sposta il culo di un metro... E vai, vattene via povera sfigata, aria!!!... Ma in fondo chissene-frega del Johnny e di tutta la baracca del posto-ristoro, io ci voglio sopravvivere anche se ľho capita ormai che nel sangue e nella merda ci dormo da quando son nato per cui non me la meno piú di tan to, qualcosa succederä o s'aggiu-sterä e non ha importanza adesso quello ehe sarä domani o posdomani e ancora do po, perché pri-maoppoi qualcosa cambierä e sarö uomo e non me la farö piú con tutti i porci lerci del posto-ristoro e trovero una donna e ci farö dei figli e mi sbatterö coi buchi fin che ho vene e soldi e un pezzo di culo da dar via, perché perché perché. Nel piazzale la nebbia si fa piú chiara attorno ai lampioni. Giusy si avvia barcollando verso casa. Quasi mattino. La prossima notte tornerä ai Posto Ristoro come sempře oppure se ne andrä via dalla cittä e da tutti e il Bibo lo lascerä. Ora non lo sa ehe ha tanto sonno e íífa da smaltire ehe le gambe gli sembrano le stampelle in legno di un pověro martire delia Patria. 34 Mimi e istrioni I Maligni noi ci chiamano le Splash, perché a sentir loro saremmo quattro assatanate pidoc-chiose ehe non han voglia di far nulla, menche-meno lavorare e solo gli tira la passera, insomma altro non faremmo ehe sbatterci e pergiunta anche fra noi quando il mercato del cazzo non tira; ma noi si sa ehe ě tutta invidia perché un'uccel-lagione come la nostra non glieľha nessuno in zona per cui é del tutto inutile che quando ci vedono passare a braccetto o in auto ferme al semaforo, ci gridino dietro uscendo dai bar e dai portici o abbassando i finestrini delle loro Mercedes: "Veh, le Splash, i rifiút ed Rez." Ě veramente inutile. Perché a noi non ci frega un bei niente delia nostra reputazione, soprattutto in questo merdaio ehe ě Rez, cioé Reggio Emilia, puttanaio in cui per malasorte noi si abita e ehe si vorrebbe veder distrutto e incendiato usando come torce i capelli di quelli lí, proprio loro, appunto, i Maligni. Cosí succede ehe ci fan terra bruciata intorno come appunto ě successo per I'Enoteca di corso Matteo Maria Boiardo in cui ci si riuniva tutte 35 le sere tranne mercoledí, fermata di turno. Al-1'Enoteca si stava abbastanza bene soprattutto perché a due passi c'ě il Cineteatro Lux che fa programmazione porca e molti puttanieri capita-vano poi a bere da noi e quando capitavano erano risate e godimenti perché noi li si provocava, soprattutto la Nanni ehe non porta mai le mu-tande nemmeno ďinverno e allora si alzava il sottanone e incrociava le gambe e loro che occhi! si vedeva ehe sbavavano e la Nanni stiracchiava il gioco per un po' facendo finta di niente poi ďun colpo diventava séria e s'incazzava fissan-doli e sbraitava e li sborsettava con la tracolla di cuoio che faceva anche molto male con tutti quei cordini borchiati che pareva una frusta sa-domaso e urlava Bruttiporci, pidocchiosi che avete da guardarla! eppoi ci si alzava con le nostre sottanone e andavamo via lasciando il conto da pagare. Cosi qualche volta riuscivamo a diver-tirci ma poi all'Enoteca hanno alzato i prezzi e cambiato arredamento e messo su ogni tavolo le candele colorate in bicchieroni di cristallo e fatto un guardaroba alľingresso ed ě arrivato un giro bene, un po' di magliari, qualche avvocatucolo sui trentacinque vestito da Cimurri, qualche fíglio di papá, qualche sbandato intellettuale di destra. E non si ě piú riuscite a vivere perché quelli giocavano sul důro e noi purtroppo lo si ě ca-pito tardi quando la Sylvia si ě coinvolta di uno di questi e lo fissava sempře finché una sera ľha seguito al cesso e ľha preso dal di dietro e gli ha sibilato "fatti scopare" e lui non ľha fatto dicendole brutta troja, cosi noi tre vediamo 36 scendere dai cessi la Sylvia nera infumanata, un cazzo per ricciolo insomma, e si siede al tavolo e prende la bottiglia di vernaccia e ne beve mezza tutta ďun fiato e a collo eppoi si pulisce le lab-bra col dorso della mano e dice che lui ľha snobbata e quasi scoppia a lacrimare. Noi non si capisce bene la questione ma quando vediamo tornare ľuomo, sempře dai cessi, allora si che capiamo e ľaccusiamo forte di aver violentato la Sylvia ehe sta qui a frignare e guardate come ľha ridotta e gli amici suoi prima ridono, poi si fanno seri e alia fine dicono che se non togliamo la nostra topa dalle sedie ci sfracellano di botte e io, che son la Pia, penso a tagliare la corda, ma la Nanni s'incazza e prende slancio con le sue cordelle borchiate, ma uno la stoppa e le lan-cia un gran ceffone sul collo che quasi mi sviene in braccio. E allora tentiamo la fuga anche perché i porci del Cineteatro Lux si fan coraggio e insomma si scuoton le tombe e si sollevano i mor ti e anche loro fan minacce e ci alziamo, per-dio se ci alziamo, ma la Sylvia resta un poco in-dietro a lacrimare sul suo amore svaporato e si prende un calcio alia gamba eppoi scappa anche lei e si arriva trafelate alia nostra Dyane, si sale, si avvia e si lascian gli aguzzini padroni per sempře dell'Enoteca. La sera allora ci si da appuntamento sui gra-dini della fontána di Piazza Camillo Prampolini ehe ě un po' come dire il cuore di Reggio e in-fatti lí ci sta il palazzo del municipio e il duomo col suo sagrato e i piletti ehe sembrano tanti priapini e una volta noi ne abbiamo colorato uno 37 coi gessetti che sembrava proprio un cazzo cir-conciso, tutto rosso come lo si era conciato. La piazza ě grande e un tempo era anche piu vivi-bile, ora praticamente non c'ě nessuno che abbia venťanni che possa transitarvi liberamente perché tiene in tasca il foglio-di-via e qui in provincia i Carabbenieri non van tanto per il sottile, insomma questo era il centro di ritrovo e svacco pubblico ed ě naturale che ora ľabbian ripulito, perché nessuno sopportava ehe il cuore delia propria cittä venisse cosí infartato dai capelloni e dalle lesbiche. Comunque noi ci si ritrova ancora, in attesa di piazze migliori, anche se si sta attente a non far baccano, ma una sera succede che sia-mo cosi ubriache che non ce ne impipa proprio nulla e prendiamo a scorrazzare per la piazza sulle nostre biciclette colorate e ci inseguiamo