- Verso una nuova poesia: Giovanni Pascoli 9,7.1, Alia ricerca di uno spazio nascosto: vita di Pascoli. A differenza di quella di D'Annunzio, la vita di Pascoli rifugge da ogni gesto awenturoso e spettacolare, ě solitaria e priva di eventi eccezionali, chiusa in una camera di professore, scandita da trasferirnenti in sedi diverse e segnata dall'ossessiva ricerca di uno spazio nascosto, atto a pro-leggere il poeta dal ricordo di una tragédia familiare aweriuta nell'infan-zia. L'origine piccolo-borghese, la vita stentata e faticosa della giovinezza, la stessa condizione di poeta-professore possono indurre ad assimilare la sua vita a quella di Carducci, maestro di Pascoli alľUniversitä di Bologna: ma ľallievo ě lontanissimo dalla estroversa vitalita del Carducci, dal suo uraore sanguigno e polemico, dalla sua «sanita»; tende a sottrarsi al mon-do, vive i rapporti con la societa come una costrizione, li riconosce come necessari, ma li adempie solo per potersi poi rinchiudere piú a fondo in una sorta di «nido», in segreta intimita con se stesso e con le piccole cose della nátura; e non crea intorno a sé una nuova famiglia, ma ricostruisce insieme alia sorella Maria (sua fedelissima compagna per tutta la vita) untmmagine delľoriginario nucleo familiare precocemente distrutto. Nato a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855, GIOVANNI PASCOLI era il quarto dei died figli di Ruggero, amministratore della locale tenuta agri-cola dei principi Torlonia, e di Caterina Allocatelli Vincenti. La famiglia go-deva di una buona situazione economtca e il bambino passô una felice in-fanzia nella campagna romagnola; nel 1862 iniziô gli studi, con i fratelli piú grandi Giacomo e Luigi, nel collegio degli scolopi della vicina Urbino, dove nmasefino al 1871. Ma il 10 agosto del 1867 una sciagura si era abbattuta sul-la famiglia: ľassassinio del padre, dovuto probabilmente a una vendetta per ragioni diinteresse, ehe restô impunito; a breve distanza seguirono le morti oeUa sorella maggiore, della madre e poi del fratello Luigi. All'uscita del col e8io, quanto restava della famiglia, che ormai versava in cattive condizioni wonorniche, si stabili a Rimini: Giovanni concluse gli studi liceali a Firenze > orte della sua ottima preparazione classica, ottenne una borsa di studio Per la Facolta di Lettere deD Universita di Bologna. Gli anni bolognesi furo- omolto difficili, nonostante ľattenzíone che per lui ebbe il Carducci e ľin- e«iarsi di importajiti amicizie (in primo luogo quella con Severino Ferra- Chiudersi in tin «nido» Ua'infanzia di Intti Gli anni bplogneji EPOCA 9 LA NUOVA ITALU ,86l. L'eipcricnia del client Li fita con Ic tortile (I rappono con D'Annunzio Un poeta latino r.....i' nu. Castclvtcchio t gli incarichi accademici Ctg ri cfr 9.37); i suoi studi si svolgevano tra ostacoli e momenti di stand, i primi tentativi di poesia si alternavano a scatti di ribeLUone, che &Zm no nell'adesione alle nuove tendenze socialiste, moko diffuse tra gü stU(J ti bolognesi. Viveva assai poveramente, tra Bologna e San Mauro, e sv„W attivitä di propaganda sindacale; fu arrestato durante una manifestoes3 rimase in carcere dal settembre al dicembre del 1879: l'esperienza, peiL molto dura, gli provoco una grave depressione e lo portö quindi a rinW I'azione politica, a tradurre il suo socialismo e il suo spirito ribelle in unapü vaga aspirazione alia «pace» e alia «bontä», in un umanitarismo indetermi nato, in un ideale di solidarietä degli uomini nel dolore. Riprese con piij £ gore gli studi, e si laureö in lettere nel giugno del 1882 con una tesi sul poetl greco Alceo. Passö subito a insegnare latino e greco nel liceo di Matera, da dove nel 1884 fu trasferito a Massa: lí poté stabilirsi in una modesta casern con le sorelle rainori Ida e Maria (detta Mariů); nel 1887 passö a insegnare e ad abitare, sempre con le due donne, a Livorno, dove rimase fino al 1895. La vita comune con le sorelle fu per lui un modo di ricostituire, dopo tantescia gure, la famiglia originaria, il nido distrutto dell'infanzia: si trattó di un lega-me intenso e non privo di aspetti anche morbosi, firto di piccoli riti, maniet gelosie; una grave crisi si verificö nel 1895, in seguito al matrimonio di Ida, che gettö il poeta nello sconforto, ma che rafforzö il suo legame con Manii (che si dedicö interamente al fratello, rinunciando a ógni possibilitä di un di verso destino personale e rimanendo fedele cultrice della sua memoria fmo alia mone, awenuta nel 1953). Pascoli vide sempre il mondo femminileat-traverso questo schermo familiäre, escludendo l'amore e il sesso daU'onY zonte della sua vita. Cominciava intanto a pubblicare alcuni componimenti in sedi diverse, fino al primo volumetto, dal titolo Myricae, apparso nel 1891 e seguito l'anno dopo da un'edizione piú ampia. Infittiva inoltre i suoi contatti con gli am-bienti letterari e, tra l'altro, entrava in rapporto con D'Annunzio, che rectn si favorevolmente Myricae: la