Liberta AVVISJO Eqtjaglianza II gemo democratico Pare che i fogli periodici della Repubblica, eolpa forse dei tempi, vadano a poco a poco languendo. Noi, invece di lasciarci atterrire dalla prepotenza delle circostanze e dalľinteresse dei nemioi della liberta, proseguiremo a conibattere per la Repub-blica eon le arrni della ragione e del vero. Per questi motivi cesserä il Oiornale dei Patrioti del Dipartimento del Reno, ed usoirä in suo luogo II Genio Democratico. Ecoone il piano: Art. I. Notizie. Art. II. Notizie nazionali, leggi, carte importanti della Re-pubblica. Art. III. Istruzioni popolari politieo-morali. Art. IV. Notizie bibliografiche. 11 Genio democratico, n. 1 - {23 setiembre). INSTRUZIONE Amor platonico Sentesi spesse volte rissuonare in bocca delle nostre citta-dine la voce ď Amor platonico; se ne deoantano dai meno acco-stumati le leggi, e col velo di questa maschera si tendono tutto giorno le insidie piú ostinate all'onesta ed all'innoeenza. Non ě pereně io non creda ehe possa darsi un amor puro fra diverso sesso; ma essendo egli quelľaffetto che ci trasporta ad amare 130 (IIL GBNIO DEMOCHATICO » - « IL MO NIT ORE BOLOGNESE » i nostri simili come noi stessi, sembra che non esigga 1 punto alcun solletico delle lusinghe e delle apparenze del corpo, ma delle attrattive delle sole doti dell'animo, della sola virtu. Io interrogherei volentieri queste saputelle, per sapere chi sia que-sti che ricerchi da loro VAtnor platonico ? Se questi sia un qual-clie vecchio ottuagenario, impotente, gobbo, guercio, nialfatto, senza denti, oppure un giovanetto fresco, at[t]illato, araabile, civile, pieno di frasi nel discorso, o di leggiadria nel portamento; poiche, se egli e della prima qualita, voglio sperare che possa amarla senza alcuno interesse; che se fosse della seconda, non so come vi possa essere tanta virtu dov'e leggerezza, effemi-natezza e, diciamola pur schiettamente, dov'e tanta lascivia. Dimaderei un'altra cosa: se questo tale desidera di stare piu spesso che puo in sua compagnia, se le piaccia il suo eorteg-gio, se quando sta lontano piu del solito lo soffre con dispiacere, e se quando si trovi vicino si discorra di virtu, di patriotismo, o di amore, o cli corrispondenza; se alle tenere espressioni cor-rispondano solleciti i gesti, gli atti.... Eh. che l'amore de' sensi non puo oltrepassare i sensi medesimi. Questo traditore s'insi-nua con l'abito delTinnocenza, olre non si trasporta gia tosto alle bru(t)talita, ma allorche ha gettato il laccio d'oro, facilmente va stringendo il nodo con ferree catene. Se questo deoantato amore fosse virtuoso realmente, non vi sarebbe inquetudine per la lontananza, non soprassalti di cuore per la presenza. Si amerebbe egualmente lontano che vicino, ne vi sarebbe rodimento di cuore se frequentasse un'altra conversazione. Un amor simile non esoe dagli occhi, non compa-risce sulle ridenti lab[b]ra, riesee mutolo sulla lingua. Gode lo spirito solamente nell'esercizio della virtu, e la rigidezza este-riore si applaude perehe segnale dell'interiore onesta; anzi e il contento dell'uno il vedere il contegno castigato dell'altro. Quest'e l'amor platonico. Ma quis invenie.fi Hanno un bel dipingerci i poeti la favolosa eta di Saturno in cui tanta inno-cenza si conservava fra le ninfe e i pastori. Care cittadine, 1 Grafia foscoliana. «IL OWIO DEMOORATTCO )> - « IL m0stt0b.e EOLOGMDSE » 131 l'amor platonico ai di nostri e divenuto la pietra lilosofale; molti la cercano e pochi la trovano; anzi chi mostra di ccr-carla forse nel suo interno non la vor[r]ebbe trovare. Codesto amor platonico e come la materia sottile de' Cai'tesiani. S'im-maginano che vi sia, ma non possono dimostrarla; e pur vo-gliono che loro si creda. Quest'e la chiave d'oro per aprire i cuori. Bisogna abbor[r]irne per fino il nome. EgU e un specioso pretssto degl'insidiatori, che tentano tutto giorno d'ingannare la aemplicita dell'innocenza e di rendere le piu pure colombe vittime della loro rilassatezza. n. 2 - 4 ve7idenwiiato?-e, anno 2 B.ep. (martedi 25 settembre 1798). [PIANO DEL GIORNALE] Per isviluppare quanto abbiam succintamente annunziato nel nostra Manifesto intorno al piano di questo giornale, noi ci serviremo del secondo numero, di prefazione, onde sieno gli associati istruiti dell'intero nostro divisamento. Tutti s'interessano delle notizie straniere, e molto piu di quelle che hanno relazione con lo stato attuale della Repub-blica. Gli occhi deU'Europa stan intenti ai congressi di pace, alia guerra fra l'lnghilterra e la Francia, ed alle spedizioni di Bonaparte. L'interesse, l'ozio, la curiosita vanno tuttogiomo tessendo la storia di questa o di quells sconfitta; mio predice vittorie, mentre l'altro va magnificando il valore de' nemici; questo ha in pugno la pace, nel tempo stesso che l'altro vede calare dalFAlpi un torrente di truppe per ricominciare la guerra. E non in Bologna o nella Cisalpina soltanto, ma in tutta l'ltalia, e per l'Europa tutta si vann'agitando i contrari partiti, per conseguenza i falsi ruinori: quindi tutte le falsita, tutti i calcoli tutte le notizie che a dispetto della verita e della ragione c'in-nondano co' pubblici fogli. Ma se la nostra posizione geografica non ci mette a portata di raccogliere e di spargere rapidamente tutte le novelle del giorno, noi invece siamo al caso, appunto per la loro tardanza, di pesare le piu importanti, e di non sce- 19. - Foscolo. Opsre. Vol. VI. 132 « IL &ENIO ĽEMOOKATICO I - « EL MONITORE BOLO&KBSE » gliere che le piü vere. Poche duuque saran le notizie straniere del Oenio Democratico, ma tali da non lasciare in dubbio chi legge sulla loro autenticita. E dove anclie vi fossero tali rumori che direttamente o indirettamente riguardassero la nostra Repubblica, noi non ci aster[r]emo di pubbücarli aeeompagnandoli con quelle modifieazioni di certezza con le quali le abbiamo noi ricevuti. Questo in quanto all'articolo primo. Rispetto all'articolo secondo risguardante le notizie nazio-nali, noi ci abbiamo proposto di distenderci molto piü, si perché siamo in caso di saperlc con rapiditä e con certezza, si perché gli interessi delia nostra farniglia devono occuparci assai piü degli interessi generali. Chi non conosoe la storia giornaliera della propria patria s'avvicina di buon grado alia schiavitü. Alla aristocrazia de' nobili succede il raggiro de' piü