strepitando e poi facciamo il filo ciclistico a un ragazzo belloccio che passa e scappa con noi die-tro che in coro cantiamo son la mondina, son la sfruttata e son la proletaria che giammai tremö e lui se la ride ma ci ha un po' di fifa perché sa che siamo le splash, le assatanate ehe piú assatanate non si puö, nemmeno col Ginseng. Lui poi finisce a rintanarsi all'Hotel Posta che ě li a due passi e noi si torna indietro peda-lando come matte e la piú bella ě la Benny che ha una ciclo rosa confetto con su dei fiorellini viola e tutto un campionario di foulard e straccetti technicolor e indianerie traforate e sgargianti legate alia sella cosi che quando va forte sembra abbia la coda; ma anche le nostre son belle che ci abbiam messo tre mesi a verniciarle e siste- 38 rnarle, anche quella della Sylvia che prima del-1'operazione era un Solex, ora invece una leggia-dra Graziella. Noi continuiamo a girare la piazza rincorren-doci e cantando come lupe in lunapiena, con la JSfanni che a un certo momento dice "Fate tutte quante silenzio" e noi d'improvviso ci si stoppa e la si guarda. Lei allora prende fiato e poi butta fuori un "Veeeeehhhh, ma te chi seiiii!!!!" e noi capiamo e riattacchiamo in coro a squarciago-la: "Son la mondina son la sfruttata e son la proletaria che giammai tremo-o-o" e si pedala sgan-gherate e si passa di corsa il portico del Broletto che sembra di stare a Venezia perché in alto c'ha degli archi e delle guglie ricamate e li c'ě il Can-tinone dove prendiamo altra birra e poi ci but-tiamo in Piazza San Prospero che di notte é bellissima perché sul fondo c'ě una chiesa con davanti quattro leoni di marmo grandi grandi tipo Duomo di Parma che ci si sta in groppa e occupano tutta la piazza tanto ehe sembran i quattro moschettieri. Noi buttiam giú le biciclette e saliamo a cavalcioni e dominiamo la piazza cosí alte e ruggenti e se alziamo gli occhi e'e il cielo neronero con tutte le stelle che luccicano e sembra proprio di stare in un film longobardo e barbaro. E allora la Sylvia salta su e si mette a fare la Silvana che sarebbe una battona bolognese e la Nanni fa la Falana, battona romána, persone vere conosciute ai tempi chiacchieroni delle auto-coscienze, e cominciano a dialogare e e'e da sput-tanarsi lo stomaco dalle risate a vederle in piedi 39 sui leoni piú alti che si passan la battuta. Poi la Benny si mette anche lei in piedi e racconta la vecchia storia del pompino volante sulla bian-china che ě il suo pezzo forte e come fa la checca lei nessuno ě tanto capace. E mentre siamo li che ci meniamo tutte le nostre cose s'apre una finestra e una donna ci dice di andare a letto, sporcaccione delle Splash, eppoi arriva un uomo e ci butta acqua addosso ehe pero non ci bagna e noi per tutta risposta a far pollaio e starnaz-zare sempře piú forte e si ride ma poi intrave-diamo okre il porticato del Broletto una sfuma-tura azzurra lampeggiante e capiamo ehe si deve lasciar lo spettacolo e prendere le ciclo e scap-pare, ma era soltanto un'autombulanza ehe por-tava a casa una morta. Quando svaporiamo la sbronza ce ne tornia-mo a letto oppure Benny va in stazione a trovar le residuate dei viali ehe son tutte amiche sue e cosi ne impara sempře di nuove seduta ai tavo-lacci del drug-store. E queste sono anche le se-rate migliori perché si sta bene tra di noi e non abbiamo bisogno di nessuno, tantomeno di ma-schi perché quando stiam cosí siam davvero le Splash e nessuno ci resiste. Dopo quella brutťavventura dell'Enoteca tor-niamo a bazzicare a new mondina centroradio, 98 e/Ottocento Mgh in Modulazione di frequen-za ciao a tutti, ehe sta in un sottoscala dalle parti del bar Ludovico Ariosto, e che si divide con il collettivo Mělies ehe sono poi fotograf! 40 e persino cinematografari ehe 3í hanno attrezzeria e camera oscura e bisogna proprio dire che l'han-no scovata bene, perché peggio del ti vedo non ti vedo che c'e li, nemmeno al mamertino. Trasmettiamo tutte insieme moko spesso la notte e chiacehieriamo e predichiamo con la fa-vella lesta come proprio ubriacate dalľetere. La Sylvia di solito maneggia il mixer, io i dischi e la Nanni ci parla su, ma poi tutte interveniamo come fossimo sempře in ogni tempo e in ogni luogo dalle alpi alle piramidi cioé, dal manza-narre al reno; perö si fan anche cose piú serie e culturali e si vanvera soprattutto delle nostre povere eroine Cinderella e Joan-of-arc oppure Alice o la Virginawulf o quella sfigata poveraccia dell'Epifania ehe ogni anno tutte le feste gliele f anno portar via. Succede ehe una sera che siamo a trasmettere delia desinenza a nella poesia e dal pomeriggio siamo lí con altre ragazze a preparare il materiále eccettera eccettera e ce anche ľamministra-trice delia Responsabilitä Limitata, cioé ľUdelia, la Sylvia chiude i microfoni nostri ed eselude la bobina ehe sta passando, poi si getta alľarrem-baggio e dice "questo é un SoS, questo é proprio un SoS attenzione attenzione stiamo affondando nei debiti, sob sob!" e noi la guardiamo ehe non abbiam parola ma con gli ocehi ci diciamo, la Sylvia, la Sylvia é passata alia follia altroché SoS, ma lei continua a blaterare e dice c'e una cam-biale da pagare ehe scade domattina, se non c'aiutate voi anneghiamo, aiuto aiuto, questo é un SoS! ĽUdelia allora ehe é rimasta rintronata 41 perché il giro dei soldi ľha in mano tutto lei, prende a incazzarsi e le strappa il microfono di mano e le dice "che cazzo succede, che stai a vanverare sei ammattita? " Ma la Sylvia continua "ě un SoS, ah quanti debiti cancheri a loro", e cosi s'accapigliano e interveniamo anche noi e mentre siamo li in diretta a sbraitare state ferme, arriva la Frida, presidente delia Responsabilitä Limitata, dio se la porti, ehe ha sentito puzzo di bruciato ed ě corsa subito al sottoscala. E si lancia nella mischia e urla alľUdelia ehe i soldi lei li ha sborsati e allora ehe cazzo di storia ě questa ehe si deve ancora pagare una cambiale? Sporca ladra ehe ne hai fatto dei miei soldi e l'Udelia "Ho pagato, ho pagato" ma ľaltra sberla uno schiaffo ehe la colpisce in pieno. Poi continua a saltarle sopra ehe l'Udelia ě ormai kappaö e la pesta e urla come