loro fu un'amicizia a dístanza, tra due perso-naggi con cararteri e comportamenti diversissirni e incompatibili. Nel 1892 Pascoli vinse la medaglia d'oro all'annuale concorso intemazio-nale di poesia latina di Amsterdam: era la prima di ben dodici medaglie, con-seguite negli anni successivi, che premiavano in lui il maggiore poeta latino moderno. Nel 1895, anno del matrimonio di Ida, prese in affitto con Maria una casa a Castelvecchio di Barga, nella valle del Serchio, vivendovi appai-tato, a diretto contatto con la campagna, e facendone un luogo essenziakpa la sua poesia; nello stesso anno venne chiamato come professore straordina no di grammatica greca e latina all'Universitä di Bologna e nel 1897 » sfento come ordinario di letteratura latina all'Universitä di Messina, dove teste fino al 1903, con 1'intervallo di lunghe vacanze I Castelvecchio. Intanw pubblicava le sue nuove poesie su importanti riviste, come «II Convito»e«H Marzocco», vari interventi critici, fortunate antologie destinate alia scuola e ongtnah studi danteschi. Nel 1897 usciva la prima edizione dei PoemtH^ 1903 quella de, Canti di Castelvecchio, nel 1904 quella dei Poemt convivf * 'S« «mübö, con i suoi faticati risparmi (utilizzando tra l'altro anchel 0-ro uso delle medaglie di Amsterdam), il sogno di comprare la casa di Castelvecchio conl'annesso podere {la cui cura gli procure, tuttavia molte ansie vEJB0 trny. NUOVA POESIA: GIOVANNI PASCOU e fastidi, anche per i difficili rapporti che ebbe con i coloni); e nel 1903 ot-tenne il trasferimento dalľUniversitä di Messina a quella di Pisa. Pensava di essere giunto a una vita Serena e tranquilla, vicino alia sua Mariů, nel ricosti-wito nido di Castelvecchio, ma nel 1905 accetto, tra ansie ed esitazioni, di suc-cedere alia cattedra del maestro Carducci all'Universitä di Bologna: una chia-mata che egli sentí non tanto come un onore alia sua persona e alia sua poesia. quanto come un risarcimento per le antiche umiliazioni patite dalla sua famiglia e per le sofferenze dei suoi poverí morti. La vita a Bologna risultô piuttosto faticosa: alia scarsa risonanza del suo insegnamento presso gli studenti si sommavano i fastidi accademici, i compiti ufficiali e i discorsi cele-brativi che egli si assumeva, sulle orme del Carducci (ma frequenti furono anche i soggiorni a Castelvecchio). Anche la sua poesia assumeva toni sempre piú ambiziosi e ufficiali, come rivelarono la raccolta Odi e inni (1906) e numerosi altri componimenti di quegli anni. Dal socialismo giovanile il Pascoli era alia fine passato a una piena accet-tazione dell'ordine dominante nell'Italia giolittiana, a un nazionalismo vena-to di prospettive umanitarie, che usava un Linguaggio di matrice socialista per affermare la necessity di una collaborazione tra tutte le classi sociali e di un'e-spansione coloniale, capace di dare uno sbocco alle forze di lavoro italiane e di mettere argine alia piaga dell'emigrazione. Vide queste prospettive realiz-zate dalla guerra di Libia, che celebrô nel suo ultimo discorso 1x2 grande prolétaná si e mossa, pronunciato a Barga il 26 novembre 1911. Ma era ormai da tempo stanco e malato: rninato da un canero al fegato e alio stomaco, morí a Bologna il 6 aprile 1912. 9.7.2. Le raccolte poetiche di Pascoli. Come le raccolte poetiche di Carducci, quelle pascoliane presentano una successione e un'organizzazione che non corrispondono alia reale se-quenza cronologica dei testi: in ogni momento della sua attivitá (a parte la fase iniziale), Pascoli lavora a diverse forme di poesia, seguendo contem-poraneamente contenuti e «generi» diversi, che distribuisce in varie raccolte, destinate ad accrescersi e a mutare assetto in edizioni successive; la prima edizione di ogni raccolta non corrisponde quindi alia chiusura di una fase di lavoro, ma solo a una prowisoria sistemazione di forme e di těmi, che ě contemporanea alia elaborazione di altre forme e di altri temi che Pascoli riconsidera costantemente. Le sue prime poesie vennero pubblicate in varie riviste o in edizioni per nozze negli anni Ottanta; nel 1891 vide la luce a Livorno la prima edizione vera e propria di Myricae, costituita di soli ventidue comporjimenti e dedicata e no2ze di amici; ma la raccolta assunse una dimensione molto piú ampia con 'a seconda, del 1892. II libro si accrebbe ed ebbe varie modificazioni in una nuova veste del 1894 (dove per la prima volta compare la dedica alia tom-a ~* padre) e raggiunse un assetto assai vicino a quello definitivo nella quarts edizione (1897); Pascoli apportó aggiunte e variazioni consistenti ancora in qwlla successiva del 1900. Intanto nel corso degli anni Novanta il poeta ave- 1S9 140 La novila dti Potmetú 1 Canti, Í pocini «greci» e le poesie 1 .. poesia latina Un class icúmo -delI* piecole La metrica EPOCA9 LANUOVAITAUAW,., variamente lavorato al nuovo «genere» dei Poemetti, alcuni dei qUälj ^ partire dal 1896 su «H Marzocco» e furono poi raecolti nel i897 i va rono a ť- prima