illuminati, i quali prevalendosi delľignoranza comune congiurano o con la prepotenza de' ricchi, o con la forza dello straniero, sino a che la Repubblica perde la sua indipendenza, e il popolo la propria sovranitä. Né giova illudersi. Le scienze e le arti rende-ranno ľuomo meno feroee, ma non lo purgheranno dalle passioni le quali sono ľelemento della vita. Anzi raf[f]inate le passioni per mezzo de' lumi, il piü dotto divorrä il piü astuto, e si servirä delle proprie cognizioni per appagare la libidine di dominare e la smania di possedere. Necessario dunque ei sembra che questo giornale serva quasi di storia attuale della Repubblica Cisalpina. Quindi non solo tutti i fatti piü interessanti, ma tutti i menomi cangiamenti, tutti i caratteri delle Autorita costituite, tutte le leggi, tutte le pubbliche carte vi saranno giorualmente inserite. Istruendoci della finanza, della forza, dei costumi della Repubblica, ne istruiremo i lettori. Di tutti gli atti pubblioi che saraimo stampati ne daremo un cenno, se poco importanti; un estratto, se utili e necessari a saperli. Né taceremo de' circoli costituzionali, ove si riaprano, e senza riportar tutto, né tutto biasimare o lodare, presenteremo tutto quello che puo accrescere i lumi e dar un'idea dello spirito pubblieo di questo dipartimento. Versera ľarticolo terzo sopra istruzioni popolari politico-morali. Questi saranno principj generali esposti sempHcemente, «IL OHIO DBMOCllATICO » - in MONITOBE BOLOGNBSE» 133 e applicati al nostro stato attuale. Esarnineremo in seguito tutte le costitnzioni delle antiche repubbliche paragonandole sempre alla nostra, ne rileveremo i vantaggi di quelle e di questa, proporremo quelli ehe si potrebbero adottare da noi nella ri-forma futura della Costituzione, e que' difetti che si dovreb-bero sradioare, non pretendendo di riferire in ciö ehe la sem-plice nostra opinione. E come i fatti istruiscono e appagano piü che i principj tutti coloro che non sanno, non possono e non vogliono meditare (i quali formano la pluralita), eosi noi nell'esame delle antiche costituzioni v'inseriremo i piü celebri tratti di storia specialmente riguardante le vite degli illustri Repubbücani. A questo articolo stesso appartiene l'istruzione sopra i costumi. Quid leges sine moribits? Si predica sempre questa sem-plice veritä; non la si applica niai. Parve che i nostri giornalisti abbiano avuto in mira questa istruzione quando convertendo i1 soritti consecrati alla popolare istruzione in altrettanti libelli, tentarono d'informare i cittadini, accusandoli scioccamente e perfidamente, in un modo che toglieva l'onore senza scoprire la veritä, e senza pnnire il preteso reo per mezzo de' tribunali. Quando Atene ammise questo sorte di satire su la scena, fo-mentö le divisioni, vendě l'onore a vil prezzo, perchě non si castigava chi con un tratto di penna segnava d'infamia i So-crati ed i Focioni, e perdě dopo non molto la sua libertä. Diverso dal pratioato sarä il nostro sistema. Parleremo in generale dei costumi delle antiche repubbliche, e de' costumi della nostra. E se proveremo che la libertä, degli antichi ebbe origine e so-stentamento piü dalle buone usanze che dalle buone leggi, noi proveremo per conseguenza che non avrem mai liberta sino che la nostra patria non sarä purgata da quegli uomini e da que' vizi che la appestano e che la strascinano alla totale dis-soluzione. Resta a parlare dei quarto articolo spettante alla biblio-grafia. Vano sarebbe il ridire quanto influiscano i lumi e gli 1 Frequente nei JtrfrlH scritti foscoliani l'uso della i por gli davanti ad s impura. 5 134 « IL CKENIO DEMOCEATIOO » - <( IL MONITORE BOLOßNESE » ingegni alla liberta, e quanto la starnpä iiiŕluisua ai lumi e gli ingegni. E' pare oiie dopo la rivoluzione ľarfce tipografica e li-braria siano decadute in Itália, e dove prima i piü grandi ita-liani presentavano in tutti i generi i oapilavori delle soienze e dell'arti, si siano adesso e stanipatori e librai ristretti a nego-ziare di giornaletti, di carte cfirnere, di libelli e di satire fe-scenine. Anziehe compiangere questa disgrazia noi la vogliamo attribuire alle inquetudini delle guerre, ai tumulti delle rivo-luzioni e agli uomini naturalmeixte instabili ed ambiziosi, che abbandonarono i studi e le lause per aver parte ne' pubbliei aiTari, Speriamo collo stabiliinento della Repubblica il ristabi-limento della letteratura. Frattanto noi andremo accennando tutti gli utili libri che si stampano nella Cisalpina e in Itaha, facendo ľestratto de' piú nuovi. Nello stesso tempo senza per-deroi in vani cataloghi annunzieremo le edizioni che si famio in Francia di tutte le opere necessarie alla edueazione re-pubblicana. 1 Bibliografia. - « Niccolô Macchiavelti maestro di tutti i politici piü volte vietato da que' tiranni che nel secreto de' loro gabinetti lo stavano meditando, ricomparisee in Italia. Una edizione si sta facendo in Miláno sni torchi del Cittadino Mai-nardi giä stampatore del Monitore Italiano. II prezzo ě di lire due di Milano al volume; i volumi tutti saranno dieci; ě giä pubblicato l'ottavo. Un'altra edizione corapleta ě contempo-raneamente comparsa dalla compagnia Masi di Livorno, col ritratto e l'elogio del Machiavelli, in sei volumi. Si vende a Bologna presso i Cittadini Buchard. Una terza si sta da gran tempo stampando in Firenze. Questa ě la piú completa, corretta, e aecompagnata dalla lindura tipografica. Noi non abbiam sino ad ora veduto che il settimo volume. — II Mainardi sud-detto stampa a Milano le Vite degli uomini illustri di Plutarco, traduzione del Pompei (eelebre per le edizioni fatte a Verona, a Roma, a Parigi) con aleune note piü rilevanti estratte dal 1 Per il Manifesto, che riproduce quasi integralmeiite questo articolo ed ě firmato G. D. TJ. Foscolo, si voda Introduz., p. liii. «IL GENIO DEMOCRATIC*) » - « IL MONITORE BOLOQNESE » J 35 commento del Dacier. II prezzo ě lire due e mezzo il volume per gli associati. Lopera completa sarä in otto volumi: ě di giä uscito il terzo. La semplicitä di stile unita alla purezza delle massime, l'instruzione la piú adatta al popolo specialmente della cam-pagna: tali sono gh elementi di democratica instruzioue svilup-pati in un Catechismo che si vendo a questo negozio del Genio Democratico. Vendesi pure alio stesao un Decadario Rejnthbli-cofflo, -Che porta in fine un discorso