Pirandello L'umorismo Garzanti PARTE SECONDA Essenza, caratteri e materia deWumorismo i Che cosa b l'umorismo? Se volessimo tener conto di tutte le risposte che si son date a questa domanda, di tutte le definizioni che autori e critici han tentato, potremmo riempire parecchie e parec-chie pagine, e probabilmente alia fine, confusi tra tanti pareri e dispareri, non riusciremmo ad altro che a ripetere la domanda: - Ma, in somma, che cos'e l'umorismo? Abbiamo gia detto che tutti coloro, i quali, o di propo-sito o per incidenza, ne han parlato, in una cosa sola si accordant nel dichiarare che e difficilissimo dire che cosa sia veramente, perche esso ha infinite varieta e tante ca-ratteristiche che, a volerlo ~descrivere in generale, si ri-schia sempredi dimenticarne qualcuna. Questo e vero; ma e vero altresl che da un pezzo ormai avtebbe dovuto capirsi che partire da queste caratteristi-che non e la via migliore per arrivare a intendere la vera essenza dell'umorismo, poiche sempre avviene che una se ne assuma per fondamentale, quella che si e riscontrata Coi»une a parecchie opere o a parecchi scrittori studiati cori.predilezione; di modo che tante definizioni si vengo-0 jnfine ad avere dell'umorismo, quante sono le caratte- e nscontrate, e tutte naturalmente hanno una parte rje caratte- vero, e nessuna e la vera. este va . re a .Certamente, dalla somma ^ m si ?*°*ismo', Stiche e delle conseguenti de» cQsa sia lun ^ sendete, cos\, in generale, ^ sommarra se tie avra sempre una conosc 163 L UMORISMO su queste sommarie ed riore, appunto perché fondata esteriori determinazioni. La caratteristica, ad esempio, di quella tale peculiar bo-narietä o benevola indulgenza che scoprono alcuni nell'u-morismo, giä definito dal Richter1 «malinconia ďun ani-mo superiore che giunge a divertirsi finanche di ciö che lo rattrista»,"2 quel «tranquillo, giocondo e riflesso sguardo a Del Richter si possono citare parecchie definizioni. Egli chiama an-che l'umorismo, «sublime a rovescio».3 La descrizione migliore, secon-do il suo modo ďintenderlo, ě quella a cui giä abbiamo accennato akrové,4 parlando della diversitä del riso antico dal riso moderno: «L'umore romantico ě l'atteggiamento grave di chi compari il piccolo mondo finita con l'idea infinita: ne risulta un riso filosofico che ě misto di dolore e di grandezza. E un comico universale, pieno di tolleranza cioě e di sim-patia per tutti coloro che, partecipando della nostra natura, ecc. ecc. ».5 Altrove parla di quella certa «idea che annienta»,6 che ha avuto molta fortuna presso i critici tedeschi, anche applicata in un senso meno filosofico. Der Humor kann, dice il Lipps, schliesslich ein vollbewusster sein. Er ist ein solcher, wenn der Träger desselben sich sowohl des Rechtes, als auch der Beschränktheit seines Standpunktes, sowohl seiner Erhabenheit als auch seiner relativen Nichtigkeit bewusst ist. 1 umorismo... Richter, in Vorschule der Aesthetik (programmi vi-rx)Jean Paul aveva esaminato i fenomeni del comico, delT umorismo e dell'argu- zia. 2 «malinconia... rattrista»: la medesima citazione era, anche 11 senza al-cun rinvio, in Arcoleo (op. cit., p. 5). Sülle citazioni di Richter che pro-seguono in nota e condivisibile quanto osserva G. Cappello in Due con-dizioni dell'umorismo: Dossi e Pirandello (in Pirandello saggista, a cura di P.D. Giovanelli, Palermo, Palumbo, 1982, p. 52). Dopo aver sottoli-neato la conoscenza di seconda mano degli autori inglesi e la cura nelia citazione di alcuni tedeschi, Cappello scrive che la nota pirandelliana di questa pagina «fornisce anzi la prova del fatto che neppure tutti gli autori tedeschi citati sono stati utilizzati con uguale criterio. Dopo aver citato il Richter in italiano, chissä da dove, Pirandello cita, questa volta in tedesco, il Lipps. Non se ne puö concludere che Pirandello non cono-scesse direttamente il Richter [...] [bensi] che le opere del Richter non erano sotto i suoi occhi». . 3 «sublime a rovescio»: «umgekehte Erhabene», in Vorschule der Aesthetik, programma vii, cap. 32. 4 altrove: cfr. p. 32 e nota 2. 5 «L'umore... ecc.»: la «descrizione» e in Muoni, op. cit., p. 26. . 6 «idea che annienta»: all'idea annientatrice o infinita deU'umorism Jean Paul intitolava il cap. 33 della Vorschule der Aesthetik («^ vernichtende oder unendkche Idee des Humors»). , un 7 Der Humor... bewusst ist: L'umorismo puö [...] essere in fondo 164 4 if n SÍ 15053 \o in tutti gli ifCCcese/e ide ,n7i si trovers oSwitt, cnc c jf0la, cioe pieno dl tiele cinnanzi, parlando del e cosa in fondo si rid mpatica indulgenza. AI contrario, quella « Dimere il ridicolo del 5 p», di cui parla il Bongr Npari di lui beffardi lel resto, come osserv; 1 Lazzarus,4 che c > come una dispo 1904, pag. 276. >tar5Äte cosciente MT>del suo rUt° ^^tc ;Ve n°> scambiando \h C°>JW JUe SUe g €> lo Stud h del SS M »•ib. (p e n- pali in ne parte seconda • i el < scambiando cosl una traduzione per il titolo origi- «eye... d ,. j fezarus- m • ne^'articolo giä ricordato (cfr. Parte i, cap. ii). 3eUa völkerbsi!t:f Lazarus (1824-1903), filosofo tedesco, creatore 5ei Popoli nelle e>- lo stuc*io de8u' elementi psicologici della vita CYc'onsS^ SUe varie manifestazioni. iaer"-. animo: Is Gnomen, in Das Leben der Seele (1855), che Lipps ■■■ animo: la tesi é sostenuta nel saggio Der Humor als 165 l'umorismo di considerarlo ě compiuto Né compiuto sarä quell0 ^ Hegel che lo dice «attitudine speciale ďintelletto e ď animo onde 1'artista si pone lui stesso al posto delle co se»,1 definizione che, a non porsi bene a guardare da quel solo lato da cui lo Hegel lo guarda, ha tutta l'aria d'un rebus. Caratteristiche piÜ£omuni, e perö piu generalmente os-servate, sono la «contradizione >> fondamentale, a cui si suol dare per causa principále ll disaccordo~EKě il senti-mento e J£meditazione scoprono o fra la ^ta~r^]Aj ■ deale umano_o fra le nostre aspiraziom_eJe nostre debo-Te'zze e miserie/ e per principále ef fettoqüella tal perpTes-"sitä tra il pianto e il riso; poi lo scetticismo, di cui si colo-ra ognLosservazione, ogni pittura ümöristTcä,3 e in fine il suo procedexe-minuziosamente e anche maliziosamente analitico. Dalla somma, ripeto, di tutte queste caratteristiche e conseguenti definizioni si puö arrivare a comprendere, cosi, in generale, che cosa sia Pumorismo, ma nessuno ne-gherä che non ne risulti una conoscenza troppo sommaria. Che se accanto ad alcune determinazioni affatto incom-piute, come abbiamo veduto, altre ve ne sono indubbia-mente piu comuni, l'intima ragione di esse non ě poi veduta affatto con precisione né spiegata. esamina in Komik und Humor (cap. xvi, «Das Wesen der Humors» [L'essenza dell'Humor], in cui si concentrano le citazioni pirandelliane). 1 «attitudine... cose»: identica citazione, senza alcun rinvio, in Arcoleo, op. cit., p. 5. 2 «contradizione»... miserie: come anche per il Lazarus prima citato, che «aveva definite, la peculiare modalita di pensiero delľumorista co-efr pPi308)^°ne k°ntak ^ rea^ e ideale» (M. Cometa, op. cit., p- 312 e 3 perplessitä... umoristica: nel coevo saggio sui Sonetti di Cecco Angiolie-ri, dopo alcune pagine coincidenti con quelle conclusive dell' Vmorismo, rw8e: !íecosa da valore a tutti questi scherzi di ombra? Un pr0 che " quanto cost «we rappresent, *stl Processi e com • ■t0 estetic SuCe* PARTE SECONDA • I . *mo noi a vederla con precisione e a spiegar-Rinun^remf n Benedett0 Croce che nd]our- (fasc- nI> 1903) dichiaro inde- ^1SS~ «™tutti gHstati ^f^etica lo annovero tra i tanti concetti dell este-br°t fflw? «L'indagine dei filosofi - egli dice - si tic, n travagliata intorno a questi fatti, e specialmente '?nrno ad alcuni di essi, come, in prima linea, il comico, S sublime, il tragico, Vumoristico e il graztoso. Ma bi-C na evitar l'errore di considerarli come sentimenti specia-fnote del sentimento, ammettendo cosl delle distinzioni e'classi di sentimenti, laddove il sentimento organico per se stesso non puo dar luogo a classi; e bisogna chiarire in che senso possano dirsi fatti misti. Essi dan luogo a concetti complessi, ossia di complessi di fatti, nei quali entra-no sentimenti organici di piacere e dispiacere (o anche sentimenti spirituali-organici), e date circostanze esterne che forniscono a quei sentimenti meramente organici o spirituali-organici un determinato contenuto. II modo di definizione di questi concetti e il genetico: Posto l'organi-smo nella situazione a, sopravvenendo la circostanza b, si na il fatto c. Questo e simili processi non hanno col fatto estetico nessun contatto: salvo quello generale che tutti |-SS1> m quanto costituiscono la materia o la realta, posso-«essere rappresentati dall'arte; e l'altro, accidentale, che nelquestl P^cessi entrino talvolta dei fatti estetici, come aso dell'impressione di sublime che puo produrre Fo- * o diUn Tta titano' di un Dante ° di uno Shakespea-^imbratt C°mka dd COnat0 di un imbrattatele o di Seco al fatt Catte' Anche in qUeSti Casi 11 Processo e estrin-^to del Z estetlco; 81 3uale non si lega se non il senti- tico> del hell CCrf f disPiacere> del valore e disvalore este-cuo e del brutto».1 L UMORISMO Innanzi tutto, perche sono indefinibili gli stati pslCo gici? Saranno forse indefinibili per un filosofo, ma l'a sta, in fondo, non fa altro che definire e rappresenta stati psicologici. E poi se l'umorismo e un processo o u fatto che da luogo a concetti complessi, ossia complessi di fatti, come diventa poi esso un concetto? Concetto sara quello a cui l'umorismo da luogo, non l'umorismo. Cert mente se per fatto estetico deve intendersi quel che int de il Croce, tutto diviene estrinseco ad esso, non che q sto processo. Ma noi abbiamo dimostrato altrove1 e anche nel corso di questo lavoro, che il fatto estetico non e puo essere quel che il Croce intende. E, del resto, che gnifica la concessione che «questo e simili processi n hanno col fatto estetico nessun contatto, salvo quello nerale che tutti essi, in quanto costituiscono la materia la realta, possono essere rappresentati dall'arte»? L'a puo rappresentare questo processo che da luogo al conce to di umorismo. Ora, come potro io, critico, render conto di questa rappresentazione artistica, se non mi re do conto del processo da cui risulta? E in che consistere be allora la critica estetica? «Se un'opera d'arte, - osser il Cesareo nel suo saggio su La critica estetica appunto, ha da provocare uno stato d'animo, appar manifesto c tanto piu pieno sara l'effetto finale, quanto piu intense concordi vi coopereranno tutte le singole determinazioni Anche in estetica la somma e in ragion delle poste. L'es me di tutte a una a una le particolari espressioni ci dara misura dell'espressione totale. Or come la per\etta riprodu-zione d'uno stato d'animo, in cui per I'appunto consiste la bellezza estetica, e un fatto emozionale che pud risultare sol-tanto dalla somma d'alcune rappresentazioni sentimentali co-si Vanalisi psicologica d'un'opera di poesia e il necessano fondamento di qualsiasi valutazione estetica ».2 Parlando di questo mio saggio su la sua rivista La Cm- 1 altrove: in Arte e Scienza * «Se. ■ estetica*: G.A. Cesareo, in Critica militante, cit., p. H- 68 : parte seconda • i a 1909, pagg. 219-23), il Croce,1 a proposito ci vj'0 del Baldensperger Les definitions de Vhumour dell°; st?fj>h}stoire litteraire, Paris, Hachette, 1907), si (in ®r Jire che il Baldensperger ricorda anche le ri-compiacJej ^azamian, edite nella Retw germanique del ^■Vourquot nous ne pouvons definir Vhumour, in cui ,2 sostiene che Pumorismo Tore seguace del Bergson, 'Lot aUa scienza, perché gli Uw«......—----.....- ti di esso sono in piccolo numero e sopra tutto negati-^Maddove gli elementi variabili sono in numero indeterminate Per cui, il compito della critica ě di studiare il contenuto e il tono di ogni úmore, e cioě, la personalita di ciascun umorista. -liny a pas ďhumour, il n'y a que des humouristes/ -dice il signor Baldensperger. E il Croce s'affretta a concludere: - La questione ě cosi esaurita. Esaurita? Torniamo e torneremo sempre a domandare come mai, se l'umorismo non e'e, né si sa, né si puó dire che cosa sia, ci sieno poi scrittori, di cui si possa sapere e dire che sono umoristi. In base a che cosa si saprá e si po-tra dire? l'umorismo non e'e; ci sono scrittori umoristi. Il comi-tonon e'e; ci sono scrittori comici. tienissimo! E se un tale, sbagliando, afferma che un ta- ^ii'umor'0 ^roce.\ se il precedente attacco alia concezione crociana"! ma e(Ji2: 1Snij ^' piu in generále, deU'arte, era contenuto giá nella pri- I tolo £ e °- jc ^ sa8gio, la parte che qui inizia, fino al termine del capij 2 5^ceil Rmente un'aggiunta dellVdirW del 1920. del 1903\.f .ergson: cosTTo aveva definito Croce - nel citato articolo ' all'arti rainj?ndendo un'indicazione di Baldensperger che, riferen-•a te°ria d 1 5"aza,mian> lo giudicava collegato («se rattachant») al- ^ceserr1 Comico di Henri-Louis Bergson"(1859-1941), il filosofo ea^- tnC acanisi-X ---1_ £______t>í...i..i.i_______i-c______ I, ll- huZurisT^ probibilmente ignorava con L'evolution creatrice (Evoluzione 1 ■ Sa8gio d' ^^ 1900, infatti, Bergson aveya scritto Le rire (II ri-aiecheaii'IVenut°^8rande importanza ma che Pirandello non cita cfr. nota 1, p. 9. 