un'indiana ehe noi pensiamo "veh, come si amano le lesbiche". Dopo ci scuo-tiamo dalla nostra stupefazione e le fermiamo mentre la Sylvia si mette una mano alia bocca un po' sbadata e si lascia sfuggire un oibö, cioě come dire che cazzo ho combinato. Cosí passa la notte che abbiamo messo in trasmissione un nastro registrato di poetesse mi-lanesi molto brave e cerchiamo di risolvere quel che ě successo, ma la Sylvia dice "ecco la prova" ed estrae la cambiale e dice pure che s'e lanciata a far la pulzella perché cosí la reazione piú imme-diata, il pubblico piú coinvolto, lo scazzo dav-vero scazzo, insomma tanti soldi in breve tempo. La Frida presidente rabbrividisce a questa 42 logica spianata e le strappa di mano la cambiale e senza leggerla la sbatte sui denti dell'Udelia e le dice brutta ladra sei alle strette e via una sberla e noi a tenerle e reggerle ehe si capisce che son come galli nel serraglio, pronte solo a far la guerra. Poi la Nanni afferra la cambiale mezza straccia e ci legge su ľindirizzo e quando legge "Radio Salome" capisce ľequivoco e s'alza in piedi trionfante "non si paga, non si paga," cioě la cambiale ě delle concorrenti, mica nostra. Silenzio stupefatto. Tutto un girar ďocchi sul foglietto. Udelia si muove, s'allunga, alza il brac-cio a quindicimila fotogrammi per secondo, mezzo minuto dopo prende il foglietto, lo porta davanti agli occhi, li apre e li chiude nella messa a fuoco, legge col pensiero, tutto tace, niun si muove, restituisce il bigliettino alia Nanni, apre la bocca e fa "ooooooohhhhhhh". Quindi torna nella sua posizione, fa il replay sempře rallentata che noi pensiamo "veh, come le han fatto beni i corsi di mimo e gli addestramenti al corpo, proprio bene" e finalmente grida "Non ě nostraaaa!" Noi applaudiamo tutte in coro, meno la Frida che le ě andato persino storto il sigarillo che fumava. Lei capisce ehe s'e presa un accidente per niente e che la colpa ě solo di quella tonta della Sylvia. Aggredisce dunque lei questa volta dal di dietro e noi riusciamo a far ben poco perché e'e la pioggia degli sputi dell'Udelia che pare un tornado, cosí rinsavita. In breve, dobbiamo ancora una volta correre ai ripari e lasciare il nostro rifugio e metter su qualche rimedio che 43 sembra proprio che dove arriviamo noi fischia | sempře forte il vento e infuria la buf era. Ci diciamo di metterci tranquille che ě il solo modo per smaltire le ciucche ďattivismo e le scaz-zate. Perö sembra che le avventure non ci vo-glian proprio voltare il culo e ci cascano addosso \ anche senza che noi le cerchiamo, insomma siamo sempře in ballo, quindi balliamo. Ci facciamo dunque un giro al Cantinone dove ci sono dei ragazzi freak e dove si puö suoňare la chitarra e cantare e dire porcate e qualche volta a me mi scappa una scopata col garzoncello ehe ě alto e ben fatto soprattutto tra le cosce e ha un viso da bambino che ě uno scioglimento. La Sylvia prende a lavorare a mezzagiornata dalle scopine che son poi le bidelle delle scuole riu-nite in collettivo. Nello stesso periodo la Nanni si licenzia da segretaria nello studio di un notaio finocchio e viene ad abitare con me, che son sempře la Pia, perché la quarta Splash, Benny, va con un uomo di Miláno e per me, la Pia, ľaffitto da sola ě troppo e cosi anche la Nanni va via di casa ehe era ľunica ad esserci rimasta, benché di noi la piú vecehia, venticinque anni. Benny si chiama Benedetto ed era un uomo o me-glio un ragazzo ma ora fa la checea con noi ed é il quarto asso del nostro Poker Godereccio e succede alle volte ehe qualeuna di noi ci fa al-ľamore, perché é mol to dolce, ma bisogna farlo fumare un casino, sei sette spini per metterlo in tiro, a patto naturalmente di tenergli un dito inŕllato per di lä, sennö care mie, nemmeno pro-varci. 44 Ě un momento ehe si sta dunque abbastanza bene e non c'é cosí paranoia come nei mesi ad-dietro quando la nostra Dyane era un lacrimatoio e sol che aprivi una portiera inondavi tutta quanta la pianura d'Emilia, perché e'era sempře qual-cosa che andava storto un Hatú settebello che deragliava in loco, o gomme forate in campagna, insomma una vera e propria maledizione mentre al Cantinone si sta benone finché non arrivano gli eroinomani a far da padroni e io, la Pia, m'in-namoro perdutamente di uno di questi che dap-prima mi fa filo, poi ďimprowiso scompare. Cosi trascorro le mie giornate sul lettuccio a guardare dalla finestra e sperare che il mio ragazzo arrivi e si faccia alľamore perché con lui non sono mai stata cosi bene, davvero davvero. Nemmeno quando stavo con uno di Parma ehe mi regalava gli ori che poi io rivendevo alia botteguccia di via Filatoio e me lo pagavano bene tutto quel vilme-tallo giallo, bianco, azzurro e persino blu. E lui c'aveva un pied-ä-terre a Modena dalle parti del Galoppatoio e li si stava a far esperimenti d'amo-re con la guida delle trecentoventi posizioni che aveva comprato ad Amburgo, eppoi si finiva a cenare all'Ortica, sulla Secchia, e a me mi piace-vano da morire quegli spaghetti verdi conditi ap-punto col sugo d'ortiche. Niente, quel mio uomo non si fa vivo, il Tony non si vede proprio e io ľimmagino a bucarsi dentro un bidone della spazzatura o fra i sacchi neri dell'immondezza che ě la stessa identica cosa perché son sempře un letamaio, altro che Trash! qui il mio Tony 45 mi muore per una stricninata troppo dura e io allora come faro? Una notte arriva verso le tre, mentre Nanni ed io profondamente dormiamo perché troppo bevute al Cantinone. Arriva con gli occhi sbalzati fuori che gli pendono come due tette e ha una voce scatarrosa che nemmeno carondimonio, e la saliva secca e oscena attorno ai labbroni screpo-lati, insomma una cosa da far spavento e infatti noi due ci spaventiamo finché non lo si riconosce per il Tony e lui sviene, cosi, nel pieno del rico-noscimento come a teatro. Lo butto allora nella vasca e gli faccio una doccia e un po' mi fa schifo perché ci ha due mutande una sull'altra per ripa-rarsi dal freddo pověro piccolo con tutta la sua grincia appiccicata su e ci ha anche tre maglioline, un fac-simile di Lacoste e un pulloverino tarmato e una dolce vita Americastracci