60 Capitolo 3 Lessico 61 comunque molto piú qui che non in altri livelli di analisi linguistica) hanno, infine, i contatti con altre lingue, che determinano l'introduzione dí přestiti, cioě di parole tratte appunto da altre lingue. II fenomeno del prestito, comune a tutte le lingue, ě dovuto a fatto-ri extralinguistici: il contatto tra lingue diverse si puó avere per contiguitá territoriale o in seguito a movimenti demografici, eventi politici, a scambi economici, a rapporti culturali; perché gli scambi awengano, ě necessaria la presenza di parlanti bilingui. Nel prestito linguistico molto importante ě anche il concetto di prestigio: ě la superiorita di un popolo in un deter-minato campo a determinare 1'accoglimento di parole della lingua di quel popolo in altre lingue. Nel capitolo I, § 1, abbiamo citato alcune parole che l'italiano ha dato ad altre lingue nella musica, nell'arte, nella cucina; a sua volta l'italiano ha assunto termini dal francese nei campi della moda e della politica, dall'inglese nello sport e nell'economia, ecc. II prestigio di una lingua si rileva anche dalla sua capacitá di diffondere non solo termini concreti, ma pure nomi astratti, aggettiví, verbi, ecc. (i nomi rappresentano pero la componente piu ampia); in ogni caso, il prestito riguarda prevalentemente il lessico; piu difficilmente (e comunque molto piu lentamente) gli influssi stranieri riguardano gli altri livelli di analisi linguistica. A proposito del termine prestito, c'e da notare che, a differenza del significato della parola nella lingua comune, dal punto di vista linguistico la lingua di provenienza non si priva di alcuna parola, né la lingua che riceve ě tenuta alia restituzione. Tradizionalmente, inoltre, si suole distin-guere tra prestiti di necessita e prestiti di lusso: i primi si spiegherebbero con l'esigenza di denominare referenti d'origine straniera in precedenza sconosciuti, per i quali dunque si ricorre alia lingua di chi li ha introdotti; i secondi invece sostituirebbero, soprattutto in seguito a fatti di moda, termini giá esistenti nella lingua che li importa. Tale distinzione non regge dal punto di vista scientifico, perché da un lato tutto puó essere denominate attraverso meccanismi interni di formazione delle parole, dall'altro le parole straniere possono avere connotazioni diverse dalle corrispon-denti voci italiane. Lo dimostrano solo pochi esempi. Dopo la scoperta dell'America per indicare la patata l'italiano ha adoperato una voce indi-gena mediata dallo spagnolo, ma non ha seguito lo stesso percorso per il pomodoro, il cui nome ě formato con dementi italiani, mentre il francese ha fatto una scelta opposta, usando rispettivamente, per gli stessi ortaggi, pomme de terre e tomate. La baby sitter di oggiha una figura professionale ben diversa dalla bambinaia di ieri; definire qualcuno gay anziehe omoses-suale non ě tanto eufemistico, quanto «politicamente corretto». 2. IL LESSICO ITALIANO Una lingua come l'italiano, che ha una lunga e ricca storia culturale, dispone di un lessico molto ampio, che ě progressivamente cresciuto nel corso dei secoli. In passato il lessico italiano risultava ulteriormente arricchito dal fenomeno della polimorfia (a cui abbiamo accennato al cap. I, § 4), cioě la coesistenza di varianti fonomorfologiche di una stessa parola, come malinconia e melanconia, ufficio e uffizio, lacrima e lagrima, arma e arme; nel corso del Novecento 1'itaUano ha progressivamente ridotto la polimorfia, che pero ha lasciato tracce consistenti nel lessico attuale (si pensi ad alternanze come olio e oliva da un lato e ulivo e uliveto dall'altro, o come giovane e giovanotto rispetto a giovinezza e giovincello). Naturalmente, nessun italiano conosce o usa l'intero lessico della propria lingua, ma solo una parte molto ridotta di questo: il vocabolario di cia-scuno varia in rapporto all'eta, alia cultura, alia professione, agli interessi, ai rapporti sociali, ecc. Gli stessi dizionari raccolgono solo una parte, piu o meno estesa, del lessico italiano. II dizionario dell'italiano contemporaneo piu ampio ě il Grande dizionario italiano dell'uso diretto da Tullio De Mauro, pubblica-to nel 1999 in sei volumi (noto con la sigla Gradit), che comprende oltre 250.000 lemmi (o entrate: si definiscono cosi le voci raccolte in dizionari ed enciclopedie), registrando anche voci letterarie, termini specialistici, varianti formali, regionalismi, parole straniere, voci gerga-li, latinismi, sigle, abbreviazioni, ecc; ma neppure il Gradit pud dirsi «completo», sia perché molte parole, usate in certi ämbiti specialistici sono rimaste escluse dal lemmario (ě il caso di extramuraneo 'esterno 62 Capitolo 3 Lessico 63 aEe mura cittadine', aggettivo usato negli studi archeológia e artistici), sia perché ci sono parole entrate o diffuse in italiano dal 1999 in poi o poco prima