intitolato 11 ritratto delle Meretrici. Useirä pur quanto prima dalle medegime stampe il Diario in seguito di quello dell'anno scorso, che tratterä intorno le leggi, e portera in fine i nomi delle Autorita costituite della Repubblica Cisalpina >>. ISTRUZIOOT POPOLARI POLITICO-MORALI 11 Genio democratico, n. 3 — 29 seltembre. CAPITOLO FBIMO DELLA INDIPBNDENZA NAZIONALE Un conquistatore non si vorra provař che di rado con un popolo libero, pověro e costumato. Le sue vittorie sarebbero funeste del pari che le sconfitte, poichě sacrificando una parte delle sue forze non ne ritra[r]rebbe alcun vantaggio reale. Un popolo libero Ď molto amico della propria patria per non op-porsi a chi volesse strascinarla alla schiavitú, e se questo popolo stesso ě pověro e costumato non alletta ľavarizia e ľam-bizione del conquistatore, e si fa rispettare, o temer per lo meno, per la propria virtú. Queste ragioni mante[n]nero a Sparta il primato su tutta la Grecia, il rispetto di tutte le nazioni potenti e ľindipendenza nazionale per piú di otto secoli. Aténe per lo contrario deve le sue taňte vicende, i suoi tiranni, i suoi I 136 137 mostrare che, quando il popolo lasciô ľarmi e non si difese da se medesimo, diveime vile, vizioso, pověro e schiavo. Tutti i cittadini sono soldáti, e tutti i soldáti son cittadini, quando ritornano dopo la guerra alla patria. Non v'ha cosa piú nociva alla liberta che il soldato per professione. A[v]vezzo alle rapine, al sangue, alle ferocitá della guerra, pone tutti i suoi diritti sulla punta delia spadá, e poco a poco opprime quel popolo ch'egli doveva difendere. Saggia sará quolla eosti-tuzione che anzichě fomentare le principáli passioni degli uomini, le modera e le dirige alľutilitá. Primo, innato, feroce ě il desi-derio di comandare; e chi ha ľarmi e la forza dalla sua parte ha i mezzi di saziare la propria ambizione. Ottimamente nella Romana Repubblica il console era il capitano delľarmata, e cessata la guerra della quale era stato incaricato se ne tornava a deporre il comando delle armi ed a ritornare o agli affari della Repubblica o a' suoi domestici lari. Lo stesso era degli altri tutti che avevano sotto di lui militato. Per aver oessato a' tempi di Silla e di Mario da questa santissima costumanza i cittadini románi furono assoldati dai piů ricchi, e alle guerre eivili su[c]cesse la tirannide dei triumviri e degli imperátori. Ma di questo parleremo piú innanzi, quando si tratterá delle ricchezze. Frattanto conviene por mentě che il soldato per professione, se ě della tua nazione ti reca in casa la discordia, le contese ed i vizi quando ě in ozio; e quando guerreggia leva ai cittadini la consuetudine e il valor militare, impoverisce 1'erario, e dá sempře in mano ai governanti i mezzi di chvenire tiranni. Se invece non ě della tua nazione ma merconario bada che chi ti difende per dieci ti vende per quindici;1 bada che in caso ďuna vittoria s'insuperbisce e ti chiede, minacciandoti, in com-penso piú di ció che ti ha guadagnato; bada che in caso di sconfitta ti abbandona dopo ďaver messo a sacco li tuoi foco-lari. Molti e terribili esempi ne somministra di ció la storia de' popoli antichi. 1 Nel Monitore italiano il F. aveva giá espressa la stessa idea eorae del Machiavolli. Vedi qui a p. 57. 138 «il q-enio demooeatioo )) - «il monitobe bolognese )> Prima base dunque delľiiidipendeiiza essendo la Sovranitä popolare, conviene olie questa sia forte per sě, e per se mede-sima si difenda, per le ragioni allegate. Nel seguente capitolo diremo delle ricchezze. II Qenio democratico, n. 4 — 2 ottobre. CAPITOLO SECONDO [DELLE RICCHEZZE] Corre per le bocche di tutti la rnassima de' rnoderni politici ehe ua popolo pověro possa difricilmente far argine alle forze de' nemici, rnancandogli i mezzi di proeacciarsi difesa. Quanto sia da valutarsi questa sentenza, non so. Certo che im popolo pověro come abbiamo osservato di sopra, non a[ľ]letta ľavarizia di un conquistatore: se nondimeno per far fronte alle invasioni nemiehe fa di mestieri piü oro che braccia, eredo che la ricchezza dcl popolo considerata per individui sia egual-rnente dannosa, o inutile per lo ineno, e che in questo oaso debba reputarsi la ricchezza del pubblico piü che quella degli individui. Ma di questo piü sotto. Appoggiano i saggi moderní i loro principj alla caduta del Regno di Francia e delia Repub-blica di Venezia: senza awedersi che quando i Praiicesi hanno atterrito tutti i Re coalizzati non eraiio niente piü ricchi di prima, anzi estenuati assai piü, e che appunto la Rivoluzione ebbe origine dalla povertä dell'erario e dalle ricchezze degli individui; e che la Repubblica di Venezia cadde perchě deviando dal suo antieo costume che l'ha resa di piceola grande, ricea e termita, cercö di aver parte nelle guerre (giacché attesa la sua situazione non poteva esentarsi) piü col denaro che con le armi, di modo che sprovvista tutto ad un tratto cadde mfin-gardamente appunto perchě confido piü sull'altrui avarizia che sul proprio valore. Adunque sembra che ľindipendenza nazio-nale non consista nelle ricchezze de' cittadini, ma nclla finanza generale e nella pubbhca forza. Dirö di piü: la ricchezza de' cittadini ě affatto contraria alla liberta, e quindi all'indipendenza. « Hj genio democeatico » - « il monitore BOLOGTíESB » 139 Senza parlar di Licurgo e delia legislazione spartana delia quale farem motto in altre occasioni, io mi con^enterô di gettar un'occhiata sugli ultimi Ateniesi, quando i potenti con alcune piccole larghezze fatte per la maggior parte a spese del pubblico si comperavano i voti del popolo, e ritenendo per sě tutte le cariche d'autoritä e di profitto, addossarono tutti i pesi ai cittadini piu moderati e piú deboli. Intanto mi'altra classe ďuomini minacciando delazioni e giudizi, traeva denaro da quello e da questo; e in caso di qualche pubblica disgrazia, i potenti ehe ne avevano la colpa pagavano de' falši aceusatori, i quali sceglievano fra i meno colpevoli le vittime ehe si dovevano sacrificare al furor del popolo tradito da' suoi governanti. S'ag-giungano le divisioni fra le repubbliche greche, i vizi degli Ateniesi, le adulazioni degli avari oratoři chiamati dal comieo Aristofane adora-popolo; e si vedrá a ehiare note ehe dove stati non vi fossero i ricchi, principio e alimento di tutti questi disordini, Aténe non sarebbe caduta