Fate clic per aggiungere testo Pasolini e la scoperta del cinema • Cosa succede quando un letterato, un intellettuale incontra il cinema? In che modo la sua formazione si confronta con la tecnologia e si traduce in stile? . Il cinema, la letteratura, la realtà “In principio, ho creduto che il passaggio dalla letteratura al cinema comportasse un semplice cambiamento di tecnica […]. Poi […] sono arrivato a capire che il cinema […] è un linguaggio a sé stante […]. Poi gradualmente mi resi conto che le cose erano anche più complicate: la passione che aveva assunto la forma di un grande amore per la letteratura e per la vita si era spogliata dell'amore per la letteratura diventando ciò che era davvero, ossia una passione per la vita, per la realtà, per la realtà fisica, sessuale, oggettuale ed esistenziale attorno a me. Questo è il mio primo, unico grande amore e in un certo qual modo il cinema mi ha costretto a rivolgermi ad esso e a esprimerlo in forma esclusiva”. Pasolini su Pasolini, Guanda, Parma 1992, pp. 44-45. La sceneggiatura • Pasolini è a Roma dal 1950. Si avvicina al cinema grazie a Bassani: dal 1953 scrive una ventina di sceneggiature, avvertite come testi letterari. Da qui il desiderio della regia e la pubblicazione delle sceneggiature di Accattone e Mamma Roma, successivamente espunte di tutte le indicazioni tecniche e “riletterarizzate”. • Riflessione sulla sceneggiatura. L'immissione di realtà sconvolge la previsione del film e rende la sceneggiatura “ridicolmente astratta”. • 1965: La sceneggiatura come “struttura che vuole essere un'altra struttura”. • Tratto specifico della sceneggiatura: testo duplice, sospeso tra parola e immagine, fondato sulla virtualità, sulla “volontà” di diventare immagine. Evocazione visiva della parola letteraria / funzione strutturale delle integrazioni visive dello spettatore. La sceneggiatura Le sceneggiature pasoliniane rivelano lo stile dello scrittore: - mimesi dialettale dei discorsi diretti; - discorso indiretto libero, usato anche per la descrizione dell'azione filmica (“coscienza sociologica” dell'autore, mescolanza tra la propria lingua e quella dei suoi personaggi; regressione 'verghiana'). Contaminazione: realismo e stile, documento e manierismo; “naturalismo che si muta in espressionismo”. Percorso all'indietro: dalla strumentalità della sceneggiatura, Pasolini elabora una nuova maniera letteraria (Il Rio della Grana, scritto in forma di appunti, e ancora altre forme impure); “la lezione del cinema è una lezione di oggettività”: “non so cosa darei perché, semanticamente, la lingua italiana avesse la validità assoluta e omologante di un'immagine fotografata”. L'influenza del cinema • Anche la letteratura pasoliniana è densa di infiltrazioni cinematografiche. Attenzione ai dati fisici della realtà, gusto visivo, influenzato dalla pittura. Molti racconti degli anni '50 sono descrizioni di vagabondaggi, con dettagli, scorci, campi lunghi, cambi di luce. Scrittura asciutta e scarna (appunto: da sceneggiatura). Accattone: la storia del film • Ispirazione “intrattenibile”. Pasolini si rivolge alla Federiz di Fellini. • “Ho così passato i più bei giorni della mia vita. […] Con un fotografo fedele, tutto preso dalla verginità del mio entusiasmo: col figlio di Bertolucci, Bernardo, altrettanto preso. Le facce, i corpi, le strade, i mucchi di baracche, i frammenti di palazzoni, le pareti nere dei grattacieli spaccati, il fango, le siepi, i prati delle periferie sparsi di mattoni e di immondizia: ogni cosa si presentava in una luce fresca, nuova, inebriante, aveva un