L'avvocato dalla sua poltrona sospiro profondamente asciugandosi una lacrima col rovescio della mano. -- Roberto, e tanto che te lo volevo dire... anch'io ho avuto torto verso di te... Ragazzo mio, hai ragione, guarda, e tanto che volevo... guarda, facciamo cosi: tu avrai da me ogni mese quello che... quello che posso darti, ma da vivere bene, veh. E non dovrai avere nessuna preoccupazione, non dovrai far nulla... Che posizione e non posizione! Dovrai occuparti solo dei tuoi romanzi, insomma delle tue cose, come ti parra e piacera... ehm ehm... -- L'avvocato si volse altrove per non far vedere che piangeva. -- E per le spese del matrimonio... ehm, anche in questo ti aiutero come potro... Via, perdonami, non potevo sapere... Sei felice ora? Roberto si butto fra le sue braccia. Anche lui era commosso, e disse per darsi un contegno: -- Ma questa storia non mi conviene punto. Non dubitate, si sarebbero salvati in qualche modo. Appunto ora che si stava per arrivare all'isola... -- Che isola? -- chiese Lucrezia. -- E un'isola su un mare azzurro, sotto un cielo azzurro. S'arriva a una quieta rada tra le palme e gli aranci, tra alberi sempre verdi, tra fieri sempre fioriti... -- E a codesta isola non ci si arriva lo stesso? -- interruppe la fanciulla imporporandosi leggermente e abbassando gli occhi. 1936 IL BABBO DI KAFKA Arrendendomi alle insistenze di molti amici, raccontero brevemente 1'episodio che tanta influenza doveva avere sulla vita del Maestro (ed anche sulla mia). -- E se ora fra i battenti di quella porta (che era appena accostata) s'insinuassero due, anzi alcune, zampe, lunghissime sottili e pelose; e, la porta stessa cedendo alia pressione ed aprendosi pian piano, comparisse un enorme ragno, grosso quanto un cesto da bucato?... -I Ebbene? -- Aspetta, non t'ho detto tutto. Se questo ragno avesse al posto del corpo una testa d'uomo che ti guardasse fissamente da terra? Tu che faresti? T'ammazzeresti, no? -- Io? Io non ci penserei neppure. Perche diamine dovrei ammazzarmi! Piuttosto ammazzerei lui. -- Io si, io m'ammazzerei. Perbacco, vivere in un mondo dove sono possibili cose di questo genere! -- E io ti so dire che tutto farei, tranne che ammazzarmi; neanche per sogno. Non aveva finite Kafka di pronunciare queste parole e guardava ancora in aria di sfida la porta accostata, quando il battente giro lentamente sui cardini e si produsse Punto per punto la scena da me immaginata. Nella sala remota dove stavamo cenando, balzammo in piedi esterrejatti. II ragno, o la testa d'uomo, molleggiando sulle sue ˇUnghe zampe, avanzava verso la tavola e ci guardava con una certa espressione cattiva. 229 - Ebbene -- gridavo io, lo confesso, quasi piangendo -- ebbene, perche ora non Fammazzi? Ma Kafka guardava 1'animale, o uomo, cogli occhi sbarrati e non muoveva un dito; se non che andava arretrando insensibilmenteverso un angolo della stanza. Gli e che quella testa (come seppi poi) era appunto la testa di suo padre, morto tanto tempo prima. Questi, guardando Kafka, aveva la sua espressione peggiore, gli occhi iniettati di sangue e quasi torti, il labbro superiore inarcato da una parte in segno di rabbia; come quando faceva le sue tediose scenate, di cui ora Kafka si ricordava benissimo, alzando la voce nella maniera piu sgradevole. Ora non parlava, perche forse non poteva, ma quasi scoppiava, era evidente, dalla voglia di gridare. La testa, colla faccia rivolta aH'insu, stava un poco inclinata, nella posizione d'un rospo. Che diamine ho fatto ancora? si chiedeva Kafka ripreso dall'angoscioso senso di quando, bambino, era fatto segno a quelle scenate senza saperne esattamente il perche -- Papa... -- mormoro. Io, lo confesso, mi posi a battere le palme e a urlare scompostamente: via, via bestiaccia! senza pero avere altro coraggio che questo. Allora il padre di Kafka, che tuttora avanzava circospetto verso di noi, parve ripensarci e far forza a se stesso (dominarsi davanti agli estranei era sempre stato il suo vanto, senonche tutti indovinavano i suoi sentimenti solo a guardarlo in viso, se anche non avesse mormorato fra se, in casi simili, corno, corno!); rimandando la scenata, o 1'aggressione, si volse e barcollando e arrancando se ne use! in silenzio donde era venuto. Io, lo confesso, fuggii strappandomi i capelli e singhiozzando da qualche parte; Kafka dopo un istante si precipito dietro a suo padre nel grande salone buio. Inutile dire che ne quella notte ne i giorni seguenti gli riusci di ritrovarlo, sebbene lo cercasse per tutte le stanze a tutte le ore. Ma guarda, si diceva, c'era a casa mia un 230 simile animale e chi 1'aveva mai visto! Chissa poi quanti altri ce ne sono dello stesso genere. Se non lo acchiappo non potro piu vivere qui. Sulle prime pensava di chiuderlo in una gabbia o nella camera che era stata la sua. Infine lo vide un giorno, al crepuscolo, che attraversava velocemente uno sgombero pieno d'oggetti polverosi, e comprese anche che passava con facilita attraverso le porte chiuse e forse attraverso i muri. Da allora si disse che 1'avrebbe ammazzato senza pieta, non c'era altro da fare; s'intende che anche in tale occasione gli sfuggi. Un giorno, quando disperava ormai di ritrovarlo e gia si proponeva d'andarsene e abbandonargli tutto il vecchio maniero a discrezione, esso gli venne innanzi all'improvviso e in piena luce. II future grande scrittore era nella sua camera da letto, per la cui finestra il sole penetrava largamente. Al sole parve piu bigio e polveroso; il volto cinereo guardava stavolta il figliuolo con un'espressione stanca e quasi implorante e con grande affetto, colle lacrime agli occhi (come quando, prima, si sentiva male). Cio malgrado Kafka, dato di piglio a una seggiola, lo stordi sul momento ben bene; poi corse in cantina a prendere un maglio da botte e con quello lo schiaccio del tutto. Dalla testa frantumata sgorgo, come di ragione, una specie di midollo piu o meno liquido. Con cio Kafka credeva d'essersene liberate per sempre, anche se a duro prezzo. Ma quanti ragni, grossi o piccini, non alberga un vecchio maniero!