ERIGGI E OMBRE ^rsenio Tanto l'eccezionale persistenza dell'interesse critico quan to 1'apertura alla nuova stagione delle Occasioni hanno ra-tificato il rilievo assegnato a questo těsto gia dalla colloca-zione solitaria nella sottosezione centrale di «Meriggi e ombre». Composizione cronologicamente estrema del pri-mo libro (Tunica del 1927), Arsenio vede la luce, appena composta, sul numero di «Solaria» del giugno 1927, rice-vendo l'onore di una pronta traduzione di Praz per la pre-stigiosa rivista «Criterion» di Eliot: singulare destino, per la prima prova montaliana pienamente convergente con la tecnica appunto eliotiana del correlativo oggettivo. Si ě giustamente insistito sul carattere narrativo e natu-ralistico di questo těsto; o almeno delle prime quattro strofě. La vicenda ě ambientata in una localita balneare, nella quale i suoni di unorchestrina zigana si intrecciano e si confondono con quelli del temporale imminente. Ai segni Premonitori succede lo scatenarsi della pioggia, sempře piú 'mpetuosa. Su questo scenario quotidiano e perfino banale si inserisce la vicenda del personaggio cui il těsto si intitola, e che ne costituisce una delle novitá piú significative. Alter ego e proiezione del soggetto lirico, Arsenio vive con tor-«*nto la vita inautentica della stagione balneare e si aggira 5* irresolutezza ansiosa. Solo gli annunci ^ 11 suo scatenarsi (il vento, i fulmini, . ^ina, la pioggia) divengono P^^^^Z, tlv* Possibile all'insensatezza; ed egli a ^Pegn e ^^cadique, "miracolo" ^^^^ ^^m^Tverö non awiene. rase na«u dťl nubifragio, Arsenio puö solamente giungere ijgs ----- 203 zione intera della propria fragilita esistenziale e stabilir contatto fuggevole con il mondo dclle esistenze fal]itc.°Uri cioe percepire con la massima intensita il destino di satezza e di morte che caratterizza la condizione dell'uSen moderno. Ě negata la percezione di un oltre che possa valore äTIa vita; la quäle resta tutta nel piano fenomenico Dietro la superficie naturale non c'e nulla; o solo la «cene re» dei gesti e delle esistenze protese a dare un senso alle cose. Patire questo destino vuol dire, per ciö che riguarda il referente narrativo, essere ricacciati entro quello stesso orizzonte dei falsi vivi (o vivi-morti) che abitano la cittä da cui, proprio, si cercava di evadere. La novitä e il rilievo di questo testo non stanno tanto nei suoi impliciti contenuti esistenziali e filosofici - che il letto-re degli Ossi ha giä incontrato altre volte -, quanto nella tecnica della rappresentazione, che rinuncia deliberata-mente a fondere i due piani dei discorso, owero i due livel-li di significato, su cui la poesia ě organizzata: i comuni eventi di una cittadina balneare colpita da un temporale e il senso dei destino individuale e della vita. «II rapporto tra il banale e il significativo» (Guglielmi) puö essere stabilito solo con la forza di un procedimento di tipo.aJlego.rJ£0, «che innalza la vicenda dell'io a sublimata parabola [...] in un clima di astratta tragedia» (Luperini). Con Arsenio si sanci-sce insomma, nella poesia montaliana, la definitiva nnun ~ i„ „„„„„^„^ c;™k^Ucti™ Hi referti natura" avanti la cia a tentare la compresenza simbolistica di refert o autobiografici e del loro significato. Dora in ^ scommessa della poesia montaliana consistent nello di dare alle nude cose quel significato che il soggett°taggio e intende: di attribuirlo, come qui, tentando un • c ,n c£ mem c e una dialettica che congiungano i reterenii in **> loro possibile senso. , ^and' II nome Arsenio sembra suggerito, piu che a jca j] no-letterari, da ragioni di suono: la seconda met£ e a Mime del poeta, Eugenio, ed e testimoniata