e puzza, a ogni strato che gli sollevo puzza sempře di piú e ci ha anche delle croste gialle sotto le ascelle e le braccia diomio secche e contorte ehe sembran i rami della croce di Gesú, insomma ě ridotto proprio male tanto che la Nanni mi guarda e dice di mettere il Lisoform nell'acqua del bagno ma poi decidiamo per il bicarbonato e qualche cucchiaino di Pedorex ehe non fa mai male e gli facciamo la doccia tenendolo su per la testa perché altrimenti, svenuto com'e, ci si puö affogare davanti agli occhi in tutta quelľalka seltzer. Gli metto dopo il mio accappatoio quello a fiori gialli e biu che sono d'altra parte i miei colori prefe-riti e che ho fregato al Coin quella volta che se mi svuotavano il pellicciotto ci facevano un altro 46 supermarket, insomma lo vesto un po' e gli faccio il caffě e per cinque giorni anche la madre, e lui finalmente si riprende finché una bella sera che siamo in atteggiamento intimo, lui si alza, mette le mie mutande perché le sue le abbiamo gettate, i miei blue-jeans, un maglione della Nanni ed esce. Io lo rincorro nuda come sono fin sul pianerottolo e gli grido dalla tromba delle scale amore mio torna indietro, ma indietro non torna. Torna invece la porta delľappartamento ehe si sbatte e mi lascia nuda e tremolante sull'ammez-zato dove son costretta ad attendere il ritorno della Nanni che mi trova mezza assiderata che ci vorranno tre giorni a rimettermi. Mentre io sono li coperta dai plaid e aspirine che mi sgelo, arriva Benny, in souplesse. La Nanni ed io mica capiamo tanto bene la situazione e pensiamo sia un po' sballata per i cazzi suoi perché continua a muoversi tutta lenta e si vede che vuol dire qualcosa ma che gli fatica a salire. La incorag-giamo e la facciamo sedere finché lei non dice "Ahimě m'ha piantata, il porco m'ha piantata, una bella finocchia come me giovane e carina, piantata e sotterrata, ahimě ahimě cosa sarä di me? " La Nanni va a prendere un po' di beverag-gio e torna con del fernet che gli diluisce nell'acqua minerále, dice bevi Benny, bevi ehe ti farä bene, ma lei si sbroda tutta, sembra farlo apposta, quel che entra in bocca lo ricaccia nel bicchiere cosí ehe ci viene tutta una puzza di fernet che anche la nostra gatta, l'Arialda, s'im-briaca e miagola storta. Quindi Benny inizia a parlare e va avanti 47 fino alle otto di sera ininterrottamente, una frase, una sigaretta, un po' di brodaglia di fernet, un'altra frase, un'altra sigaretta e via, tanto che io m'addormento e sogno il non piú mio Tony che si fa un fix di fernet nei cessi della stazione insieme alle checche sfrante che bazzicano cola. Benny la teniamo in casa perché lasciarlo solo non si puö, magari sarebbe capace di commet-tere una sciocchezza tipo lanciarsi dal balcone anche se qui siamo al primo piano e non si fa-rebbe un gran male. La Sylvia ci raggiunge la sera dopo il lavoro dalle scopine e cosi durante un'autocoscienza ci accorgiamo che da un po' ci siamo lasciate andare tutte e quattro con i nostri personali coinvolgimenti e questo non ě possi-bile, insomma dall'esterno parrebbe che abbiam messa la cosa a posto, mentre noi invece non lo vogliamo assolutamente. E ci si fa forza e per il sabato si prepara una grande uscita di quelle da Poker-Splash e si decide di andare al Marabu di villa Cella dove son circa tremila cazzetti e si puö far un poco di follia. Quando entriamo al Marabu si sente che nel-l'aria c'e del buono e che di certo si conclude, lo si sente e quando ě cosi i termometri sono i nostri capezzoli che si fan rigidi e le saccocce della Benny ehe si restringono. Per prima cosa andia-mo verso uno dei tre bar, naturalmente quello di destra, al piano superiore dove ci sta anche il tivú color schermo gigante e dove una volta la Sylvia ha addirittura scoperto due ehe si chiava-vano nella penombra tanto che poi c'era il diva-netto bagnaticcio e lercio e lei ci ha messo su 48 un Kleenex che poi ha sbattuto in faccia a uno che la moles tava e che non le toglieva le mani dal culo. Al bar beviamo quattro Martini cocktail e civettiamo elegantemente avanti e indietro e facciamo le tontarelle e disponibili, insomma sro-toliamo per intero la nostra carta moschicida co-sicché tutti i grulli ehe passano e tendono le orecchie resteranno inequivocabilmente invischia-ti. Benny ě uno schianto. Ci ha messo tutto il pomeriggio a prepararsi e s'ě depilata e rasata e fatta la mascherina e profumata e truccata e ci ha un vestito lungo alia gaucho che finisce in due stivaletti appena un po' sopra alia caviglia e que-sta gonna pantalone ě di raso fluttuante e lucido che quando cammina controluce gli si vedono le gambe e le cosce che ce le ha veramente belle, sul serio. Sopra si ě messa una camicetta bordeaux anche lei tutta svolazzante, tirata su con gli spallini come una giacchetta e coi suoi capelli cortissimi ě davvero bella soprattutto per via del-ľanellone ehe le vien giú a destra fin quasi sul collo. Noi l'abbiamo aiutata con un filo di buon cagäl suJle palpebre e le abbiamo fatto lo shampoo alľhenné e poi io le ho prestato un piccolo gilettino bianco con le perline che lei distratta-mente s'e messa sopra alia chemise volante. Io ho su dei blue-jeans stinti stinti con le bretellone pal-color e una camicetta aperta sul davanti che mi fa le tette penzoloni, ehe mi piace cosi, e inoltre due stivalacci di pecora che purtroppo si vedono solo se sto aggrappata alio sgabello dell'American bar. La Sylvia ě invece tutta freak o meglio, dä anche un po' sul folk perché tiene 49 gli zoccolacci che cosi si capisce ehe non ě venuta per ballare, lei. E la Nanni, be' lei la piú ganza, ě uno splendore che luccica tutto il Marabú. II primo ehe si invischia mentre noi cicalia-mo alia quattro sorelle ě un ragazzone che ha le mani pesanti e che punta dritto alia Sylvia. Non ě bello, lo lasciamo perdere dopoché ci siam fatte oífrire un giro di Ferrari Nazionale. Ne arri-vano altri tre che insistono poco perché vogliono arrivare subito al sodo e a noi non va di buttare subito le nos tre carte e dobbiamo faticare a tener ferma Benny che ě tutta un bollore dopoché uno del terzetto ľha toccata sulle chiappe e ha