lecchi 1970 pp. 25-29), un racconto ben costtuito e ricco di significati, che meritá un es'ame attento della costruzione narrativa e delia struttura tematica. Potete prendere come guida l'analisi molto acuta ed esaunente di E. Lugnani Scarano, Vanatomia di un corpo in una storiella vana di C. Boito, in « Lingui-stica e lettetatura », VI, 1981. Giosue Carducci Carducci conobbe Carolina Cristofori Piva nell'aprile 1872 e intrecciö con lei una relazione sentimentale che durö sin verso il 1878. Lina (cantata nella poesia con il nome di Lidia) aveva 28 anni ed era moglie del cokmnello gari-baldino Domenico Piva, dal quale aveva giä avuto tre figli e ne ayrebbe avuto altri tre. Carducci aveva 37 anni ed era in una fase nuova e cruciale della sua vita (Mat. 82). Cos! egli confessö il suo amore in una lettera all'amico Giuseppe Chiarini: « Bella, per me, e certamente: bella per agil persona, per un ovale di viso tutto greco e intorneato di bei capelli castagni, per soavissima e melodiosa voce: e graziosissima. Ed e molto istruita: conosce il tedesco e l'inglese: legge un poco di latino: scrive il francese come una donna francese del sec. xvii: fece anche qualche verso, ma non gli mostra; e ora non ne fa piu, per dispe-razione di fame come vorrebbe: scrive lettere stupende, e vorrei poter mostrar-tene almeno dei frammenti. Adora il Foscolo, ma non il Jacopo Ortis; ama poco i poeti francesi (son riuscito a farle ammirare Andrea Chenier), e punto i tedeschi. Odia la mescolanza del lirico e del satirico, del sentimento e dell'ironia; e degli epodi miei non approva e non ama che la parte sinceramente lirica. In somma b classica pura. E nervosa ed entusiasta, ma non sentimentale; ha qualche cosa del saffico, nel miglior senso: e, sebbene maliziosa come tutte le donne, e perö schietta, e ha gli abbandoni naturali che le piü belle donne non hanno. Sebbene ingegnosissima e colta come poche donne, sente la natura; e non ha fatto divorzio da lei [...] ora ne sono innamorato; e sarebbe ella la mia consolazione suprema e divina se non fosse il mio tormento per le circostanze mie e le sue. E tanto buona e generosa e gentile! e 1'animo e il carattere e anche l'ingegno suo corrisponde tanto al mio! » '. T119 Una lettera ď amore Lidia aveva mandato ä Carducci un suo ritratto giä príma di conoscerlo personál-mente, quando aveva avviato con lui uno scambio di lettere. (In quel tempo era diffuso il costume di scambiarsi, fra amici, fra poeti, fra conoscenti, i propri ritratti fotografia: si ovviava alla difficoltä degli incontri con Vuso entusiastico del nuovo mezzo tecmco). Quel primo ritratto é quello di cui egli paria qui, «avvezzo ai suoi bací ». Un altro ritratto aveva inviato alla moglie e alle bambine di Carducci, príma cbe s, rompessero i rapporti fra loro, come avvenne quando la moglie scoperse la relazione del marito con Lidia. Un terzo ritratto lo aveva inviato di recente, in G. Carducci, lettera a Giuseppe Chiarini da Bologna, 6 luglio 1872, in Epistolario, Ed. Naz., 744 VII: 1871-72, Bologna, Zanichelli, 1941, pp. 244-246. risposta ä una richiesta di Carducci, Ě questo che dä ľavvio alla lettera. ed era di lei molto giovane, appena sposata. Mia dolce signora, La rosa e quelľarmonica luce ' d'innocenza di gioventú e ďamore, che la fotografia non puo dare to 1 ho aggiunta alla cara imagine. Quamo arcano di volutta m quei dolci e fissi occhí pensosi e ridenti, in quella bocca! Quanti dolci pensier quanto desio! Beato come gli děi, beato piú che gli děi (il sospiro delia 5 divina Saffo e immortale) ch, di quella fanciulla ebbe