aspetto assoluto e paradisiaco”. Incontro con Pier Paolo Pasolini, “Inquadrature”, n. 15-16, 1968 Accattone: la storia del film Fellini vede le foto, e invita Pasolini a girare due scene. Immersione diretta nella fisicità: “non avrei mai immaginato che il lavoro della regia fosse così straordinario. […] seguivo una norma di assoluta semplicità espressiva. Sarebbe troppo lungo entrare nei particolari: la lotta contro la luce, in continuo, ossessionante mutare, la lotta contro la vecchia macchina da presa; la lotta con i miei attori di Torpignattara, tutti, come me, al loro primo set. Ma erano lotte che si risolvevano sempre in piccole, consolanti vittorie”. Pier Paolo Pasolini, Accattone, FM, Roma 1961, p. 3. Accattone: la storia del film • Fellini però non è contento. Non gli piacciono la povertà e la rozzezza delle riprese. “Fellini mi ha detto che non sono un regista”... ma Pasolini difende il suo lavoro: “rapido, affrettato, sciatto, buttato via, senza coloriture e atmosfere”. • Grazie a Bolognini, per cui aveva scritto delle sceneggiature, Pasolini arriva a Alfredo Bini, che produrrà il film. • Accattone venne presentato a Venezia il 31 agosto 1961. Scatenò subito grandi polemiche e fu vietato ai minori di 18 anni (provvedimento eccezionale). La poetica “Due punti di vista: quello dell'intellettuale marxista e quello dell'uomo semplice”. Si sentono ancora i caratteri della poetica neorealista: - le culture altre e emarginate, le periferie; - i volti degli attori, in genere non professionisti; - l’uso del dialetto; - il rifiuto della spettacolarità; - uso della soggettiva e della soggettiva indiretta, segnale della sensibilità sociologica dell'autore, della sua responsabilità (Mamma Roma, 1h43m30s). P.P. Pasolini, Diario linguistico, “Rinascita”, 6 marzo 1965 La poetica “La caratteristica ideologica [del neorealismo] è la speranza. La speranza nell'avvenire. […] E questa speranza giustifica un certo amore incondizionato per l'uomo medio. […] Nel mio film c'è la predominanza del primo piano […] in funzione, direi, di sacralità. E la caratteristica di questa figura stilistica non è la speranza ma la disperazione. E con la scomparsa della speranza, c'è anche la scomparsa dell'amore per l'uomo medio. C'è l'amore per l'eroe, l'uomo eccezionale. Così, un personaggio tipico del neorealismo come Accattone – un poveraccio di un sobborgo romano – diviene un personaggio eccezionale”. In A. Bergala e J. Narboni (a cura di), Pasolini cinéaste, “Cahiers du Cinéma”, hors série, 1981, p. 45. La regia • Pratica registica ancora molto legata al neorealismo. Programma: niente doppiaggio, niente rumori esterni, poche luci, fotografia semplice, rifiuto dello studio e predilezione per gli ambienti naturali, nessuna ricostruzione o abbellimento. • Poche prove, e poche indicazioni. Senza per questo inseguire il mito della spontaneità... cambiamento di rotta sul doppiaggio (Paolo Ferrari, Monica Vitti... disintegrazione dell'unità della persona, e sua ricomposizione impura). Le riprese Rigore nell'adesione alla sceneggiatura (“l'ho seguita quasi alla lettera”). Le dinamiche della ripresa sono però imprevedibili: “Nella sceneggiatura c'era già tutto, e nulla ho inventato e improvvisato in sede di ripresa, salvo piccoli e irrilevanti dettagli; […] tuttavia il film alla fine è risultato una cosa nuova. […] La scelta di quel marciapiede anziché di un altro marciapiede, la scelta di quella luce anziché di un'altra luce […] ha fatto sì che alla fine Accattone fosse totalmente diverso da quello che avevo visto nella sceneggiatura”. Una visione