169 l umorismo le scrittore umorista e un comico, come faro io a W lo sbaglio, a dimostrargli che e un umorista e nrl ^ la umorista e non un mico? Il_Croce pone innanzi la pregiudjziale metodira circa posslHKta" di definire un concetto. Io gli pongo innan questo caso, e gli domando come potrebbe egli dimostri re, per esempio, all'Arcoleo, il quale afferma che il perse naggio di don Abbondio e comico,1 che invece no, q\ personaggio h umoristico, se non avesse ben chiaro mente che cosa sia e che debba intendersi per umorismo. Ma egli dice, in fondo, di non muover guerra alle defi-nizioni, e che anzi il suo modo di rifiutarle tutte, filosoi camente, e l'accettarle tutte, empiricamente. Anche . mia; che del resto non e, ne vuol essere una definiziorM ma piuttosto la spiegazione di queU'intimo^processo cl avviene, e che non puo non avvenire, in tutti quegli scrit-tori che si dicono umoristi. L'Estetica del Croce e cosl astratta e negativa, che ap-plicarla aUa critica non b assolutamente possibile, se non a patto di negarla di continuo, com'egli stesso fa, accettan-do questi cosl detti concetti empirici che, cacciati dalle porta, gli rientrano dalla finestra. \ Ah, una bella soddisfazione, la filosofia! 1 Arcoleo... comico: cfr. p. 153 e nota 6 Seme il mondo, ehe eostituisee appunto la mate-riaelaragionedelľumorismo. , , ; Ordinariamente, - ho giä detto altrove,* e qui m e torza ripetere - ľ opera d'arte é ereata dal libero moyimento dellavita interiore ehe organa le idee e le immagini in una forma armoniosa, di cui tutti gli elementi han corrispon-denza tra loro e con ľidea-madre ehe le coordina.1 La ri-fesione, durante la. concezione, come durante ľesecuzio-^p^er^arte^non re^taxertamenteL-inattíva: assiste" nascere e al erescere delľ opera, ne segue le f asi progres-e e ne gode, raccosta i varii elementi, li coordina, li ^ nd **° V°lume & citat° Arte e scienza il saggio Un critico fanta- ^^££J£±1 11? «*f« <1900) Pirandello ras^ecSUente^nte sino M11 arte- La formula, a lui cara >° tS' dove P^andello Hn • §™te ^w /W di Seailles) e in 7' Spontaneita dell'arte Cfrp aa* ~ COme fa ar*he 171 compara.1 La coscienza non rischiara tutto lo soi ' gnatamente per l'artista essa non e un lume distir?0' pensiero, che permetta alla volontä di attingere in \ °' ^ me in un tesoro d'immagini e d'idee. La coscienz^ ^ somma, non e una potenza creatrice, ma lo specchio 1 riore in cui il pensiero si rimira; si puö dire anzi cW^' sia il pensiero che vede se stesso, assistendo a quelloch* esso fa spontaneamente.2 E, d'ordinario, nell'artista nel momento della concezione, la riflessione^sjjTqyondc re sta, per cosl dire, invisibile: e, quasiTpeTTaTtisTällnl'for-ma del sentimento. Man mano che Popera si fa, qssa la critica, non freddamente, come farebbe un giudice spas-sionato, analizzandola; ma d'un tratto, merce l'impressio-ne che nenceveT7" Questo, ordinariamente. Vediamo adesso se, per la natural disposizione d'animo di quegli scrittori che si chia-mano umoristi e per il particolar modo che essi hanno di intuire e di considerar gli uomini e la vita, questo stesso procedimento avviene nella concezione delle loro opere; se cioe la riflessione vi tenga la parte che abbiamo or ora descritto, o non vi a^nma pnitfosto nna speciale attivitä. Ebbene, noi vedremo che nella concezione di ogni ope-ra umoristica, la riflessione non si nasconde, non resta in-V visibile,4 non resta cioe quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone 1'immagine; da questa analisi perö, da questa 1 La riflessione... compara: tutto il capoverso é ripreso - come segnalato dalla nota delľautore - d^JJnjmtic^ n); questo passo e pero modificato: sono state soppresse alcune considerazioni sulla volontä, anch'essa, al pari della riflessione, non inattiva durante la concezione artistka. Anche qui Pirandello riprende concetti e traduce espressio-ni di Séailles (op. cit., p. 171). Cfr. G. Andersson, op. cit., pp. 1^2"94V 2 La coscienza non... spontaneamente: anche questo passo ripren Séailles, op. cit., p. 172. 3 la riflessione... riceve: ivi, p. 210. Traduzione pressoché letterale. 4 la riflessione... invisibile: stessa affermazione in Un critico fantastic (cap. n). 172 parte seconda • ii altro sentime^ spira: quello i^^fSi signora, coi capelli ritinti, tutti unti n si sa di quaie omuuc ~ r------ n°imbellettata e parata d'abiti giovanili.3 Mi metto a ride-tC Avverto che quella vecchia signora ě il contraňo di ciö che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Pos-so cosi, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. II comico ě appunto un avver-mentodelcontrario/^Ma se ora interviene in me la rifJés-sioneTélhi suggérísôľ che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi cosi come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamen-te s'inganna che, parata cosi, nascondendo cosi le rughe e lacanizie, riesca a trattenere a sé ľamore del marito mol-topiu giovane di lei, ecco che io non posso piu riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me tľsto3 rt0^dar °kľ 3 ^^n^Vertirnento, o p££ K ŠOT'" ^ qud^ owertimento del contra- - ha tatt0 Passare « WKsto..sentimento-del contrario. 1 xomposizione: una parola-chiave del saggio. Cfr. Jr^^!5JLjoxJL le incui Pirandello si softerma a lungo sulk rifless °^hs^^ , costruzioni iüusorie e.fittizie della rcj^nj^g^^- 2 wanfeca: unguento cosmetico per i capelli. , v 5 úgnora... ýovanili: il ritratto che qui e piu oltret^eÄ£ ^ figura esemplarmente umoristica, richiama in parte queüo deüa ^raPopönica nelle pagine iniziali dcVEsclusa (edito nel 1901 ma yosto nel 1893) e in parte quello della signora Baldinotti nella no jLe dodrci lettere (1897). AI noto topos pirandelliano concorrc pero S*«n vecchio, che «nero-rossi, qual pelo di faina, / si ntir«cicg-Cľ tUtü 8U ™i che un po' di tinta danno «al canuto, unbec 1 fc^to / della vita» {Dal fanale, una poesia del 1902 pol raccolta in CľÍWewr0 áe/ coiiťwrio: nel breve scritto su Salvátore Farina (ctr. Wä ľ-160) Pirandello lo definiva invece come «una filosohca toi-»ete» sPinta fino a tal segno da non sapere piu da qua par 173 l'umorismo Ed é tutta qui la differenza tra il comico e 1 umoristico ' _ «Signore, signore! oh! signore, forse, come gli ^ voi stimate ridicolo tutto questo; forse vi annojo racco tandovi questi stupidi e miserabili particolari della mia* ta domestica: ma per me non ě ridicolo, perché io % tutto cio...» - Cosi grida Marmeladoff nell'osteria, in Di litto eCastiw1 del Dostojevski,2 a Raskolnikoff tra le řiš t71[egli avventori ubriachi. E questo grido é appunto protesta dolorosa ed esasperata d'un personaggio umoi stico contro chi, di fronte a lui, si ferma a un primo a vertimento superficiale e non riesce a vedeme altro che comicitä. . , , , Ed ecco qua un terzo esempio, che per la sua lampantt chiarezza, si potrebbe dir tipicoUn poeta, ilj^msn, ei tfa un giorno neUa chiesa di Sanť Ambrogio a Milane, e trova un pieno di soldáti, T Di que' soldáti settentrionali, Come sarebbe boemi e croati, Messi qui nella vigna a far da pali...3 II suo primo sentimento ě d'odio: quei soldatacci ispk e duri son 11 a ricordargli la patria schiava. Ma ecco levars nel tempio il suono dell'organo: poi quel cantico tedesc lento lento, D'un suono grave, flebile, solenne4 che ě preghiera e pare lamento. Ebbene, questo suono de ina a un tratto una disposizione insolita nel poets 1 Delitto e Castigo: Parte i, cap. Ii. . ü nae scrit 2 Dostojevski: Fédor Michajlovič Dostoevski) (\8;A ,/'^L^i> ecc tore russo autore delle M^w* A A wttosuoloA frateW™--~^„rf. \o Poco esaminato dai critici ü suo influsso su ^Hgf*^^ un0 degli indicava in un'intervista («La lettura», 1" marzo 1W autoři da cui aveva ricevuto le impressioni piü forti. \ 3 Di que'... pali: G. Giusti, S. Ambrogio, 3. 4 D'un... solenne: ivi, 8. 174 parte seconda • ii x -- íl fkeello delia satira politica e civile: de-•^'"nU disposizione propriamente umonstica: ävV!L in lui la dlX ^rtimkr riflessione ehe, spassio- ^ÍVspone a quella particolar riílessione che, spassio-jioě, 1°. ie] primo sentimento, deirodio suscitato dalla vi-"^řuei soldáti, genera appunto il sentimento del con-poeta ha sentito nelTinno la dolcezza amara Dei canti uditi da fanciullo: il core, Che da voce domestica gl'impara, Ce li ripete i giorni del dolore. Un pensier město della madre cara, Un desiderio di pace e ďamore, Uno sgomento di lontano esilio...1 E riflette che quei soldáti, strappati ai loro tetti da un repauroso, A dura vita, a dura disciplina, Muti, derisi, solitari stanno, Strumenti ciechi ďocchiuta rapina, Che lor non tocca e che forse non sanno 2 Ed ecco il contrario delľodio di prima: Povera gente! lontana da' suoi, In un paese qui che le vuol male... poeta ě costretto a fuggir dalla chiesa perché se non fuggo, abbraccio un caporale, I Colla su' brava mazza di nocciuolo Duro e piantato 11 come un piuolo.4 \^ 1« dolcezza... esiíio: ivi, 9 ■A dura... sanno-. ivi, XX-14Povera... mak: ivi, 12. l * QlH... piuolo-. ivi, 12. l'umorjsmo INotando questo, avvertendo cioe questo sentirnen del amtrarioAeMScedauna speciale attjyjta deUa ritre^ siöne_icTnon esco aifatto dal campo della cntica esteticT l^colc^ica. L^analisi psicologica di questa poesia e il cessario fondamento della yalutazione estetica di essa. non posso intenderne la bellezza, se non intendo il proc so psicologico da cui risulta la perfetta riproduzione di quello stato d'animo che il poeta voleva suscitare, nella quale consiste appunto la bellezza estetica.1 Vediamo ora un esempio piü complesso, nel quale 1 speciale attivitä della riflessione non si scopre cosl a prima giunta; prendiamo un libro di cui abbiamo giä discorso: il Don Ouiiote Hel Cervantes. Vogliamo giudicarne il valore estetico. Che faremo? Dopo la prima lettura e la prir impressione che ne avremo ricevuto, terremo conto anche qui dello stato d'animo che l'autore ha voluto suscitare. Qual e questo stato d'animo? Noi vorremmo ridere di tut-to quanto c'e di comico nella rappresentazione di questo povero alienato che maschera della sua follia se stesso e gli altri e tutte Ie cose; vorremmo ridere, ma il riso non ci viene alle labbra schietto e facile; sentiamo che qüäTcosa ce lo turba e ce l'ostacola; e un senso di comrniserazione, di pena e anche d'ammirazione, si, perche se le eroiche avveruure di questo povero hidalgo sono ridicolissime, pur non v'ha dubbio che egli nella sua ridicolaggine e ve-ramente eroico.2 Noi abbiamo una rappresentazione comi-ca, ma spira da questa un sentimento che ci impedisce di ridere o ci turba il riso della comicitä rappresentata; ce lo rende amaro. Attraverso il comico stesso, abbiamo an- 1 w non esco... estetica: e da sottolineare l'affermazione pirandelliana circa la natura psicologica dell'umoristico sentimentnjel contrario e la base psicologica della vahitazione pstetira " 2 eroiche eroico: nel pirandelliano Taccuino di Bonn si legge: «all'uo-mo ideale perfetto greco e succeduto l'eroe romano, all'eroe romano angelo cnstiano, a questo la bestia. La Chiesa trova tra l'uno e l'altro [llj tipo intermedio: il cavaliere medioevale. [...] Vengono i tempi mo-derni [...] Ia missione del cavaliere e finita, ove uno ancora ne volesse assumere la parte, troverä un Cervantes» 176 parte seconda • ii . t0 del contrario. L'autore l'ha destato he^ uÄstato in lui, c noi ne abbiamo giä veno* Ebbene, perche non si scopre qui la spe-to lc räÄ'Ua riflessione? Ma perche essa -frutto del-*ättlTma esperienza della vita,1 esperienza che ha de-^tristlS k disposizione umoristica nel poeta - si era gia erininat0 «Iii sentimento di lui, su quel sentimento che lo :serC mato cavaliere della fede a Lepanto. Spassionan-!veVäi nnesto sentimento e ponendovisi contro, da giudi-JoSl Ikoscura carcere della Mancha, ed analizzandolo Ce' mara freddezza, la riflessione aveva giä destato nel detail sentimento del contrario, e frutto di esso e appun-il VqnQuijote: b questo sentimento del contrario og- «rtüvaSrfi poetaJnoiLhaJappresen^ pfö-cessa.