edizione, a cui segui una seconda - accresemta - nel I900: mal posizione di molti altri poemetti indusse Pascoli a dividerli in due raced,, distinte, i Primi poemetti (1904) e i Nuovi poemetti (1909). Paralldamente \ cavallo tra i due secoli, il poeta lavorava ad altri generi, con componinena che apparvero in sedi diverse: 1. poesie che continuavano in forme piú ampie il «genere» di Uyriaet vennero raccolte nel marzo 1903 nei Canti di Castelvecchio (dedicati alia torn-ba della madre, i Canti furono variamente ampliati fino all'edizione del m 2. poemi di materia «greca», in gran parte apparsi su «11 Convito»diDt Bosis (cfr. 9.6.1) e raccolti poi nel 1904 col titolo Poemi conviviali; 3. poesie di tipo «civile», con propositi morali e celebrativi e spesso com poste su temi di attualitá, raccolte nel 1906 col titolo Odi e inni e accresduic fino all'edizione postuma del 1913: 4. poesie «storiche», nsalend agli arrni dell'insegnamento bolognese eco stituite dalle Canzoni di re Enzio, apparse in parte nel 190S, e dai Poemi Risorgimento, la cui raccolta usci postuma nel 1913; a questo tipo di poesia si collegano i Poemi italici (1911), uno dei quali (Paulo Uccello) risaliva al ijoj. Non vanno poi trascurati i Carmina latini (apparsi postumi nel 1915: durante la vita del poeta erano apparsi solo i testi premiati ad Amsterdam, in edizioni a cura degli organizzatori del concorso); scrivere in latino ě per Pa-scoli come riattivare una lingua assoluta, di purezza originaria, sottratta alle contaminazioni e alle deformazioni del presente, e nello stesso tempo ěun modo di risalire oltre la propria infanzia rndividuale, verso un mondo pre natale, verso la fanciullezza delTumanita. 9.7.3. La nuova poesia di Myricae. Con la raccolta Myricae, contenente alcuni dei primi testi pascoliani. ma variamente accresciuta tra le edizioni del 1891 e del 1897, si rivela una poesia nuova al suo stato piú semplice e puro, libera da incrostazioni ideo-logiche, che condensa i caratteri piú origináli di tutta l'opera pascoliana II titolo é spiegato da un'epigrafe, che adatta un verso di Virgilio, arbmU tuvanthumilesque myricae, "piacciono gli arboscelli e le umili tamerici': esso ci dice che ľautore si propone una poesia di b'reve respiro, dedicata ai piú semplici aspetti della vita della natura, a un mondo campestre fatto di piccole cose. Riferendosi a Virgilio, questa poesia si situa deliberata-mente all'interno della tradizione classica: mantiene un certo legamecon la poesia carducciana, ma se ne distingue subito p'er una ricerca di tonne brevi e quasi frammentarie. Questi brevi componimenti si affidano a una grande varieta di metn, a moltepucicombinazioni di strofette, a varie e origináli contaminazioni t" schemi deUa tradizione (signiHcativo, tra ľaltro, ľuso di un verso nonWj quente nella nostra poesia, il novenario). Ma queUo che piú corpse mguaggio, che si adatta in modo diretto alle piccole cose, ai momenn p semplic! della vita familiare e del mondo campestre, basandosi su termu" ruírí „NA NUOVA POESIA: GIOVANNI PASCOU 9.7 VEK>U • ' orecisi, che aderiscono nel modo piú minuto ai particolari di quel-fmile realtä: si tratta di una vera e propria «demoerazia linguisüca» (Con- 1 che apre lo spazio della poesia a tanti nomi di piante, di fiori, di uc-'-el'li di attivitä agricole, di piccoli oggetti quotidiani, rimasti sempre estra-nei aUa nostra tradizione poerica. Ma non ě soltanto la scelta dei vocation a ncreare questo mondo «bas-■ »• l'aderenza alle piccole cose viene assicurata an che da un linguaggio che ü Contini ha detinito «fono-simbolico», «agrammaticale o pregram-maticale», che súpera i parametri istituzionali e comunicativi della lingua ed evoca le cose attraverso puri suoni: le manifestazioni piú esplicite di talc orientamento sono ľuso - con una frequenza senza precedenti - delľo-mirriätopea (cfr. genľri f. tecniche, tav. 223), gli improwisi saki dei légami logici e sintattici e le associazioni di immagini lontane, che hanno tra loro solo un rapporto di analógia (cfr. termini base to). Questo linguaggio dá vita a paesaggi naturali o a ritratti umani di estre-ma precisione, ma che non hanno nulla di realistico: tutto appare come abitato dal mistero, da qualcosa di nascosto e segreto, tutto si vela di sfu-mature di sogno; dietro quelli che potrebbero sembrare brevi quadretti campestri affiora una musica sotterranea, una forza inquietante che awi-cina incredibilmente le cose ai sensi del poeta e nello stesso tempo le al-lontana, trasformandole in apparizioni sŕuggenti, inafferrabili. Le pre'sen-ze umane sfumano in lontananza: non vediamo piú individui reáli e con-creti, ma soggetti indeterminati, che si confondono con la vitalita degli ani-mali e delle piante. Ľocchio e ľorecchio del poeta sono intend a seguire le vibrazioni di essenze oscure e segrete, essenze che risultano tanto piú oscu-re quanto piú si presentano con nitida semplicitä: dietro una serena appa-renza di idillio si