nelle e > ^ no Frank (dove Montale stesso lo definisce « ^iCp-proiezione del mio») l'intenzione di co^ ^ xoSs\^ tratto con un Eusebio schumanniano. C'e poi la^ne forse' con il nome di Arietta (segnalata da Barile) e i .j richiamo alia latina ars e a un concetto chiave degli Ossi, 4ľľgesTvat'rievocazione d'autore in una lettera a Sri del 4 marzo 1975: arsenio fu scntta m forse 10 °C n lb stanza d'affitto di una levatrice, via del Pratel-í1 F renze da un tale che si chiamava come me ma non ero°ío. C e una tempesta reale e una tempesta in un cranio. Sina prepare e condiziona l'altra». METRICA Cinque strofe di analoga lunghezza (da dieci a dodici versi, le prime quattro; di quindici, ľultima) e di tutti endecasillabi, con tre eccezioni nella prima strofe (un sette-nario al v. 9 e due quinari ai w. 7 e 11). La straordinaria mobilita del rapporto fra respiro metrico e respiro sintattico (inaugurata nella nostra poesia moderna da Leopardi) replica nella forma lo sdoppiamento di piani, o di livelli, denun-ciato per il procedimento della rappresentazione. Accuratis-simo ma per lo piu dissimulato il lavoro sui significanti: accanto a numerose rime, esposte e interne, prendono posto raffinati effetti d'eco che valorizzano la natura in qualche modo "sinfonica" del componimento. Una particolare atten-zione ě riservata poi ai vocaboli sdruccioli, fitti anche in fine di verso nella terza strofe e comunque presenti nei versi ini-zmli di strofe (per tre volte nelľattacco della poesia). 1 turbini sollevano la polvere sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi eserti, ove i cavalli incappucciati ^nusano la terra, fermi innanzi s'yetn luccicanti degli alberghi. 5 u corso, in faccia al mare, tu discendi ^'i^Sl T"""1 COlpÍ di Vem°- indizi del temporale in arri-telle impľrtabT: SOn0 1 "ľ1'' dd,e CarrOZZe- coperti dľman-£ ^ iV," Part,COlare COn 11 caPo Protetľo da cap^uc- ucendi. la seconda persona ě rivolta ad Arsenio che 204 205 in questo giorno or piovorno ora acceso, in cui par scatti a sconvolgerne 1'ore uguali, strette in trama, un ritornello di castagnette. Ě il segno ďunaltra orbita: tu seguilo. Discendi allorizzonte che sovrasta una tromba di piombo, alta sui gorghi, piu ďessi vagabonda: salso nembo cammina sul corso cittadino, in discesa, verso il maře. orpiovor no ora acceso: a tratti piovoso a tratti illuminato (forse da brevi schiarite, forse da lampi). Uaggettivo «piovorno» significa pro-priamente "che minaccia pioggia", ed ě in Carducci, in Pascoli e in Gozzano. in cui par... castagnette: giorno nel quale sembra par-tire a tratti («scatti») un rumore ritmico di castagnette, chescon-volge le sue (del giorno) ore monotone, costrette in una trama, cioě in un disegno giá deciso. Si annuncia qui un primo segnale capace di aprire l'accesso a una dimensione che salvi dalla monotonia insensata e soffocante della successione temporale. Le •castagnette" possono essere qui le "castagnole", cioě "petardi" (con riferimento ai tuoni lontani); oppure "strumenti musicali simili alle nacchere" (con riferimento allorchestrina zigana di cui si parlerá in seguito e, ancora, a tuoni: suoni degli strumenti e suoru naturali si scambiano anche in seguito le parti). Chiosa Montale in una lettera del 5 marzo 1928 a Frank: «Quel suono di castagnet^ te sfuggito alia maglia delle cose ě il primo segno che il temp esce di squadra" (direbbe Shakespeare)»; e in unaltra di quai giorno dopo propone, per la traduzione, «soudain éclate». 12-23. il segno... orbita: il segnale di una dimensione (esiste diversa, rispetto a quella monotona e inautentica dei Nella lettera sopra ricordata, Montale spiega che « oid ^ ^ le "ordine"». tu seguilo: riferito al «segno» ě il pnm ^.