- come il Giusti nella sua poesia, - ne ha rappresen-tato^oltantoľeffejto, e perö il sentimento del contrario spka žŽraversoTa comicitä della rappresentazione;2 que-sta comicitá é frutto del sentimento del contrario genera-to nel poeta dalla speciale attivitä della riflessione sul pri-mo sentimento tenuto nascosto. Ora, che bisogno ho io d'assegnare un qualsiasi valore etico a questo sentimento del contrario, come fa Theodor upps nel suo libro Komik und Humor? Cioé - intendiamoci bene - al Lipps veramente non si «tooa mai questo sentimento del contrario. Egli, da un wo, non vede che una specie di meccanismo cosl del co-htk°m deU'umore: quello stesso che ü Croce nella sua a Clta come un esempio di spiegazione accettabile di rS**** umoSir3"16^6' í?n riíerend°si Piů a Cervantes ma al-2 ^a causa ' ne8hera che sia sempre que- ^^^J^^l rftggfo™ * generato dal sentimento V COntrari°. insomman e SentiJme"to del c°ntrario. II sentimeri- innanzi a una Valv'ntiniento deľ, °\V1 -entl.te commossi> cioě quando in voi si (< «Almanacco lette- 177 l umorismo siffatti «concetti»: - «Posto l'organismo nella situazi i a, sopravvenendo la circostanza b, si ha il fatto c».1 _°ipe dall'altro canto, s'impaccia di continuo di valori etici p • che per lui ogni godimento artistico ed estetico in geneT e godimento di qualcosa che ha valore etico: non giä com6 elemento di un complesso, ma come oggetto dell'intuizic.6 ne estetica. E tira continuamente in ballo il valore etico della personalitä umana, e parla di positivo umano e di negazione di esso. Egli dice: «Dass durch die Negation die am positiv Menschlichen geschieht, dies positiv Menschliche uns näher gebracht, in seinem Wert offenbarer und fühlbarer gemacht wird, darin besteht, wie wir sahen, das allgemeinste Wesen der Tragik. Ebendann besteht auch das allgemeinste Wesen des Humors. Nur dass hier die Negation anderer Art ist als dort, nämlich komische Negation. Ich sagte vom Naivkomischen, dass es auf dem Wege liege von der Komik zum Humor. Dies heisst nicht: die naive Komik ist Humor. Vielmehr ist auch hier die Komik als solche das Gegenteil des Humors. Die naive Komik entsteht, indem das vom Standpunkte der naiven Persönlichkeit aus Berechtigte, Gute, Kluge von unserem Standpunkte aus im gegenteiligen Lichte erscheint. Der Humor entsteht umgekehrt, indem jenes relativ Berechtigte, Gute, Kluge aus dem Prozess der komischen Vernichtung wiederum emportaucht, und nun erst recht in seinem Werte einleuchtet und genossen wird». E poco piü ol-tre: «Der eigentliche Grund und Kern des Humors ist überall und jederzeit das relativ Gute, Schöne, Vernünftige, das auch da sich findet, wo es nach unseren gewöhnlichen Begriffen nicht vorhanden, ja geflissentlich negiert erscheint». Dlce anche: «in der Komik nicht nur das Komische in nichts zergeht, sondern auch wir in gewisser Weise, mit unserer Erwartung, unserem Glauben an eine Erhabenheit oder Grosf' den Kegeln oder Gewohnheiten unseres Denkens u. s. w. . nichte" werden. Über dieses eigene Zunichtewerden er» sich der Humor. Dieser Humor, der Humor, den wir am. sichts des Komischen haben, besteht schliesslich ebenso i « der Tra Ii*]des Vern' pňei allerg B fi oder eben lotste Stufe e fce bisogno h 1 «Posto... fatto c»: passo giä citato; cfr. p. 167 e nota 1. udässdurch... kommt» e positivo umano ques ite e piü tangibile nel e in generale l'essen: tratto risiede anche, i, in tal caso, la negaz amente ě una nega: ico dicevo trovarsi a significa che il comic ö, anche in questo ca ttsmo. La comicitä inj della personalitä inger occhi in una luce opp quell* elemento relativ ^nientamento comic wzzato. [...] II fonc 4J0 ta> m ogni luogo < W razionale che si t L*11 non esiste ed ě a P sei? Memento comic ^"aSLCi-"anni?ntiar ra K IecJe in qualcosa^ P sj íro Pensiero e Ne6 i l'umoris1 h a* comico, coj^ ;i^?cepiamo nel P<* ■ile }benä di spirito mťbuono e sublifll W Va e Personale, ^lcM.. Humor»-r accanto a que 178 ..... PARTE SECONDA • II wenige, den der Träger des bewusst humnri^ t » k^derGe^ ^ gjg» ^ ?W ^ Vernünftigen, Guten undErhl 6S 0, die bei aller objektiven und ebenen a/ fr in der ^bleibt, oder eben dann zur Geltuno u Nlchtt&eit beste-costrctto a riconoscere egji stesso cht *°m™»'1 Ma e p0i fcse höchste Stufe erreicht» e che^j,eder HuZor söhnten, einen entzweiten Humor» 2 «"eben dem ver- Ma che bisogno ho 10, ripeto, di dare „„ i • 1 « aare un qualsiasi valo- 1 237 e 240)- • * tale sommo livel- ■[-tt Humor»- "on ogni umorismo raggmnge: un tale som J accanto a quello riconcÜiato, un umorismo diviso (ivi, P L UMORISMO chiamato il sentimento del contra-re etico a queUo cne in modo? Esso si ^ r o o di ^n£pfle? volta, secondo la personalita del terminera da se, voiw ť entazl0ne. Che importa a poeu o Voggf^fS sape're in chi o dovestta la ragk L critico estetice, ai v nQn vogho ne deWx) usa Süvaeilgiustoeilbene. . . qua- te- dal campo della fantasia pura. Io mi pongo dinanzi lunque rappresentazione artistica, e mi propongo soltant di giudicarne il valore estetico. Per questo giudizio, ho bi° sogno innanzi tutto di sapere lo stato d'animo che quellä rappresentazione artistica vuol suscitare: lo saprö dall'im-pressione che ne ho ricevuto. Questo stato d'animo, ogni qual volta mi trovo innanzi a una rappresentazione ver mente umoristica, e di perplessitä:1 io mi sento nutojxa_due; vorrei ridereT rido.Ina il riso mi e turbato ostacolato__da gnalmga rhe ^pira dalla rappresentaziom stessa. Ne cerco la ragione. Per trovarla, non ho affatto bisogno di sciogliere l'espressione fantastica in un rappor-to etico, di tirare in ballo il valore etico della personalitä umana e via dicendo. Trovo questo sentimento del contrario, qualunque esso sia, che spira in tanti modi dalla rappresentazione stessa, costantemente in tutte le rappresentazioni che soglio chia-mare umoristiche. Perche limitarne eticamente la causa, oppure astrattamente, attribuendola, ad esempio, al disac- ~A cordo che il sentimento e la meditazione scoprono fra a \Ut vita reale e Yideale umano o fra le nostre aspirazioni e le «I, nostre debolezze e miserie? Nascerä anche da questo, co- *aUt me da tantissime altre cause indeterminabili a Pnon\^ ^ 0 noi preme soltanto accertare che questo sentimento ac or2i contrario nasce, e che nasce da una speciale attl.vltaifleS. assume nella concezione di siffatte opere d'arte la i sione. ß ■che ■um 1 stato dammo... di perplessitä: allo «stato d'animo» V^f*0» del- $1 re PirandeUo fa poi corrispondere analoga «disposizione: d am ^ o (, 1 umonsta in queUa che successivamente definirä la conduflone mo «ruon di chiave». 180 m III Teniamoci a questo; seguiamo questa attivita speciale della riflessione, e vediamo se essa non ci spiega a una a una le varie caratteristiche, che si possono riscontrare in ogni opera umoristica. Abbiamo detto che, ordinariamente, nella concezione d'un'opera d'arte, la riflessione e quasi una forma del sen-timento, quasi uno specchio in cuiilsentimento si rimira. VolenaVleguitar quest'immagine, si potrebbe dire che, nella concezione umoristica, la riflessione e, si, come uno specchio, ma d'acqua diaccia, lrfcuTTartTalnma del sentimento non si rimira_ soltanto, ma si tuffa e si smorza: il friggere dell'acquae ifriso che suscita 1'umonsta; il vapo-r« che n'esala e la fantasia spesso un po' fumosa dell'opera umoristica.1 -A questo mondo c'e giustizia finalmentel - grida Ren-Zo> il promesso sposo, appassionato e rivoltato. Tant'e vero che un uomo soprafjatto dal dolore non sa to quel che si dica, - commenta il Manzoni.2 Ecco la fiamma la del sentimento, che si tuffa qua e si Stnorza nell'acqua diaccia della riflessione. .k riflessione, assumendo quella sua speciale attivita Vlerie a turbare, a interrompere il movimento spontaneo ne... umoristica: la stessa immagine h anche in Un critico fan-cn~. ap-D)- . i ttt Aei Promessi il Manzoni: nelle righe conclusive del cap. m dd 181 l umorismo 510- co- che organa le idee e le immagini in una forma armonios Ě stato taňte volte notato ehe le op^jmioristiche so** scomposte^Jnterrotte, intramezzate dicontinue digressn< ni.""Äňčhe in un'opera cosi armonica nel suo complesso me IPromessiSposi, ě stato notato qualche difetto di cor. posizione, una soverchia minuzia qna ^ la p i| frequca^ interrompersi delia rappresentazione o per richiami al fa-moso Anonim&_g_per ľarguta intrusione deU'autm-P p; non puo essere il risultato della riflessione c°sciente. . La riflessione, dunque, di cui io parlo, non e un'opposi-2l°ne del cosciente verso lo spontaneo; e una specie di pl2fe?ione deUa stessa attivita fantastica: nasce dal fanta-s*a^olr^6Tm5Hl^^ deUa < PP- 150, 186). Ndla recensione della *™« ^ W dlScussione sulk spontanea dell opera d arw in q ^ „. 4pC,° e vivente» e riferisce tale concezione a (oltre cne ^cl Crmann- Sull'influsso, per tale conceaone, ^ Mursia> IS^^na), Cfr. C. Vicentini, L'estetica dt Pirandello, • U 4764'66- • * nui ne tombe que dans le germogliare: «un germe vivant qui ne ^ m Ie Plus favorable a son eclosion» (G. Seailles, y 183 l umorismo .1 k genuitá» o nativita spontanea;1 ě nel germe stesso d creazione, e spira in fatti da essa ció che ho cniama^ sentimento del contrario. Ben per questo ho soggiunto che Pumorismo potreb dirsi un fenomeno di sdoppiamento nell'atto della con zione. La concezione delP opera d'arte non ě altro, in f0 do, che una forma dell'organamento delle immagini.2 V dea dell'artista non ě un'idea astratta; ě un sentimento che divien centro della vita interiore, si impádronisce* lo spirito, Pagita e, agitandolo, tende a crearsi un co d'immagini.3 Quando un sentimento scuote violentemen te lo spirito, d'ordinario, si svegliano tutte le idee, tutte 1 immagini che son con esso in accordo: qui, invece, per 1 riflessione inserta nel germe del sentimento, come un vi schiovmaligno, si^sveglian le idee e^ejrnmagini incontra sto. E la condizione, ě la qualitá che r^noe il germe, ca dendo nel terreno che abbiamo piú su descritto: gli s'inse-risce il vischio della riflessione; e la pianta sorge e si veste d'un verde estraneo e pur con essa connaturato. A questo punto si fa avanti il Croce con tutta la forza della sua logica raccolta in un cosicché, per inferire da quanto ho detto piu su, ch'io contrappongo arte e umori-smo. E si domanda: - «Vuol egli dire che Pumorismo non ě arte, o che esso ě piu che arte? E, in questo caso, che cosa ě mai? Riflessione sull'arte, e cioě critica d'arte? Riflessione sulla vita, e cioě filosofia della vita? O una forma sui generis dello spirito, che i filosofi, finora, non han-no conosciuta? II P., se Pha scoperta lui, avrebbe dovuto, a ogni modo, dimostrarla, assegnarle un posto, dedurla e 1 La riflessione... spontanea: la precisazione di Pirandello e imP°rtjive non solo dal punto di vista teorico-estetico, in rapporto alle succe ^ obiezioni di Croce richiamate piu avanti, ma altresi dal punto di cntico-interpretativo: una possibile lettura della ^riflesjioiie^^ooe ca^ in chiave intellettualistica sarebbe incompatibile con la c°t}CS^^ piuTolte nbadita deUa soontaneita ddU rmnnne. artistica. Ctr. F- e nota 1. """" 2 La concezione... immagini: traduzione da Seailles, op. cit., P- l7°' 1 L idea... immagini: ivi, p. 169. 184 PARTE SECONDA•in u ;rne intcnderc la connessione con le altre forme dello \ %■ 0 che15n0n hf f?fr llmitfndosi ad affermare che 5P orismo e l'opposto dell arte».1 >|N ''To mi g»ardo attorno *ba]°rdito- Ma dove, ma quando ^ „ai ho affermato questo? Qui sta tra due: o io non so ^rivere, o il Croce non sa leggere. Come c'entra la rifles-one suit arte che e cntica d arte e la riflessione sulk vita he e filosofia della vita? Io ho detto che ordinariamente, SS in generale, nella concezione dun opera d'arte, cioe men-tre uno scrittore la concepisce, la riflessione ha un ufficio M che ho cercato di determinare, per poi venire a determina-i Si re quale speciale attivitä essa assuma, non giä suWopera \ \ d'arte, ma in quella speckle opera d'arte che si chiama Jj%- umoristica. Ebbene, percio l'umorismo non e arte, o e piu 1% che arte? Chi lo dice? Lo dice lui, il Croce, perche vuol % dirlo, non perche io non mi sia espresso chiaramente, di-: mostrando che e arte con questo particolare carattere, e chiarendo da che cosa le provenga, cioe da questa speciale attivitä della riflessione^ la quale scompone l'immagine creata da un primo sentimento per far sorgere da questa scomposizione e presentarne un altro contrario, come ap-punto s'e veduto dagli esempii recati e da tutti gli altri fjjBSJ che avrei potuto recare, esaminando a una a una le piü celebrate opere umoristiche. Non vorrei ammettere un'ipotesi quanto mai ingiuriosa per il Croce, che cioe egli creda che un'opera d'arte si fi componga come un qualunque pasticcio con tanto d'uova, y tanto di farina, tanto di questo o di quell'altro ingredien-Jj1 te> che si potrebbe anche mettere o lasciar fuori. Ma pur troPpo mi vedo costretto da lui stesso ad ammettere una S1«atta ipotesi, quand'egli «per farmi toccare con mano che l'umorismo come arte non si puö distinguere dalla rennte arte»2 pone questi due casi circa alia riflessione di -7r j?1110 - secondo lui - vorrei fare carattere distintivo del-m Urte umoristica, quasi che fosse lo stesso dire cosi, in ge- 2 lYU0le*li- nella citata recensione su «La Critica», p. 221. arte»: ibidem. 185 l umorismo II nerale, la riflessione e parlare com'io factio d'un attivita Mia riflessione, phi come processo intirno3 ^ecia^ cabile nell'atto della concezione e della creazion }l opere, che come carattere distintivo che per íoyz Jl^ i mostrarsi. Ma lasciamo andare. Pone, dicevo cm3 - j a 0 casi: che cioě, la riflessione «o entra come compQ1 >' nella materia dell'opera dell'arte e, in questo caso traT6 ei morismo e la commedia (o la tragedia o la lirica, e via ď ^ čendo), non vi ha differenza alcuna, giacché in tutte 1 ^ opere d'arte entra, o puó entrare, il pensiero e la riflessio* ^ ne; ovvero rimane estrinseca alPopera d'arte, e allora si W avrá critica e non mai arte, e neppure arte umoristica».1 E chiaro. II pasticcio! Recipe:2 tanto di fantasia, tanto di sentimento, tanto di riflessione; impasta e avrai una qualunque opera d'arte, perché nella composizione di una ige qualunque opera d'arte possono entrare tutti quegli ingre- Tu dienti, e anche altri. oc Ma domando io: come c'entra questo pasticcio,3 questa ;mc composizione d'elementi come materia dell'opera d'arte, A qualunque e comunque sia, con quello che io ho detto piu su e che ho fatto vedere, punto per punto, parlando per esempio del Sant'Ambrozio c\e\ GinsH, quando ho mostra-to come la ritlessioneTinserendosi come un vischio nel primo sentimento del poeta^che ě ďodio, verso quel šol-dataccismfflleri, generó a poco a poco il contrario_del sentimento di prima? H torse perché questa nilessione, sempře vigile e specchiante in ogni artista durante la crea-zione, non segue qua il primo sentimento, ma a un certo punto gli s'oppone, diventa perció estrinseca all opera d'arte, diventa perció critica? Io parlo d'una attivita W 1 «o entra... umoristica»: ivi, pp. 221-22. he e qui 2 Recipe: Trendi'; voce latina ancora usata nelle ricet.te^^e^taforica- rim- -------,------------------------, . metaforlca' estesa a quelle di cucina. L'uso ě evidentemente ironico e mente connesso alia concezione dell'opera d'arte come «pasi". proverata a Croce. . £ c0niica ? questo pasticcio: la polemica prosegue, dopo la degradazioi-ermine di Croce a una sorta di Artusi dell'estetica, con l'iterazione a che sottende un altro evidente doppio senso comico. 