il primo bacio, gli amori priml. Certo, il prode e nobile uomo era degno di lei: come ella era sola degna ricompensa a chi ltbero aveva affrontato la morte per la patria \ Non ho osato di porre un bacio su quella imagine: mi sarebbe parso vile ed infame turbare anche in eŕ&gie la sposa giovinetta. Ma mi sono sfogato con quelľaltro ritratto: 10 esso ě avvezzo a' miei baci, e non li respinge. Non li respinge, b vero: ma guarda, e tace, e par sorridere della mia illusione, del desiderio mio vano. Ah pantera! Del resto, i re e i papi impiccavano e bruciavano (e impiccherebbero e brucerebbero tuttora, se la borghesia non si fosse impossessata ella delle corde e del carbone), impiccavano e bruciavano, dico, anche in effigie3: sia permesso '5 a un repubblicano di baciare in efEgie. Ne sei tu sdegnata? Le tue lettere sono divine, ma bruciano. Ho paura che ľeliso voglia cangiarsi in inferno4. Abbi pieta del mio cuore, della mia ragione, dei miei doveri! SI, verrô a Miláno; ma non ora. Sarebbe troppo presto, ho ľanima troppo commossa, voglio racquistare un po' di calma: debbo racquistarla, ho da mettere insieme un volume di scritti5. 20 Verrô a Miláno, ma negli ultimi del giugno o nei primi di luglio. Sii savia: ě forse un bene questa lontananza. No, non ti ristringere sola a vivere nelľanima mia (sebbene, quanta superba contentezza per me!), non volere sfuggire del tutto le sale e i ritrovi eleganti. Môstraviti, bella, serena, raggiante; e ti parli nella fronte la superbia di esser ľam -re mio, ľamore del poeta della ragione e delia *5 libertä. (G. Carducci, lettera a Lidia, da Bologna, 20 aprile 1872, in Epistolario, Ed. Naz., VII: Wl-72, Bologna, Zanichelli, 1941, pp. 142-43) Esercizi 1. Non é difficile ricavare, da questa lettera, una serie di spie (in čerti temi afírontatí, o solo sfiorati, nel giro dei discorsi) delia concezione che Carducci aveva del ruolo delia donna e delľuomo nel rapporto ďamore. Provate a chie-dervi: perché la donna é detta pantera? Perché, in un contesto di esaltazione delia bellezza e desiderabilitä di lei, prende espressione a un certo punto il timore che « ľeliso voglia cangiarsi in inferno »? Che funzione hanno, nel di-scorso, le allusioni al patriottísmo eroico del marito di Lidia e alla militanza repubblicana e razíonalistica di Carducci? Che funzione hanno le allusioni al- armonica luce, armoniosa luce; Carducci allude forse a quell'aria particolare, di candore verginale; che egli immagina dovesse circondare il volto di Lidia appena sposata, e che egli ricostruisce con la fantasia guardando il ritratto. * chi... patria, il marito di Lidia era stato gari-baldino e aveva partecipato alia spedizione dei Mille. itiipkcavano ...in effigie, impiccavano o brucia- vano simbolicamente. sul rogo l'efTigie del con-dannato contumace; l'esecuzione in effigie era pra-ticata nel Medioevo e anche in epoca pm tarda. ' cbe I'eliso ... in inferno, che le disposizioni di Lidia verso di lui mutino; l'Elisio era per gli an-tichi la dimora ultratenena degli eletti. ! un volume di scritti, allude ptobabilmente agh Studi letterari, che sarebbero usciti a Liyorno, presso Vigo, nel 1874, e a cui stava attendendo. 