$pon. imperativi rivolti al protagonista (cfr. w. 13, 17, iy ■ jtiva sot-denti al suo tentativo di accedere a una dimension v ^ tratta alla necessitá. una tromba... vagabonda, un ^ , rina (cfr. Corno inglese, vv. 12-13) color grigio >L bo*d*> piombo, sollevata sulle acque del mare e mob»e ^ nte.. piu di esse. Ě sogg. di «sovrasta»; mentre ogg. e l o {aSOffiaio'' SO... nubi: ruotante nembo salato, che il vento spmg 20 2=; . ante sofflatodalribelle vortl ?n alle nubi; fa che il passo e'T liaia ti scricchioli e ťinciampi 'TTmoltoatteso, che ti scampi alenalimmotoandare.ohtropponoto delirío, Arsenio, ďimmobilitá... Ascolta tra i palmizi il getto tremulo dei violini, spento quando rotola il tuono con un fremer di lamiera percossa; la tempesta ě dolce quando dal mare, elemento selvaggio («ribelle»), verso le nubi. II «nembo» h propriamente una pioggia intensa e circoscritta; fra gli usi estensivi e possibile anche il senso di "addensamento di umidita, polvere, pioggia, acqua marina", fa che... scricchioli: va' a cammi- nare sulla ghiaia e poi tra le alghe, facendoti intricare dal loro gro- viglio; uscendo, dunque, dalla strada cittadina e awicinandosi al mare, fino a raggiungere la riva. quell'istante... immobilitd...: l'i- stante in cui raggiungi la riva e forse quello, atteso e desiderato, in grado di salvarti dalla fine del tuo cammino, il quale e solo l'anel- lo di una catena (cioe non ha margini di libera scelta), e un proce- dere immobile, e una frenesia senza movimento («delirio... d'im- jnobilita») che tu, Arsenio, conosci fin troppo bene. Uscire dai luoghi cittadini e accedere a un contatto con la natura nel mo- |"e"'° in cui sembrano provenirne segnali di eccezionalita po- trebbe salvare Arsenio dalla vita come necessita senza liberta e aaiia m.naccia della fine (non senza una possibile allusione all'i- biali (1 su"rldlo): 'mmagini rese qui, icasticamente, con prover- bili,VTTU n°Sfimoriche («immoto andare», «delirio... d'immo-b.ly») che alludono a„a condiziQne d. vita.morte il SuSTlZ!: P'ante frecluenti ™ centri liguri. il getto... violi- c°nsist'™ I'r0^1 COlP° darC° geUat°"' ° balzato- che 'Ghetto^sulle corde rap,damente note fa"ndo rimbalzare Si^Piu(fe«sS?o nP"r- PeWOSSa: U SUOn° dei violini non tU0"i. che prXl P C sovrastat°) durante il verificarsi dei Producono un rumore simile al vibrare (.fremer.) della 206 207 sgorga bianca la Stella di Canicola nel cielo azzurro e lunge par la sera ch'e prossima: se il fulmine la incide dirama come un albero prezioso entro la luce che s'arrosa: e il timpano degli tzigani e il rombo silenzioso. Discendi in mezzo al buio che precipita e muta il mezzogiorno in una notte di globi accesi, dondolanti a riva, - 30 35 lamiera colpita. sgorga: nasce. Canicola: Sirio, nella costellazio-ne del Cane minore, sorgendo insieme alia quale il Sole porta alia nostra latitudine, il cuore dell'estate. Dunque la stella non e visibi-le nelle notti estive; e qui Montale, personalizzando per mezzo di un dato concreto un luogo comune (ma generico) della tradizione poetica, e dunque incorso in una imprecisione. La «tempesta» e comunque «dolce» (cfr. v. 27) nell'estate, parrebbe, per la mitezza del clima. lunge... prossima: e la sera, ormai vicina, sembra inve-ce ancora lontana (a causa della lunghezza estiva del giorno). se il fulmine... arrosa: se il fulmine fa un disegno sul cielo serale («la incide»), tratteggia rami («dirama») simili a quelli di un albero prezioso in mezzo alia luce che sta diventando rosa («s'arrosa») per il tramonto. e il timpano... silenzioso: e il timpano dell'orche-strina zigana coincide («e») con il