disegna una misteriosa inquietudine. Nel suo rapporto con le cose, il poeta aspira a ritrovare una calda intimita, uno spazio chiuso e felice: lo rivela nel modo piú chiaro la frequenza delle figure del nido (che accoglie la vita alia sua origine) e della siepe (che separa dal mondo minaccioso e nemico). La poesia sembra quindi un modo per ritrovare il mondo dell'infanzia: ma proprio le immagini del-I'mfanzia richiamano la morte e le figure dei morti, che dominano tutto l'orizzonte di Myricae. Si scopre allora che il linguaggio pregrammaticale di Pascoli tende costantemente e ossessivamente a evocare presenze che 141 L .'n linguaggio fono-simbolico Rapprescnt; zioiii non real i st ich e Ľ infanzia e la morte II sogno, il misUTo, ľassenza ONOMATOPEA Dalgreco ónoma-atos, "norae", epoiéin, wfareM, ě una figura fonica, che ripro-duce nclle parole suoni o rumori non verbali, naturali o artificiali: essa puô limi-tarsi a una semplice allitterazione, cioě a una ripetizione di fonemi in parole diverse, da cui risulta appunto un effetto di suono non verbale, o a una vera e propria traserizione del suono stesso (per esempio il din-don delle campane). Abba-stanza rara - ma non assente - nella poesia antica, ľonomatopea ě molto presente nella poesia contemporanea. Pascoli ne fa un uso ampio e ossessivo: per esem-pio nella forma delľallitterazione : «Un cocco! / ecco ecco un cocco un cocco per lel>>. e in quella della riproduzione diretta: dim... dlin, per il campanello della bi-ij^'ta, gre gre, per il gracidare delle rane ecc.______ II bisogno ill memoria ĽispirazJooe civile L'orinontc sociale EPOCA, LANUOVAmmilifc, non sono pin G genitori, i fratelli, altre immagini di bimbi e di mätu j funte), che appaiono vicuussime e nello stesso tempo fissate in un-úf giungibile distanza (per la sua formazione positivistica, Pascolinotice all'immortalitä dell'anima, anche se prova simpatia per a CristianesbT inteso come religione degli affetti familiari, della fratellanza e della soU rieta umana). Le sensazioni arcane risvegliate dalla vita della natura i|» gno e il mistero che si annidano tra le cose, non fanno altro che riptopor re la lacerante contraddizione di questo rapporto con i motti: ovunque'j poeta sembra interrogare qualcosa che non puö piú esistere. 9.7.4. La poetica del fanciullino. Con la loro apertura verso il mistero e Fimpossibile, con il loro usodd-l'analogia e la loro ricerca di una musica segreta, le Myricae si collegavano spontaneamente alle tenderize del sitnbolismo (cfr. parole, tav. 201), sam che il Pascoli (legato fortemente a una cultura classicistica e all'educazio-ne carducciana) conoscesse la contemporanea poesia europea. Le idee di Pascoli sono invece radicate nella sua esperienza personale: egli non ha una mentalita speculativa e, piú che sviluppare una vera e propria teoria, pre ferisce ricondurre la sua poesia a un bisogno esistenzlale di memoria (con vinto che poesia «e rivivere do che fu») e di rapporto con le cose, die egli coglie nella loro spontaneita e immediatezza e con ossessiva precision Verso gli ultimi anni del secolo egli tento di precisare e razionalizzare il sen-so della propria esperienza in numerosi interventi, tra i quali spicca quello celebre dal titolo IIfanciullino, apparso in parte su «II Marzocco» nel 1897, e poi pubblicato in forma piú ampia nel 1903 nel volume Miei pensieriii varia umanita (che raccoglieva conferenze e saggi sugli argomenti piú di versi). In quelle pagine Pascoli giustificava implicitamente l'attenzione přestátá dalla sua poesia al mondo dell'infanzia, muovendo dalla constatazio-ne che all'interno di ogni uomo vive un «fanciullino»: un «fanciullino» ca pace di vedere «tutto con maraviglia, tutto come per la prima volta», con occhi intatti e primigeni, e di comunicare con la realtä piú autentica. H poeta ě colui che sa dar voce a questo «fanciullino», che ne usa le qualitä po il bene di tutti gli uomini: la vera poesia ě forza originaria, capace di met-terci in rapporto con le piú semplici emozioni dell'infanzia, di risvegliare la bontä e la solidarietä che dovrebbero accomunare gli individui. La poesia classica, specchio dell'infanzia deU'umanita, sapeva dare libera espressione a questo «fanciullino», riconoscendogji compiti di educazio-ne civile e morale: ne ě grande esempio Omero, il cieco poeta che coglie una realtä piú profonda di quella apparente. Il poeta-fanciullíno ě «ispiratore di buoni e civili costumi, d'amor patrio e familiäre e umano»: puö non solo can tare le cose piú minute, 1 particolari piú nascosti e inawertiü, ma anche ma nifestarsi in forme epkhe, celebrative, educative. Questa poetica suggerisce al pubbheo contemporaneo una sorta di ■» lo poetico positive di ridotte oretese. di imDronta piccolo-borghe*. oello poetico positivo, di ridotte pretese, di impronta pi_ tutto opposto all'ambiziosa aggressivitä del «superuomo» dannunziano UNA NUOVA POESIA: GIOVANNI PASCOU .. äUtentica poesia del Pascoli va molto