con tanta ignominia dal colmo delia sua grandezza. Quando le ricchezze introdussero il lusao in Aténe, e il de-siderio di primeggiare non poteva essere saziato ehe con i mezzi dell'oro, gli oratoři venduti a Serse e a JTiľippo accelerarono la rovina delia loro patria. Allora non si trovava piú in Aténe alcun vestigio di quella politica maschia e vigorosa ehe sa egual-mente preparare i buoni successi e riparare i sinistri. Non vi restava ehe un orgoglio malinteso e soggetto a svaporarsi in vani decreti, di modo ehe il comieo Aristofane dice ehe gli Ateniesi divemiti ricchi non avevano piú nulla di guerriero fuorché la lingua. Questi non erano piú quegli Ateniesi ehe minacciati da un diluvio di barbari avevano demolite le loro case per fab-bricarsi una flotta, e le di cui donne lapidarono Licida,1 ľora- 1 B giornale ha Cicica: e un refuso, rimaato anche nell'edizione del Cian (i, p. 43). ii fatto e narrato da Erodoto (IX, 4-5), ii quale aggiunge che non solo Avxldrfg fu lapidato, ma che le donne, saputolo, si reoarono alia sua casa e fecero altrefctauto delle moglie o dei figli. L'epiaodio e narrato anche da De-niostone (De corona, 204), ma camhiato il iLome del protagonista, Kvq). 140 [ IL GENIO DEMOCKATICO » [ TL MONITOBS BOLOGSBSE » tore ehe propose di ra[p]pacificarsi con la Persia per mezzo di un tributo o d'un omaggio. L'amor del riposo e del piaeere intro-dotto dalle opulenze aveva pressoché spento quel della gloria e della indipendenza. II G&nio demoeratico, n. 5 - 4 ottobre. Pedele, quel grand'uomo cosi dispotico che da' suoi emuli era chiamato il secondo Pisistrato, fu il primo promotore della mollezza e della corruzione. Ad oggetto di coneiliarsi 1'affetto del popolo, egli stabil! che i giorni in cui dovevano celebrarsi i giuochi e i saorifioi si dovesse distribuire al popolo un certo numero di oboli, e che nelle ragunanze ove si agitavano le materie di Stato, si pagasse a ogni cittadino una čerta retribuzione per diritto di presenza. Cosi vidersi per la prima volta uomini repubblicani vendere alla Repubblica la eura che si prendevano di governarla, e contar fra le opere servili le piů nobili funzioni della possanza sovrana. Non era dimcile a prevedersi ciö che doveva produrre un sl terribil disordine. Si pretese di rimediarvi col destinare un fondo per uso di guerra, con proibizione sotto pena di mořte di proporre di porvi mano sotto qualmique pre-testo. L'abuso si mantenne sempře. Accumulandosi le aomaie riechezze in mano di poebi, il pověro cittadino che formava la piú parte del popolo non avrebbe lasciato i suoi lavori comperati al fasto e alla corruzione de' ricehi, onde governan la repubblica; quindi il sommo potere si devolveva ai pochi riechissimi, se la legge non avesse tentato un qualche riparo pagando i cittadini che intervenivano all'assemblee; pagando vale a dir tutto il popolo. Ma questa usanza che rodeva secretamente le basi dello stato parve tollerabile finchě il cittadino che viveva delle pubbliche liberalitá procurava di meritarle con un servigio assiduo di nove mesi all'armata. Ciascheduno serviva a vicenda, e chi si dispensava da un tal dovere era punito oome disertore. Ma fmalmente il numero de' contravegnenti oppresse la legge, e 1'impunita, secondo il solito, non mancó di moltiplicare i colpevoli. Questi uomini awezzi al soggiorno delizioso ďuna «IL GENIO DEMOCHATICO )) - « IL MONITORE BOLOGÍÍESE >> 141 citta ove le feste e i gioohi introdotti dalle ri[c]chezze erano perpetui, concepirono un abborrimento insuperabile per la fa-tica, che risguardarono come indegna di persone Ubere. Convenne dunque trovar di che trattenere questo popolo sfaccendato, e di che riempiere il vuoto ďuna vita disoecupata. Ciö fu special-mente che accese in cor la passione, o piuttosto il furore degli spettacoli. Epaminonda, il quale aveva col suo gemo alzata Tebe sua patria a contrastare il primato della Grecia a Sparta e ad Atene, teneva con questa rivalita risvegliata 1'emulazione di questo popolo. Ma la morte d'Bpaminonda li fece cadere in una indolenza e in una mollezza letargica. I fondi degli ar-mamenti di terra e di mare si consumano tantosto in giuochi ed in feste. La paga del marinaro e del soldato si distribuisce al cittadino ozioso; la vita agiata e voluttuosa ammollisce i cuori; il valore e la scienza militare non sono piú contate per nulla; non si applaude piú ai grandi capitani, ma si onorano i piú ricehi; non vi sono piü acclamazioni che per gľistrioni. La commedia e la tragédia che devono la loro origine a due abi-tanti d'Icaria, la prima a Susarione, la seconda a Tespi, erano nate in Grecia, e quel popolo le risguardava come frutti del suo terreno di cui non poteva saziarsi. Quesťavidita in Atene era spinta alľultimo eccesso. I poeti correvano da ogni parte per soddisfarla. Essi trovavano ben tosto lo spaccio della loro mercanzia, e per attestato di Platone, non avevano strada ně piů breve ně piú čerta per arri[c]chire. Non si contennero essi a' termini ďuno scherzo innocente; ma la loro licenza giunse (come abbiam osservato nelľarticolo terzo della prefazione a questo giornale) perfmo a far soggetto delle loro rappresenta-zioni i pubblici magistrati senza nemmeno celarne i nomi. II merito e la dignita non erano al sicuro de' loro colpi. Pericle, quelľuomo cosi venerabile e riverito, fu lo scopo dei tratti di Cratino, d'Eupoli e di Teleclide. La condanna di Socrate puô chiamarsi il delitto capitale della poesia comica e della scio-perataggine degli Atemesi che condannavano la virtú. Aristo-fane colla sua mordacitä fece dichiarar empio quelľuomo che tutti i secoli lianno dichiarato sapiente e le di cui virtú tenta-rono Erasmo ad aggiungerlo alle Litánie eristiane. II credito 142 «IL GENIO DEMOCRATICO » - «IL MONITORE BOLOGNESE )> di questi poeti venduti al raggiro de' potenti non pregiudicava meno al pubblico che al particolare. Essi facevano la principal figúra nelle deliberazioni politiche, e il talento clie avevano di dilettare il popolo dava loro autorita di tradirlo e di venderlo. Aristodemo e Neoptolemo poeti sotto questo aspetto servirono utilmente Eilippo, che aceelerö la ruiiia di tutta la Grecia. I loro pareri piacevano come i lor drammi. Non é difficile ľim-maginarsi qual folia di spettatori concorresse alle rappresenta-zioni. Non si ebbe di[f]ficoltä a destinar per fondo alle spese