infi-lato il dito avanti indietro nelľanella e slumava quel su e giú, fremente il baffo. Ma alia fine riusciamo a tenerla buona anche se si deve faticare parecchio, soprattutto la Sylvia ehe grida seceata "andatevene via" e accompagna le parole con una finta sborsettata ma tanto bašta perché le si rovesci sulla moquette tutťintero il consul-torio ehe ci teneva dentro, preservative vaseline, pilloline, ovuli e diaframmi, creme spermicide oli antibambinetti, persino il lubrificante gustoforte KY delia Benny, quello di scorta. Mentre lei é china a raceogliere il nostro fab-bisogno con noi ehe bestemmiamo e ridacehiamo torna a far si vivo il primo, quello dalle mani grosse che a rivederlo sembra quasi belloccio f or se perché noi siamo digiä bevute, e torna con tre amici ehe f anno ľintorto. La Nanni cede per prima a uno molto ganzo tutto un bel pelo rosso fuoco, alto e bello e scompare verso la pista a ballare perché han messo i lenti ed é pro- 50 prio questo il momento per soppesare il partner. La Sylvia va via con mano di fata e si sbattono la lingua in bocca mentre scendono le scale. Gli altri due ce li sorbiamo Benny ed io. Non sono molto ma sono giovani e carini, diciamo studen-telli sui venťanni eppoi quello ehe ha gli stiva-letti piace al Benny che se lo mangia con gli oc-chi. Loro propongono di uscire a vedere il cielo e noi ci tocehiamo in silenzio, perché é proprio tutta da ridere. Usciamo dal Marabú con la nostra contromarca ehe per fortuna non é mica un timbro indelebile sul braccio come fanno al Pic-chiorosso o in čerti ostelli del Nordeuropa; ci danno un cartellino e voilä, il gioco ě belľe fatto. Prendiamo la loro auto ehe é una Citroen DS a sei piazze tutta bianca e linda ehe sembra Moby Diek e c'ha il pelo ďagnello riccioluto sui sedili divanetto e lo stereo nel eruscotto e persino tre fiaschettine di Ballantine's tanto ehe io mi sciolgo e mi dico guarda questi giovani Holden come si dan da fare, e brindo a loro, insomnia lo confesso ne sbatto giú una da sola. Loro fumano anche un joint di quelli antichi fatti a tre cartine una sull'altra, mentre la balena bianca col muso alzato corre veloce verso la campagna. Ci si ferma davanti a una cascina abbandonata e si vede che loro vengono sempře qui a sbattersi dopo il Marabú perché vanno dritti e lesti verso il fienile ehe sta dietro e ci posteggiano 1'auto-mobile cosí sicuri ehe non lasciano alcun dubbio. Benny sta sul sedile posteriore e ha giä preso ad armeggiare tanto che si sente il rumore dei suoi gemiti e allora dico al partner lasciamoli un poco 51 soli che noi si fa un girettino al fresco anche se la rugiada pesa. Camminiamo per una buona mez- j z'ora tenendoci la mano e limonando al profumo della campagna che di notte pare buono e se facesse solamente un poco piú caldo sarebbe dav- i vero un ottimo trip starci a far 1'amore distesi sulľerba e in faccia le stelle. Ma poi torniamo in macchina che Benny ci chiama e facciamo le nostre cose. Ritorniamo al Marabu e al bar ritroviamo le altre due che se la ridono e ci raccontano quello che hanno fatto, ma sembra che l'unica che ha goduto ě la Nanni. Beviamo un altro giro di berlucchino eppoi risaliamo sulla nostra Dyane e ce ne torniamo a letto soltanto in tre perché la Sylvia si perde per strada con mano-di-fata e noi ci fa ridere immaginarla che fa pompini su e giú per la via Emilia. Le storie del Marabu avanzano per un paio di mesi ogni sabato, ma poi ci si stanca perché ci accorgiamo di avere la piazza rovinatá e anche se circolano due-tremila cazzetti, quelli abborda-bili si sono giä fatti tutti. Torniamo al Cantinone, ma li gli eroinomani hanno installato il giro e Tony, il mio Tony che ě tomato, non fa che spar-lare del nostro poker tanto che un giorno salgono in casa i Carabbenieri nell'intenzione di trovare della polverina perché quel pirla del Tony ha dichiarato che viveva con noi, cosa ehe non ě vera o almeno lo ě stata per non piú di cinque giorni. Cosi la terra bruciata attorno a noi si fa sempře piú invadente fin quasi a sommergerci e dobbia-mo pensarne un'altra, magari tornare a fare cul- tura col vecchio giro ora che torna la diletta pri-mavera e la stagione sembra proprio bendisposta a un grande aiuto. Infatti: come quando in un sottobosco ben docciato e acquazzonato nascono funghetti trallallero-trallallä, cosi in cittä nostra tutto uno sbocciare di cappelle e prataioli, cioě collettivi giovanili e gruppi autogestiti, sempře la solita gente variazionale s'intende, che saltella qua e la nel solito farsi e disfarsi ermafrodita che vede ad esempio New Mondina Centroradio fon-dersi con Radio Salome e dare i natali alia picco-lina, cioě Radiolilith; il Mělies frazionarsi in tre sottogruppi, il Vertovmenia, i piú documentari-sti, i Godardiani, quelli ehe non si capisce bene, e i Gruppotapes Selvaggi in cui andiamo spesso e volentieri pure noi. Ma la creme della creme tutta a costituire il performance group ehe si occupa di cose belle e strane che succedono da ogni parte, ma soprattutto in questa terra qui. E diventano davvero bravi e competenti, ognuno con le suemansioni e specializzazioni, pronti a lanciare un Happening internazionale la la ras-segna INF-ART, giornate di arte infinita, che vedra coinvolta tutta la cittä. Cosi cominciamo a leggere libri e sfogliare ciclostilati e farci un poco di retroterra e dopo, passato l'esame di am-missione, prendiamo ad andare alle riunioni dove c'e gente venuta anche di lontano attratta dal-l'aura di questo gruppo che davvero sembra il migliore. Ma si ě solo alľinizio, ce ne rendiamo conto quando li andiamo a trovare nel loro capan-none che per arrivarci si deve percorrere un largo 52 53 viale fiancheggiato dai platani e tutto il casino del traffico di Porta Pazienza. Pero ě bello, il capannone. Sta alia fine di un prato incolto con le erbacce alte che in mezzo si ě formata una doppia corsia tracciata dagli pneumatic! delle auto, cosi sembra di attraversare la giungla che ci sono anche due tigli e un terzetto di platani larghi che ci starebbe bene una persona dentro al tronco, in stato paranoia. Poi ci sono anche degli sterpi soprattutto lungo il