al di lä di tale programma, al qua-I P'oppo spesso la critica si ě rifatta per limitare il valore dei versi pascolia-er metterne in luce solo certe sdolcinature e ceno morabsmo. Dietro il "řanciuillin0» ci sono in realtä malesseri e sofferenze, che nei migbori nsul- della poesia del Pascob affiorano in modi sorprendenti e laceranti; c e intatti il tentativo di dar voce a ciô che non riesce ad avere voce, di far parlare desideri aSsoluti e inappagati, di scoprire ľinfanzia come autenticita, che re-. ^ gpietatezza della vita sociále, al suo moto di distruzione e di morte; c e il desiderio di fuggire dal presente e di regredire verso un passato pre-natale verso impossibib affetti infantdi, verso un indistinta unitä dell'io con la madre. Se la fanciullezza ě per Pascoli la fonte sorgiva della poesia, ě anche vero d'altra parte che egb tende a concepire ľespressione poetica come una lingua non viva, non comunicativa: quella della poesia ě per lui essen-zialmente «una bngua morta», che proprio in quanto tale puô attingere ai va-lori piú veri (e ciô spiega tra ľaltro il suo impegno nella poesia latina). 9,7.5.1 PoemettL A differenza di Myricae, i Poemetti sono componimenti piú ampi, co-stituiti da brevi serie di strofe di endecasillabi in terza rima, che hanno ún pacato andamento narrativo e in cui la serena vita della nátura ě quasi sempře filtrata attraverso il rapporto tra figure umane. In questa raccolta si sente il peso di un'intenzione ideologica, legata alle prospettive del Fan-aullino: il poeta vuole infatti esaltare i valori autentici della vita campestre e tornire ai lettori un modello di resistenza al «male» che minaccia la societa. La poesia ě una sorta di rifugio, in calda intimita col mondo anima-le; come suggerisce la prefazione del 1897, Pascob mira a sorprendere «una viva conversazione familiare dentro un nido», a trasmettere una «gioia» autentica, che nasce da una amara esperienza di «dolore». Questo bisogno di protezione e di conform genera un'ideológia di sob-darietä e di rassegnazione, e si traduce in una difesa di spazi bmitati e intimi, che s'oppongono alle forme piú ambiziose e spettacolari della vita sociále contemporanea. Figura sociále ideále appare qui quella del contadino piccolo proprietario, che lavora duramente, a contatto con la nátura piú genui-na, che vive in un esiguo mondo, fatto di sentiment! famihari e di attivitä sempře uguali, regolate dal ritmo delle stagioni. La vita contadina diventa qui una specie di repertorio di esempi morali, di atti e gesti carichi di «bontä» e di concretezza; il linguaggio nomina con precisione gli oggetti e le circostanze piú minute, si infittisce di dati espressi-»1, appoggiandosi anche al dialetto parlato dai contadini di Barga e riprodu-cendone i ritmi sintattici. Pascob abbandona i tradizionab modeUi di describe della vita contadina, ma si oppone alia violenta rappresentazione natu-ralistica e veristica, offrendo una sua immagine positiva, dolce, quasi gene-wsamente remissiva, di quella realtä (che in parte risale anche alle Georgiche Vfgibo e che evidenzia solo i segni della spontaneita e della purezza, na-scondendo contraddizioni e conflitti): nel far questo trova un originále an- ■43 Una poesia che di voce a do che non ha voce Una iiü.ii piú ampia nella poesia Romanzo «georgico» Bonti delia vita contadina 144 EPOCA, WNUOVArouM,^ damento narrativo-discorsivo, dalle cadenze stanche e tenui, quasi un U to moderato e rinunriatario, in cui riecheggia un'antica moralita popol Ma, al di fuori delle intenzioni ideologiche del «romanzo georgín merosipoemetti si affacciano su ricordi inquietanti, su figure di sensazioni oscure. Ne nascono alcuni dei migliori componirnenti pascoU come La calandra (1897)- digitale purpurea (1898), Suor Virginia (i900)^ quilone, scritto nel 1899. 9.7.6.1 Canti di Castelvecchio. I Canti di Castelvecchio sono in genere considerati dalla criüca corn« una «continuazione» di Myricae in forma piú ampia e distesa, da cui s svolgono alcuni risultati eccezionali, ma anche zone di ombra e stancfe za: in realtä in questi Canti Pascoli sembra voler confrontare la natura 4 Castelvecchio, in cui egli ha faticosamente ricostituito ü suo nido, cod ä continuo tornare di impressíoni e di ricordi ehe ŕrustrano ogni appaga mento, che riattivano una segreta inquietudine. Due mondi diversi si so vrappongono: nel nuovo paesaggio si insinuano le presenze di un paesaj gio piú antico, nelle nuove sensazioni vive ľeco di sensazioni precedená Anche qui la metrica ě molto varia, si sperimentano diverse combina-zioni di versi e strofe; ma i componirnenti sono piú ampi di quelli di Mv ricae, non si configurano piú come illurninazioni improwise, ricavate da singole imraagini o da brevi associazioni, bensí come discorso disteso. spesso costruito con un ritmo narraüvo (che puö ricordare anche la vidua esperienza dei Poemetti). La disposizione dei vari canti ě attentamentere-golata, con un «ordine latente» cosi