186 i * A Mil' M' umis ni lili'''1 i.ll, i iIU-MnIoMi C i inl i drilu íilIrMÍonC COfllC ma íi «" < ni_____Ji—*- o -Li___i « Ir'"'1,1 "'^ji ( ..... nou Tini'-imIn Nnii vnolc intcmlcrlo. H 'lil'1'1'' ' „. ,mr| Mio volci hil < irddr ( Iií .,. |il«>v.i 'I" ,j,li H.iilinnn « Líc mir mih-I./.om, r ino. .'„I, immagíní. hIuIo i;mimir< i'-;' immíiKinr riťoiíost-c-i-c (on lni il mi" iml >ai az/o, poichč i toiicclli, a ,„„(liic, nu m •.lonnaiio Ha niaiio <|iiaii(lo li prcfulo per porgcrli aknii. Tiitlo (|ufslo <• vciamcnlc picloso. Ma tantn puo sul (,!<,(,• de die uiia voll a ry\\ sc las< ialo dirc: che cioč clcl l'umorismo nou '.i dchha, nc '.i possa pai larc Aiidiaino avanl i „„ni. il« II "I" 11 ' I'm» »* I'. « IiÍMMi! I', lion r ( rr lano iiiiprcťise „ lo Ir i Ipchl v l< inodifii Iii ' |r tem ir, <|iiainlo alho non ;anpia, ri< ona nelitu- invcíc ncj/li < ■■< mpii (liV^Ii < < orre pi irr il minimo 'Ir,ar k .i/.ionc, il minimo Iciripciaincnlo o'.lo iina piu < liiara lido < liiiiixjiic a IK/ Per spiegarci la ragione del contrasto tra la riflessione il sentimente, dobbiamo penetrar nel terreno in cui iTger me cade, voglio dire nello spirito dello scrittore umorista Che se la disposizjcjne_umoristica per sé s^ajn^nj^sta perché ci vudie ü gerrne della creazione, questo germe poi si nutre dell'umore che trova. Lo stesso Lipps che v tre modi d'essere delPumore, cioě: ä) Tumore, come disposizione, o modo di considerar 1 cose; b) Tumore, come rappresentazione; c) Tumore obiettivo; conclude poi che in veritä Tumore ě soltanto in chi lo ha: soggettivismo e oggettivismo non sono altro che un diver-so atteggiamento dello spirito nell'atto della rappresentazione. La rappresentazione cioě dell'umore, che ě sempře in chi lo ha, puö essere atteggiata in due modi: subiettiva-mente od obiettivamente. Quei tre modi d'essere si presentano al Lipps percne egli limita e determina eticamente la ragione dell'umori-smo, il quäle ě per lui, come abbiamo giä veduto, supera-mento del comico attraverso il comico stesso. Sappi*1^ che cosa egli intenda per superamento. Io, secondo lui, ° umore, quando: «ich selbst bin der Erhabene, der sten ^ hauptende, der Träger des Vernünftigen oder Sittlichen, dieser Erhabene, oder im Lichte dieses Erhabenen betrac ich die Welt. Ich finde in ihr Komisches und &he bf "ch tend in die Komik ein. Ich gewinne aber schliesslich 188 é parte seconda • iv Ust, oder das Erhabene in mir, erhöht, befestigt, gesteigert wieder »-1 ■ Ora questa per noi e una considerazione assolutamente estranea, prima di tutto, e poi anche unilaterale. Toglien-do alia formula il valore etico, ľumorismo poi con essa ri-man considerate, se mai, nel suo effetto, non nella causa. per noi tanto il comico quanto il suo contrario sono nella disposizione ďanimo stessa ed insiti nel processo che ne risulta. Nella sua anormalitä, non puö esser che amaramente comica la condizione d'un uomo che si trova ad esser sempre quasi fuc^idi^chiave, ad essere a un tempo violino e contrabbás^ounTMmo a cui un pensiero non puö nascere, che subito non gliene nasca un altro op-posto, contrario; a cui per una ragione ch'egli abbia di dir si, subito un'altra e due e tre non ne sorgano ehe lo co-stringono a dir no; e tra il si e il no lo tengan sospeso, per-plesso, per tutta la vita; d'un uomo ehe non puö abbando-narsi a un sentimento, senza avvertir subito qualcosa den-tro ehe gli fa una smorfia e lo turba e lo sconcerta e lo in-dispettisce.2 • ~~—;- cWVnŠMWb L 1 «ich... wieder»: T. Lipps, op. cit., p. 242. «Io stesso sono il sublime, colui che si afferma, il portatore delia ragione e delia moralita. In quanta essere sublime, o alia luce del sublime osservo il mondo. Vi trovo qualcosa di comico e vi aderisco osservandolo. Alia fine perö ottengo stesso, ovvero il sublime che ě in me, in maniera piú alta, piů forte e inmaggior misura» (trad. it. di M. Cometa, op. cit., p. 316 n.). « condizione... indispettisce»: il brano era giä in Un critico jantastico fjp- ti-Fuori di chiave Pirandello intitolö, nell912jU sua ultima, rac-^apoetica. L'uomo "fuori di chiaye" ě nelFcondízione amletica di ierP^ssitraBgosciose>> e «vertigini e capogiri», che Anselmo Palean nP|St-rai neJ caP- xm del Tu Mattia Pascal, nel noto passo sullo «strappo •e'«elo di carta del tearrino» che trasforma Oreste in Amleto e in cui U lste ^RáTraifféřenzaTTra la tragédia antica e la moderna». «Am- 0 come personaggio, il Tristram Shandy come plot, divengono archeti-Le sinonimi della visione pirandelliana del moderno», scnye Giancarlo granľCUrati commentando Non conclude, uno scritto del 1909 - di J^e importanza in rapporto aJľUmorismo e alia genesi di Uno, nessu-**lCenJ0mila - in cui Pirandello indica quali sue opere preferite il ro-dl Sterne e ü dramma di Shakespeare (cfr. Efe Sterne. La nor SfJ^stica in Italia da Toscolo a PirandeUoJ^, Nistn-Luschi, 189 co- > es- 3 l'umorismo Questo stesso contrasto, che ě nella disposizione dell' nimo, si scorge nellecgse_eßassaj^lappresentazione ' Euiiä speciale fisionomia psichica,1 a ouTiii^-mente arbitrario attribuire una causa determinante- D í esser frutto duna esperienza amara2 della vita e degli uo° mini, d'una esperienza che se, da un canto, non permett" piu al sentimento ingenuo di metter le ali e di levarsi me un'allodola perché lanci un trillo nel sole, senza ch ^ sa la trattenga per la coda nell'atto di spiccare il volo" dall'altro induce a riflettere che la tristizia degli uomini si deve spesso alia tristezza della vita, ai mali di cui essa ě S J piena e che non tutti sanno o possono sopportare; induce (_ a riflettere che la vita, non avendo fatalmente per la ra- jí gione umana un fine chiaro e determinato, bisogna che, % per non brancolar nel vuoto, ne_^hbiajinp_^art^ fit- h tizjoJjllusorio, per ciascun uomo, o basso o alto; poco im-porta, giacché non ě, né puö essere il fine vero, che tutti qu( (čercano affannosamente e nessuno trova, forse perché jstei non esiste. Quel che importa ě che si dia importanza a sta, qualche cosa, e sia pur vana: varrä quanto un'altra stimata irrii sěria, perché in londo né I una né Paltra daranno soddi- que sfazione: tanto ě vero che durerä sempře ardentissima la sete di sapere, non si estinguerä mai la facoltä di desidera- ia,c de!] 1 speciale fisionomia psichica: viene ribadita la natura psicologica dell u- ^ morismo («speciale fisionomia dell'organismo psichico» nella ricordata ^ « Nota sull'umorismo » del Taccuino segreto). -a 2 esperienza amara: da qui alia fine del capoverso il testo coincide con penultimo capoverso del cap. u di Un critico fantastico. Da notáre che condizione "fuori di chiave" veniva 11 esplicitamente definita u ^ «sdoppiamento» e che Pirandello ne attribuiva la causa all'«espe» ^ amara o [al]la disposizione necessariamente pessimistica dello spin • 3 non permette... volo: «la lodola, com'usa, / trillando a piena «°^' leva in alto», scriveva Pirandello nella lirica xxn e conclusiva di ^Q di Gea (1891). E Mattia Gangi, personaggio dai capelli rltintl((reta un carota,«insegnava nel ginnasio inferiore alauda est laeta, e ,^etA' corno!" soggiungeva ai ragazzi con tanto d'occhi sbarrati: ma c ^ ^ non ci credete» (/ vecchi e i giovani Parte i, cap. vffl)- Cfr. anc vella, del 1905, Va bene (n). 190 Tutte le finzioni deü'anin^tuttele creazioni del pen- non e parte seconda • iv detto pur troppo che nel progresso consista la timento cioe'lä vearerncTisser materia deü umonsmo, vedremo a riflessione diventar come un demonietto che smon y ^fjgegno^cfö^immagine, d'ogni fantasma měiso šů se^HHment^smontarlo per veder com'ě fatto; scaricar-nelamolla, e tutto il congegno striderne, convulso.3 Puö darsi che questo faccia talvolta con quella simpatica indul-lenza di cui parlan coloro che vedono soltanto un umori-smo bonario. Ma non c'e da fidarsene, perché se la dispo-sizione umoristica ha talvolta questo di particolare, cioě questa indulgenza, questo compatimento o anche questa pietä, bisogna pensare che esse son frutto della riflessione che si ě esercitata sul sentimento opposto; sono un sentimente- del contrario nato dalla riflessione su quei casi, su quei sentimenti, su quegli uomini, che provocano nello stesso tempo lo sdegno, il dispetto, l'irrisione dell'umori-sta, il quale ě tanto sincero in questo dispetto, in questa irrisione, in questo sdegno, quanto in quell'indulgenza, in quel compatimento, in quella pieta. Se cosi non fosse, si ' :i biso'onoVuccide. [•••! 1 Quel... uomini: «Né l'ideale si *WWJ£ [ } c'e sempře qualco-Upossesso non risponderá giammai al de^rlCMre £ l'eterna Tantali-sa, che ci sta dinanzi e che non Possiamo gher^cc. k de! Liberta? Retorica! Siamo alia chscrezione deUa^ ^ ^ tanto, chi in base a simili concetti intena"s^ E Don Cosmo Lauren-umane azioni» (Arte e coscienza d oggU cap- *". ». «Affannatevi e tano, uno dei personaggi che hanno capito » conclude. Se non con-tormentatevi, senza pensare che tutto questoi dunque cercare dude, ě segno che non deve concludere, e ch ^naconclusione. ía vivere, cioě illudersi» (/ vecchi e i giovani, Par- Giovanni Marchesini che PirandeUVi" ^Ättati, nel capitolc,suc «npiamente, riportandone ampi Passl"f_V^\ altri ripresi da Binet^ *»vo. L'individuazione di ^}\^„iMche quellen von gedanken ^-^^Yr^^^^^.^ 1939, pp. 185 \«W Pirandellos, in «Romanische Porscnu & 205) • „ine e in Un entico fanta \<* rillessione... convulso: la medesima immagine "!Co, cap. n. 191 L UMORISMO f avrebbe non piü l'umorismo vero e proprio, ma Piron'-che deriva - come abbiamo veduto - da una contradiz*^ ne soltanto verbale, da un infingimento retorico, affat° contrario alla natura dello schietto umorismo. Ogni sentimento, ogni pensiero, ogni moto che sore neU'ümorista ö_sdpp_pia^subk^eLsuo contrario: ogni \ in un no, che viene in fine ad assumere lo stesso valore del si. Magari puö fingere talvolta l'umorista di tenere soltanto da una parte: dentro intanto gli parla l'altro senti-mento che pare non abbia il coraggio di rivelarsi in prima-gli parla e comincia a muovere ora una timida scusa ora un'attenuante, che smorzano il calore del primo sentimen-to, ora un'arguta riflessione che ne smonta la serietä e in-duce a ridere. 0Cosl avviene che noi dovremmo tutti provar disprezzo e indignazione per don Abbondio, per esempio, e stimar ridicolissimo e spesso un matto da legare Don Quijote; ep-'Hv pure siamo indotti al compatimento, finanche alla simpa-~ %ia per quello, e ad ammirare con infinita tenerezza le ri-^^Vdicolaggini di questo, nobilitate da un ideale cosl alto e ^ puro. Dove sta il sentimento del poeta? Nel disprezzo o nel compatimento per don Abbondio? II Manzoni ha un ideale astratto, nobilissimo della missione del sacerdote su la terra, e incarna questo ideale in Federigo Borromeo. Ma ecco la riflessione, fruttcTdella disposizionTTImoristica, suggerire al poeta che questo ideale astratto soltanto per una rarissima eccezione puö incarnarsi e che le debolezze umane sono pur tante. Se il Manzoni avesse ascoltato so-lamente la voce di quelPideale astratto, a"vrel5be~nippre-sentato don Abbondio in modoche tutt^rebberojovu: tqjjroyar perlüTodio e displrezzo^lnTegliTsco^ y se ahche la yoce deile debole77e umane. Per la naturale disposizione dello spirito, per l'esperienza della vita, che gliel'ha determinata, il Manzoni non puo non sdoßÄ_ in germe la concezione di quell'idealitä religiosa, sacer oj tale: e tra le due tiamme accese di FrajJnslot^ e Cardinal Federigo vede. terra terraTgüaBingay allungarsi l'ombra di don Abbondio. E si compiace 192 > tí {I partf. sp.conda • iv I t0 punto di porre a fronte, in contrasto, i] sentimento Itivo, positivo, e h riflessione ncgativa; la fiaccoJa acce*a j 1 sentimento e ľacqua diaccia delia riflessione; U predi-azione alata, astratta, delľaltruismo, per veder come fí sinorzi nelle ragioni pedestri e concrete delľ< Federigo Borromeo domanda a don Abbondio; - «E quando vi siete presentato alla Chiesa per addossarví co-desto ministero, v'ha essa fatto sicurtä delia vita? V'ha detto ehe i doveri annessi al ministero fossero liberi da ogni ostacolo, immuni da ogni pericolo? O v'ha detto for-se ehe dove cominciasse il pericolo, ivi cesserebbe iJ dôvere? O non v'ha espressamente detto il contrario? Non v'ha avvertito ehe vi mandava come un agnelJo tra i lúpi? Non sapevate voi ehe c'eran de' violentí, a cui potrebbe dispiacere ció ehe a voi sarebbe comandato? Quello da Cui abbiam la dottrina e ľesempio, ad imitazione di Cui ci lasciam nominare e ci nominiamo pastori, venendo in ľl terra a esercitarne ľufizio, mise