745 1'atrivítá lettetaria di Catducci e al libro che sta scrivendo? É possibile co-struire un sistema sémantice, sotteso a tutta la lettera, e basato su contrappo-sizioni come erotismo/eroismo, amore/letteratura, ecc? 2 La lettera e tutta intessuta di citazioni letterarie e poetiche: Carducci (e a quanto pare anche Lidia) tendevano a esprimere i loro sentimenti, e a no-bilitarli, usando il filtro letterario. Provate a identificare aleune dl queste citazioni. L'allusione a Saffo puö aiutarvi a trovare il modello del « Beato come gli děi... ». A Dante risale il « Quanti dolci pensier... » (verificate su Concordanza della Commedia di Dante Alighieri, Torino, Einaudi, 1975). II « desiderio mio vano » ě leopardiano (e frequente anche in altri testi carduc-ciani), ecc. T120 Una lettera in stile « kitsch » Neue leitete a Lidia del 1872-73 Carducci esprime spesso il suo entusiasmo per le glorie e le bellezze di Ferrara estense e rinascimentale (giungendo quasi ad antici-pare la jutura scelta monarcbica) e per la poesia del ferrarese Ariosto. Scriveva, infatti, nel dicembre 1872: «E ora mi sono sprofondato nelVAriosto; e cib mi giova. Quanto mi piace che egli proprio delľetä mia s'innamorasse del suo vera e nobile amore! » '. Carducci era andato a Ferrara su invito di studiosi locali e si era immerso negli archivi, con I'intento di preparáte, per il centenario della nascita del poeta ferrarese (1874), una sua biografia. II progetto fu attuato solo in parte: restano gli studi sulla giovinezza latina di Ariosto e i discorsi sul poema. Amor mio, unica desiderata, Bacio e ribacio la bruna che m'invii nunzia ďapril1 e che mi reca un soave e quasi tepido senso di odore, di sole, di amore e di baci sospirosi... Non so se la dolce tua lettera fosse giunta ieri, perché ieri non andai alla posta. Andai a Ferrara, a inaugurare con un discorso mio una serie di lezioni su la storia ferrarese ehe aleuni giovani e professori si propongono fare. Che stupenda cittä, nella sua solitudine, amica mia! che palazzi, e che sale, in cui la purissima elegantissima arte del rinascimento par che aspetti ancora le Lucrezie e le Eleonore2 e la poesia dell'Ariosto e del Tasso. Děi della mia Grecia! nel palazzo Giraldi v'e il club dei commercianti, nel castello degli Estensi, nel castello di Parisina e di Lionello 3, ci sta il prefetto Scelsi! Oh il palazzo del diamante4! oh puritä di 1 G. Carducci. lettera a Lidia, da Bologna, dicembre 1872, in Epistolario, Ed. Naz., VIII: 1872-7), Bologna, Zanichelli, 1942, p. 56. 1 la bruna... d'april, una viola, probabilmente in-viatagli da Lidia; la frase ě forse una citazione, di cui pero si ignora la fonte; non ě escluso che si tratti di uno dei versi che Lidia componeva. 2 le Lucrezie e le Eleonore, i nomi di Lucrezia e di Eleonora ricorrono piů volte nella casa d'Este; in relazione a Ariosto e Tasso si ricordano: Eleonora d'Aragona, moglie di Ercole I marchese d'Este — per la sua morte (1493) Ariosto scrisse un epicedio; Lucrezia Borgia (1480-1519) che spo-sö Alfonso i d'Este — Ariosto scrisse un et' 746 mio pet le loro nozze; Lucrezia (morta nel 1598) e Eleonora (1537-81), sorelle di Alfonso 11 d'Este, entrambe protettrici e ammiratrici di Tasso. 1 palazzo Giraldi... Lionello, il palazzo Giraldi ě uno dei tanti palazzi fatti costruire per irapulso degli Estensi a Ferrara. II castello, intziato nel 1385 e successivamente ampliato, fu adibito a palazzo ducale; qui vissero dunque anche Laura Malatesta, detta la Parisina, moglie di Niccolô m d'Este, accusata d'adulterio e fatta decapitate dal marito nel 1425; e Lionello, figlio naturale di Niccolô, che successe al padre nel 1441. 