teatrali il danaro gia destinato alia guerra. Piü s'impoveriva l'erario, piü lo Stato aveva bisogno di ricchi; e piü i ricchi padroneggiavano per conseguenza lo Stato. Eubulo, uno dei capi principáli di questa fazione, propose il decreto: che sotto pena di morte niuno potesse rivolgere ad altro uso il danaro che doveva servire ai spettacoli. II popolo gradi la proposizione, e a guisa d'un frenetico ehe non ha né conoscenza né forza se non per assalire il suo medico, dccreta la morte al primo ehe osasse proporre di restituir questi fondi alle necessity dello Stato, a cui pure erano stati consacrati in addietro sotto la medesima pena. 11 Genio democratico, n. 6 — ú ottobre. Tali furono gli effetti delle somme ríochezze nella Repub-blica ďAtene: dopo 1'epoca che noi abbiamo accennata i greci rimasero senza Ubertá perchě abbandonarono la virtu, e dive-nendo schiavi delle passioni prodotte dall'oro scesero ad essere i tributari ed i sndditi di que' re che avevano poc' anzi atterrito. Ora, deviaiido da quanto dissero gli osservatori sulla deca-denza della romana liberta, piacemi di trarne le fonti appunto dalla sterminata ric[c]hezza di aleuni pochi. Si va comunemente dicendo che i due Gracchi furono 1'origine prima degli scandali civili che strascinarono Roma alia schiavitů: io diro invece che non i Gracchi ma le perseeuzioiii del Senato e la mořte di Ti-berio e di Caio Gracco furono le prime scosse del crollo di sl grande repubblica. Convien risalire a piú alti principj. TL GENIO DEMOCRATICO » - « IL MONITORE EOLOQNESE ) 143 E da sapersi che Roma al suo nascere essendo povera, e abitata da fuorusciti di diverse nazioni, e per conseguenza da geilte inquieta, discorde, facinorosa, Romolo secondando il suo geilio guerriero e provedendo alla necessitä del suo piecolo Stato, divisö di guerreggiare eo' Sabini e con gli altri popoli circonvicini, da' quali riportö molte vittorie, e Ii astrinse a far matrimoni co' Romani, e stringer con essi alleanze, ed a cedere ai bisogni di questi una parte del lor territorio. Per la legis-lazione civile e religiosa di Numa, e per le guerre di Tullo Östilio e degli altri re, Roma cresceva ognora piü quasi in prefudio della sua futura grandezza. Cacciati dal primo Bruto i Tarquini, successe alla tirannide dei Re quella de' Patrizi, la quäle era fondata su le loro maggiori ricchezze. Propose Lici-nio la legge agraria, e fu adottata. Ed e questa: 1. Che niun cittadino romano possa possedere piü d'una data porzione di terreno. 2. Che tutte le terre conquistate dopo questa legge sieno ripartite equamente a tutti i cittadini. Era questa legge eseguibile per l'articolo primo, perche non si trattava di spo-gliare i patrizi o di diminuir loro la rendita, mentre in que' tempi della Repubblica ancora povera i piü (poiche quei della fami-gha reale ch'erano i piü ricchi furono espulsi) appena posse-devano molto meno del maximtim fissato dalla legge Licinia; ma prevedendo che le gueiTe avrebbero arricchito i Nobili, questa legge stessa avea definito che non giungessero col tempo le ricchezze a tal grado ehe il Popolo fosse lo schiavo degli Ottimati. Ed era molto piü eseguibile e giusto il secondo arti-colo di questa legge che ordinava la distribuzione delle terre conquistate ai nemici, perche toglieva l'adito ai Patrizi di di-venire ricchissimi, o di soperchiare gli altri colle ricchezze: mentre non avrebbero avuto di piü che quelle rendite che giä pos-sedevano nel tempo che fu adottata la legge Licinia, e per conseguenza poco piü degli altri, essendo allora, come si disse, la Repubblica povera; e quindi mancherebbero i mezzi di com-perare il popolo e i suoi voti, avendo ognuno il necessario per i bisogni della vita, mentre possedeva ciö che gli era toccato dalla ripartizione delle conquiste; e cosi si toglieva di mezzo la ricchezza e la poverta, tutte e due insanabili e mortifei-e in- ■ .sie 144 « IL GESIO DBMOCBATICO » - « IL MONITORE BOLOONESE » fermitä delle ßepubbliche. E giusta aiiche era tal legge, poiche coinbattendo il Popolo, e non i soldati dei Re o i mercenari degli At'istocrati, avesse diritto anch'egli su le conquiste e ri-traesse il vantaggio dehe sue fatiche e delle sue guerre. Ma la fao[c]enda 11011 andö cosi, perocche essendo fatta la legge in tempi che i poveri immersi ne' debiti erano creature e clienti dei ricco, awenne che i Patrizi prevedendo come sarebbero caduti della loro possanza si prevalsero delle leggi contro i de-bitori, che terribili erano ed inumane, e comperarono dai Cit-tadini le terre ripartite, e questi le vendettero per isgravarsi dai debiti, e per non incorrere nelle pene e nella schiavitü (av-vegnache chi per impossanza non poteva pagare il debito di-veniva schiavo dei creditore). Aggiungi che essendo governati in que' primi tempi della Repubblica tutti gli affari dalla classe Patrizia, le terre conquistate non furono distribuite equamente, e il Senato s'appropriö per gl'iiidividui dei suo corpo ciö che si spettava alla universalitä. E qui giova ripetere e meditare la massima politica esposta nel foglio antecedente: « che il nu-mero de' contravegnenti opprime la legge, e che l'impunitä moltiplica le colpe e i colpevoli». Cosi successe in Roma. II popolo povero guerreggiava al di fuori, e i ricchi s'appropriavano e la gloria e l'utilitä delle sue vittorie. Crebbero le ricchezze e la tirarmide per conseguenza. II popolo si avvide, e reclamö i suoi diritti. II Senato ora cesse, ora vinse secondo che le cir-cosfcanz;e gli suggerivano di cedere o di resistere. Unico partito era di riaccendere le guerre e di espellere con questo motivo dalla cittä i cittadini che potevano opprimere la prepotenza senatoria. Le ricchezze frattanto accrescevano, e il Patriziato preponderava. Nulla in ciö valsero i. Tribuni della Plebe, seb-ben molto abbiano giovato per sostenere la libertä che sarebbe caduta molto prima di Cesare: l'oro al solito superava tutte le leggi, s'introduceva la corruzione: senonehe il valor mihtare, un avanzo di antica virtü e le ragioni dei popolo che tratto tratto egli sostenea con i voti e con la forza mantennero la Repubblica. A questi tempi appartengono i Gracchi che formano il soggetto di tutto questo paragrafo, e deJ quali parleremo nel foglio seguente. « IL GEBTO DEMOCRATICO » - (( IL MONITOBE BOLOGKESE » 145 II Genio demoGiatico, n. 7-9 ollobre. E' pare che al