forse per condizione ďa-ver salva la vita? E per salvarla, per conservarla, dico, qualche giorno di piú sulla terra, a spese delia caritá e del dôvere, c'era bisogno delľunzione šanta, delia imposízíon delle mani, delia grazia del sacerdozio? Bašta il mondo a dar questa virtú, a insegnar questa dottrina. Che dico? oh vergogna! il mondo stesso la rifiuta: il mondo fa anch'esso le sue leggi, che preserivono il male come il bene; ha il suo va»gelo anch'esso, un vangelo di superbia e ďodio; e non yuol che si dica che ľamore delia vita sia una ragione per [fasgredirne i comandamenti. Non lo vuole ed é ubbidito! £ noi! noi figli e annunziatori delia promessa! Che sareb-be la Chiesa se codesto vostro linguaggio fosse quello di hitH i vostri confratelli? Dove sarebbe, se fosse comparsa ňel mondo con codeste dottrine? ».1 °on Abbondio ascolta questa lunga e animosa predica a y o basso. II Manzoni dice che lo spirito di Im «si trova-Va tra quegli argomenti, come un puleino negli artigii aei f, f i 1 < ■ L Awhe questi santi son curiosi, - pensa don Abbon-,r m sostanza, a spremerne il sugo, gli stanno piú a' y0tt gli amori di due giovani, che la vita dun povero sa- Ion una j; poiché ü cardinale ě rimasto in atto di chi aspetú risposta, íisponde: . Torno a dire, monsignore, che avrö torto io... II co-ímo, uno non se lo puó dare. II A\c significa appunto: - Sissignore, ragionando a-strattamente, la ragione ě dalla parte di Vossignoria IHu-strissimn; il torto sara mio. Pero Vossignoria Illustrissima pari« heno, ma quelle facce le ho viste io, le ho sentite io quelle parolo. l; poivhé duiique, - gli dornafida in fine il Cardinale, vi siete voi impegnato in un ministero che v'impone di staro in imerra con le passioni del secolo? Oh, ilperché noi lo sappiamo bene: il Manzoni stesso Cfi 1'ha detto fin da principio; ce 1'ha voluto dire e poteva *ncho tarne a mono: don Abbondio, non nobile, non ric-;o ^oraggioso aneor meno, s'era accorto, prima quasi di •yvo.uv oH Amx[ Jiscrezione, ďessere, in quella socie-fi> come un vaso di terra cotta costretco a viaggjarg_in na di moTtTvaš! cli Aveva qmndi. assai di T^J1 SNdo, ubbidito ai pařenu ,~che lo voliéro přete. Per ^ »* ycritä, non aveva gran tatto pensato agh obblighi e ^ nobiH ťini del ministero al quale si dedicava: procaeciar- ^i che vivere con qualche agio e mettersi in una classe ^^iau e forte, $li eran sembrate due rtgiom piú che ' «»cienti per una ti{le $cc]u. ťvAlí dunque con le passioni del secolo? Ma se egli **tio prtřte per co.aro.arVi áppunto djgli urti di quelle š&ni* .N^i . J:^^^ .í—£ scansar rutti i con- .v' L UMORISMO Bisogna pure ascoltare, signoři miei, le ragioni A niglio! Io immaginai una volta che alla tana d 11 Co" o di Messer Renardo, com'essa si suol chiamare lV°^e do delle favole, accorressero a una a una tutte ] im°n' A^o i-™ _______ i. ie besrif per la notizia che tra loro s'era sparsa di certe e vole che la volpe avesse in animo di comporre °?tr°k" a tutte quelle che da tempo immemorabile gli"^0-1* compongono, e da cui esse bestie han forse motiv1*11? c*»ntírci rolnnníot-p T-ľ i-f n la ^il*-*.^ „11-, a.____ 1 • i , u Ol sentirsi calunniate. E tra le altre alla tana di Messer R nardo veniva il coniglio a protestare contro gli uomini d ^che lo chiamano pauroso, e diceva: «Ma ben vi so dire Jp^per conto mio, Messer Renardo, che topi e lucertole e uccelli e grilli e tant'altre bestiole ho sempre messo in fuga, le quali, se voi domandaste loro che concetto ab-biano di me, chi sa che cosa vi risponderebbero, non cer-to che io sia una bestia paurosa. O che forse pretende-rebbero gli uomini che al loro cospetto io mi rizzassi su due piedi e movessi loro incontro per farmi prendere e uccidere? Io credo veramente, Messer Renardo, che per gli uomini non d^Ka, correrpi «laina differenza tra eroi-smn e imberillitiV1-».1 Ora, io non nego, don Abbondio e un coniglio. Ma noi sappiamo che Don Rodrigo, se minacciava, non minaccia-va invano, sappiamo che pur di spuntare l'impegno2 egli era veramente capace di tutto; sappiamo che tempi eran quel-li, e possiamo benissimo immaginare che a don Abbondio, se avesse sposato Renzo e Lucia, una schioppettata non gliel'avrebbe di certo levata nessuno, e che forse Lucia, sposa soltanto di nome, sarebbe stata rapita, uscendo la chiesa, e Renzo anch'egli ucciso. A che giovano 1 int -vento, il suggerimento di Fra Cristoforo? Non e ^ ta Lucia dal monastero di Monza? C'e la lega det variante, ^ [ «Ma ben... imbecillitä!'»: il brano riproduce, con qualch ^ passo dalla seconda delle Favole delia volpe. Cit nota ^ ^{v]0 all» 2 spuntare l'impegno: I promessi sposi, inizio del cap. 2 spuntare l'impegno partenza del conte Attilio. 196 Ha PARTE SECONDA • IV ^^^^^^ i come dice Renzo. Per scioglier quella matassa ci vuol 'mano di Dio; non per modo di dire, la mano di Dio ropriamente. Che poteva fare un povero prete? ' pauroso, sissignori, don Abbondio; e il De Sanctis ha jgttato alcune pagine meravigliose esamiňando il senti-,ento della paura nel povero curato;2 ma non ha tenuto conto di questo, perbacco: che il pauroso ě ridicolo, ě co-mico, quando si crea rischi e pericoli immaginarii:3 ma quando un pauroso ha veramente ragione ď aver paura, quando vediamo preso, impigliato in un contrasto terribi-lc, uno che per nátura e per sistema vuole scansar tutú i contrasti, anche i piú lievi, e che in quel contrasto terribi-le per suo dôvere sacrosanto dovrebbe starci, questo pauroso non ě piú comico soltanto. Per quella situazione non basta neanche un eroe come Fra Cristoforo, che va ad af-1 frontare il nemico nel suo stesso palazzotto! Don Abbondio non ha il coraggio del proprio dovere; ma questo dôvere, dalla nequizia4 altrui, ě reso difficilissimo, e pero quel coraggio ě tutt'altro che hcŮe; per compierlo ci vor-rebbe un eroe. AI posto d'un eroe troviamo don Abbon-Noi non possiamo, se non astřattamente, sdegnarci di k cioě se in astratto consideriamo il ministero del sacer-dote. Avremmo certamente ammirato un sacerdote eroe ck al posto di don Abbondio, non avesse tenuto conto 1 ha dei birboni: locuzione desunta da un passo del cap. xrv («il re, e » che comandano, vorrebbero che i birboni fossero gastigati; ma °nse ne fa nulla, perche c'e una lega»). , , t e S«*ctis... curato: nelle lezioni della seconda scuola ™Pokt*™ ^ J^oni (1872) che furono raccolte c^c^enej^ ^utilizzati da PirandeUoTnche-Tn-m'ento JETSe«J conferenza fiorentina su don Abbondio def 1873jna npubblica a nel 1892-93 --"—"-" . au CP^o... immaginarii: De Sanctis considerava **** (ma un po' meno unilatcralmcntc di quanto ie^S10 in nferimento all'incontro coi bravi ^^^^^ g* Musa della paura [che] agita la fantasia, la quak* j^, (SCntl; si mescolano cosl pericoli reah con pericoli imm g ^^cit.)P. 157). ne| stranee e superficial!, e che, a volerle ^f^X^o-rischio che ci facciano anche qui s^nrc^^ gliamo vederlo? SI, ha compatimento il ^"^o, sto pover'uomo di don Abbondio; ma e un signori miei, che nello stesso tempo ne fa strazio, ^Zo^oZ.dar, sono parole di don Abbondio nel dialogo c^j nal Fedefgo giä citato da H-ndeUa ^ ca„ohca 2 lo obbliga... De Sanctis-, cfr. laIez'°%'_54. «Promessi sposi"», Sentit varti, at., PP- 198 o; ''"oeianoniit, poche, pur aveo kisiiroo ddli m iß jé li riflcssionc i inarm*■Épjjjíg (icOjn Mill *5> parte seconda • iv ^ente. In fatti, solo a patto di riderne e di far rider di hi egli Pu° compatirlo e farlo compatire, commiserarlo e Jo commiserare. Ma, ndendo di lui e compatendolo Lilo stesso tempo, il poeta viene anche a ridere amara-mente di questa povera natura umana inferma di taňte de-bolezze; e quanto piü le considerazioni pietose si stringo-n0 a proteggere il pověro curato, tanto piů attorno a lui s'allarga il discredito del valore umano. II poeta, in som-[nä) ci induce ad aver compatimento del pověro curato, facendoci riconoscere che ě pur umano, di tutti noi, quel che costui sente e prova, a passarci bene la mano su la co-scienza. E che ne segue? Ne segue che se, per sua stessa virtu, questo particolare divien generale, se questo senti-mento misto di riso o di pianto, quanto piů si stringe e determina in don Abbondio, tanto piú si allarga e quasi vapora in una tristezza infinita, ne segue, dicevamo, che a voler considerare da questo lato la rappresentazione del curato manzoniano, noi non sappiamo piú riderne. Quella pietä, in fondo, ě spietata: la simpatica indulgenza non ě cosi bonaria come sembra a tutta prima. Gran cosa come si vede, avere un ideale - religioso, come il Manzoni; cavalleresco, come il Cervantes - per ve-derselo poi ridurre dalla riflessione in don Abbondio e in Don Quijote! Il Manzoni se ne consola, creando accanto al curato di villaggio Fra Cristoforo e il Cardinal norro-aeo; ma ě pur vero che, essendo egli sopra tutto umor -*, la creatura sua piú viva ě quelľaltra, quella aoemaj * sentimente del cok^rio^eúnc^ P^nS^ŽE Puö consolarsi in alcun modo perche nella carcere deu Wha, con Don Quijote - come egli stesso dice - gene ta quakuno che gli somiglia. E un consider ar superficialmente. abbiamo detto, e da un lato solo L'umorismo. il vedere in esso nn pWimlgr contrasto tra Tideale e la realta. ideale pub esserp, I pětiamo; questo dipende dalla personalita del poeta; ma se c'e, ecco, é per vedersi decQmpnstn Jirjaitatp, rapprešěňlžT to a questo modo. Certamente, come tutti gli altri dementi costitutivi dello spirito ďun poeta, esso entra e si fa sentire nelTopera umoristica, le da un particular carat-tere, un particolar sapore; ma non ě condizione imprescin-dibile: tutťaltro! ché anzi ě proprio delPumorista, per la speciale attivitä che assume in lui la riflessione, generandc il sentimento del contrario, il non saper piü da qual parte tenere, la perplessitä, lo stato irresoluto della coscienza. E quesťappunto distingue nettamente l'umorista dal comico, dall'ironico, dal satirico. Non nasce in questi altri il sentimento del contrario; se nascesse, sarebbe reso ama-ro, cioe non piü comico, il riso provocato nel primo dal-l'avvertimento di una qualsiasi anormalita; la contradizio-ne che nel secondo ě soltanto verbale, tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso, diventerebbe effettiva, so-stanziale, e dunque non piú ironica; e cesserebbe lo sde-gno o, comunque, l'avversione della realtä che ě ragione ďogni satira. ,, Non che all umorista pero piarria la realtU Basterebbe quešto soltanto, che per poco gli piacesse, perché, eserc^-tandosi la riflessione su questo suo piacere, gHel° g stasse. Questa riflessione .s'ltrsin^n fr»*« ^ gQiJ%^"^"t^lii e tutto scompone: ogni immagine del sentimento, »z 200 rt ašopen wxwi'*~** rtxeta oporto parte seconda • v Lione ideale ogni apparenza della realtä, ogni illusione ffl pensiero dell uomo diceva Guy de Maupassant'1 ntanea; il satirico se ne sdegnerä; l'umorista, no: attra: !*SgJLridicolo di questa scoperta vedrji il foto srrin f da- ^22LSmontera questa costruzione ideale, /. ,/'."> de Maupaaant: '1850-93), narratore irancese Tlľndatori c*umziane... continua: TrrrpprT9tF9r e nota 1. ^ j. stessr. un passo molto simile e Pffiľprecisal ***** e owttwimo nelľarte narratwa, in c*™ni> , proposito \ *** di «una finzione vissuta, Marä« > ^ isa tdomim,, ,4-11- í;„~;---c/-riveva che «1 individuu^ ^TT^. Ap[_ j P'cdominio della finzione, scriveva u_-; tanto la HWfcl quanto la iiliiljfc"' <" se stes tanto la realta quanto la « ^- Hari, Laterza, 1905, p. 8). » (Le finzioni del- 201 L UMORISMO derne solamente; e in luogo di sdegnarsene, magari do, compatira. II comico e il satirico sanno dalla riflessione qUant va tragga dalla vita sociale il ragno dell'esperien2aa comporre la ragna1 della mentalita in questo e in quell'^1 dividuo, e come in questa ragna resti spesso avvilunn? ciö che si chiama il senso morale. Che cosa sono, in f do, i rapporti sociali della cosi detta convenienza? ConsT derazioni di calcolo, nelle quali la moralita ě quasi senior" sacrificata. L'umorista va piů addentro, e ride senza sát-gnarsi scoprendo come, anche ingenuamente, con la mas-sima buona fede, per opera d'una finzione spontanea noi siamo indotti a interpretar come vero riguardo, come vero sentimento morale, in sé, ciö che non ě altro, in realtä, se non riguardo o sentimento di convenienza, cioě di calcolo. E va anche piů in lä, e scopre che puö diventar2 conven-zionale finanche il bisogno d'apparir peggiori di quello che si ě realmente, se l'essere aggregati a un qualsiasi gruppo sociale importi che si manifestino idealitä e senti-menti che sono proprii a quel gruppo, e che tuttavia a chi vi partecipa appariscono contrarii e inferiori al proprio in-timo sentimento.0 a Mi awalgo qui di alcune considerazioni contenute nel libro di Giovanni Marchesini,3 Le finzioni dell'anima (Bari, Gius. Laterza e figli, 1905). 1 ragna: ragnatela. . 2 pud diventar. omettendo le virgolette, Pirandello maschera nel &c?&[ co riferimento della nota che segue l'estensione delle citazioni qui rip tate: il brano che segue ě ripreso pressoché letteralmente da Marc {op. cit., p. 11), al pari di alcune locuzioni nei periodi Prec. jr"n(jel-10); i successivi sette capoversi, a parte alcune brevi inserzioni pi ^ liane (sul Conte Zio, l'umorista, il Thackeray), sono anch essl ^gířiňi-^s^njwlate^- tanto piu nella seconda edizione, in cui ě soppre ^ co rifenmento interno al testo - di Marchesini; e sino alia tine tolo si succederä un collage di altre citazioni non virgolettate ancora di Marchesini) e autocitazioni. rliscepolo di 3 Giovanni Marchesini: (1868-1931) filosofo e pedagogista, JJ^ ťcjtato, Roberto Ardigó. Usci dalla crisi del positivismo con il voiui^ che esponeva una teoria prammatistica delle finzioni, tru jrjtualií zione tra postulati positivisti e influssi empirio-criticisti, ne e idealisti. 