del mondo epico-religiosa, “Bianco e Nero”, n. 6, giugno 1964, pp. 15-16 Gli attori • “Scelgo gli attori per quello che sono, e non per quello che hanno l'abilità di sembrare”. Accattone è Franco Citti. I suoi scatti aggressivi e autodistruttivi derivano da un'angoscia incolmabile “di tipo preistorico”, non quella “borghese, irrazionalista e quindi anarchica” che caratterizza secondo Pasolini il protagonista di A bout de souffle (1961). Incontro con Pier Paolo Pasolini, “Inquadrature”, n. 15-16, 1968 Gli attori • Attenzione espressionista per i corpi, le maschere dei volti e l'andamento delle camminate. L'attore è un materiale plastico. Un “oggetto”, sottoposto a un processo di manipolazione stilistica e collocato nello spazio. • Mescolanza di varie tipologie umane: i sottoproletari delle borgate, l'attrice professionista, una giornalista, una scrittrice... e altre figure semi-professionali. Adriana Asti Adriana Asti A. Ferrara, Pasolini, 2014 Elsa Morante Adele Cambria • https://www.youtube.com/ watch?v=i9m8XemDRAI Franca Pasut Franca Pasut F. Fellini, La dolce vita, 1960. Silvana Corsini L'esergo dal Purgatorio • Contesa tra angelo e demonio per l'anima di Bonconte, che si guadagna il paradiso per un piccolo pentimento in punto di morte. • Chiave per interpretare la vicenda di Accattone, sotto il segno della redenzione. L'esergo dal Purgatorio • La redenzione di Accattone è semmai nella morte, che lo sottrae all'inferno della borgata. È riconoscibile soprattutto nella “sacralità tecnica” dello sguardo della mdp: riscatto estetico. Accattone versa molte “lacrimette” nel film, ma mai per pentimento. I versi di Dante hanno seguito nel film solo nella sequenza II (vicenda di Barberone). L'esergo dal Purgatorio • Dante è presente in Accattone soprattutto a livello concettuale: un viaggio in una terra di dannati, relegati in un lager senza uscita. Idea presente anche in altri progetti pasoliniani. Le parole Continuo dialogo con il cielo Accattone: • “Sia fatta la volontà di Dio!”; • “Madonna, fateme santo che la penitenza l'ho già fatta”; • “Ma possibile che la vita mia debba fini' così? Ma io nun ce sto! Manco se vie' Gesù Cristo pe' tera!”; • “Ce lo manda Dio”; • “Chi ha fede nella Provvidenza non si morirà mai di fame”; • “Stanno anna' a fa' l'ultima cena”; • “Brindo al cielo benedetto...”. • Al bar: “Orate frates”; “È passato un angelo e ha detto amen”; • Capogna: “Senti quello che ti dice il profeta...”. • Il Tedesco parla di “digiuno universale”. “A te ti ha protetto santo Barberone!” • Sabino (al fratello che gli chiede da chi ha preso la voglia di lavorare): “Da San Sebastiano martire”. • Il Balilla: “Che stai a fa', le lacrimae Christi”? • Salvatore: “Siamo nelle mani di Dio”; “la Madonna vede e provvede”. Le parole “Vedi Stella? Te pare il presepio?” . Le parole della sceneggiatura • Salvatore è biondo e con un sorriso radioso, assimilato all'arcangelo Michele. • La grande barca sul Tevere: “un'arca di Noè”. • Il Tedesco, quando dice ad Accattone di Maddalena, ha “la faccia ispirata come quella di un santo tra le fiamme dell'inferno”. • Abbondano anche i riferimenti agli angeli e a piccoli animali, riconosciuti nell'innocenza infantile: “angioletto”, “fringuelletto”... Iaio è un “uccelletto” che guarda il padre “con occhi di agnellino”. Gli sguardi • I personaggi guardano verso l'alto (Accattone dopo la giornata di lavoro, il Capogna, il Tedesco, il Balilla) L’ultima cena • La seq. II è un “ultimo pranzo”, con la consegna agli apostoli delle ultime volontà. (4m) Mamma Roma . Leonardo, Cenacolo . Accattone . Mamma Roma . Mantegna, Cristo morto . Stella Piero della Francesca, Annunciazione.Arezzo, S. Francesco. L'inquadratura • “In Accattone non c'è mai un'inquadratura […] in cui si veda una persona di spalle, non c'è mai un personaggio che entri in campo e poi esca di campo, non c'è mai l'uso del dolly […] il mio gusto cinematografico non è di origine cinematografica, ma figurativa. Quello che io ho in testa, come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio, di Giotto […]. E non riesco a concepire immagini, paesaggi, composizioni di figure al di fuori di questa mia iniziale passione pittorica, trecentesca, che ha l'uomo come centro di ogni prospettiva”. Diario al registratore, in P.P. Pasolini, Mamma Roma, Rizzoli, Milano 1962, p. 145. Il primo piano Dreyer, La passione di Giovanna d'Arco (1928). Uso estremo del primo piano. Pasolini però preferisce la misura del ritratto. Mario Cipriani “so' sempre stato in mezzo al fango” vs. 1h13m50s Sequenza IV “che sta' a fa', la lacrima Christi, tanto non commuovi nessuno, sa'!” (13m) Il pianto nel Vangelo è “il segno dell'imitazione, dell'incarnazione del Cristo nell'uomo”; la dimensione corporea diviene “veicolo tra il divino e l'umano”. J. Le Goff, Il corpo nel Medioevo. Sequenza X 34m22s Sequenza XXVI 1h40m Il Vangelo secondo Giovanni “Chi beve dell'acqua che io gli darò non avrà mai più sete” (4:14) “Chi crede in me non avrà più sete” (6:35) “Chi ha sete venga a me, e beva chi crede in me” (7:37) Motivo evangelico: parola e acqua. Temi della 'predicazione' di Balilla: povertà e valore delle scelte individuali. Loquacità (seq. X) e afasia (seq. XXVI) Nel soggetto del film, Balilla invita semplicemente Accattone a riprendere la collaborazione nel furto. Considerazioni sull'etica professionale di ladri, mendicanti e papponi appaiono solo a partire dalla sceneggiatura (cfr. anche 16m50s). La sceneggiatura si era limitata a notare che la voce di Balilla “è solo un ronzio”, che “non si capisce bene quello che dice”. Accattone: “nun te sento”. Paradiso, I Vero è che, come forma non s’accorda molte fiate a l’intenzion de l’arte, perch’a risponder la materia è sorda, 129 così da questo corso si diparte talor la creatura, c’ha podere di piegar, così pinta, in altra parte; 132 e sì come veder si può cadere foco di nube, sì l’impeto primo l’atterra torto da falso piacere. 135 Sceneggiatura sequenza IV: “sdentato, grosso, paonazzo”; “con occhi infernali”. sequenza X: Balilla è “tutto ingobbito e malandro, vecchio gratta all'antica”. sequenza XXVI: ha “un sorriso furbo [...] e dice qualcosa, come dicesse una sparata allegra e minacciosa”. P. P. Pasolini, Accattone, in W. Siti e F. Zabagli (a cura di), Per il cinema, Mondadori, Milano 2001, vol. I, pp. 21, 44 e 131. Sequenza XXVIId “Mannaggia ar core de Giuda, mannaggia...” (da 1h45m55s) La croce • Emblema del sacrificio: l'intero film è una lunga via crucis. • Spesso i personaggi si fanno il segno della croce: Accattone prima del tuffo, il Balilla, poi ripetutamente nei due funerali. E poi nella sequenza finale: simbologia ambigua, su cui Pasolini ha sempre insistito (1h51m). La croce “Mi auguro che pochi saranno gli spettatori che vedranno un significato di speranza nel segno della croce con cui il film si conclude”. P.P. Pasolini, Il paradiso di Accattone, “Vie Nuove”, 1° luglio 1961 La ricotta (1963) • https://www.youtube.com/watch?v=Xf9Y4jb0MD8 • https://www.youtube.com/watch?v=QTvb33BfCmI • Stracci è il vero Cristo, che “trova nella morte il mezzo per affermare la propria identità” (T. Subini). La ricotta “come un