suggerito dal poeta stesso: «prima emozioni, sensazioni, affetti ďinverno, poi di primavera, poi ďestate,poi d'autunno, poi ancora un po' ďinverno mistico, poi un po' di primavera triste, e finii»; la raccolta si conclude con alcuni canti dedicati alla raone del padre, come il celebre La cavalla storna, 190?, e con una sezione di no ve componirnenti intitolata 11 ritorno a San Mauro. Ľ libro si presenta insomma come un romanzo lirico sul cido delle sta gioni, sulle emozioni suscitate da una vita campestre in cui il poeta s sprofonda quasi a difendersi dal resto del mondo: l'universo vegetaleeam male poträ infatti tenere lontana la visione delľorrore e del pianto (celo dice la bellissima poesia Nebbia, 1899: «Nascondi le cose lontane, / «■ scondirni quello ch'e morto! / Ch'io veda soltanto la siepe / dell'orto,/la mura ch'ha piene le crepe / di valeriane»). Nella animata solitudine di qw sto microcosmo, il poeta spia e interroga suoni indefinibili, frulli e vocu, immagini ehe sŕumano e trascolorano in altre immagini; ascoltandola* del paesaggio, egli si confronta con tutto do che ha perduto e che non B avuto, Brio a voler vedere ciô che non puö vedere, a voler sapere cio en non puo sapere. Lo sguardo si allarga cosi al movimento dell'universo e rawisa la pace apparente, abitata dalla distruzione e dalla morte; j» Poesia piu intensa sprigiona proprio dalľostinata e vana domanda flvo alie cose, dall'esitante balenare di segni segreti e di sogni.irnp°sslbU1'0 accorate fantaste su cose ehe non si sanno e che non possono essera „tn UNA NUOVA POESIA: GIOVANNI PASCOLI J.J VER*" In questo orizzonte del non sapere e del non essere si situano anche ľa-more e ü sesso, che Pascoli vive come cose lontane, rimaste rinchiuse nel boc-ciolo dell'infanzia perduta, che annunciano vaghe felicitä, ma che sono asso-lutamente negate alla sua diretta esperienza (ě chiaro che causa di tale atteg-iamento ě la particolare biografia del poeta). In alcune grandi poesie si in-frecciano strettamente desideri, fasrino delľignoto, velate fantasie sessuali, ossessione del divieto, tenerezza e dolcezza inappagate; ricordiamo in particolare: La figl'a maggiore (1902), IIgelsomino notturno (1901), U sogno della vtrgine (1898), La tessitrtce (1897). La morte ritorna in tutti i ricordi, nelle immagini dell'infanzia e della fa-miglia distrutte (di particolare bellezza 11 nido di «farlotti»); ma ě lo stesso poeta a riconoscersi come appartenente al mondo dei morti, come fragile larva che emerge da qualcosa ehe non ě piú, e che proprio per questo «non sa» e vede il proprio sguardo e la propria voce svanire ed estinguersi. Le emozioni della sera lo invitano a immergersi in un sonno che ě quello della culla e insieme quello del nulla (La mia sera, 1900). II poeta giunge a una tomba ehe si confonde con la cuna e si dissolve in «un sogno di nulla» (Ilmendico, 1899); il partire delle rondini, che parlano una «lingua di gitane, / una lingua ehe piú non si sa», suscita in lui il desiderio di un eterno ripetersi, di un «ri-torno dal mondo di lä» (Addio!); e in un convergere di non essere e di eter-nitä, di fuga dalla realtä e di ripetizione del dolore, di sogno felice e di cru-do disinganno, sta il nucleo piú intenso e resistente di questa poesia. 9.7.7. Grandi ambizioni: dai Poemi conviviali ai Poemi del Risorgimento. Con i Poemi conviviali (1904) Pascoli ci propone una poesia classicistica (per lo piú in lasse di endecasillabi sciolti, salvo pochi casi di studiatissime com-binazioni di strofě) dedicata al mondo greco e orientale: prendendo spunto da aspetti secondary del mito e della storia, suscita atmosféře di mistero, esplora grovigli di desideri e ambizioni, iHumina figure che aspirano alla co-noscenza e scoprono la vanita del sapere. Sul mito e la storia si proiettano co-si la sensibilita, 1'inquietudine, il languore modemi, ma il tutto ě sotto il segno di un'erudizione ossessiva (awertibile nella scelta peregrina dei nomi, nella minuzia dei termini coniati sul greco antico) e di un'eleganza troppo estenore: su Pascoli pesa la volontá di gareggiare da una parte con il piú raf-finato estetismo, dall'altra con la poesia storica del maestro Carducci. Egli si propone di ripercorrere. nella successione dei poemi, il cammino dell'uma-"ita, dalla arnica e illimitata brama di conoscenza, alia solidarietá e alla fra-tellanza tra gli uomini prospettata dalla «buona novella» del Vangelo. Se I ambizione mitico-storica dei Poemi conviviali produce risultati pre-ziosi ed esteriori, ma non privi di un certo calore nell'evocazione di quel lon-tano Passato, del tutto mfelici e astratti restano i propositi educativi, morali-s"o e celebrativi della raccolta Odi e Inni (1906). Insopportabili sono i Poe-m lta^" 'con l'eccezione delle delicate e volutamente ingenue immagini fran-c«cane di Paulo Uccello), le Canzoni di Re Enzio (faticoso tentativo di deli-neare un'immagine del Medioevo bolognese), i Poemi del Risorgimento (in- La