1 palazzo del diamante, il palazzo detto dei dia-manti, per le sue facciate interamente ricoperte di lmee, dt colonne di architrayi da Innamotarne come di un canto di Virgilio' oh a porta Sacrati la piu bella porta che abbia mai veduto, una porupge la quäle e sotto la quäle non dovrebbero passare che le belle donne e gS poetT U««a estense e 1 Anosto! A veder quelle sale, ch come s'intende £3k£2 r5 tutta, tutta elosnlare leggiadro e solenne dell'ottava ariostesca! Ed 10 pensava: come starebbe bene qm colei che 10 amo, colei che ha tanto piü ingegno e tanto pm gusto e tanto piu euere dr Eleonora, come ci starebbe bene, vestita da du-chessa! Cara, cara 10 gia amo gli Estensi; e se quella famiglia fosse sopravvissuta, ,0 saret morto volentien sul campo per dare a un estense la Corona d'Italia: sottö 20 un estense sarei monarchico. Che bella cittä avean creato quelli Estensi, che bella e superbacitta; e che coltura che arte, che splendore! Ma gli Estensi sono spenti , e 1 tnsti, 1 dun 1 goffi, gli odiati dalle Muse Savoiardi trionfano in Roma in Firenze in Napoli in Milano. Cosl che, ieri, dinanzi alla demoerazia ferrarese, feci la apologia degli Estensi. ^ ■ r„ - , , ■ c , JG- 9TTTUcci'lctteta a Lldia' da Bologna, 22 dicembre 1873, in Epistolarw, Ed. Naz., VIII; 1872-73, Bologna, Zanichelli, 1942, pp. 369-70) Analisi del těsto Questa lettera si differenzia dalla precedente perché la letterarietä e il gusto poetko classicheggiante, che la erano uno degli elemenri del testo, e servivano con altri a nobilitare un sentimento di amore-passione tipicamente ottocen-tesco e borghese (se non addirittura piccolo-borghese), qui divengono l'ele-mento fondamentale, il senso estetico della bellezza, che serve a coprire di « splendore » quella mediocre situazione umana. II gusto kitsch colora di sé tutto il testo: i due protagonisti si travestono e indossano costumi e assu-mono atteggiamenti che hanno lo scopo di innalzarli socialmente (Carducci diviene Ariosto e Lidia una duchessa estense) e di farli partecipi di un mondo storicamente diverso ed esteticamente superiore: il mondo della bellezza rinascimentale, incarnato in quegli splendidi palazzi ferraresi oggi cosl degradati (il palazzo Giraldi divenuto il club dei commercianti!). L'amore, la sedu-cente bellezza femminile, il virile slancio eroico individuale, l'aspirazione no-stalgica a vivere in una civiltä ormai perduta: tutti questi elementi si fondono per creare l'effetto di nobilitazione estetica della realtä piccolo-borghese. Parole, significati: « kitsch ». Aggettivo tedesco, di cui si conosce un primo uso regionale (bavarese) attorno agli anni 1860, quando veniva applicato a oggetti (spesso ■nobili), risultanti da un'operazione di lavoro di copia, di impasticciamento, di falso vec-chio e falso rustico. All'inizio del Novecento il termine si diffuse, in ambiente tedesco, nella letteratura e nella critica per indicare oggetti artistici e letterari ottenuti con materiali mediocri, in molte copie e a buon mercato. A partire dagli anni Venti il termine, e il concetto, di kitsch divennero occasione di dibattito e di definizione da parte dei sociologi della cultura a degli studiosi di estetica. Attraverso le analisi di Walter Benjamin {L'opera d'ane nell'epoca delta sua riproducibilitä tecnica, 1936), di T. W. Adorno {Filosofia della bugne marmoree; cominciato da Biagio Rossetti gr^Sigismondo d'Este nel 1493, fu terminato nel 1 la porta Sacrati, la porta dei Sacrati, costruita to 1515, opera, secondo alcuni, di Rossetti. MAT 113 1 gli Estenú sono spenti, nella seconda metä dei XVI secolo, dopo essere stata per quasi due secoli uno dei maggiori centri della civiltä rinascimentale, la casa estense decadde; nel 1598 Ferrara passô alla Stato pontifido. 