202 10 si la pod La si Ja bile MC ;n ( lar ;me leii Nc fati JÖ1 U, ■•o s -říza e nu parte seconda • v La conciliazione delle tendenze stridenti, dei senri mentj ripugnanti delle opinion! comrade, sembra pT. ' l [Uabile su le basi d una comune menzogna die nnn T espHcitae dichiarata tolleranza del dissenso e del coZf *>:sembra: m S?^ma,.chfJa menzogna debba riteneni I piu vantaggiosa della yeracita, in quanto quella puo unite, laddove questa divide; il che non impedisce che. mentre la menzogna e tacitamente scoperta e riconosciu-ta, si assuma poi a garanzia della sua efficacia associatri-ce la veracita stessa, facendosi apparire come sincerita fipocrisia.1 La ritenutezza, il riserbo, il lasciar credere piu di quanto si dica o si faccia, il silenzio stesso non scompagnato dalla sapienza dei segni che lo giustifichi - oh, indimenti-cabile Conte Zio del Consiglio segreto/ - sono arti che si usano di frequente nella pratica della vita; e cosi pure il non dare occasione che si osservi cio che si pensa, il lasciar credere che si pensi meno di quanto si pensa effetti-vamente, il pretendere di essere creduti differenti da cio che in fondo si e.2 Notava il Rousseau3 neWEmile: «Si puo fare cio che si e fatto e non si doveva fare. Poiche un interesse maggiore puo far si che si violi una promessa che si era fatta per un " (<^n parlare ambiguo, un tacere significative), un restare a mezzo,\ Uno stringere d'occhi che esprimeva: non posso parlare; un lusingare 1 *nza promettere, un minacciar in cerimonia; tutto era diretto a quel fi-:. e tutto, o piu o meno, tornava in pro. A segno che fino un: io non v"' 7s0 mente in questo affare, detto talvolta per la pura verita, ma detto / " modo che non gli era creduto, serviva ad accrescere il concetto, e ^ndi la realta, del suo potere: come quelle scatole che si vedono anco-nair\qualche bottega di speziale, con su certe parole arabe, e dentro n c e nulla: ma servono per mantenere il credito alia bottega ». i jgij fii s ■A 7 w \ V nn cit P- 1°> citazione • • C, Marchesini, op. en-, v 1 U conciliazione... ipocnsia: U. w» r-to7;one presso- letterale; l'inciso (col riferimento al cap. \«o in nota) e di Pirandello. 712-78), filosoto e 3 Rousseau: Jean-Jacques Rousseau \W 203 l umorismo Interesse minore, ciö che importa e che a violazione av-venga impunemente. Ii mezzo a questo fine e la menzo-pna che puö essere di due specie potendo riguardare Ä oassato onde ci si dichiara auton di cio che in realtä non facemmo o essendone autori dichianamo di non essere; e potendo riguardare il futuro, come avviene quando ciwm facciamo promesse che si ha in ammo di non mantenere. IL E evidente che la menzogna, nell uno e neu altro caso, |U sorge dai rapporti della convenienza, come mezzo a con-fL, servar l'altrui benevolenza e ad accaparrarsi l'altrui * soc- corso*.1 Quanto piu difficile e la lotta per la vita, e piu e sentita re in questa lotta la propria debolezza, tanto maggiore si fa poi il bisogno del reciproco inganno. La simulazione della *^ forza, dell'onesta, della simpatia, della prudenza, in som-ma, d'ogni virtu, e della virtu massima della veracita, e una forma d'adattamento, un abile strumento di lotta.2 L'umorista coglie subito queste varie simulazioni per la lotta della vita; si divertea smascherarle: non le^rVJndi-' gna: - e cosl! E mentre il sociologo descrive la vita sociale qual'essa risulta dalle osservazioni esterne, l'umorista armato del suo arguto intuito dimostra, rivela come le apparenze sia-no profondamente diverse dalPessere intimo della coscien-za degli associati.3 Eppure si mentisce psicologicamente Iítíco ginevrino, autore di W roman2o pedagogice quf[ L?o"T° iT** e Emilio 0 delVeducazione, 1 * 13- 11 P"™ periodo modi-so toJmeata, in rapporto au"ZfP?°S12l0ne tra sociologo e umorista va TIT e^Inentemente n^i "J" m2,10ne. pi'andelliana dell' umorismo in da cui gU ^nfrontiaS oueT abbiamo & ^ volte annotato. da Pirandello trae T?sZlT P-T° Con M^hesini (op. cit., p. 1» «pression, («vita sociale qual'esa risulta dalle 204 svat parte seconda • V si mentisce socialmente. E il mentire a noi stessi vi- 8 s .'.HC; essere endo coscientemente solo la superficie del nostro , ichico, e un effetto del mentire sociale.1 L'anima che ri-Lte se stessa e un'anima solitaria; ma non e mai tanta la solitudine interiore che non penetrino nella coscienza le sUggestioni della vita comune, con gl'infingimenti e le arti trasfigurative che la caratterizzano. Vive nell'anima nostra l'anima della razza o della collet-tivita di cui siamo parte; e la_pressione delT_altrui modo di giudic^re^clell'altrui modo di sentire e gPgrare1£risen-tittäa noi inconsciamente: e come domihano nel mondo sociale la simulazione e la dissimulazione, tanto meno av-vertite qiianlo piü sono clivenute abituali, cosi simuliamo e dissimuliamo con noi medesimi, sdoppiandoci e spesso anchejnokirj^ nWVtes^qu^fliNra^ä diparer arversi da ciö che si eTche eforma consustanziata neüaÄrita sociale; e rifuggiamo da quell'analisi che, svelan-do la varnta^cciterebbe il morso della coscienza e ci umi-lierebbe di fronte a noi stessi. Ma quest'analisi la fa per noi rumorista, che si puö dar pure l'ufficio cji smascherare tutteje vanita, e di rappresentar la societä, come ta ap-punto il Thackeray, quale una Vanity Fair." E l'umorista sa bene che anche la pretesa della logicitä supera spesso di gran lunga in noi la reale coerenza logica, e che se ci fingiamo logici teoreticamente, la logica dell'a-2ione puö smentire quella del pensiero, dimostrando che e una finzione il credere alia sua sinceritä assoluta. L'abitu-^e, l'imitazione incosciente, la pigrizia mentale concor- 91 / " Lo stesso ufficio si da il Thackeray anche nel Libra degli Snobs e in c°^va2ioni esteme>> <>: la citazione ě scorretta e ^n^-'ro. t un passo delľintroduzione delľautore il sottotitolo, ě tradotto con uno svanone manzo'. a novel vithout*f::;ipeT« novel sta infatti p Vedi nel No« soltí, 'obio (19: ztlené. 1 :aotizzato :un'epoca fzza), cc *uiva lo 'dello la; :tti, in qi ^azione ^ quasi * volta i S de la . foment gi silem 42)- Per rCíř-.Pl ^erti id esini, o ( Uinet: j '^ssegna 'P. 206 PARTE SECONDA • V ttajÄ^J limiti__della nostra memoria ; non sonolimiti assolutTľt>t-iWra ^"líSncřvi sono memorie, vi sono percezioni e ragio-Kjti, f.jfr che noi conosciamo di noi stessi. non ě che Kptfte, forse una piccolissima parte di queUo che noi Jan m ■'' }; unlc c tante cose; m certi momenti ecceziona.-V noi sorprcndiamô in noi sťéssi, percezioni, ragiona-nl'(,nt i, stati di coscienza, che son veramente oltre i limiti relativi delta nostra esistenza normále e cosciente. Čerti uhli che crediamo ormai tramontati in noi e non piú ca-paci ďalcuna azione nel nostro pensiero, su i nostri affet-ti, su i nostri atti, forse persistono tuttavia, se non piú nella forma intellettuale, pura, nel sostrato loro, costituito dallc tendenze affettive e pratiche. E possono essere mo-tívi reali di azione certe tendenze da cui ci crediamo libe-rati, e non aver per ľopposto efficacia pratica in noi, se non illusoria, credenze nuove che riteniamo di possedere veramente, intimamente.4 i Vcdi nel libro di Alfredo Binet5 Les alterationsjle la personnalité ^ -----~ «to Tb. \ Now soltanto... insospettato: come accade nella nove]la_Lavemana di \ Ubio (1912), in cui il protagonista ripete considerazionTsimili, tafora />fM^ Acne; Hr~andello si riferisce agli esperimenti di Binet («il soggetto^ * ipnotizzato é costretto dallo sperimentatore a risvegliarsi, ncoUocandosi k * '"un'epoca anteriore», spiegíŘeg^op. cit., p. 293, che Pirandello qui .ni.___i i«i , come era esplicito «L^^^^aaElcienza». La. cau-tribuiva lo sdoppiamento ^^^^^iso* che ě possibik in II dello sdopplamento fe qui il «tumulto ^prov ^ d Una tutti, in quaísiasi momento, cosi come il ^ ^duata in- •emazione, sia sapore, sia colore o suono>> che vece, quasi proustianamente nella novella ^ p 293) che a UlimitL siamo: citarione letterale da G-Neg v £ ^ Les altera H»a volta traduce - anch'egli senza ^icario 243. j«M de /a pcrsonnalité, Paris, Alcan, 18^, 1?. ^ iena>> e «momen-> WoWW, «*«io«tf/i: «moment! tempeatosi»o ^ (Cfr. nota Lp. lUenxio interiore» U definirá ne He P^^JJzi} cfr. C. Vicentini, 212). Per alcuni riscontri nelle noveUe e nei 'J" "< ■ PI'- H2-74. lievemente modificata, da Mar [Certi ideali... intimamente: citazione: Uev da p. 59. *•*». op. cfc, p. 25. I tre capoyersi uJes^ranceSe. Con la qui atata ' BiW: Alfred Binet (1857-1911), Vff*^ «la presunta unit, del n««»CRna di meravigliosi esperimenti» co 207 l'umorismo E appunto le varie tenderize che contr sonalitä fanno pensare sul serio che nnn SSegnan° k p* individuale. Come affermarla una dZt?* ^ ragione, istinto e volontä, tendenze e idealitf PaSSÍ°ne e no in certo modo altrettanti sistemi distin\l TwvlS?-fanno si che Hndividuo, vivendo ora TZ orTvt^ essi ora qualche compromesso £ra due o piü orU™ psichici appansca cornese veramente in lui Non c'e uomo, osservö il Pascal,2 che differisca piů da un altro che da se stesso nella successione del tempo. La semplicitä dell'anima contradice al concetto storico dell'anima umana. La sua vita ě equilibrio mobile; ě un ri-sorgere e un assopirsi continuo di affetti, di tendenze, di quella rassegna di meravigliosi esperimenti psico-fisiologici, da cui que-ste e tant'altre considerazioni si possono trarre, come notava giá G. Negri3 nel libro Segni dei tempi. nostro io» iniziava l'articolo pirandelliano - giá piú volte ricordato nelle note - Scienza e critica estetica. ... 1 le varie... personalita?: l'affermazione di «une alteration particuliere de la personnalité, un dédoublement ou plutót un morcellement an moi» (un'alterazione particolare della personalita, "no sdoppiamento o piuttosto una frantumazione dell'io) era la tesi essenziale di * n« 1 ^ cit., p. vm), che scriveva altresi (ivi, p. 322): «En un ^^g^ avoir chez ún meme individu, nluraHti de^ou-es, P^6^ in sciences, uno stesso litá^dLpersonalitá). i :Z un meme individu, pluralitě de memoires, pluralitě a g pluralitě de personnalités» (In poche parole, si puo ;o individuo plurahja^ijne^^ malitä). . f. • 0 íilrxsofo francese. ÍŠ^iasn^al (1623-62) matema^^ rívti di una progettata^/gggjf^j^ cr„mi-ml titolo di Pen^ri^^Si^rsS^ 123, ed. Brunschvicg) ě, in questa stessa forma, in *3 Negri: Gaetano Negri (1838-1902), ^^^^í sione del brigantaggio, poi uomo.politico, si dedu»an ^ (> "tiUzzato daj^flflaa^ , ^ ^ e, sop cFedenze spirihche ncorrendo agli studí psicoi h tutto, Binet. 208 iwnnmmuA v „,,„.. Hummrr incrv,;,,,,,. [n termini contradittorii c lltl orilllK Im poll oh,,osi, come la ,peranza e la paura „ vrlo r I hlhn, .1 hello r ,| |,niI|0( j, ^ g ,.| £ ™' fU dlcindo, Se d un tratto u diiegna ofl'immufa oscu- r« clell'HVVc-iiiry .11. umino-.o di<,rH„o d'azione, 0 vaaa-■m-iilt- hrilhi 'I Imrrdrl Kodirnmlo, r.on tarda ad apparire dell rHprrienza. il dcm^ ,W ZL^*r i„. Hi- viiwli. < dri (III i m Mi I cxperienza, iJ pcniiero del passato, nun