tuono che non si ode; forse per-chg il fulmine e stato troppo lontano, o forse perche" il suono del-l'orchestrina ha questa volta coperto il tuono cosi come ai w. 24-27, al contrario, il tuono aveva coperto il suono piu discreto dei violini. Fatto sta che Montale cosi spiega a Frank: «il colpo <« timpano degli tzigani fa da tuono (assai dolcemente) a quel larnp^ silenzioso* (dove andra notata la significativa sostituzione de parola «lampo» al «rombo» del testo, che spinge a rendere Pre^n0 bile la prima delle due ipotesi interpretative). Il «timpano» e strumento a percussione. ipita: 34-44. Discendi: imperative come al v. 13. in mezzo- PreC^re nelle tenebre che scendono improwisamente, vuoi per 1 ava g della sera, vuoi per loscurarsi del cielo all'arrivo del temper^ muta... riva: il buio trasforma il giorno fino a quel momen^ ^ ra luminoso («muta il mezzogiorno») in una notte in cui h"feSteg-dondolano globi luminosi: i lampioncini sferici accesi per 40 e fuon, dove un'ombra sola tiene mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita I'acetilene - finché goccia trepido il cielo, fuma il suolo che s'abbevera, tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono le tende molli, un fruscio immenso rade la terra, giú s'afflosciano stridendo le lanterne di carta sulle strade. Cosi sperso tra i vimini e le stuoie 45 grondanti, giunco tu che le radici con sé trascina, viscide, non mai svelte, tremi di vita e ti protendi giamento sulla costa. e fuori... acetilene: e in mare aperto («fuo-ri»), dove mare e cielo sono awolti in un'identica oscurita, dalle barche da pesca («gozzi») sparse lampeggiano le lampade ad acetilene. Segnali, forse, di una possibility di salvezza (come la «luce della petroliera» nella Casa dei doganieri, nelle Occasioni, al v. 18): ma fragile e awolta nelle tenebre. finche: si lega a «Discendi» del v-34. Lo scalino del verso 39 sottolinea lo scatenarsi del tempora-e- goccia... cielo: il cielo carico di tensione («trepido») comincia agocciolare; cioe inizia a piovere. fuma: per il calore. s'abbeve-J assorbe l'acqua. tutto... sciaborda: accanto a te tutto sbatte (il Z i° • sc'abordare" indica il muoversi dentro un liquido). le ten-- ei locali. molli: bagnate. un fruscio... terra: il rumore fru-ltlentee e ampio dell'acqua portata dal vento colpisce trasversal-c0ri( a terra. giu... carta: cadono a terra sfrigolando per il 45-59 t0C°n lacclua le lanterne di carta (cfr. v. 36). siuoie- rso: r'ferito ad Arsenio (il «tu» del v. sg.). /' vimini e le S')'egazi(Sem'5''C' sec^'e ^' bambu e semplici stores*, secondo la c'0e Ve a ^a Montale a Frank, giunco... tremi: tu, giunco, Pate (srad trascma con s^ 'e radici viscide, non mai strap- f!lPpres» 'Cate ^a"a terra, cioe, ma unite a te), tremi ecc- L'auto-^edjle azione in termini di metamorfosi vegetale e gia in '^Posta neo>> e ne" Agave su lo scoglio; ritorna in Incontro sot-^•esco3 processo di allegorizzazione massima. II rimando "^'ntonf ?pisodio dei suicidi e di Pier della Vigna {Inf. XIII) e dell-^ r------ aggiun- °nio dell suiciai e ai ťier della Vigna (/»/. la crescente attenzione al model lo nei testi í a un vuoto risonante di lamenti soffocati, la tesa ti ringhiotte dell'onda antica che ti volge; e ancora tutto che ti riprende, strada portico mura specchi ti figge in una sola ghiacciata moltitudine di morti, e se un gesto ti sfiora, una parola 55 ti da Monlale alia seconda edizione degli Ossi. ti protendi... soffocati: l'attenzione di Arsenio, in questo momento di massima ten-sione csistenziale verso l'autenticita e anche giá di penoso falli-mento, ě "protesá" verso il vuoto di senso della vita, «risonante» come l'lnferno