solo nome di legge agraria si voglia accu-sare e condannar come demagoghi tutti coloro che perorando o scrivendo non s'uniscono all'universalitä de' politici ed osano favorire tal legge. Ma parlando dei vantaggi delle antiche isti-tuzioni, non e giä mente degli scrittori di introdurle nelle moderne repubbliche, tanto piü che ciö che s'addice a chi scrive, non e sempre conveniente a chi e chiamato a far leggi. Dico dunque che utile e bella per se e la legge agraria, la quäle man-tenne la Repubbhca di Lacedemone costumata e potente, ma che ottima e necessaria cra tal legge, massime come fu da Lici-nio proposta aUa Romana Repubblica, senza la quäle Iacerata prima dalle guerre civili, divenne poscia serva dei piü intra-prendente. Tiberio Gracco vedend_ come la patria era in mano dei Senato composto dai Patrizi che oltre ch'essi erano innati nemici dei popolo, erano anche i piü ricchi ed avevano i mezzi di op-primerlo, divisö di richiamare ab antiquo la legge agraria e di eguagliare per quanto si potesse le fortune de' cittadini, repu-tando quel saggio romano che l'eguaghanza di diritto senza l'eguaglianza di fatto non e che nome. Era egli tribuno della plebe, di nobil casato, ricco, costumato, valoroso, eloquente; ne la repubblica era anoora cosi co[r]rotta che un uomo di simil tempra non acquistasse credenza, massime dalla parte dei popolo, di cui Tiberio Gracco volle trattare la causa anche a danno dei suo privato interesse. Limgo sarebbe il dire, e inutile forse, tutti gli sforzi dei tribuno contro il Senato, il quäle or con l'in-trigo or con la forza e nnalmente con l'assassinio atterrö tutte le inire di Gracco.. Questo fu il primo omicidio di tumulto civile suceesso dopo la fondazione della Repubblica; e Tiberio, ad onta che la sua persona fosse sacrossanta, perche era egli allora tribuno della plebe, fu dal popolo concitato, o piuttosto dai sicari dei Senato, ucciso e gettato nel Tevere. Caio Gracco, fra-tello di Tiberio minor di nov'anni, conoscendo che l'interesse piü che la santitä della legge animava i due partiti defini di ■éJ* ' 146 «IL GENIO DEMOCRATICO » - « IL MONITORE BOI.OGNESE » allontanarsi dagli affavi della Repubblica. Dopo ľanno decimo delľuccisione di Tiberio vcdendo in sogno, come narrano Cicerone e Plutareo, lo spettro di suo fratello ehe lo animava a divenire propagátore della legge agraria e di consacrare il suo sangue al bene del popolo, ei si svelse dal suo proposto, e oreato anch'egli tribuno della plebe, atterri piú volte il Senato che alia libera e veomeiite eloquenza del secondo Graoco oppose il raggiro, fl.no a ehe questi assalito un giorno dagli sgherri di Postumio console ha dovuto soffrire la sorte di suo fratello. Dalle morti de' Gracchi e dai tumulti in questa occasione awenuti tŕäggono t politici la maggiore ragione della caduta della Repubblica Romana, poichě, a dir loro, per la prima volta si videro due tribuni del popolo uccisi nel fôro e insepolti; lo ehe accese ľodio giä antico fra la plebe e il Senato, e fece di mano in mano7 insórgere le guerre civili e il servaggio. Non negherö ehe questi tumulti non siano stati di scandalo e non abbiano avuto parte nelle guerre civili; ma dirö altresi ehe essendo questi tumulti awenuti per iscemare la possanza de' nobili e de' riechi, ed avendo questi soperchiata la fazione popo-lare colľingiusto assassinio de' Gracchi, il giudice imparziale piange su la sorte di questi due generosi románi, e allontanan-dosi dal vulgo ehe giudica non dallo seopo ma dalľevento, tragge appunto la ruina di Roma piú dalle opposizioni del Senato (interessato a ciô per cause private) che dalle intraprese de' Gracchi audaei in vero, ma giu3te, e propugnatrici d'una santa causa e dolle loggi de' loro maggiori. Ma la questione non s'appoggia a questo punto di storia. ~? II Qenio democratico, ?i. 8-11 ottobre. Esaminiamo il lusso, i vizi, le guerre, le profusioni di Crasso, di Silla, di Lucullo, di Césare e degli altri ottimati, e vedremo . che senza sterminate ricchezze non avrebbero assoldati, come fecero, i cittadini romani, ně accese le proscrizioni e le guerre per private ambizioni, ně i capitani divenuti re, ně i soldáti di Roma convertiti in soldáti e vassalli or d'uno or d'un altro « il 0eni0 democratico » - «il monitore bolognese » 147 , privato; no Silla e Cesare si sarebbono eretti giammai dittatori perpetui se sostenuti dalle loro ricchezze non avessero fatto de' cittadini romani altrettanti sgherri; ne si sarebbero com-prati i voti de' cittadini poveri, che necessitati a vendersi al piü ricco divenivano satelliti del piü potente; ne si avrebbe con questi voti atterrito il Senato, il quale favori prima i piü ricchi per stabilire l'aristocrazia, ma dappoi si vide anch'egh oppresso col popolo, e cadde ne' suoi stessi inganni; ne..., e ~-quanti «ne » si potrebbero infilzare ? dove in questi tempi le antiche virtü, dove la santitä delle leggi, dove i magistrati, dove le armate, dove i stessi sacerdoti ^ Tutto in mano de' ricchi che o oorrompevano, o atterrivano, o compravano. Ecco la sorgente vera della caduta di Roma e di tutte le Repubbliche antiche e future. Si mediti, l'uomo, le sue passioni, gli umori del popolo; e poi gli si lascino in democrazia i mezzi di domi-nare, o per la povertä il bisogno di essere dominato. Noi siam nati prima uomini, e poi cittadini; i bisogni di natura che sono^.. altrettanti doveri reali, sono in noi piü potenti dei doveri di societä. Meclitando su la Romana Repubblica, suirorigine della legge J^ agraria e su la fine de' Gracchi, agevolmente si riconosce essere stata simile istituzione utilissima e necessaria. Ben mi sento^p intuonare la vecchia sentenza doversi badare piü al giusto che<^ all'utile, e eonservarsi illese le proprieta come quelle che sono Jl primo diritto del cittadino. Piano! Talvolta passano di bocca is bocca alcune opinion! che per Pinteresse di chi le promulga, e di chi le riceve, diventano assiomi e principj sacrosanti; e tale a mio parere si e questa. Dieo che la legge agraria, in qualun-que modo diretto o indiretto si voglia eseguire, oltrecche ella e utilissima e necessaria, ella altresi e lecita e dovuta. Si sup-pone che il diritto di proprieta sia anteriore alia societä. Ciö e falso ove si consideri l'uomo, il quale nello stato di natura si crede di sua proprietä ciö che occupa e gode, e non occupan-dolo