747 e in Giambi ed Epodi): Levia Gravia; Juvenilia (sotto questo titolo, che sottmtende carmina e significa « poesie giovanili », derivando anch'esso dal verso ovidiano ncordato, era rac-colta antecedentemente una sezione dei Levia Gravia, ora svincolata da questi, e accresciuta con componimenti giä apparsi nelle Rime di San Mmiato) 1872 escono le Primavere elleniche, liriche di classica eleganza e artificiosita, poi accolte nelle Rime nuove 1873 escono le Nuove poesie di Enotrio Romano, contenenti quarantasei componimenti, d'indole varia — politica, ellenistica, autobiografica — che saranno in seguito tutti fatti confluire in altre raccolte 1877 escono le Odi barbate, cui seguiranno nel 1882 le Nuove Odi barbare e nel 1889 le Terze Odi barbare; le tre raccolte verranno fuse insieme nel 1893 nelle Odi barbate (Mat. 115) 1882 escono i Giambi ed Epodi, che raccolgono liriche, prima comprese nelle Poesie del 1871, composte prevalentemente tra il 1867 e il 1872 e accomunate dalia violenta intonazione polemica (donde il titolo: nelle letterature classiche il giambo era il verso proprio della poesia polemica, Xepodo era un'ode di carattere morale e satirico) 1887 escono le Rime nuove, che accolgono in diversa disposizione le Nuove poesie e altri componimenti prima inediti o editi sparsamente 1899 escono Rime e titmi: il titolo indica che la raccolta — composta da liriche celebrative d'indole storica ed erudita, e da liriche incentrate su impressioni di paesaggi e di personaggi — contiene insieme poesie conformi alia metrica italiana {time) e poesie barbare (ritmi) Proposte di lettuta e ricerca Molti critici hanno messo in tilievo i collegamenti fra quest'ode carducciana e analoghi motivi e temi trattati in poesia e in pittura da artisti europei di gusto « parnassiano ». Con questo termine viene indicata una «scuola » poetica sorta in Francia nei primi anni Sessanta, rappresentata soprattutto da poeti come Leconte de Lisle, Dierx ed Heredia, che si proponeva un ritorno nostalgico e tardo-romantico ai temi e ai luoghi della classicitä. II termine ě stato esteso anche ad altri scrittori e anche a pittori (per esempio Gustave Moreau e Arnold Bocklin). Spunti per alcuni confronti e un giudizio limita-tivo su questo neoclassicismo carducciano (che privilegerebbe i «luoghi co-muni dell'Ellade oleografica ») in M. Praz, Gusto neoclassko, Firenze, Sanson!, 1940, p. 283 e sgg. Altri elementi di analisi in C. De Lollis, Saggi sulla forma poetica italiana dell'Ottocento, Bari, Laterza, 1929, pp. 133-38 e in P. P. Trompeo, Carducci e Ľ'Annunzio, Roma, Tumminelli, 1943, p. 46 e sgg. Sullo sfondo di storía letteraria: V. Errante, Parnassian! e simbolisti francesi, liriche scelte e tradotte da V. Errante, Firenze, Sansoni, 1953. MAT 115 La poesia barbara. La denominazione di « poesia barbara » per indicare la poesia in lingua moderna che si propone di imitare metricamente la poesia classica ě stata introdotta salda-mente nell'uso — dopo essere affiorata sporadicamente in tempi precedenti, ma con scarsa fortuna rispetto a denominazioni alternative — da Carducci, che chiarno « barbare » le odi da lui composte con I'intento di riprodurvi ľandamento metrico classico, « perché tali [barbare, cioě straniere] satebbeto sembtate al giudizio dei greci e dei roman: ». II tentativo carducciano si riallacciava a una serie di tentativi compiuti in occasione del Certame coronario del 1441, per il quale Leon Battista Alberti e Leonardo Dati composero in volgare versi e strofe esemplati sulla struttura metrica classica. Questi primi esperimenti, come pure altri numerosi eseguiti nel Cinquecento, si fondavano sulla convinzione che fosse possibile determinare anche per I'italiano, come per