  • il dominio rIffinitivo e pieno deTTa per- ' lonuliii.. ^/n*/* VJ^T^^)V^>W3^ lino mi alio liin/iofjario, die si < rede, ed e, poveretto, in veriin, 1111 f/(alaiituomo. Domina in Jui J'anima morale. Mn 1111 hrl ^iorno, I'afiima istintiva, die c come la bestia original ia1 a< (jiiallata in fondo a ciascuno di noi, spara un ntlrio aH'aiiiuMi morale, f qiifl ^alantuomo ruba. Oh, egJi ItCMo, povfifiio, cy)\ per il primo, poco dopo, ne prova Mnpore, piaup,e, domanda a \e Mev.o, dhperato: 0>w>>, ('"w'' jmlulo jar cjucslo? Ma, sissignori, ha ruba- t«. K qurll'siliro lar' (Jomo rfahheric, anzi dabbenissimo: 'iwiKHori, lia uui'.o. I/idcalita morale costituifl nella ^per«oiiiilii;i (|i luJ un'iniffli cbc contrastava con Tanima ittiiitivii f pure in parte con quelJa affettiva o passionaJe; ^liluiva iin'afiiina acquiftita che lottava con I'anima ere-diimi;i( || quale, Jaaciata per un no' libera a se stessa, e r,,,<,<< itn d'improvviao al furto, al ciclitto. i flllfilm*... urinaria | Mflfci Ml novclhi **^gg?i , "17« 'ii hi.w„Mi„ 1 r,*,vriia <•«™tm*l]J »>Jr.™' >"< 'I..... l>r,»M, il Wo„.|., f-j po- del cosiddetto "pirandfllismo le opere piů stanche e scontate del cosiddetto pir»**»——-- ^ trebbe dire, con Séailles e Pirandello, che la formula alJoratess0). venne fatta e le opere costruite, quasi a ripetere e imitare se ^ (parte 2 AÍo dentro... tutto: parole quasi identiche, nei Veccht eiV^ campo n, cap. n), sono riferite a Lando Laurentano che aneJaan ^ (opos sociale a un «momento di piena». Quesťultimo ě un ímp^ ^ aje pirandelliano, ricorrente, in varie forme, da Arte e cose ^ noVeli pagine iniziali dei Quademi di Serafino Gubbto operato , ß) Berecche e la guerra, ^o^e^noec^tor^ ripr*o£ QuÄ' üÖpi, intero il precedente capoverso del saggio, senveva. ^ in j!,taliarüdal l87í tutti coloro che si son composti e quasi automatizza Co?o... tm, -umrande: Relcom v "^~~noi/: ^ modifií Libro i " Mamo í P- ě u .Cfr. partf sf.CONDA • V öcaa. «0, cats ač 3;: města o in quella forma di personalita. Ma anche per ieíté^pm^utéte, che si sono adagíate in una o in urťaltra forma, la fusione ě sempře possibile: il flusso della vita ě intutti. E per tutti pero puo rappresentare talvolta una tortura, rispetto aH'anima che si muove e si fonde, il nostro stesso pnrpn fissato per sempře in fattezze immutabili.1 Oh per aé proprio dobbiamo essere cosi, noi?2 - ci domáhdiamo távoRilolb specčhióT^čón questa facčia, con questo cor-po? - Alziamo una mano, nell'incoscienza; e il gesto ci re-sta sospeso. Ci pare strano che 1'abbiamo fatto noi. Ci ve-diamo vivere? Con quel gesto sospeso possiamo assomi-gliarci a una statua; a quella statua ďantico oratoře, per esempio, che si vede in una nicchia, salendo per la scalina-ta def Quirinale.4 Con un rotolo di carta in mano, e 1'altra mano protesá a un sobrio gesto, come pare afflitto e mcra-vigliato quell'oratoře antico ďesser rimasto 11, di pietra, per tutti i secoli, sospeso in quelTatteggiamento, dinanzi a tanta gente che ě salita, che sale e salirä per quella scali-nata! ed ammiro le anime sconclusionate»; anime che definiva poi con queste Stesse narnlp AA «aooir> m>>nrr(> mmanzn «sconclusionate» deťiniva an- cu ammiro le anime sconclusionate»; amine uis mwww r~* -r~."»----- Stesse parole del saggio, mentre romanzo «sconclusionato» detiniva anche il prediletto Tristram Shandy. Di tal fatta furono poi Uno. CentOtnila Vtťanm»lr> Mrtc/~ doyrgEbj^ontinuare a credere o tar finta di credere. DaU'esperienza - intuizioneH^ô7^"~na"šce il Hbco umoristico che e comico solo in apparenza, e il cui fondo «mistico» resta «assai ben dissimulate sotto l'i 'onia amara, con la quale alia luce di quelľintuizione l'Autore sgretola e ussolve a una a una tutte le povere ridicole costruzioni» (A. Tilgher, W- cit.). ť ! Oggi - maschere... : «Che la concezione di U NC [Uno, nessuno ecen-°nilá\ sia contigua al saggio su Vumorismo ě ipotesi del tutto ovvia ed [^versalmente accettata; ma qui siamo addirittura al sunto anticipato lei primi due capitoli del romanzo, con al centro il trionfale enigma del laso» (GyMazzacurati, Pirandello nel romanzo europeo, Bologna, II Mu- . VnXifffo e passano: «Ah la vita cos'e! Bašta un soffio a portarsela ía>>. esclama casualmente, scoprendo cosl il proprio sovrumano potere 1 morte, il protagonista e voce narrante delia novella Soffio (1931). « vita... avantik «qualche sciagura avrebbe potuto anche svisarlo, *8Ü un occhio di vetro o una gamba di legno» (Uno, nessuno e cento-ri«. Libro i, cap. vn). 213 l umorismo ma5chera esteriore. Perché dentro poi c'é ľaltra rh só^oní^rä^on quella di fuori. E niente é'veron pes- ro il mare, si, vera la montagna; vero il sasso; Veromi ff" d'erba; ma ruomo? Sempre mascherato senza vol I senza saperlo, di queila tal cosa ch'egli in buona fede si f gura d'essere: hello, huono, grazioso, generoso, infelke l ecc. E questo fa tanto ridere, a pensarci. Si, perche un °C ne, poniamo, quando gli sia passata la prima febbre dell" vita, che fa? mangia e dorme: vive come puö vivere co deve vivere; chiude gli occhi, paziente, e lascia che il tem-po passi, freddo se freddo, caldo se caldo; e se gli dänno un calcio se lo prende, perche e segno che gli tocca anche questo. Ma l'uomo? Anche da vecchio, sempre con la febbre: delira e non se n'avvede; non puö fare a meno d'at-teggiarsi, anche davanti a se stesso, in qualche modo, e si figura tante cose che ha bisogno di creder vere e di prerP ctere sul serio. L'ajuta in questo una certa macchinetta1 infernale che la natura volle regalargli, aggiustandogliela dentro, per dargli una prova segnalata della sua benevolenza.2 Gli uo-mini, per la loro salute, avrebbero dovuto tutti lasciarla irrugginire,3 non muoverla, non toccarla mai. Ma si! Cer-tuni si sono mostrati cosi orgogliosi e stimati cosi felici di possederla, che si son messi subito a perfezionarla, con ze- 1 una certa macchinetta: questo e i due successivi paragrafi comparivano giä nella novella La messa di quesťanno (1905) e nelľarticolo Lawa della Sapienza («Gazzetta del Popolo» di Torino, 10 gennaio i;U6,,s tratta di una delle Cronache stravaganti, riportate alia luce ja„ Jti pulla Muscarä e raccolte, con altri inediti, nel suo Pirandello mg ^ gialli, Caltanissetta, Sciascia, 1983). Cfr. altresi Suo marito ej Ma non é una cosa seria (Atto n, Seena i) dove tornano con espressioni simili. ^-con la 2 la natura... benevolenza: la polemica, di stampdje^ardrapö,^^ ^ natura matrigna appare anche nelle fonti su citate deTpasso, ^ ^ ironico di alcuni incisi. Nella novella: «la natura che ci vuo ^ ne»; nel successivo articolo: «dovete sapere, cari bambini, c conSjjere-ra, che ci vuol tanto bene - mamma di tutti - ». - segnalata. vole e, perciö, manifesta. 3 irrugginire: arrugginire. Ilíí M cení sjffliria ttpdu parte seconda • v canito. E Aristotile ci scrisse sopra finanche un libro, aLgiadro trattatello che si adotta ancora nelle scuole, rché i fanciulli imparino presto e bene a baloccarcisi.1 Ě una specie di pompa a filtro che mette in comunicazione il cervello col cuore. La chiamano logica i signoři rilosoh. Il cervello pompa con essa i sentimenti dal cuore, e ne cava idee. Attraverso il filtro, il sentimento lascia quanto ha in sé di caldo, di torbido: si refrigera, si purifica, si i-de-a-liz-za. Un pověro sentimento, cosi, destato da un caso particolare, da una contingenza qualsiasi, spesso dolorosa, pompato e filtrato dal cervello per mezzo di quella macchinetta, diviene idea astratta generale; e che ne segue? Ne segue che noi non dobbiamo affliggerci soltanto di quel caso particolare, di quella contingenza passeggera; ma dobbiamo anche attossicarci2 la vita con 1'estratto con-centrato, col sublimato corrosivo della deduzione logica. E molti disgraziati credono di guarire cosi di tutti i mali di cui il mondo ě pieno, e pompano e filtrano, pompano e filtrano, finché il loro cuore non resti arido come un pez-zo di sughero e il loro cervello non sia come uno stipetto di farmacia pieno di quei barattolini che portano su 1'eti-chetta nera un teschio fra due stinchi in croce e la leggen-da: Veleno. L'uomo non ha della vita un'idea, una nozione absoluta, bensl un sentimento mutabile e vario,3 secondo i tempi, i casi, la fortuna^ Ora la logica, astraendo dai senti-^entUe idee, tende appunto a fissare quel che ě mobile, ^gutaEiTě"; fluido; tende a dare un valore assoluto a ció che "erilativo. a aggrava un male gia grave per se stesso. Per-ché la prima radiče del nostro male ě appunto in questo sentimento che noi abbiamo della vita. L'albero vive e J Aristotele... baloccarcisi: riferimento agli Analitici prtmt, lo scntto del-[ Organon che tratta del sillogismo. « attossicarci: avvelenarci. , _. . ,10Q,, \tuomo... vario: l'affermazione era giä nelTarticolo Rinunzta (lo)b). ler altri riscontri cfr. G. Andersson, op. cit., pp. 115-16. 215 ven- ĽUMORISMO non si sente:1 per lui la terra, il sole, ľaria la W i to, la pioggia, non sono cose ehe esso non sia M> invece, nascendo ě toccato questo triste privileeiV í01110' tirsi vivere, con la bella illusione ehe ne risulta di S?' re cioe come una realtä fuori di sé questo suo interno timento delia vita, mutabile e vario. sen" Gli antichi favoleggiarono ehe Prometeo3 rapl una f villa al sole per farně dono agli uomini. Orbene, il senti mento ehe noi abbiamo delia vita ě appunto questa faviUa prometěa favoleggiata. Essa ci fa vedere sperduti su la terra; essa projetta tutťintorno a noi un cerchio piú o meno ampio di luce, di lä dal quale ě ľombra nera, ľombra pau- --(L 2) U&r^ j 1 Ľalbero... sente: il lungo passo, sino alla fine del paragraf o seguente, ě ripreso da due diversi punti del cap. xui del Fu Mattia Pascal. U costi-tuiva la «concezione filosofica, speciosissima» delia «lanterninosofia» di Anselmo Paleari, modificata, qui, solo nelľimmagine del sentimente delia vita, delia ragione in quanto coscienza individuale, ehe anziché «lanternino» (connesso ai «lanternoni» delle ideologie collettive) divie-ne mitica favilla prometeiea. Un cenno alľalbero ehe «vive e non si sente » era anche nella novella / tre pensieri delia sbiobbina, dove piú evi-dente appare forse la fonte pascaliana - «La grandezza delľuomo esiste in quanto egli ha coscienza delia propria miseria. Un albero non si con°; sce miserabile.» {Pensieri, 397, ed. Brunschvicg) - individuata da Luigi Sedita (cfr. Lajnaschera del nome. Pre sam di onomastica pirandemi^ -T^oma, IstitutTdella Ľnciclopedia 1 talianiJ98JU>P ^'"-J,1^^ dello seriveva delia sua attivitä di serittore quale «frutto d'albero i nabilmente attossicato, radicato profondamente nella piú aere e ^ tristezza» ehe costituiva «la fonte del suo umorismo» (lettera a Villari del 23 luglio 1908). ( ... voce al- 2 triste privilegio: la paradossale contraddizione in ter!THnj1 ersonali-ľinconciliabile compresenza di due diverse componenti d^r^iPragione, tä umana con i loro diversi, opposti, punti di vista: quello delí a ^ orgogliosa di garantire il primato umano sulla nátura, e quello ^ naturale, spontanea, irriflessa, ehe nella ragione vede invec ^ del male esistenziale delľuomo. Ě la stessa duplicita paradossai sa da Pascal, ehe nelľuomo vedeva una canna pensante. fuo- 3 Prometeo: uno dei Titani ehe, punito da Zeus per aver r"D dove co agli dei e averlo donato agli uomini, ě incatenato a una furipreso un aquila gli rode continuamente il fegato. II mito, in Esl0d°' rapPre' da Eschilo, ehe ne fece una figura di primo eroe civiUzzawr tra sentante delľumano spirito inventivo, e ispirô molti altn cui Goethe e Shelley. 216 Y \ ttl&S " My mí:. _ 'Sis parte seconda • v frosa che non esisterebbe, se la favilla non fosse accesa in noi; ombra che noi pero dobbiamo purtroppo creder vera, |ini';,nto che quella ci si mantiene viva in petto. Spenta alia fine dal soffio delia morte, ci accogliera dawero quel-ľombra fittizia, ci accoglierä la notte perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alia mercé delľEssere, che avra rotto soltanto le vane forme della ragione umana? Tutta quell'ombra, ľe-norme mistero, che tanti e tanti filosofi hanno invano speculato e che ora la scienza, pur rinunziando alľindagi-ne di esso, non esclude, non sara forse in fondo un ingan-no come un altro, un inganno della nostra mentě, una fantasia che non si colora? Se tutto questo mistero, in som-ma, non esistesse fuori di noi, ma soltanto in noi, e neces-sariamente, per il famoso privilegio del sentimento che noi abbiamo della vita? Se la morte fosse soltanto il soffio che spegne in noi questo sentimento penoso, pauroso, per-ché limitato, definito da questo cerchio ďombra fittizia oltre il breve ambito dello scarso lume che ci projettiamo attorno, e in cui la vita nostra rimane come imprigionata, come esclusa per alcun tempo dalla vita universale, eter-na, nella quale ci sembra che dovremo un giorno rientra-re, mentre gia ci siamo e sempře vi rimarremo, ma senza piú questo sentimento di esilio che ci angoscia? Non ě anche qui illusorio il limite, e relativo al poco lume nostro, della nostra individualita? Forse abbiamo sempře vissuto, sempře vivremo con ľuniverso;1 anche ora, in questa forma nostra, partecipiamo a tutte le manifestazioni delľuni-Verso; non lo sappiamo, non lo vediamo, perché purtrop-Po quella favilla che Prometeo ci volle donare ci fa vedere soltanto quel poco a cui essa arriva. E domani un umorista potrebbe raffigurar Prometeo l.pone... universa: Gaetano Negri, dopo aver negate mt quantoaUusiom '""iti della nostra coscienza, seriveva: < («/' rit . p. n Con la citazione di questa conclusione anche "'"Hldlo aveva terminálo il suo Sacnza c crttica otcť.ca. 217 l'umorismo sul Caucaso1 in atto di considerare malinconicamente la sua fiaccola accesa e di scorgere in essa alla fine la causa fatale del suo supplizio infinite Egli s'e finalmente aecor-to che Giove non ě altro che un suo vano fantasma, un miserevole inganno, l'ombra del suo stesso corpo che si projetta gigantesca nel cielo, a causa appunto della fiaccola ch'egli tiene accesa in mano. A un solo patto Giove po-trebbe sparire, a patto che Prometeo spegnesse la candela, cioě la sua fiaccola. Ma egli non sa, non vuole, non puö; e quell'ombra rimane, paurosa e tiranna, per tutti gli uomi-ni che non riescono a rendersi conto del fatale inganno. Cosi il contrasto ci si dimostra inovviabile, inscindibile, come l'ombra dal corpo. Noi l'abbiamo veduto, in questa rapida visione umoristica, allargarsi man mano, varcare i limiti del nostro essere individuale, ov'ha radice, ed estendersi intorno. Lo ha scoperto la riflessione, che vede in tutto una costruzione o illusoria o finta o fittizia del sentimento e con arguta, sottile e minuta analisi la smonta e la scompone. Uno deij?iú grandi umoristi, senza saperlo, fu Coperni-co,?_che smontó non propriamente la macchina delTuni' verso, ma l'orgogliosa immagine che ce n'eravamo fatta.3 Si legga quel dialogo del Leopardi che s'intitola appunto dal canonico polacco. e- 1 Caucaso: la catena montuosa, tra Mar Nero e Mar Caspio, a una cm rupe, secondo il mito, era stato incatenato Prometeo. 