1) incipit della prima versione dattiloscritta di Lettera aperta LETTERA APERTA “… nulla si inventa, è vero, che non abbia una qualche radice, più o meno profonda, nella realtà…” Cari lettori (se ce ne saranno), non è per importunarvi con una nuova storia poetica — so che ne avete avute tante da sorbirvi in questi anni — né per fare esercizio di (calligrafia) lettera-tura, come ho fatto anch’io per lungo tempo; né per bisogno di verità — non mi interessa affatto — che mi decido a parlarvi di quello che non avendo capito mi pesa da cinquant’anni sulle spalle. Voi penserete: perché non se la sbroglia da sé? Infatti ho cercato, cercato molto, vi assicuro... Ma visto che questa ricerca solitaria mi portava alla morte — sono stata due volte per morire “di mia propria mano”, come si dice — ho pensato che sfogarsi con qualcuno sarebbe stato meglio, se non per gli altri, almeno per me. E che faccia bene parlare delle proprie cose — scusate se ricorro a questo luogo comune, vi prego di credere con la ripugnanza che questi luoghi comuni suscitano in tutti noi — ho dovuto ammettere (sperimentare) che ha qualche fondamento reale. Eh sì, parlare delle proprie cose ad alta voce le rende più chiare (ce le chiarisce) e così: scusate se vi prenderò tanto tempo, ma devo pure uscirne, devo pure parlare con qualcuno anch’io, no? Come ho detto, questi cinquant’anni, o meglio i primi vent’anni di questi cinquant’anni, col tempo, a furia di volerli ignorare scientemente, si sono così ingarbugliati che non riesco a districarli, a fare ordine. Io purtroppo sono molto ordinata, anzi direi un po’ fissata e così mi schiacciano ai muri di questa stanza che si è fatta troppo piena e... […] versione a stampa (Garzanti 1967) Non è per importunarvi con una nuova storia né per fare esercizio di calligrafia, come ho fatto anch’io per lungo tempo; né per bisogno di verità — non mi interessa affatto, — che mi decido a parlarvi di quello che non avendo capito mi pesa da quarant’anni sulle spalle. Voi penserete: perché non se la sbroglia da sé? Infatti ho cercato, molto. Ma, visto che questa ricerca solitaria mi portava alla morte — sono stata due volte per morire «di mia propria mano», come si dice — ho pensato che sfogarsi con qualcuno sarebbe stato meglio, se non per gli altri almeno per me. E che faccia bene parlare delle proprie cose, ho dovuto sperimentare che ha qualche fondamento reale. Come vi ho detto, questi quarant’anni, o meglio i primi venti anni di questi quarant’anni, a furia di volerli scientemente ignorare, si sono così ingarbugliati che non riesco a districarli, a fare ordine. Io purtroppo sono molto ordinata, anzi direi un po’ fissata: e così i fatti passati mi schiacciano come una mosca ai muri di questa stanza che si è fatta troppo piena. Capirete, ci vivo da sempre. *** Passaggio espunto su Virginia Woolf 2) […] posso vivere senza bisogno di guadagnarmi il pane “col sudore della fronte”. C’è quell’uomo col quale ho vissuto diciotto anni che, oltre ad avermi salvato la vita, mi libera dalla catena di un lavoro umiliante. Sì, ve lo devo dire, non vivo ancora di quello che scrivo e… C’è qualcuno, meno i giornalisti che può vivere di quello che scrive liberamente? E sì, anche io ho “una camera tutta per me” come dice Virginia Woolf. Ho anch’io, non una zia che lasciandole “un’umile eredità” la liberò dal bisogno, ma un uomo che mi libera e mi dà la possibilità di pensare. Solo, come dice Virginia impareggiabile, solo avendo senza fretta guardare fuori della finestra e vedere per poi… parlare. La miseria è prigione. Pochi lo hanno detto così bene come lei […] Peccato. No, no, sono una donna che si guadagna la vita, sono una donna che guarda dalla finestra ed ha una camera per se stessa. Vi ripugna? “Ognuno deve mantenere se stesso?” No, queste erano le teorie di mia madre e mi dispiace proprio dirlo, erano troppo rigide, protestanti e ne ho abbastanza. Ognuno ha la sua croce — questa volta croce vera — di sfamarsi. E se hai la fortuna di avere una zia, un uomo, un padre che… È la libertà. Sì certo lo so che avanzo una teoria ambigua che si presta a molti fraintendimenti, ma per me è così, se volete ne riparleremo. Sono libera e questa libertà la voglio far fruttare… […] il ventesimo congresso venne “la storia non si ferma” come diceva il professore Jsaya, no, non lo diceva lui, ci risiamo è possibile che li confondo sempre? Lo diceva mia madre. Era lei che conosceva la storia, il professore diceva “Ti piace la storia?” Tutte balle è meglio che leggi l’avventuroso”! “La storia non si ferma malgrado autorità e religione la vogliono fermare”. E così venne il ventesimo congresso e… allora non era tutto così fermato, così raggiunto… allora… sicuro… allora, forse, potevo anche parlare di un figlio di avvocato di quel “piano nobile” nel quale (che avevo conosciuto) ero cresciuta e non dovevo per forza scendere in cortile e fingere di essere Nina la cagna, o Teresa la figlia del “gigante”. Potevo, e come potei incominciai… Orrore, mi venivano “poesie d’amore”, storie di bambini borghesi tentati dalla religione. Orrore, io dovevo accusare. Fare dei manifesti… poesie d’amore… se mia madre mi avesse vista… […] (Cosa avete capito?) Cosa avete detto? No, no, non mi fraintendete, non d’amore, che intendete voi ma d’amore. Anzi, già che questa parola, così malintesa e usata tanto che si è scolorita e sbrindellata, è caduta dal mio labbro ci tengo a chiarire subito: se fra voi c’è qualche appassionato di “storie d’amore”, ci tengo a chiarire che di questo argomento non ne parlerò. Non per niente, anche a me piacciono le storie d’amore ma, il fatto è che, anche se, naturalmente anch’io ho avuto la mia porzione agrodolce dell’amore, non ne ho mai capito niente, l’ho solo subito, e come posso parlare di una cosa che ho solo subita? Non voglio farlo subire anche a voi, anche perché, io l’ho subito, sì, ma l’ho vissuto (ma l’ho anche avuto), in tutta la sua pienezza, ma se ve lo racconto invece, con il dolorismo [sic.] che mi ritrovo, pedestramente [sic.] così come io l’ho subito, voi ne avreste la peggio (voi dovreste solo subirlo). Per educazione, non lo farò. Non so cosa sia amore fra uomo e donna, non so come nasce perché nasce, come muore. So solo che ci sono molti fraintendimenti in questa parola, molti? Moltissimi. Sta seppellita sotto montagne di vecchie definizioni e per… Bisognerebbe fare un lavoro di scavi… Dovrei essere un archeologo e non lo sono. (Non potrò parlarne), oltre tutto per parlarne, dovrei inventarmi qualche bugia di più di quella che già vi dico e… una, due, tre, quattro bugie sono la vita, la chiarezza, ma dieci, cento? No, certo sono il regno dei sogni, il paradiso, (l’evasione nella fantasia) (nella fantasticheria), la menzogna sistematicizzata [sic.] in ideologia. No, non sono bugiarda fino a questo punto. (No.).