le lingue antiche, la distinzione tra sil-labe lunghe e sillabe brevi, e perciô ricreare esattamente gli schemi dei versi quantitativi (cioé, fondati non sul numero delle sillabe e sulla posizione degli accenti, quaii sono i versi moderni, ma sulla complessiva quantitä sillabica contenuta, derivante dalla somma di sillabe lunghe e di sillabe brevi — due brevi per una lunga — nei limit! di precise regole di successione e sostituzione) propri della poesia classica. Rivelatosi questo sistema incertamente stabilito nei principi e sconveniente per diversi motivi negli effetti, ne fu adottato in seguito uno diverse, cercando di riprodurre con versi italiani presi singolar-mente o variamente combinati fra di loro il ritmo dei versi latini quale risultava a una leltura non metrica, ma grammatical, che cioě rispettasse gli accenti naturali delle parole. Questo secondo sistema ebbe egregi rappresentanti, nel Seicento e nel Settecento, in Gabriello Chiabrera, Paolo Rolli, Giovanni Fantoni. E a esso, perfezionandolo con nuove invenzioni formali, si attenne Carducci, che pure aveva studiato a fondo il precedente, raccoglien-done anche un'antologia di esempi (La poesia barbara nei secoli XV e XVI, 1 881), e che ben conosceva un altro differente sistema, sperimentato soprattutto in Germania nel Settecento e nell'Ottocento, consistente nel riprodurre la successione degli accenti dei versi classici cosi come erano fissati dalle norme della lettura scolastica. Egli si prove- anche nell'impresa di costruire I'equivalente italiano del distjeo elegiaco, ossia della coppia formata da un^sametro e un pentametro, impresa'rnai prima tentata in italiano perché giudicata troppo difficile data la variabilita del numero di sillabe che i versi potevano accogliere, e scelse per ciascuno di essi vari accoppiamenti di versi italiani. I saggi car-ducciani di poesia barbara, per ľimportanza che loro veniva dalľautore e dal non essere men esercizi tecnici, ma spesso suggestive prove liriche, destarono interesse discussioni, imitazioni, e contribuirono anch'essi (contro i propositi di Carducci, che inscriveva la restaurazione della metrica antica in un generále programma di restaurazione classicistica) a liberare la forma poetica italiana dai suoi tradizionali vincolTTrTBtrfci.;~ 752 « Ad Annie » Negli ultimi anni della vita di Carducci avvenne l'« amoroso incontro »1 con la giovar.e poetessa e scrittrice Annie Vivanti (1868-1942). Conosciuta alia fine del 1889, essa ravvivb in Carducci 1'estro amoroso, un profondo istintivo attaccamento alia giovinezza, alia festosita, alia primavera e una nuova vena di poesia. Di questa breve ode in distki elegiaci si conosce precisamente I'occasione. Ha raccontato Annie Vivanti che Carducci la scrisse a La Spezia, it 6 marzo 1890, quando andb di buon'ora a farle visita. « Mentre egli veniva a vedermi, una vecchietta per la strada gli aveva dato un ramicello di giacinto azzurro, e con questo egli venne a battere alia mia porta. Quando gli fu aperto, egli entrb, senza parlare; e gesticolando vagamente col glauco ramo come se battesse il tempo a qualche suo ritmico pensiero, andb a sedersi al pianoforte chiuso, prese un foglielto di carta, e scrisse... Compose set brevi strofe sempre battendo col fiore il ritmo, e quasi cantando le parole tra se » . Batto a la chiusa imposta con un ramicello di fiori glauchi ed azzurri, come i tuoi occhi, o Annie. Vedi: il sole co '1 riso d'un tremulo raggio ha baciato la nube, e ha detto — Nuvola bianca, t'apri. — Senti: il vento de l'alpe con fresco susurro saluta la vela, e