lo lascia per conseguenza al primo occupante e godente, e quindi e suo il poco ch'egli mangia per suo nutrimento, e suo il suolo ov'egli posa il piede; ma non per questo ne viene che non sia del suo simile il pomaio soprabbondante e troppo ai 20. - Foscoio. Opere. Vol. VI. 148 « il genio democratico » — XI Monitore, bolognese, n. 83 — 16 ottobre. oapitolo terzo [CORRUZIONE DEI COSTUMI E DELLO STATO] rjicolô Maochiavelli meditando sulla prima rivoluzione di Roma quando passô dalla monarchia alla liberta e al eonsolato, paragona i tempi de' due Bruti osservando: clie il primo Bruto fondo la Repubblica malgrado i sforzi dei Re perchě il Popolo Romano era costumato; ma che il secondo Bruto ad onta ch'egli abbia spento il tiranno non poté preservarla poichě il popolo era divenuto vizioso.1 Passa dunque dalla schiavitú alla liberta una nazione leale, coraggiosa e costumata; ma una nazione insolente, vile, viziosa malgrado la sua costituzione, le sue leggi, il suo erario, i suoi trionfl, e malgrado i sforzi de' po-chi magnanimi (perchě in un mare di vizi galleggia sempře qualche somma virtú) conviene che irreparabilmente ruini. Atene, Roma, Fřrenze, Venezia ne fanno dolorosissima fede. Esaminiamo noi stessi e le nostre istituzioni morali, e vedremo quanti passi siamo lontani dal precipizio. Vedete voi quella Repubblica ove i cittadini s'ammolli-seono nelle delizie e nelľozio; ove i principáli della nazione di-sprezzano il travaglio e ľeconomia; ove le arti non sono ono-rate; ov'ě spenta la bonafede, ove si negligono le proprie ma-nifatture; ove la fede pubblica manca ogni giorno; ove gľindi-vidui cercano di sbramare la propria avarizia sui fondi della nazione; ove i scellerati mercanteggiano la legislazione e la monopolizzano a loro vantaggio; ove del pari il governo non limita le proprie spese ma aggrava i cittadini di nuove imposte; ove s'introduce il lusso, e il lusso distrugge poco a poco il com-mercio attivo della nazione mentre ne accresce insensibilmente il passivo. E (per scendere al particolare) il marito vende la moglie e ľonore; il giuoco aasorbe le derrate delle famiglie, 1 ii riferimento © ai Discm-si, i, cap. 17. «il genio demooratico » - « il monitore bolognese » 151 s'aumentano i scioperati e i colpevoli perchě trovano esca al-ľozio e il premio al delitto; si sfrenano le passioni e la corruzione si dif[f]onde simile alle flamme divoratrici: Foecunda culpae saecula nuptias primům inquinavere, et genus et domos ; hoc fonte derivata clades in patriam populumque jluxit. (Hobat., III, 6, 17-20) Quand'io mi trovava a Milano ho veduto impallidire sul tavoliere il giuocatore che con una mano affidava ľoro alla combinazione ďuna carta, mentre palpitando col euore di per-dere le sue e le altrui sostanze ruminava nella mentě nuovi progetti di raggiro e di ruberie per riparare ľimroinente perdita, e per trovar nuovi fonti di saziare la insaziabile passione del giuoco. E il padre di famiglia avventura in una sera 1'alimento de' suoi ŕlgli, e il pubblico funzionario arrischia la sua integrita, e il giovane si getta nella strada di vivere scelerato per sempře. II giuoco si va ognor dif[f]ondendo di piů; le autorita costituite 10 vietano, ed esse medesime spogliandosi dell'uniforme che le distingue non si vergognano di essere i primi infrattori del loro divieto. lo parlo per ver dire, non per odio ďaltrui ně per disprezzo. Ma questo tasto sará toccato piú fortemente altra volta. Milano stessa, centrále della miova Repubblica democratica, nutre ne' suoi quartieri almeno cinque o seimila meretrici, quat-tro quinti delle quali sono estere, ed un migliaio di ragazzotti che nelle pubbliche piazze mercanteggiano se medesimi e le loro infami padrone. Io non so se vero mezzo di far rispettare 0 governo sia di proclamare la virtú colle stampe e di calpestarla co' fatti: vero ě che, quantunque quelle infami venditrici di onestä sieno minacciate di prigione e ďesilio, esse primeggiano, corrompono, e diffondono sulla parte piú florida della societa 11 veleno delľinfermitä e del vizio, di modo che sembrarebbe a Tacito, il quale interpretando tutto sinistramente řade volte 152 « IL GENIOTlEMOCBATICO I - - « IL MONITORE BOLOONESE » usö della parola in noine del suo oorpo. Questo senátore edu-cato neha semphcitä. degli antiehi oostumi ignorava l'indegno abuso, che tnttodl si faeea nella conversazione de' termini piů usitati; gli sfuggi un'espressione che stornata dal suo vero senso poteva alludere alla vita dissoluta di Timarco. GM assistenti applaudirono, e Antiloco prese im piů severo contegno. Dopo qualche silenzio si volle contimiare; ma il popolo appiccando alle piü innocenti parole un'interpretazione maligna non cessô di interromperlo con im tumulto d'applausi e di risi smodati. Allora un cittadino alzatosi, disse: — Non arrossite, Ateniesi, di sfrenarvi a simili eccessi al cospetto degli Areopagiti ? — II popolo rispose ch'ei conosceva le convenienze dovute alla maestä di quel magistrate, ma vi eraiio delle circostanze nelle quah il rispetto non poteva contenersi ne' limiti. Quanta virtü non oi voleva onde stabihre e confermare una si alta opinione negli animi di un popolo corrotto come quello d'Atene! Ci si permetta un'osservazione sulle Autorita costituite della nostra ßepubblica. Sono elleno le persone le piü dabbene ? potrebbero sottostare a un esame rigoroso pari a quello degli Areopagiti ? Credo che no. Ed io non pretendo aecusare le Autorita costituite attuali. I loro coatumi sono gli a(v)vanzi della tirannide che ci corrompeva e ci awiliva per opprimerci con piü forza e con meno resistenza dalla parte degli oppressi. Ma vorrei che le Autorita costituite si ponessero in capo una volta per sempře, e se lo scrivessero nel loro cuore, ehe i figli ad onta della buona educazione crescono malvagi quando gli esempi de' lor genitori e de' loro maestri non corrispondono alle lezioni, e ehe similmente il popolo sarä sempre corrotto e infelice, pereně o ubbidirä forzatamente, o disprezzerä quelle leggi emanate da uomini pessimi fra le loro famiglie e ingiusti nella societa. Prattanto conviene fissare ľepoca della caduta d'Atene alla decadenza dell'Areopago, il quale malgrado la sua virtú non ebbe piü ľinŕluenza nelľmtegritä de' costumi del popolo, i quali poco a poco cangiandosi, strascinarono gli Ateniesi sotto la do-minazione dei Re ehe