IL CASO "La bellezza al lavoro paga e chi è brutto merita risarcimento" Daniel Hamermesh, autorevole economista dell'University of Texas, sostiene: "Le persone oggettivamente belle fanno carriera più facilmente e guadagnano di più: il 4% per cento gli uomini, addirittura l'8% le donne". E propone un indennizzo per chi è meno fortunato. Mentre c'è già chi ha portato la questione in tribunale di SARA FICOCELLI "La bellezza al lavoro paga e chi è brutto merita risarcimento" "NON è bello ciò che è bello ma ciò che piace", dice il proverbio, ma di fronte alla schiettezza dei numeri la saggezza popolare alza le mani: ad aver successo nella vita sono i belli "oggettivi", non i bruttini che piacciono, e un aspetto fisico decente permette di far carriera più facilmente e guadagnare di più. Le statistiche parlano talmente chiaro che l'economista americano Daniel S. Hamermesh ^1, docente della University of Texas di Austin, nel suo ultimo libro "Beauty Pays - Why Attractive People Are More Successful" della Princeton University Press, ha lanciato una proposta: visto che i belli guadagnano il 4 per cento in più dei brutti e le belle l'8, perché non pensare a un "risarcimento morale" per chi nasce inviso a Venere? La "natura matrigna", che tanto ferì Leopardi, oggi colpisce il portafogli e se in privato è possibile far breccia pur non essendo un adone, a lavoro la situazione è più insidiosa. L'economista ha infatti calcolato che le donne belle guadagnano l'8 per cento e gli uomini il 4 per cento più delle colleghe e dei colleghi meno avvenenti, e che gli uomini, se brutti, subiscono una penalizzazione del 13 per cento in busta paga. La differenza cresce fino al 17% per gli uomini e al 12% per le donne in caso di bellezza sfolgorante. Ma come mai uno degli economisti del lavoro più stimati del mondo si è messo a calcolare il danno economico dei lineamenti irregolari? Alla sua attività accademica Hamermesh ha sempre affiancato quella di consulente per chi si è rovinato l'aspetto lavorando. Ti è venuta la gobba a forza di stare al computer? Lui calcola la perdita di bellezza e il risarcimento dovuto. Il problema, naturalmente, è capire cosa è bello e cosa no. "È una risposta impossibile - spiega - ma se la maggior parte delle persone è d'accordo che il viso di una persona è 'bello', 'mediamente bello' o 'brutto', questo è ciò che conta. Per esempio: siccome George Clooney è l'uomo più fotografato d'Italia, possiamo presumere che le donne italiane lo ritengano bello". Una volta stabilito che esistono esseri umani oggettivamente affascinanti e restringendo il campo di ricerca al volto, Hamermesh ha cominciato a dimostrare scientificamente che chi ha la fortuna di nascere belloccio guadagna di più, trova più facilmente lavoro, fa carriera e incontra anche prima l'anima gemella. "Riassumendo - aggiunge - per un uomo è più importante essere bello nel lavoro, mentre per una donna nella vita privata". Anche Timothy Judge dell'Università della Florida ha dimostrato che la bellezza aiuta in ufficio, perché aumenta l'autostima e catalizza l'attenzione degli altri. "Chi è bello guadagna di più, indipendentemente da intelligenza e preparazione" ha scritto il ricercatore sul Journal of Applied Physiology, dopo aver esaminato uomini e donne fra i 25 e i 75 anni e dimostrato come esser belli rappresenti realmente una marcia in più, a ogni età. Negli Stati Uniti c'è già chi ha portato la questione in tribunale, lamentandosi per le discriminazioni subìte a causa di un naso troppo grosso o degli incisivi sporgenti. Secondo l'economista, per tutelare i brutti, le leggi più adatte potrebbero essere quelle che proteggono i disabili. "Penso che sia sbagliato un aiuto statale per chi è brutto, ma indubbiamente il problema esiste", spiega. E aggiunge che tali discriminazioni non esistono solo al cinema o in tv ma anche in un ambito insospettabile come l'università, dove gli studenti valutano meglio e frequentano più volentieri i corsi di professori di bell'aspetto. "Anche in psichiatria è così: i medici attraenti sono quelli che hanno più successo con i pazienti - spiega Adelia Lucattini, presidente della SIPSIeS, Società Internazionale di Psichiatria Integrativa e Salutogenesi di Roma - negli anni '60 e '70 Harry Sullivan dimostrò che gli psichiatri oggettivamente belli sono quelli che più si fanno ascoltare e che ottengono i risultati migliori in ospedale". Che fare, dunque? Ricorrere alla chirurgia estetica? Secondo Hamermesh è tutto inutile, dato che per ogni dollaro speso per migliorare l'aspetto, il ritorno economico è di appena 4 centesimi. Gli italiani, che si sottopongono a trattamenti estetici di ogni tipo (nell'uso di filler, ad esempio, siamo secondi solo agli Stati Uniti), farebbero dunque bene a puntare su investimenti più remunerativi. Anche perché la bellezza, stando a un'indagine pubblicata sul Journal of Research in Personality, non sempre fa la felicità e ottenere ciò che si è tanto desiderato non rende per forza più sereni.