dice — Candida vela, vai. — 1 P. Pancrazi, Vn amoroso incontro della fine Ot-tocento. Lettere e ricordi, Firenze, Le Monnier, 1951, ristampato in P. Pancrazi, Scrittori d'oggi, serie VI, Ban, Laterza, 1953, p. 286 e sgg. 2 Pancrazi, Scrittori d'oggi cit., p. 340. T122 Schema metrico: ode in distici elegiaci; il distico elegiaco latino, formato da un esame-tro e da un pentametro, viene reso in versi ita- liani in modo che l'esametro abbia al primo emistichio un settenario (o, nell'ultimo distico, un senario) e al secondo emistichio un noyena-rio; e che il pentametro abbia al primo emistichio un'quinario e al secondo un settenario. 2. glauchi, color verde mare. 4. t'apri, apriti. 5. de l'alpe, delle montagne che stanno dietro a La Spezia, le Alpi apuane , 6. Ii vela, di una barca nel golto di La Spezia. 753 5589^199^199^5995794529359945995 Mira: ľaugel discende da ľumido cielo su '1 pesco in fiore, e trilla — Vermiglia pianta, odora. — Scende da' míei pensieri ľeterna dea poesia ■ su '1 cuore, e grida — O vecchio cuore, batti. — E docile il cuore ne' tuoi grandi occhi di fata s'affisa, e chiama — Dolce fanciulla, canta. (G. Carducd, Ad Annie, in Opere, Ed. Naz., IV: Odi barbate e Rime e ritmi cit., p. 188) Esercizi Potete osservare, in questo breve testo, una forte dominanza di element! di regolarita e parallelismo. Ció si awerte nella struttura metrica (osservate la disposizione degli accent!), nella compagine ionica, nell'organizzazione sintat-tica (rapporti fra i distici, funzione degli enjambements, disposizione delle parole e delle frasi, procedere per coppie di elementi, ecc), nei rapporti sémantici, nelle riprese interstrofiche, nella circolaritá del temi. Questa regolarita, quasi propria di battute musicali (testimoniata dai ricordi di Annie Vivanti, che abbiamo citato nel cappello al testo), questa quasi « meccanicita » della struttura linguistica e ritmica come si possono spiegare? Che si tratti di un modo per rendere il pulsare entusiastico e vitale dei movimenti interiori ed esteriori del poeta, nella mattina primaverile; oppure di un modo per al-leggerire, con la regolaritá e levita del ritmo, ogni troppo forte partecipa-zione sentimentale? II modello dell'amore romantice si diffonde in tutti gli strati sociali E un fenomeno vistoso: íl modello letterario delPamore romantico si diffonde largamente e rapidamente per mezzo di aleuni strumenti fortunati: Le confessioni di Rousseau, il romanzo autobiografico, quello storico, quello psi-cologico e quello di formazione — nei loro esempi settecenteschi e ottocente-scni —, la poesia romantica europea, il melodramma musicale e anche i compor-tamenti pubblici di akuni poeti (come Foscolo, o lord Byron). Sulle pagine dei romanzi, delle memorie e delle raccolte poetiche, sulle scene, nella vita di societa, la nuova borghesía europea in formazione trova rappresentato il nuovo modello delPamore, nelPampia varieta dei suoi esiti: da quello idílliaco a quello tragico. L'eroe fatale, il giovane virtuoso e sensibile, il fosco seduttore intrecciano i loro destini con la fancřulla bella e pura, la vergine divenuta prostituta, la sedut-trice spietata, la compagna amorevole, ecc. I drammi della fedeltá e della gelosia si intrecciano alle vendette e alla dífesa delPonore. I vecehi procedimenti rétorici della tragedia e della commedia classica — il travestimento, la peripezia, la trama segreta, 1'agnizione, ecc. — si applicano nel romanzo e nel melodramma 7. Mira osserva; umido, ancora intriso di rugia- 9-10. Scende...su 'I cuore, come discende l'uccel- da poiche siamo nelle prime ore del mattino. lo {v. 7), cosl l'ispirazione poefica, che nasce nella 8 Vermiglia, perche awolta di fion rossi, o me- mente e si posa sul cuore; batti pulsa di vita e glio di un colore tra il rosa e il viola (un colore di poesia caro a Carducci). 