tcmatica erotica II puela c la morle La materia dei Poemi conviviali La poesia pedagogics, moralistica, eel et rati va 146 Cli inni nazionalisticí Una critíca interiorizzante Gli studi danteschi Un'arabigua iordiaJita La prospěni va piccolo Wrghese EPOCA 9 LA NUOVA ITALU. Ut1% congruo tentativo di proporsi come poeta epico della nuova Italia), ^ torici e magmloquenti inni nazionalistici scntti nel 1911 per le cdebraiooji cinquantenario del Regno ďltalia, in duplice versione, latina e italiana no a Roma e Unno a Torino. La vera poesia di Pascoli non poteva «„. queste esibizioni di voce sonora e ufficiale: restava affidata a unasegw^ tirnita, a uno spazio lontano dai clamori della stoná e dalle ambiziosc ife logie ehe percorrevano ľltalia alľinizio del secolo. 9.7.8. Pascoli critico e prosatore. Privo di mentalita critica e teorica, attento soprattutto ai problemi checoin volgevano le sue esigenze piú intime, Pascoli si accosta ai testi letterati ľindinazione a farli propri, a considerarli proiezione dei propri bisogniedc la propria sensibilita: ciö ě evidente non solo nelle riflessioni di poetica 1c» me quella del Fanciullino), ma anche nei vari interventi e scritti critiri, con* quelli su Leopardi, nel quale egli vedeva per ľappunto un «divino fandili lo». I maggiori lavori critici, su cui egli si concentrö puntigliosamenteperl-versi anni, sono quelli su Dante, interpretato secondo una sottile chiavesim-bolica: si tratta di ben tre volumi, Minerva oscura {1898), Sotto il velame (19x01 e La mirabile visione (190z). Le aspirazioni moraleggianti e celebratíve legate alia poetica del «fan ciullino», manifestatesi molto presto nella sua poesia, trovano espressionepiii diretta in numerosi scritti in prosa, derivati spesso da discorsi d'occaskm (ma notevole interesse ha anche ľampio epistolario, pubblicato per orasole parzialmente). La prosa di Pascoli ha un suo pardcolare tono di pacata conversazione, sembravolersi presentare non come operazione letteraria, ma come voce interna di uomo comune, ehe paria con cordialitä ad altrí uomini comuni; qut sta bonarietä nasconde tuttavia un insistente vittiniismo: ľautore sembrasm pre pronto a rivendicare valori di «bontä» concukata, a recriminare in for me un po' piagnucolose contro tutte le forze ehe ostacolano e perseguiiaK i «buont». 9-7-9- Pascoli e la poesia del Novecento. Vista nel suo insieme, l'opera di Pascoli sembra condensare in sé gli ideali di una piccola borghesia agricola, impegnata nella difesa del prop* spazio contro le laceranti trasformazioni della modernita, ma che non n nuncia totakiente agli ideali positivistici, a un vago laicismo di onginen-sorgimentale e a una generica fiducia nel progresso: Pascoli ricava da q« to onzzonte piccolo-borghese una prospettiva di solidarietá naz.on* ipotizzando un alleanza tra le classi che metta capo a un imperialismoco venature sociali e umanitarie. A questo orientamento si collega anche ' LI 1 P°eSÍa di Pascoli> Poeta-professore, si ě fatto nella se*** Se J! "TM Mantie e fam^are, gli atteggiamend filantropici e £ 'alegguum, 1 mtenzione, manifestata daUo stesso autore, di rivaly* yfjSO UNA NUOVA POESIA: GIOVANNI PASCOLI jme giovanüi», hanno originato in gran parte del Novecento una in-" retazione edulcorata od oratoria di questa poesia, intesa come model-[e di «bontä», come costumata rappresentazione dell'infanzia, come esal-,^ione di valori domestici, civili e patriottici. Nel corso di questo capitolo si ě visto pero come la piú autentica poesia pascoliana sia dominata da una tensione straziante, in un groviglio psi-cologico che le conterisce una forza conoscitiva singolare, che va molto al Ji lä dei suoi orizzonti sociologici e ideologici e che la collega alle esperienze piú moderně della poesia europea della fine delTOttocento (Pasco-1, ě ceno il poeta italiano che piú si awicina, ma in modo tutto originale e senza condividerne i supporti culturali e teorici, al simbolismo, cfr. 9.7.4). E ďaltra parte essa, benché si mantenga nella linea del classicismo e assu-ma alla fine una knmagine ufficiale e declamatoria, ha radicalmente muta-to l'orizzonte del linguaggio e delTespressione, ponendosi come punto di riřerimento essenziale (assai piú che la poesia dannunziana) per tutte le nuove esperienze del Novecento: dat crepuscolari agli ermetici, da Saba a Montale. _ Questi i punti essenziali attraverso i quali si puč riassumere Fessenzia-le apporto dato da Pascoli al rinnovamento della poesia, al definitivo ab-bandono di una secolare tradizione: 1. apertura alle cose, a infiniti nuovi oggetti (che si incarnano in uná série di vocaboli mai usati prima dalla poesia, in una vasta nomenclatura di matrice addirittura tecnica); 2. plurilinguismo, che va dall'inserzione di elementi fono-simbolici (cfr. 9.7.3) all'uso di lingue special! e straniere; 3. frattura e sospensione del ritmo sintattico, a sostegno degli aspetti simbolici e analogici; 4. sperimentazione metrica, con frattura del ritmo del verso e delFor-ganizzazione strofica. 