fachiro, un ingoiatore di spade […] una bocca che mangia […] bestia che non vede e non sente [e che poi] rutta: […] un pitone che digerisce, gonfio, rosso, sfigurato”. P. P. Pasolini, La ricotta, in W. Siti e F. Zabagli (a cura di), Per il cinema, Mondadori, Milano 2001, vol. I, p. 348. La musica, il sacro “Io sentivo, sapevo che dentro questa degradazione c'era qualcosa di sacro, qualcosa di religioso in senso vago e generale della parola, e allora questo aggettivo «sacro» l'ho aggiunto con la musica”. René Girard, La violenza e il sacro. Ritualizzazione della violenza, sacralità del sacrificio, funzione istituzionale del capro espiatorio. Colonna sonora. Viaggio attraverso la musica nel cinema italiano, “Bianco e Nero”, n. 3-4, marzo-aprile 1967 La musica, il sacro Il Coro n. 78 della Passione secondo Matteo di Bach dà voce alla simbiosi tra sacro e violenza: seq. VI e X. Funzione straniante e sublimatrice: lo spettatore è distolto da un atto di ordinaria delinquenza, trasformato in uno spettacolo sacro. Seq. X: lotta selvaggia tra Accattone e suo cognato. Una normale rissa viene spettacolarizzata (c'è un pubblico anche sulla scena!). Violenza di un atto rituale (44m28s). Nel film il Coro torna ancora tre volte: uso della musica come Leitmotiv, legato cioè ai personaggi e ai temi chiave del film. Il Concerto brandenburghese n. 2 è invece legato all'amore; l'Actus tragicus all'inganno e al tradimento, il Concerto brandenburghese n. 1 alle scenate di Accattone. Molti dei commenti musicali sono già indicati nella sceneggiatura. La morte Il tema è costante nella produzione pasoliniana, quasi ossessivo. Dalla morte deriva la sacralità della vita, ricondotta nell'orizzonte del mito tragico. “L'unica grandezza dell'uomo è la sua tragedia […] L'unica cosa che dà una vera grandezza all'uomo è il fatto che muoia”; “è l'aspetto dell'esistere più mitico ed epico”. La trama dialogica e visiva di Accattone è colma di impronte mortuarie: se ne parla continuamente, e se ne vede continuamente il segno. “Mamma Roma” ovvero dalla responsabilità individuale alla responsabilità collettiva, “Filmcritica”, n. 125, settembre 1962 Il montaggio • Trasforma gli appunti in scrittura, il caos dell'esistenza all'ordine del racconto. Il linguaggio del cinema si trasforma nel linguaggio del film: il cinema è, come la vita, un eterno presente, dal senso sospeso e misterioso. Il film è la morte del cinema: il passaggio dalla natura alla storia. Il montaggio Il montaggio è usato con grande libertà, e infrange spesso la logica topografica dell'ambiente di ripresa. Il regista è libero come un pittore. Indifferenza alle regole della verosimiglianza, scarsa cura della coerenza spaziale. Es. posizione di Accattone sul ponte (4m58s), la disposizione dei mobili di casa sua, incongruenze nel dialogo all'inizio della seq. VI, dovuta all'espunzione di alcune inquadrature. L'inquadratura “Gli obbiettivi erano rigorosamente il 50 e il 75: obbiettivi che appesantiscono la materia […], danno grevità e spesso sgradevolezza di legno tarlato o molle pietra alle figure. Specie se usati con la luce 'sporca' [...]”