mu-ricciolo sbrecciato che si arrampicano e s'intrec-ciano e s'aggrovigliano come fúrie e lí non ci si passa pero sta bene che prende una parte del tetto spiovente del capannone e persino alcuni finestroni tutti a scacchi come di una fabbrica inglese fine Ottocento, rivoluzione industriale & compagnia bella. E questi stanno in fila l'uno appresso alľaltro nel numero impreciso di sette, insomma per tutta la fiancata ehe dä sulľingresso. Davanti al capannone c'e una specie di loggia con le travi allungate e una tettoia di tegole e la terra battuta e polverosa con qualche ciuííetto di verde macchiaiolo. Qui ci vengono incon.tro alcuni del Performance Group e soprattutto Giulio che c'ha proprio la stoffa magica delľartista e del capo-banda anche se ě solo addetto elettricista. Lui comunque ci porta dentro come fossimo turiste dicendo alia vostra destra e alia vostra sinistra cosi che noi guardiamo or qui or la in sincrono sballato e non si capisce nulla. Perö qualcosa si vede cioě barattoli di vernice, tubetti di tempera, pennelli, forbici, scotch, rulli, pastelli e matite, corde ed elastici, gomme e fermagli, .54 graffette, legnetti, spazzole e mastelloni di carta-pesta e scagliola fusa, insomma tutto un arma-mentario pověro e creativo cosi riconoscibile per quei barattoli di Vinavil e lastre Bristol e carta da pacco disposta su scaffali eternit, anche se ě bastato un colpo d'occhio. Comunque noi si avan-za come al centro di una naváta col Giulio davanti dritti dritti all'ara la in fondo, cioě una piattaforma di legno un poco rialzata sulla quale discutono gli altri in mezzo a microfoni, altopar-lanti, spots e faretti mille watt. Perö noi stiamo ancora guardando il lungo disegno sulle pareti come dipinto dalle mani di tanti fanciulli ehe non si capisce bene se lo ha fatto Sebastian Matta, o Emilio Vedova o non piuttosto la compagnia Victor Jara invece di quei bambini. Perché prima il capannone era un deposito di camion ehe si vede come hanno sconnesso il pavimento, poi una cooperativa di pittori ci ha messo le mani eppoi anche il Comune con festival dell'Unitä e infine un'esproprio da parte del collettivo di animazione e di qui al Performance Group dove si son ritrovati tutti, cioě camionisti, pittori, pub-blici impiegati, mimi, istrioni e messi comunali. Cosi ritroviamo vecchie facce e conversiamo e accendiamo le nostre sigarette mica a disagio per niente. Comunque non si vuole che loro in-terrompano le prove o quel che stáváno facendo e si dice fate fate che noi vi guardiamo. E loro riprendono a sputare nei microfoni e masticarli e ruttarci dentro che noi diciamo un poco imba-razzate "perö recitan bene" e quasi quasi applau-diamo quando Jimmy fa una scoreggia di petto '55 che piú bene di cosi non si puö. Poi uno dice abbiamo recitato Phono-Rimbaud e allora a quel punto li le mani ce le spelliamo sul serio. Poi si discute fino a tardi anche sulla performance di Cecio, cioě un meccanismo complicata che porta il pubblico sulla piattaforma, oi oi oibö, che sian tornati i Living Theater? Niente smancerie, tutti calmi, ci si accontenta di molto meno che gli eroi e cosi c'e una cufřia sul palco-scenico da cui esce un rumore che viene raccolto dal microfono sottostante vicino a una sedia che cosi sembra ci sia qualcuno ehe paria, ma non c'ě perö nessuno. E allora, mistero? da chi vien quel parlottare e sussurrare ehe la cuffia spedisce lesta lesta e ci arriva qui seduti? Chi mai s'av-varrä di quella innocua cuffia messa lí per aria tutta stentarella per vomitarci imperi e voči mi-steriose? Mistero mistero, qui nessuno lo vuol svelare, il Cecio s'attarda, si gratta la panza, pero non dice niente, tutto top secret. Quando noi vediamo ehe dalla sua bocca proprio non si becca un cazzo decidiamo di levare le sottane e di an-dare in osteria ehe ě quasi tardi per cenare. In osteria ci sediamo accanto al muro in un falso separé con tutta una luce alia Vittorio Sto-raro, gialla e rossa mischiata alia perfezione, in-somma un'arancione fulvo e cosí caldo ehe sem-briamo davanti al focolare in un film o in una luce di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Be', qui ci siamo noi col Cecio e Giulio e Riccio; poi fuori dal separé l'Udelia e la Frida insepara-bili e le altre. Beviamo beviamo e mangiamo pa-nini caldi, ai formaggi al gulasch e alio speck e il 56 mio preferito, il Gaucho, piccante alia follia come un bacio di Cary Grant. Cosí mi bevo davvero tanto e faccio un gran miscuglio in pancia con birre e frizzantini e me ne sto dunque per i cazzi miei a leggere quel ehe c'e sul muro ehe sembra proprio ehe chiunque sia di qua passato abbia tracciato qualcosa non solo sul muro, anche sul tavolaccio, incidendolo chi piú chi meno. Insomnia tutto un inventario colorato di autodefinizio-ni, brandelli filosofici, slogan semiseri, invettive, quartine rime e porcate, gridi inni e slogan tutti sovrapposti gli uni agli altri e inseriti tra parola e parola a far fuori irresistibili ironie e tutto nel gergo mischiato e poliglotta della fauna stessa cioě molto italiano cencioso, molto tedesco sublime, persino gotico ahimě, molto angloameri-cano e parecchio slang, qualche francese da boudoir, qualche graffito arabo, sumero o indiano e persino una evidente traccia di cirillico scritta col pantone vermiglione accanto a Culo culo or-gasmo del futuro. E io a leggere e mutare parole e rubar matite a tutti e graffiare anche col cagäl e far gestacci e creare, dio che sballo creativo, dio che sbornia, dio che ssssssbausciata dell'ego! Dopo ľosteria siam tutti fradici ehe non ab-biam la forza nemmeno di rollar su uno spino perché piú di cosí si črepa, e prendiamo a girare tutte abbracciate e cantare la Marsigliese o la Contessa e quando siamo nei pressi di una fontána c'e la corsa a bere e bagnarci e raccattar spor-tine di plastica e far gavettoni soprattutto al Giulio e al Cecio e al Jimmy che noi siamo bene organizzate. E la guerra prende tutta la piaz- 57 zetta che arrivano altri a dar man forte ai vili ma noi controlliamo la fontána e guerrigliamo proprio bene tanto che poi loro si arrendono into-pati dietro a una cinquecento bagnati