9.7.10. Nuovi tentatívi poetici fra tradizione e innovazione. Tra le esperienze poetiche che si svolsero soprattutto negli anni a cavallo tra i due secoli e che non coincidono con le prospettive dominanti alla fine del-1'Ottocento cui si ě accennato in 9.3.1 e in g.ß.r (quella del classicismo car-ducciano e quella dell'estetismo), rícordiamo quella del romano DOMENICO Gnoli (1838-1915), che nel 1903 diede voce a una diffusa esigenza di rinnovamento dell'orizzonte poetico: nel volume Fra terra e astri (pubblicato come opera del giovane GlULIO ORSINI, pseudonimo che il poeta continuó a jisa-te in raccolte successive) figurava una poesia, Apriamo i vetři, che suscitö grande scalpore, poiché l'autore vi annunciava la mořte delle vecehie forme artistiche, la necessitä di una nuova «freschezza» e di una nuova vita. Rieche di interesse appaiono aleune esperienze che si svolsero tra Pie-monte e Liguria: in primo luogo quella di ArTURO GRAF, nato ad Atene nel 'M da padre tedesco e madre italiana, dal 1876 professore di letteratura ita-llana äU'Universitä di Torino, critico che seguiva i metodi della scuola stori-ca nutrendo tuttavia una grande curiositä per i motivi tematici e la proipctti* siní bolica Noviu della poesia pascoliana Tendenzc incompíutc Arturo Graf 148 Enrico Thovez Ceccanlo Roccatagliatt Ceccardi EPOCA9 LANUOVAITAIU iKi-„ simbolici. La sua conoscenza delle piú varie letterature eutopee 1 zionalismo rigoroso e la sua simpatia per ü socialismo influiron ^ mente sulla cultura letteraria della capitale piemontese, dove ° n°tev* La sua poesia presents moduli romantici, ma compkcati da simboli tiche estetizzanti e decadent! (tra le sue raccolte si ricordino Medusa^ Morgana, 1901). A una poesia come espressione di sentimenti essenziali ed eterni H' ta nel patrimonio romanrico, ma insieme sensibile alia realtä conterrmo ° mira Úpoema delľadolescenza (1901) del torinese Enrico Thovez (186a. esperto di arte e di musica, acuto e polemico saggista, che nel 1910 pubblid 11 pastore, ilgregge e la zampogna, battagliera e spregiudicata analisi delle it sufficienze e delle arretratezze del linguaggio poetico italiano. II modello carducciano agisce sul genovese Ceccardo Roccataguata Ceccardi (1871-1919), ehe sa pero elaborare un linguaggio originale, důro essenziale, come scavato in una materia secca e ingrata. A tale linguaggio s ispireranno poi alcuni poeti liguri, come Sbarbaro (cfr. 10.7.4) e Monte (cfr. 10.84). g L'alba del nuovo secolo 9.8.1. L'ltalia giolittiana. Si ě soliti definire i primi anni del Novecento con ľespressione «eta giolittiana* per il molo di guida della politica nazionale assunto allora da Giovanni Giolitti. La situazione politica e sociále del paese presenta in realtä caratteri relativamente stabili in tutta la fase ehe va dal 1900 al 1915. D si-stema liberale, dopo i rischi di involuzione autoritaria profilatisi nelľultimo decennio dell'Ottocento, sembra trovare un suo equilibrio, basato sul-I'abile opera di mediazione dei conflitti sociali operata da Giolitti e dalla vasta area politica che a lui si collega, a vantaggio del grande capitale del Nord: ciô permette di accelerare il processo di industrializzazione nelle re-gioni settentrionali (proprio nel momento in cui nei paesi occidentali, in Európa e negli Stati Uniti, si impongono nuove tecnologie e nuove inven-zioni), grazie anche a una politica protezionistica, che mette al riparo dalla concorrenza straniera e favorisce i grandi monopoli e le grandi concen-trazioni finanziarie. Tra laceranti contraddizioni si registra comunque un considerevole mi-glioramento della qualita della vita, con la diffusione di nuovi servizi pub-blici nelle cittä e una relativa espansione della cultura: il primo decennio del secolo vede tra ľaltro ridursi notevolmente ľanalfabetismo e ampliarsi di raolto lo strato degli intellettuali piccolo-borghesi, soprattutto insegnan-ti e dipendenti statali. Si tratta di un nuovo pubblico, sensibile non soltan-to alia letteratura di consume o ai grandi modelli poetici, ma anche alle ideologie e alle prospettive politiche: in esso serpeggia una forte scoriten-tezza per la situazione del paese, che genera sovente atteggiamenti estremi-stici e ambizioni sproporzionate. Percorsa da rnille tenderize e conflitti, la cultura delľetä giolittiana vive un inquieto rapporto con la «modernita», un impulso a intervenire sul mo-vimento del mondo, come mostrano vari autori dei quali si ě trattato nei ca-pitoli precedenú, giä attivi nel tardo Ottocento e ancora all'inizio del nuovo secolo; di numerosi altri, operanti per un lungo periodo a partire dall'inizio del secolo, si parlerä nelľEpoca w. Coerentemente al taglio che abbiamo dato alia nostra periodizzazione, in questo capitolo non copriremo tutto ľarco cronologico e tutte le esperienze Stabilita politica c industrial iz- Gli ioteUctrualj piccolo- borghesi II difficile rapporto con la «m od ern 11 A*