di questa data (ě il caso di anglicismi come call center o sms, di cartolarizzazione 'trasformazione di beni in titoli' e di glocalizzazione 'integrazione della dimensione locale con quella globale'; queste voci sono state inserite nel volume di aggiornamento del 2003). Altre parole italiane di recente hanno sviluppato significati nuovi che il GraDIT non registra (si pensi al particolare, ma forse occasionale, valore di pianista, nella cronaca politica del 2002, con riferimento ai parlamentári che vo-tano anche per gli assenti allungando il braccio sulk tastiera del vicino, o all*aggettivo smanicato, ehe non significa solo 'con le maniche rimboc-cate', ma che ě stato riferito nelľabbigliamento a camicie maschili del tutto prive di maniche, o, ancora, alľaccezione calcistica di cucchiaio 'pallonetto', la cui recente fortuna si lega al nome del giocatore romani-sta Francesco Totti). Alľinterno del patrimonio lessicale ě possibile distinguere porzioni di lessico comuni a tutti gli italiani o comunque largamente condivise. Alio stesso De Mauro spetta il merito di aver individuato, alľinterno del lessico, un settore particolare, da lui definito come vocabolario di base, formato dai circa 7.000 lessemi che costituiscono appunto la base di tutti i testi, sia scritti sia parlati, nella nostra lingua. II vocabolario di base ě suddiviso al suo interno in tre fasce: • il lessico fundamentale, che comprende circa 2.000 lessemi e cioě le parole funzionali {e, a, un, perché, come, solo, ecc), nonché i verbi, i sostan-tivi, gli aggettivi e gli awerbi piú frequenti, che rispondono ai bisogni piú naturali e immediati, e che sono noti praticamente a tutti coloro che parlano italiano (essere, avere, andare, mano, casa, gatto,pioggia, hello, forte, subito, ma anche legge, commercio, ecc); • il lessico di alto uso, comprendente tra i 2.500 e 3.000 lessemi, impie-gati frequentemente sia nel parlato sia nello scritto e noti a tutti coloro che hanno almeno un livello di istruzione medio (come pregiudizio, privilegio, definire); • il lessico di alta disponibilita, costituito da circa 2.300 lessemi legati a fatti, oggetti ed eventi della vita quotidiana, che, anche se non vengono nomi-nati spesso, sono ben noti a ogni parlante (come dentifriciojorchetta, ecc). Ě stato rilevato che il lessico fondamentale e quello di alto uso hanno una lunga durata e comprendono moltissime parole deriváte dal latino e at-testate fin dai primi secoli dell'italiano (del lessico fondamentale, in particolare, il totale delle voci documentate fino a tutto il Trecento supera 1'80%), mentre il lessico di alta disponibilita ě piú legato alle trasformazioni sociali e alle mode e comprende quindi anche parole entrate in italiano in tempi recenti o recentissimi, in seguito alia crescente diffusione di certi designata; l'elenco dei lessemi inclusi in questa fascia andrebbe pertanto periodica-mente controllato e aggiornato (un po' come si fa per i «generi di prima necessita» compresi nel «paniere» con cui l'lSTAT controlla l'inflazione, che viene periodicamente, e non senza polemiche, modificato). Altri 45.000 lessemi circa appartengono al cosiddetto vocabolario co-mune e compaiono in testi piú complessi, soprattutto scritti, comprensibili a chi ě fornito di un'istruzione medio-alta. II vocabolario di base e il vocabolario comune costituiscono il vocabolario corrente, al di fuori del quale si situano i lessemi, nel complesso molto piú numerosi, ma certo molto meno frequenti, che sono propri o della sola lingua letteraria (che, soprattutto nei secoli passati, e particolarmente in poesia, disponeva di un lessico selezionato, tendenzialmente lontano da quello del parlato) oppure dei vari linguaggi settoriali (della scienza, della tecnica, dell'architettura, della mu-sica, della linguistica, ecc), ognuno dei quali ha una propria terminológia specifica. Tra il vocabolario corrente e i diversi vocabolari settoriali non si hanno pero confini invalicabili, ma anzi esiste un rapporto di osmosi. Da una parte i vocabolari settoriali assumono dal vocabolario comune lessemi a cui assegnano valori specifici, spesso con l'aggiunta di aggettivi o di determinanti (pensiamo al valore di campo o forza in fisica); sono dunque questi significati particolari e non i lessemi in sé a far parte dei vocabolari settoriali (in effetti il GRADIT in questi casi dä alia voce una doppia etichetta). D'altra parte il vocabolario comune mutua lessemi dai vocabolari settoriali di scienze che rivestono una particolare importanza nella vita contemporanea (la medicína soprattutto, ma anche la psico-logia o ľeconomia), non di rado generalizzandone o banalizzandone il significato. 