come al maře. Dopo nessuno ci ha piú sonno e andiamo a far tardi per la campagna, ma siamo un po' spompati tutti quanti lo si vede ehe non facciamo che cantar canzoni di dieci anni fa Lucio Battisti e Luigi Tenco e Fabrizio de André, insomma torniamo ragazzini, le prime festicciole, i bacetti, le scampagnate in bicicletta, i primi intorti, le gnoccate la in quel bel posto vicino alia bonifica e ai mulini di mia cugina e le prime strette di čulo e i pattinaggi sulle piste delle balere, tutto prima del liceo, della politica, dei concerti; ahhhh che regressioni lo sballo in questa notte di luna! Con il Performance Group si res ta un po' di tempo e assistiamo a tuttequante le sedute e aiutiamo a spedire inviti e ciclostilare i program-mi e far ľocchiolino al Cecio che ci dica final-men te quel che noi vogliamo. Poi una bella sera quando sta a lui provare ci dice di metterci tutti a sedere in mezzo alia platea e ci impone di com-portarci naturalmente e lo dice per un bel po', siate naturali, siate naturali che noi crediamo oddio quello ci manda i leoni nella fossa e noi star li a guardare, nature. Poi confabula col Giulio e smacchinano attor-no a cavi e fili e noi ci si accorge che sopra la testa, agganciati ai travi del capannone stanno due microfoni a testa in giú che pendolano gravi gravi. Dopo tutto un fischio che ci portiamo le mani alle orecchie e poi un gracchiare e gracidare di microfoni e noi a dire "vaccaeva" e sentircelo un attimo appresso ripetercelo un poco storpiato. Cosi s'intuisce il mistero, pianopiano, e si guarda tutte in mezzo al palco quella seggiola vuota e quella cuffia e ci si immagina una persona seduta li nel vuoto ehe paria con la nostra voce e sente la nostra voce. Diosanto che trip delľimmagina-zione, ecco d'un tratto l'immagine-rappresenta-zione dell'uomo sottomesso a un processo d'in-formazione dominato dall'energia elettrica, ecco chi ha centrifugato il nostro sistema nervoso centrale, ecco finalmente la materializzazione di quel che docent, maxima cum causa, e in stretto pas -de-deux Marshall Mc Luhan & Umbert d'Ecöü! Cosi applaudiamo e diciamo porcate che sen-tircele dopo ripetere fa ridere e il Cecio gongola e dice vedrete quando sarä pieno di gente e noi continuiamo ad applaudire e ci prende la voglia di far su qualcosa anche a noi fossanche un videotape, pero ľimportante ě partecipare. L'idea ci viene quando prendiamo ad andare a Modena, nelle birrerie dove non ci conosce nessuno e i locali son belli e půliti e c'e gente in gamba e industriosa, cosi a prima vista. E anche Modena ě una bella cittä e la notte ci divertiamo a girare ubriache i viali spingendoci fin verso la Fiat Trattori dove stanno le lucciole e li suc-cede che la nostra idea diventa proprio cosi quando ci mettiamo a chiacchierare con loro e pen-siamo di fare un filmato e anche un collettivo sulľesempio della Ulla, e della Falana, quella 58 59 romána. La Sylvia riesce a procurarsi dai Grup-potapes un Akai 110 che ě un tragattino quarto di pollice e funziona quando funziona, ma a noi bašta. La Nanni ehe ha preso a lavorare al Con-sorzio Socio-sanitario riesce a grattare alľOrto-fonista ehe ě il capufficio un magnetofono, io porto una Zenit per far foto. Non si vuole pero far soltanto spettacolo, anche prender coscienza e dibattere, per cui il Benny produce e tira in cinquanta copie la bibliografia del nostro semi-nario e noi volantiniamo alia Fiat Trattori e invi-tiamo alľautocoscienza e al gruppo di studio e alle riprese tuttequante perché i momenti vanno integrati e non si puö soltanto starsela a menare senza prender coscienza. Giriamo qualche metro di nastro magnetko dell'Akai, ma ě notte e quan-ďě ora di veder la registrazione ě tutto buio e non si distingue nemmeno il falö. Svolgiamo anche una bobina ma le voči son gracehianti e lon-tane, insomma la documentazione ě davvero un disastro e quando la mostriamo al Performance Group nessuno osa guardarci in faccia e stanno lí come imbarazzati ma poi Cecio dice che fa proprio schifo e che robe cosi non si possono spacciare per cultura, seppur alternativa, perché diomio bisognerá pur salvaguardare un attimo di chiarezza e pulizia mica come voi che girate al buio e non si vede un'ostia di niente. Noi lo guardiamo e c'incazziamo subito e ci prendiamo come solito a botte e borsettate e gli diciamo ehe non capisce un cazzo lui, perché il nostro tape ě un very-very tape cioě una comunicazione quotidiana eccetera eccetera. Ma lo scazzo ri- 60 rnane, dopo ci cacciano anche da li e per fortuna che ě rimasto in piedi il collettivo della Fiat Trattori che quando ě ľora di riunione si vede arrivar gente, ma tanta tanta, un'auto dietro al-l'altra che in breve lo spiazzo diventa un'assedio alia carovaná dei coloni perché ci han messo le macchine tutte intorno e continuano a fare giro-tondo quasi si divertissero a giocare agli indiáni anche a un'ora si tarda. Poi ne sbucano fuori due, ma mica son lucciole, hanno baffi e coltelli e spranghe e dicono se non ve la filate vi mas-sacriamo e le lucciole giú a ridere ehe si sentono i loro singulti uscire dai finestrini semiabbassati e noi ci si rimane di merda, ma non perché ci han tradite, perché abbiamo fifa. Ma Modena é bella e si respira di primavera un odore buono, di provincia alacre e intellet-tuale, insomma piu civile della nostra Reggio e dei suoi paraculi. In birreria conosciamo altre donne e anche un paio di ragazzi che fanno l'uni-versitä e sono nostri coetanei. Con loro ci si diverte, si fa mattino e una sera ci invitano in una villa a Freto, vicino Serramazzoni, molto bella, con quattro candidi pastori marchigiani che ab-baiano per il parco. Noi ci diamo dentro con gli alcolici e finisce che io vado a letto col Pietro e la Sylvia con Luciano ehe ě il piú bello dei due. Ci vediamo spesso anche con le ragazze, la Tilde, la Fefi, la Tully, ľAnny, la Mirka e la Katy tanto che si pensa di metter su una comi-tiva per il convegno femminista giú Roma. Se ne discute per qualche sera ma poi il Benny pianta il casino perché dice di sentirsi emarginata e 61 quando la Tilde, non ľavesse mai detto, esce mal-destra con tu sei un maschio, non