avevano una volta atterriti. {sarä continuato) > 155 11 Monitore Bolognese, n. 91 ~ 13 novembre 1798. La seduta del Circolo Costituzionale di domenica scorsa fu briliante oltre modo ed istruttiva. L'og[g]etto principále fu di stabilire quale fosse la causa delia caduta delle Repubbliche greche e di Roma. Poscolo, Widmann, Vicini diedero luogo eo-gľingegnosi loro ragionamenti alio sviluppo di grandi veritä. Anche il profondo discorso di Mauromati, ehe maravigliosamente inspirô negli ascoltatori ľamor della patria, toccô ľindicato ar-gomento. Eoscolo dimostrô ehe la rovina delle repubbliche fu-rono le grandi riechezze e la gran povertä, Widmarm sostenne ehe fu la confusion de' poteri esecutivo e legislativo in una sola autorita. Eoscolo s'uni a Widmann, opinando egli ehe questo miscuglio de' poteri derivasse dalla prepotenza degli opulenti sopra ďun popolo debole e miserabile. Einalmente Vicini, ac-cennando la corruttela, i vizi, il lusso del popolo introdottovi dopo le grandi conquiste, ehe lo tenevano dagli affari pubblici distratto, parve ehe toccasse la piú forte delle cagioni, ehe unita alle altre cooperasse al fatale decadimento di quelle grandi repubbliche. N. 95. - 27 novembre 179i, Nella sessione di domenica 4 brinoso il Circolo fu molto erudito ed istruttivo nelľistesso tempo. Dialogizzarono i citta-dini Bacchetti e Vincenti sul modo di richiamare il Circolo al pristino splendore. Pu proposto da Bacchetti il dialogo, onde il moderátore Vicini invito per la prossima sessione i cittadini Vincenti e Poscolo a dialogizzare sul terna seguente: 11 buon cittadino deve i suoi servizi alla patria. Parlarono in seguito Vicini sui mali politici; Poscolo sulla pubblica aceusa, Gambara sulľamor di patria. Le loro teorie sviluppate colla maggior dottrina, chiarezza e illustrate coi fatti i piú indubitabili, meri-tarono la comune approvazione. Se il Circolo prosegue su questo piede non puô ehe portare il popolo alla vera conoscenza de' suoi diritti e de' suoi doveri, e quindi recar la felieitä alla Repubblica. 154 « IL GENIO demo0bati0o )> - <( IL MONITOBE BOLOGNESE » ubö della parola in nome del suo corpo. Questo senátore edu-oato nella semplicitä degli antiehi eostumi ignorava l'indegno abuso, che tuttodi si facea nella conversazione de' termini piü usitati; gli sfuggi un'espressione che stornata dal suo vero senso poteva alludere alia vita dissohita di Timarco. Gli assistenti applaudirono, e Antiloco prese un piú severo contegno. Dopo qualche silenzio si volle continnare; ma il popolo appiccando alle piú innocenti parole un'interpretazione maligna non cessö di interromperlo con un tumulto ďapplausi e di risi smodati. Allora un cittadino alzatosi, disse: — Non arrossite, Ateniesi, di sfrenarvi a simili ecoessi al cospetto degli Areopagiti ? — II popolo rispose ch'ei conosceva le eonvenienze dovute alla maestä di quel magistrate, ma vi erano delle circostanze neDe quah il rispetto non poteva contenersi ne' limiti. Quanta virtu non ci voleva onde stabilire e confermare una si alta opinione negli animi di un popolo corrotto come quello d'Atene! Ci si permetta un'osservazione sulle Autorita costituite della nostra Repubblica. Sono elleno le persone le piü dabbene ? potrebbero sottostare a un esame rigoroso pari a quello degli Areopagiti ? Credo che no. Ed io non pretendo accusare le Autorita costituite attuali. I Ioro eostumi sono gli a(v)vanzi della tirannide che ci corrompeva e ci awiliva per opprimerci con piü forza e con meno resißtenza dalla parte degli oppressi. Ma vorrei che le Autorita costituite si ponessero in capo una volta per sempře, e se lo scrivessero nel loro cuore, che i flgli ad onta della buona edueazione crescono malvagi quando gli esempi de' lor genitori e de' loro maestri non corrispondono alle lezioni, e che similmente il popolo sarä sempře corrotto e infelice, perchě o ubbidirä forzatamente, o disprezzerä quelle leggi emanate da uomini pessimi fra le loro famiglie e ingiusti nella societä. Frattanto conviene fissare l'epoca della caduta d'Atene alla decadenza delPAreopago, il quale malgrado la sua virtú non ebbe piü rinfhienza nell'mtegritä de' eostumi del popolo, i quali poco a poco cangiandosi, strascinarono gli Ateniesi sotto la do-minazione dei Re che avevano una volta atterriti. {sarä continuato) «IL GENIO DEMOCBATICO » - «IL MONITORE BOLOGNESE l) 155 11 Monitore Bolognese, n. 91 - 13 novembre 1798. La seduta del Circolo Costituzionale di domenica scorsa fu brillante oltre modo ed istruttiva. L'og[g]etto principále fu di stabilire quäle fosse la causa della caduta delle Repubbliche greche e di Roma. Foscolo, Widmann, Vicini diedero luogo co-gl'ingegnosi loro ragionamenti allo sviluppo di grandi veritä. Anche il profondo discorso di Mauromati, che maravigliosamente inspirô negli ascoltatori ľamor della patria, toccô ľindicato ar-gomento. Foscolo dimoströ che la rovina delle repubbliche fu-rono le grandi ricchezze e la gran povertä, Widmann sostenne che fu la confusion de' poteri esecutivo e legislativo in una sola autorita. Foscolo s'uni a Widmann, opinando egli che questo miseuglio de' poteri derivasse dalla prepotenza degli opulenti sopra d'un popolo debole e miserabile. Finalmente Vicini, ac-cennando la corruttela, i vizi, il lusso del popolo introdottovi dopo le grandi conquiste, che lo tenevano dagli affari pubbliei distratto, parve che toccasse la piü forte delle cagioni, che unita alle altre cooperasse al fatale decadimento di quelle grandi repubbliche. N. 9s. - 27 novembre 1798. Nella aessione di domenica 4 brinoso il Circolo fu molto erudito ed istruttivo nelľistesso tempo. Dialogizzarono i citta-dini Bacchetti e Vincenti sul modo di richiamare il Circolo al pristino splendore. Fu proposto da Bacchetti il dialogo, onde il moderátore Vicini invitö per la prossima sessione i cittadini Vincenti e Foscolo a dialogizzare sul terna seguente: II buon cittadino deve i suoi servizi alla patria. Parlarono in seguito Vicini sui mali politici; Foscolo sulla pubblica accusa, Gambara sull'amor di patria. Le loro teorie sviluppate colla maggior dottrina, chiarezza e illustrate coi fatti i piü indubitabili, meri-tarono la comune approvazione. Se il Circolo prosegue su questo piede non puô che portare il popolo alla vera conoscenza de' suoi diritti e de' suoi doveri, e quindi recar la felicitä alla Repubblica.