesso di di' cazzate, me lo fai un caffě ? - Non sto scherzando, non sto dicendo cazzate. Ve-diamo se riesco ad essere chiaro: sono assolutamente certo che Bruno Messa, la persona che in questo momento ě nell'ufficio di Fusco, non ha ucciso Alina Costa. Non sono, purtroppo, in grado di provarlo in mo-do accettabile per un tribunále. Stavolta l'effetto fu meraviglioso. I quattro si vol-tarono a guardarlo come un sol vecchio. - E come... - parti il Del Tacca, ma fu interrotto da Massimo. - Non ho intenzione di dirvi niente al riguardo. D'altronde, non possiamo essere sicuri che Fusco ar-resti il ragazzo. Potrebbe non farlo. D'accordo, con le prove che ha in mano sarebbe un deficiente a non ar-restarlo, ma questo comportamento in lui sarebbe un'i-terazione, non una rivelazione. - Scusa, ma allora cosa vuoi fare ? - Se non lo arresta, niente. Non sono mica affari miei. Se lo arresta, tenteró di spiegarmi. Voi, nel frat-tempo ... - si rese conto dell'inutilita di quello che sta-va per dire, per cui si corresse - ditelo a meno perso-ne possibile. Sei - «Aveva un appuntamento con l'assassino? Servi-zio di Pericle Bartolini. Pineta: Alina Costa, la giova-ne barbaramente assassinata la notte tra sabato e do-menica scorsa, aveva un appuntamento con un amico, B. M., di anni 18, la notte in cui venne uccisa. Appuntamento al quale, secondo B. M., la giovane non si sarebbe mai presentata. Ma gli inquirenti la pensa-no diversamente. Ieri infatti, al termine di un inter-rogatorio di oltre quattro ore, il pm Aurelio Bonanno ha ufficialmente iscritto nel registro degli indagati il giovane, la cui posizione adesso appare critica. Secondo il responsabile delle indagini, commissario Vinicio Fusco della Polizia di Pineta, la ricostruzione dei movi-menti dell'assassino ě compatibile con il lasso di tempo (tra le nove e mezzo della sera di sabato e le sei del-la mattina di domenica) in cui il giovane non ě stato in grado di fornire un alibi. Questa, secondo le Stesse fonti, la dinamica del tragico fatto: l'omicidio ě avve-nuto, secondo il parere del medico legale prof. Walter Carli, tra la mezzanotte e l'una del mattino e succes-sivamente, secondo alcune testimonianze, il cadavere della sventurata giovane sarebbe stato trasportato sul 82 8 3