prevaricare, Benny strabocca, prende la caraífa del Frascati e la rovescia addosso alle modenesi e dice che sono stronze e anche noi tre lo siamo perché non si vuole capire una sega di niente e ehe quelle come noi non vogliono far guerra al cazzo, ma soltanto addomesticarlo mentre il cazzo va domato con la frusta e col fuoco e tutto questo si fa con le finocehie ehe son la vera rivoluzione, quindi anche con lei la Benny. Le modenesi pigliano spavento e cacarella e nel locale pesa un silenzio di piombo e tutti tendon le orecehie, chi fara la príma mossa? Poi una voce stridula si alza e insulta Benny dicendole uccellona e noi tre non possiamo far finta di niente come le altre e ci alziamo e rove-sciamo altro vino e si accende una mezza rissa finché non ci spingon fuori ma la Sylvia ha la forza di urlare sulla porta che a noi non frega un cazzo delľideologia, ma solo delle persone tout-court e ehe le alleanze si stringono sui vissuti e mica sulle chiacehiere insomma anche se non ě proprio il caso di dirlo, gettate come siamo in mezzo alia strada, diciamo che ne abbiamo piene le palle e quindi ce ne andiamo via. Poi ci rimet-tiamo in ordine e smaltiamo la sbornia in Piazza Grande girando avanti e indietro con la Benny che ci tiene sottobraccio e sussurra fra i lacri-moni ehe ancora non terminano di scendere "Grazie ragazze, siete state fantastiche..." e allora ci si consola sui gradini delia piazza vicino a un freakettino ehe s'trimpella e zufoletta e Benny 62 che come un disco ripete fra il cagäl ehe sbava tutto, il suo timido "grazie ragazze". In questo modo sfuma il giro delle birrerie ma poi se ne trova un'altra vicino al Fini dove s'attende ľestate, insomma ci svacehiamo su quelle botti per un altro mese finché non viene la buona stagione per tornare in collina, sopra Reg-gio, in quei ristorantini ammodernati ehe domi-nano la pianura e da cui anche la nostra cittä persa la in fondo tra le volute di vapore e le luci sembra pressoché bella e vivibile. Per agosto come lo scorso anno ci si divide e si scioglie il Poker Splash. Ě nei patti. Uno straccio di indi-pendenza e di autonómia, ognuna per i cazzi suoi, una boccata ďaria per non trasformare il nostro sodalizio in carcere. Lo scorso anno, al ritorno tutto ě andato bene e ci son voluti due mesi, fino ai morti praticamente per sciogliere gli arretrati e la voglia aceumulatasi di star insieme, tra donne. Quesťanno la Silvia parte per Capraia, la Nanni per la Grecia, Benny per la Spagna e io per la Turchia. Ma quando ci si ritrova a set-tembre si capisce ehe qualcosa di nuovo é pur-, troppo arrivato. E non sarä mai piú come prima. L'avvio ě di Benny, che si presenta in osteria vestito da uomo con la barba e il portamento virile che quasi non lo si riconosce tanto ě cam-biato ed ě davvero, conciato da maschio, un gran bei pezzo di ragazzo. Dice che deve riscoprire la propria eterosessualitä, che anzi qualsiasi defini-zione del comportamento gli sta stretta e che per quanto lo riguarda farebbe a meno degli omo e degli etero, perché esiste soltanto una sessua- 63 [> lita contigua e polimorfa e allora bisogna iniziare a superare questi settarismi di merda e liberarci finalmente dai condizionamenti, "Come sto fa-cendo io con lei" e ci mostra una bella ragazza che teneva nascosta e dice che di lei ě proprio innamorato, ma tanto tanto. Insomma care mie il tempo dello svaccamento ě terminato. Poi si versa da bere. Noi lo guardiamo il Benedetto e la Nanni non trattiene un sorriso, lui lo coglie, si alza e se ne va dicendo serio alia ragazza sua amante "Queste non sanno ancora che vuol dire innamorarsi". Ma noi non si dä importanza alľac-caduto e il Benny ě meglio che ci abbia tradite cosi che in altri modi. Piú tardi succede la cosa della tivú privata che manda un galoppino a casa della Sylvia. Quando mi telefona ě sconvolta. Dice che vogliono fare un programma su di noi, una ventina di minuti, perché certe voci sono giunte fino a loro e cosi ci si accorge di essere diventate un numero da esibizione tivú locale, Ventiminuti con... La cosa non passa liscia. Ora fatichiamo persino ad uscire di casa, si diventa isteriche al limite del suicidio collettivo che si sfiora quando la Sylvia lascia aperto il gas nella cucina in cui siamo Nanni ed io; Nanni a sua volta mette il solfato di ráme nelle nostre tazze all'ora del tě, io prepare due fiale di acido, una per la Sylvia e una per la Nanni. Ma per fortuna o puro caso non succede nulla e solo l'Arialda ci rimette le penne. Ci la-sciamo scoglionate con la promessa di risentirci quando ognuna avrä pensato il daffare, ma non ci vediamo quasi piú se non per combinazione. 64 La Nanni litiga il mese seguente con l'ortofo-nista perché non gliela fa piú a sopportare il suo modo invadente di relazionarsi con tutti, grandi e piccini, e apre un negozietto di macrobiotica e astrológia, "Cucina con le stelle". La Sylvia lascia le scopine e prende a dare lezioni in un pensionato di donne madri riunite in gruppo au-togestito, io mi accorgo che si ě giocato troppo forte per i nostri nervi e cosi anche la Sylvia che mi scrive un letterone ehe mi fara piangere e bestemmiare. Dice che abbiamo pagato troppo caro il prezzo per la ricerca di una nostra autenticita, che tutto quanto abbiamo fatto era giusto e lecito e sacrosanto perché lo si ě voluto e que-sto basta a giustificare ogni azione, ma i tempi son duri e la realtä del quotidiano anche e ci si ritrova sempře a far i conti con qualche superego malamente digerito; che ě stata tutta un'illusione, ehe non siamo mai state tanto libere come ora che conosciamo il peso effettivo dei condizionamenti. Di Nanni invece vengo a sapere troppo tardi quando ě in clinica per aver ingerito troppi Mogadon. Gli ultimi giorni, mi raccontano, era una medusa a secco, un'Es scaricato e circonciso e fiacco. Ci ritroviamo con Benedetto e la Sylvia lungo il corridoio d'aspetto mentre le fanno la gastrica e ci abbracciamo forte e diciamo forza forza che gliela fa, ma c'e quasi nausea per quegli anni sbandati e quel passato che vorremmo anche noi rigettare assieme alia Nanni, quel pomeriggio vuoto di febbraio. 65