12. s'affisa, si ferma. alla situazione d'amore. II modello letterario diviene modello di comportamento; il comportamento diviene modello letterario. Quel che e piü interessante e che la coneezione dell'amore romantico si diffonde, gradatamentem tutti gli strati sociali. Gli strati sociali piü bassi palpi-tano, accanto a quellt piü alti (i primi, paradossalmente, dall'alto del Ioggione, gli altri dalla platea e dai palchi) per il destino crudele di Margherita nella Tra-vkta di Verdi, per il dramma paterno e la seduzione di Gilda, casta e pura, nel EJgoletto, per il dramma della gelosia ndl'Otello. La letteratura, e la nascente industria culturale (pp. 293-97), inventano nuovi canali: il romanzo « popolare » e la letteratura amena di consumo {pp. 352-67), che presentano, in forme sem-plificate e con poche variazioni, le vicende-modello, patetiche, liete o tragiche, dell'amore romantico. Provando a schematizzare — pur sapendo che siamo di fronte a una feno-menologia varia e complessa — possiamo dire che: — i temi deWidillio, della felicitä domestica e dell'armoniosa vita d'amore all'interno della coppia e della famiglia tendono ad avere per sfondo la societä contadina e per canale la cosiddetta « letteratura rusticana » (i romanzi campa-gnoli, le novelle paesane, ecc); — i temi della perversione, della seduzione violenta, del rapporto sado-maso-chistico tendono ad avere per sfondo la societä aristoeratica (i castelli, i parchi, le segrete: i « luoghi » dell'antico regime), e per canale la cosiddetta « letteratura gotica » (i romanzi dell'orrore, i romanzi storici, la letteratura fantastica, d'ap-pendice, ecc); — i temi AtzWamore romantico, l'esaltazione dei sentimenti, delle passioni, con il meccanismo del lieto fine e con i drammi impüciti della gelosia e della perdizione e i piü sottili intrecci fra idillio e perversione (spesso non confessata, o ben mascherata) tendono ad avere come sfondo la societä borghese e per canale la poesia, il romanzo realista, il melodramma musicale, il dramma e la commedia borghese. Le povere famiglie. e le povere ragazze sedotte, di Giulio Carcano Giulio Carcano (Mat. 116) fu tra i primi a costruire romanzi e racconti ap-partenenti a quella cosiddetta letteratura « popolare » (pp. 184-85), destinata ad ampi ceti di lettori, che raccontava storie commoventi e patetíche sulla vita e i destini della parte piú umile del « popolo », e conteneva anche insegnamenti perché il popolo, buono e laborioso per istinto, non si lasciasse devtare dagli antichi e sani costumi. H nucleo principále del « popolo », la cellula príma su cui si costruiva la societä e 1a patria era anche per Carcano, senttore di ideológia cattolica e liberale, la famiglia. Al centro delle sue novelle e dei suoi racconti c'ě sempre la famiglia, sia che essi siano ambientati nella societa contadma 1om-barda sia che siano ambientati nei quartieri poveri della grande citta di Miláno. La famigliola milanese che vive nella povertä e nella míšena delle grandi ose a ringhiera e 1a rappresentante di « una classe del nostro popolo milanese, ch e dl tutte la piú numerosa e la meno studiata, la meno amata e la piu smeera, la pru dimenticata e povera, la piú lombarda » ". II desco attorno a cm si riumsce la G. Catcano, Una povera tosa, in Opere complete cit., I, p. 419. 754 755