. Lo schermo è il luogo in cui le forme del mondo si cristallizzano in una visione esemplare, religiosa e nello stesso tempo sensuale. Primitivismo e trasfigurazione dell'infimo in sublime. Confessioni tecniche, in P.P. Pasolini, Uccellacci e uccellini, Garzanti, Milano 1966, p. 44. La frontalità J. Duflot, Il sogno del centauro, Editori Riuniti, Roma 1983, p. 95. Confessioni tecniche, in P.P. Pasolini, Uccellacci e uccellini, Garzanti, Milano 1966, pp. 44-45. In Accattone le figure sono contemplate in isolamento. Violento salto di dimensione: dal naturale al sacro, dal quotidiano all'eterno. La panoramica • Panoramica a stazioni: la mdp si muove con fermate e riprese (es. seq. XII, 54m50s): enfasi sull'isolamento ritrattistico di ogni personaggio. Come l'occhio su un quadro. • Effetto cornice: la panoramica prevede un movimento di andata e ritorno, come se l'inquadratura fosse chiusa, senza sconfinamenti nel fuori campo. • Effetto specchio: seq. XI, con le panoramiche sui palazzi che la aprono e la chiudono (48m43s). “Non c'è niente di più tecnicamente sacro che una lenta panoramica” (seq. X, 34m24s). La luce “In fondo fare il cinema è una questione di sole”. Il sole è il primo attore dei primi film di Pasolini. Prime parole della sceneggiatura di Accattone: “Tutto brucia. Il sole tenero della mattina di fine estate, come calce rovente”. La luce del sole investe i personaggi, divora le cose, scava i volti. Pasolini vuole una luce alla Dreyer, densa di chiaroscuri. Uso di un filtro arancione, che accentua i bianchi. Pellicola: Ferrania P30, uscita nel 1960 e particolarmente dura. Sequenza del sogno. Nasce da un sogno dello stesso Pasolini. Luce abbagliante e distruttiva del mezzogiorno. I personaggi si muovono come fantasmi. Diario al registratore, in P.P. Pasolini, Mamma Roma, Rizzoli, Milano 1962, p. 145. La strada • La strada: icona centrale del paesaggio sottoproletario. • L'azione si svolge quasi sempre all'aperto. “Franco Citti che cammina contro uno sfondo di sole”: eterno, disperato vagabondaggio. • Uso del carrello indietro, spesso molto lungo. Il fiume • Accompagna tutte le peripezie suicide del protagonista. Il ponte allude a una soglia, a un varco tra la vita e la morte. • Bozza della sceneggiatura: “Accattone si tuffa dal ponte, arrotando i denti, piangendo. Vola nell'acqua. I ragazzini […] si sporgono. Non si vede niente, solo l'acqua nera che fila, e buonanotte”. Il fiume • Seq. XVII, antitetica e complementare alla II: tuffo mancato e interramento. Sceneggiatura: “Un mascherone nero, con la sabbia appiccicata sulla faccia bagnata, contro le palpebre, il naso, le guance, la fronte, il mento. Non ha più niente di umano”. • Accattone è ora un demone, sprofondato in un inferno senza uscita. • Uso del commento sonoro. Il 'baretto' • Funzione di commento. Micciché: coro greco, tragedia. La storia di Accattone è un calvario; al bar se ne scandiscono le stazioni (6: scommessa, fermo di polizia, perdita del sostentamento, fame, amore, lavoro). Anafora: ritorno della stessa figurazione > senso di eterna ripetizione, impossibilità della fuga. Ripetizioni, analogie... • Anche la ripetizione ha il suo fondamento nella letteratura religiosa e nella preghiera. Gli amici, poi, sono dodici, come gli apostoli. • Simmetrie: due sequenze fluviali, entrambe introdotte da una situazione conviviale; altri due ponti, nel sogno e nell'epilogo; tre sopralluoghi tra le prostitute (due abbandoni); presenza di un ragazzino quando Accattone ritorna a casa; due viaggi al deposito di bottiglie, che si concludono con due lunghi carrelli. Quattro visite alla borgata Gordiani (una nel sogno); due incontri con Balilla alla fontana (uno nel sogno). Ripetizioni, analogie... Il primo progetto del film si concludeva nel giorno dei morti, con la città piena di fiori. La sequenza della visita al cimitero dove è sepolto il padre di Stella (girata e poi espunta) prevedeva che Accattone aiutasse la ragazza a raccogliere margherite. I fiori di Scucchia aprono e chiudono il film, segno