64 Capitolo 3 Lessico 65 Abbiamo ancora due settori del lessico da ricordare: da un lato le parole dei gerghi, dalľaltro le voci regionali. Le voci gergali sono le parole proprie di linguaggi usati da gruppi ben definiti, i quali, per comunicare tra loro in modo da non farsi comprendere da estranei, ma soprattutto per riconoscersi come appartenenti alio stesso gruppo, utilizzano, tra ľaltro, voci delia lingua comune o di base dialettale modificate o nel signifieato (pensiamo aforno, che nel gergo teatrale indica il 'teatro vuoto', o a seech tone, che nel gergo scolastico indica uno studente molto preparato, ma un po' impacciato) o nel significante (citiamo per esempio caramba, carabba o carubba 'carabiniere' nel gergo della malavita). Quanto ai regionalismi, si tratta di lessemi relativi anch'essi, come quelli che appartengono al vocabolario di base, a concetti legati a cose, fatti, eventi della realta quotidiana (a volte specifica di una determinata area), ma che non sono estesi sull'intero territorio nazionale, ma solo nelle varieta di italiano parlate in alcune regioni o subregioni; per lo piú si tratta di voci proprie dei dialetti locali, piú o meno italianizzate sul piano fono-morfologico (pensiamo alia varieta dei nomi e delle forme di pane: la mi-chetta milanese, la ciriola romana, la spiga ferrarese, ecc); a volte si tratta di parole esistenti anche in italiano, che in singole regioni assumono significati particolari (come il modenese gnocco, che indica un tipo di pasta lievitata e fritta, o la minestra di Bologna, riferita a qualunque primo piatto). Molto marcata localmente ě anche la fraseologia: citiamo per esempio la locuzione consolarsi con I'aglietto, usata a Roma per ironizzare su chi, dopo un aweni-mento negativo, trova conforto in qualcosa di irrisorio. Come i termini dei vocabolari settoriali, anche le voci (e i significati) regionali possono entrare nelľitaliano comune, in seguito o al prestigio di una determinata varieta re-gionale in un ämbito specifico, oppure alia fortuna del designatum; passano cosi dallo statuto di regionalismi a quello di dialett(al)ismi (vedi § 3.3). Tra i regionalismi particolarmente interessanti sono i geosinonimi, che indicano gli stessi oggetti in aree geografiche diverse (vedi quadro 3.2). QUADRO 32. Geosinonimi e geoomonimi La varieta dei dialetti italiani (che abbiamo visto nel quadro 1.1) ha lasciato varie tracce negli italiani regionali che si sono affiancati ai dialetti (di cui tratte-remo nel cap. VIII, § 2). Un settore di forte differenziazione regionale ě costi-tuito proprio dal lessico. Gran parte del vocabolario relativo alia vita quotidiana (nomi di utensili, mobili e capi d'abbigliamento, ahmend, anímali domestici, piante, parti del giorno, ma anche aggettivi qualificativi, verbi e awerbi di uso comune) ě soggetta a interferenze dialettali: il parlante dä infatti spesso veste fonomorfologica italiana a voci del suo dialetto che sono ancora vive localmente e cosi gli stessi concetti vengono indicati con termini che variano da zona a zona e che sono definiti geosinonimi appunto perché distribuiti in aree geografiche differenziate. Le ricerche novecentesche sui geosinonimi hanno mostrato come i regionalismi toscani non abbiano piú molta capacitä di espansione sul piano nazionale, ma siano spesso i geosinonimi di provenienza settentrionale, e a volte anche quelli románi o meridionali (specie nella cucina o in settori che richiedono sfumature connotative), a rivelarsi vincenti entrando nello standard (sebbene spesso la Toscana continui a opporsi con notevole resistenza): ecco cosi che il veneziano giocattolo ha avuto partita vinta sul toscano balocco (con buona pace di Pinocchio) e il romano pupazzo sul toscano fantoccio; il settentrionale adesso ha prevalso non solo sul meridionale e dialettale mó, ma anche sul toscano ora; il piemontese rubinetto ha trionfato sulle centrali chiavetta e cannella e il settentrionale brufolo sul toscano foruncolo e sul romano pedicello; le meridionali cozze hanno battuto i mitili toscani, i muscoli liguri e i peoci veneziani; anche Yanguria sta avanzando rispetto al cocomero e ad altri geosinonimi meridionali {melone, mellone, citrone). Si ripete spesso che i geosinonimi riguardano essenzialmente il lessico tradi-zionale, perché nuovi costumi sono omologanti e alcuni lessemi supportati dalla tecnologia e dalla grande industria sono ormai vincenti (cosi idraulico rispetto a stagnaro, stagnino, trombaiojontaniere, ecc; lavello invece di lavandino, lavabo, acquaio, secchiaio; vasca da bagno invece di tinozza o bagnarold). In effetti, sem-bra indubbia una čerta spinta unitaria, favorita dalla pubblicitä, daľľindustria e anche, per la definizione di certi mestieri, dalle «eufemistiche» scelte sindacali (il siciliano netturbino, che pareva prevalere su spazzino, scopino, ecc, pare ormai sconfitto áaW operátore ecologico). Resta pero il problema della sovrapponi-bilitä non sempře totale dei termini, nonché quello delia vitalita almeno locale