2 Copemico: astronomo polacco (1473-1543); col suo Le rivoluzioni dei möndJ celesti fu il primo sostpnitnrf» Ae\}^ mnr^wn" »Unryntrira dell'-u-ni verso - poi ribadita da Galilei e Keplero - che riygluzigBQjaJZüK ~2ione geocentrica, risalente a Tolomeo, 3 che smontö... fatta: «La veritä certamente non fu mai ladra: la irode a noi venne sempre dal troppo imaginäre. Malinconico posto perö questo che la scienza ha assegnato all'uomo nella natura, in confronto almeno a quello ch'egli s'imaginava in altri tempi di tenervi. Un poeta urnorista potrebbe trovare in ciö motivo a qualche suo canto. Era un giorno terra l'ombelico d'una sconfinata creazione» [Arte e coscienza do& [1893], cap. n). SuXc^einicocfr. anche l'importante «Premessa secon da (filosofica) a mo' di scusa», cap. n del Fu Mattia Pascal. 4 dialogo... polacco: II Copemico. Dialogo, «sopra la nullitä del gen 218 ...1 l'umorismo sul Caucaso1 in atto di considerare malinconicamente la sua fiaccola accesa e di scorgere in essa alla fine la causa fatale del suo supplizio infinito. Egli s e finalmente accor-to che Giove non ě altro che un suo vano fantasma, un miserevole inganno, l'ombra del suo stesso corpo che si projetta gigantesca nel cielo, a causa appunto della fiaccola ch'egli tiene accesa in mano. A un solo patto Giove po-trebbe sparire, a patto che Prometeo spegnesse la candela, cioě la sua fiaccola. Ma egli non sa, non vuole, non puö; e queU'ombra rimane, paurosa e tiranna, per tutti gli uorni-ni che non riescono a rendersi conto del fatale inganno. Cosl il contrasto ci si dimostra inovviabile, inscindibile, come l'ombra dal corpo. Noi l'abbiamo veduto, in questa rapida visione umoristica, allargarsi man mano, varcare i limiti del nostro essere individuale, ov'ha radice, ed estendersi intorno. Lo ha scoperto la riflessione, che vede in tutto una costruzione o illusoria o finta o fittizia del sentimento e con arguta, sottile e minuta analisi la smonta e la scompone. Uno dei_piú grandi umoristi, senza saperlo, fu Copemico,7, che smontö non propriamente la macchina dell'uni" verso, ma l'orgogliosa immagine che ce n'eravamo fatta.3 Si legga quel dialogo del Leopardi che s'intitola appunto dal canonico polacco.4 ^yVJ'*ü•vA*/ 1 Caucaso: la catena montuosa, tra Mar Nero e Mar Caspio, a una cui rupe, secondo il mito, era stato incatenato Prometeo. 2 Copemico: astronomo polacco (1473-1543); col suo Le rivoluzioni dei möndicelesti fu il primo snsfpni^nrp rU||a rpnCe7iün» ^^ni-Hra HelKu-niverso - poi ribadita da,Galilei e Keolero - che riWuziojiQja-CQDce-zione geocentrica, risalente a Tolomeo" 3 che smontö... fatta: «La veritä certamente non fu mai ladra: la frode a noi venne sempre dal troppo imaginäre. Malinconico posto perö questo che la scienza ha assegnato all'uomo nella natura, in confronto almeno a quello ch'egli s'imaginava in altri tempi di tenervi. Un poeta urnorista potrebbe trovare in ciö motivo a qualche suo canto. Era un giorn° « terra l'ombelico d'una sconfinata creazione» {Arte e coscienza dogg [1893], cap. u). Su Copernicorfr. anche l'importante «Premessa secon-da (filosofica) a mo' di scusa», cap. n del Fu Mattia Pascal. 4 dialogo... polacco: II Copemico. Dialogo, «sopra la nullitä del gen« i& iturä f :;e P1' ioriee Fortu :0voca aso, di seilte :ndere i'egli erso.2 Mac morist igante 3robdi: ^ano» ümpost 'granell ^ and kieset tt*zi»( ' ^ci in «llotto "conso >«Fi 2Ma. ^ (191 que gtan tottem 218 M li PARTIÍ SIÍCONDA • V r\ tlictlc il colpo (Ii juazia la scoperta del telescopio: al-nlilaliiiK'H;> infernale, che puó fare il pajo con quella X voile tv^alairi la natura. Ma questa 1'abbiamo inven-1 * noii per nou esser cla ineno. Mentre Tocchio guarda 'i sotio, dalla Ionic piíi piccola, e vede grande ciö che la 1 pj-ovviilen/ialnientc aveva voluto farci veder pieco-j|J l'a'nima nostra, che fa? salta a guardar di sopra, dalla Icntc pin grande, e il telescopio allora diventa un terribile strumento, che subissa la terra e l'uomo e tutte le nostre glorie e grandezze.1 Ilk. Fortuna che ě proprio della riflessione umoristica il _______:i___^:___— J-1---'------' — 1 provocare il sentimento del contrario; il quale, in questo tendere e coneepire ľinfinita sua piecolezza, vuol dire Y* w »-------- ' ---- ------w j *jv»»*j,%*j aaa caso, dice: - Ma ě poi veramente cosi piccolo ľuomo, co-I me il telescopio rivoltato ce lo fa vedere? Se egli puó in- ch'egli intende e concepisce ľinfinita grandezza delľuni-verso.2 E come si puó dir piccolo dunque ľuomo? Ma b anche vero che se poi egli si sente grande e un umorista viene a saperlo, gli puó capitare come a Gulliver, gigante a Lilliput e balocco tra le mani dei giganti di Brobdingnag. \$ —"-- umano» (scrivevÄvLeopardi al De Sinner), una delle Operette morah, fu composto nelQ827) La definizione che in esso si legge, della terra come «granellino di I3bbia», si ritrova nel cap. n del Fu Mattta Pascal (con quenrai «invisible trottolina», giä presente in AJfe e cosctenza d oggt; cfr- anche ta^trottola"in «II 'Momento » di Torino, 9 giugno 1905). } telescopio... grandezze:Teopardi, nel Copernico, scriveva di « animate », Pirandello di «vermucci» (II fu Mattta Pascal, cap. n) o «insetted infinitesimali» (La trottola). Ma in Da lontano («La Preparazio- i 1.1-.« HUKUW/. *T*» ~~ ",. ' j, ■ _"------*- !*», 11-12 febbraio 1909) e nella novella La tragedta ^nJenonafw (1911) - riprendendo peraltro indicazioni di novelle hlbttoliJ- il «cannocchiale rivoltato» diviene uno ° £ « consolazione per i rispettivi protagonisti intenti, appunto, a comporre ^«Filosofia del lontano». „ ji, u«/-m/- 2 Ma ... universo: lo stesso interrogativo torna nella noveUSop*'esot * (1914). Se la fonte lontana ě, ancora,^ascal(cfr. PP^**1^ ™£ ). quella piú diretta é Leopardi: ^^^"^^^t^^ '« grandezza c la potehža Jelľumano intelletto, ne 1 * nj^" delíuomo, che il poter ľuomo conoscere e interamene comprendere e lortemente sentire la sua piecolezza» (Zibaldone, 219 Da quanto abbiamo detto finora intorno alla speciále attivitä delia riflessione nell'umorista, appare chiaramen te quale delľarte umoristica necessariamente sia ľintimo processo. Anch'essa ľarte, come tutte le costruzioni ideali o illu-sorie, tende a fissar la vita: la fissa in un momento o in varii momenti determinati: la statua in un gesto, il paesag-gio in un aspetto temporaneo, immutabile. Ma, e la perpetua mobilita degli aspetti successivi? e la fusione continua in cui le anime si trovano? Ľarte in genere1 astrae e concentra, coglie cioě e rap-presenta cosi degli individui come delle cose, ľidealitä2 es-senziale e caratteristica. Ora pare alľumorista, che tutto ció semplifichi troppo la natuřaTFtenda a rendere troppo rägionevole o almeno troppo coerente la vita. Gli pare che delle cause, delle cause ven? che muovono spesso questa povera anima umana agli atti piú inconsulti, assolutamen-te imprevedibili, ľarte in genere non tenga quel conto che secondo lui dovrebbe. Per ľumorista le cause, nella vita, non sono mai cosi logicheTčosi ordinate, qjiiie~TiefleTR>- i di Cec- 1 Ľarte in genere- I" rirae- idealitä: scrivo ě Mellon. Costanzo la rfáidL^?in°vdl%L úlustre ntinto. Pirandello seriveva deUa novel-Natale del \%C)X; ™ ?Kcon}Posizí°™, a Ugo Ojetti, in una leněn del morkmn 7 i r CU1 51 ?offermava anche sulla sua concezione dell'u-ES£ 1 r6^ mediti Cit-' PP- 30"31)- Iniziata> nel 1909>,a co1-? Comere delIa sera»- Pirandello inviava la novella a Re- £n «ím0I¥* dlr1e1tt1ore de «La Lettura» (il mensile del «Corriere»), at-cenendone la pubbheazione solo dopo aver accettato di eliminare quel-dTl912) (remserit0 neI]'edizione della novella nella raccolta Terzettt, 2 Sartor Resartus: o, come prosegue il titolo, the life and opinions of betr Teufelsdrockh (II sarto rappezzato, vita e opinion! del signor TeuW* drockh) Ndk prima parte del romanzo 1'immaginario prof. D«#£ Teufelsdrockh svolge la sua «filosofia del vestito»; nella seconda pa" e narrata la sua vita. ^?Lr?T° '• vestiari°»- la medesima citazione ě in Arcoleo (f^'T b/). Da II con tutta probabilita Pirandello la trae, come fa per '°Phe si le citazioni di opere della letteratura in lingua inglese, tanto pit ♦ ® /í, cltazione imprecisa, che fonde due affermazioni pi" stanti (libro i, capp. 1 e 8). ttosto ,l vita Mel ^ ca] ^ciar Mat* ui veva Hie i] 8UÍ22 222 PARTI- SI-CONllA • VI Ta vita nuda,1 la natura2 senz'ordine almeno apparente, • ta di contradizioni, pare all'umorista lontanissima dal ir ngegno ideale delle comuni concezioni artistiche, in cui tutti gH elementi, visibilmente, si tengono a vicenda e a vicenda cooperano Nella realta vera le azioni che mettono in rmevo un ca-rattere si stagliano su un fondo di vicende ordinarie, di particolari comuni. Ebbene, gli scrittori, in genere, non se n'avvalgono, o poco se ne curano, come se queste vicende, questi particolari non abbiano alcun valore e siano inutili e trascurabili. Ne fa tesoro invece 1'umorista. L'o-ro, in natura, non si trova frammisto alia terra? Ebbene, gli scrittori ordinariamente buttano via la terra e presen-tano l'oro in zecchini nuovi, ben colato, ben fuso, ben pe-sato e con la loro marca e il loro stemma bene impressi. Ma l'umorista sa che le vicende ordinarie, i particolari co-muni, Iamaterialita della vita in somma, cosi varia e com-plel£a7amlT~^^ sem£lificazioni ideali, cosfringoUO ad azioni, ispifano perisien e sentimen-ti contrarii a tutta quella logica armoniosa dei fatti e dei caratteri concepiti dagli scrittori ordinarii. E l'imprevedu-to che e nella vita? E I'abisso che h nelle anime? Non ci sentiamo guizzar dentro, spesso, pensieri strani, quasi lampi di follia, pensieri inconseguenti, inconfessabili fi-nanche a noi stessi, come sorti davvero da un'anima di-versa da quella che normalmente ci riconosciamo?3 Di qui, 1 vita nuda: h il titolo di una novella del 1907, di una raccolta di novel-« del 1910 e del secondo volume delle Novelle per un anno (1922). 2 la natura: anche il passo che inizia qui, e comprende tutto il successive capoverso, torna identico nei Sonetti di Cecco Angiolieri (cap. m). • fi I'abisso... riconosciamo?: in una famosa lettera alia sorella Una il aiciannovenne Pirandello scriveva: «La meditazione e I'abisso nero, po-P°lato di foschi fantasmi [...]. In certi momenti di abbandono parlo co-me un insensato e sento un impetuoso desiderio di non vivere». E scn-veva di avere nel cervello «un vuoto nero, orribile, raccapricciante, co-me il misterioso fondo del mare popolato di mostruosi pensieri che guizzano, passando minacciosi» (cfr. letteregiovanili, cit., pp. 148-49). 223 l'umorismo n^umorismostutta quella ricerca dei DarH, i • 1 mieffllBHÜ. che possono an^e pare Topiä »«-srraffrontano con le sintesi idealiLat idfe tnvlar* "jtjj^.altri^ qui quet^i^ a cet. TTHpnccioso, tütte queUe.digjejdomche i „o a 1 operamnon^ca, in opp Sono il frutto della riflessione che scompone > «Se il naso di Cleopatra fosse stato piü lungo, chi sjualJ _vicende avrebbe avuto il mondo».^ E questfS que a - _,V™scola particel a che si puö appuntare, iÄseffre come :uneoiqjutteJ^^nde, quante e quali disgregarinni puo pfodurre, dtquaifita-scomposizione puo esser causa, in '"a".u . n nmorista come, ad esempio, kf Sterne, che dal-l'infinitamente piccolo vede regolato tutto il mondo! Riassumendo: l'umorismo consiste nel sentimento del contrario, provocate) dalla speciale attivita della riflessione 1 Sono... scompone: in una lettera autobiografica del 1912-13, pubbli-cata nel '24 dal periodico romano «Le Lettere», Pirandello aveva scnt-to: «E un altro romanzo ho anche per le mani, il piü araaro di tutu, profondamente umoristico, di scomoosizione della vita: Moscvdajt- nessuno e centomila^ Nel romanzo le vicende di scomPosi,zlonVn0 Col-"rTano dal naso diMos^rdajjjui nel saggio, subito dopo, Iiranae_ lega la sWp5iIzI5Hi aljia^flJii^opAtfa^i tratta di un uitcn £ ? zio ckll'ideazione e loTsTTnche della parziale stesura (err. 213), peraltro oggi non altrimenti documentata, dell urn gia negli anni di composizione del saggio. , ndentica haS[> 2 «Se il naso... mondo»: Arcoleo (op. cit., p. 5) riporw &ünsch: definendola un «motto di Pascal». Il n. 162 del Yenw Q,opätie- sil vice) si conclude in una forma un po' diversa: «Le■ nez ^. (JJ nas(? di eut ete plus court, toute la face de la terre aural: cn * ^ sare Cleopatra; se fosse stato piü corto, tutta la raccia cambiata). 3 questo s ' '--r-------' " artireaall'6- »una novella dell894, Vi.si l#f>..2 dizione dellS^l^^S^^ fl?avvenuto non * so veder tutto quello che sarebbe statcCsej&uei cn^^sotnto^ awenuto. Lo vedo, ci vivo; anzi vivo 11 soltanto... N , Kfless, ^ssocfc scolan Cham he insij , ,SUa °1 Mo, e s 224 t l'AK'lľ. 'M OIHA vi » non »í cela, ehe non divenu com» --«■ „elľartc, una forma dcl wntimemó :,"."'"""""««« ur Kguendo passo pas*, il •, ■„.„,„',„„',, ''"í"";"8"^ C íl corpo. Ľanma ordinario Lada , 0™ 1 T1"4 * l-tfhe fll corpo; nota t„ttí ,,),' yhe/ýi , i ' V'' ""' ora s'allu„«hí ed ora ,W f H«►$ fic al corpo ehe intamo non la «S Nelle rappresentMMg comichc medieval) de) dľaľolo ^ trov.amo ono scolare' ehe per foj berte di £(Ä acchmppare la propna ombra sul muro. Chĺ ľápp eľentó questo d.avolo non era certamente un umomtľ So al periodo conclusivo, torna 1 riflevkme... eura: questo passo, J****? q,cc0 Anpolieň. prcttoché identico nel cap. m dei So«eř« , n , an. 2 ícoiW. studente universitario. fl78i.l838) ^.p^AW, 3 Adalbert von CharnisscU7»^ ^ * Wj***-*; i ínsignr botarúco. Nel racconto * J ^opna^brajl.^ ! i* «ua opera ptu nota, I protagonista, ve vo1g, č sf uggito da tutti. 225