premonitore della morte di Accattone. Ripetizioni, analogie... Cinque inserti con gli occhi del poliziotto, variante originale del classico montaggio alternato tra inseguitore e inseguito. Sembra che lo sguardo non appartenga al racconto: astratto, inquietante. I nomi: Stella Il nome è un'esplicita maschera verbale. Apparizione epifanica (concerto brandenburghese n. 2), commistione di alto e basso, sacro e profano. Grazia delle madonne contadine (l'attrice è friulana, e Accattone le chiede se è di Roma). Le bottiglie Giorgio Morandi, Natura morta. I nomi: Maddalena È la prostituta tragica del Vangelo, disprezzata da tutti. Per Accattone è una “Madonna addolorata”. La morte La morte è una condizione costante, per il sottoproletario. Uccellacci e uccellini Ninetto chiede come fa uno “a sape' quando è vivo e quando è morto”. Totò: “il poveraccio passa da una morte all'altra”. Per Accattone la morte è una “misera presa di coscienza”, un “pallido e confuso atto di redenzione”. La fine tragica lo riscatta. La sequenza del sogno Accattone non sogna di morire, ma di essere già morto. Rafforzamento della valenza fantasmatica dell'intero film. Rif.: Bergman e Dreyer. Uso della soggettiva libera indiretta: contaminazione tra gli sguardi del personaggio e dell'autore. Manifestazione della soggettività del regista. Così, sotto la superficie realistica del film, se ne nasconde un altro, “di carattere espressivoespressionistico”. La sequenza del sogno può essere vista come un momento in cui il secondo film si impone sul primo. La sequenza ricapitola il film secondo i tipici procedimenti onirici: spostamento di figure, spazi e situazioni. Alcuni estratti sono tratti dalla memoria del film; il doppio diventa il motore della sequenza: il dormiente vede se stesso che scopre la propria morte, e diventa soggetto e oggetto del proprio funerale. La sequenza del sogno Prima inquadratura. Accattone ripete le sue azioni abituali. Cammina con aria da sonnambulo, in un vuoto irreale; il muretto funziona come orizzonte. Dal vuoto alla visione allucinata dei napoletani: soggettive disorientate e dolorose, non così diverse da quelle che abbiamo già conosciuto nel film. La borgata è uno spazio di detriti, popolata solo da uomini. Esplode anche il naturalismo della scrittura dell'autore: lo sfondo cambia, senza alcuna logica. Presenza di un fuori campo: i napoletani. Sono irruzioni fantasmatiche, prodotte dall'inconscio. L'ultima visione è un paradiso che sembra “dipinto da Corot”, riscatto luminoso dall'esperienza del buio che ha segnato la vita. Il canto degli uccelli sostituisce il rantolo di Accattone. Ritorno al luogo misterioso da cui si proviene, dopo la violenza della storia. Una visione del paradiso Mito religioso di un'armonia originaria. Nel film si traduce in immagine nella sequenza del sogno. Accattone P.P. Pasolini, Il mio “Accattone” in Tv dopo il genocidio, “Corriere della sera”, 8 ottobre 1975. Se oggi volessi rigirare Accattone, non potrei più farlo. Non troverei più un solo giovane che fosse nel suo “corpo” neanche lontanamente simile ai giovani che hanno rappresentato se stessi in Accattone. Non troverei più un solo giovane che sapesse dire, con quella voce, quelle battute. Non soltanto egli non avrebbe lo spirito e la mentalità per dirle, ma addirittura non le capirebbe nemmeno. Intervista a Franco Citti Da A futura memoria: Pier Paolo Pasolini, 1986 https://www.youtube.com/watch?v=P5harXkzqYs . Dr. Alessandro Marini Katedra Romanistiky Filozofická Fakulta UP Křížkovského 10 779 00 - Olomouc (CZ) E-mail: alessandro.marini@upol.cz