dantesco di «lamenti soffocati», di segni di dolore inespressi ed enigmatici. la lesa... volge: torna a inghiottirti la di-stesa della consueta («antica») ondata (della vita inautentica e alienata) che da sempre ti awolge. tutto... riprende: le consuetu-dini, la vita di sempre torna a catturare il soggetto, che ha fallito nello slancio liberatorio. strada... specchi: elementi della vita cit-tadina, quasi in un progressive awicinamento a un locale pubbli-co (del tipo di quello di Caffe a Rapallo), con un senso di fatalita accresciuto dall'asindeto. ti figge: ti configge, ti conficca. in una sola... morti: in un'unica moltitudine di morti ghiacciati. L'uma-nitá, tragicamente raffigurata nei termini dei traditon danteschi, confitti nella livida ghiaccia del lago Cocito (Inf., XXXII). La rap-presentazione della vita sociále cittadina nei termini dell In'^"f dantesco quale insieme di morti ě anche in The Waste Land ( terra desolata) di Eliot, e se un gesto... astri: e se, in una Sltua*je ne a tal punto dominata dalla falsitá e dalla non-vita, Arse ne eccezionalmente raggiunto da un gesto che lo snori 0^enljcj parola che gli arrivi vicino - gesto e parola per una volta a ^ -, si tratta («quello ě») forse del segnale («cenno») inviato ^ ^ vita soffocata («strozzata») che era sorta proprio per 'u1' avrebbe forse potuto salvarlo qualora lo avesse ra88'unt?janCjUlla mento, qui criptico e chiarito solo in seguito, ě alia ^ morta" Annetta/Arletta, portatrice di un ordine diverso ficati autentici. La cupezza di questi versi sta tuttavia n^gjunge della impossibilitá di contatto tra i due: il «gesto» g|j «ca- Arsenio ma lo «sfiora», la «parola» non viene raccol a • ade accanto, quello é forse, Arsenio, U H'ora che si scioglie, il cenno d'una Tta strozzata per te sorta, e il vento fa porta con la cenere degli astri. de accanto»; cosi che il rapporto eccezionale in grado di sowerti-re l'insensatezza e I'incomunicabilitä della vita sociale ne diviene a sua volta una conferma. II tema della «vita strozzata» incrocia questa figura evanescente di donna - sfiorata per un attimo anche in lncontro - con quella delle «monche esistenze» evocate in Cri-salide per la Nicoli: l'interesse di Montale scatta, in questi anni, solo al contatto di vite protese all'autenticitä e alla pienezza ma destinate al fallimento. L'inciso «nell'ora che si scioglie» ha con-sentito varie letture: «quando la trama del tempo sembra scio-gliersi» (Marchese), «puö indicare la fine del temporale, ma anche '1 passare del momento del possibile miracolo» (Barile); non si Puö inline escludere un rimando allo sciogliersi del cielo nei temporale, il vento... astri: quel vento che nelVincipit aveva dato l'av-v'o ai segnali di speranza, ora qui ne cancella anche le tracce, in-l'utnCanC'OS' ^' c''sPerc'er'' nell° spazio siderale con la cenere re HUUSa COSI come ne' Pr'm' versi sollevava verso il cielo la polve-tut itcna: ' tentativi falliti di un'intesa umana che avrebbe po-nati • Vare " s°ggetto (e forse la loro portatrice) vengono trasci-( Vla e r'conrusi con la cenere cosmica. E una conclusione pri^ca ne' registro del sublime quäle mai Montale aveva tentato sion*' j c'le 'ilenterä in alcune grandi composizioni delle Occa-lä J" e.. Bufera. La nota apocalittica conclusiva si awale, al di CosrriPlu ° meno probabili contatti puntuali, del filone di poesia Pascoj-8 °'le nc"a nostra letteratura va da Foscolo e Leopardi a 210 211 Casa sul mare Composto quasi certamente nel 1924, questo testo conclude il trittico dedicato a Paola Nicoli. A vincere le perples-sita di alcuni studiosi su questa attribuzione stanno, oltre che le esplicite dichiarazioni di Montale a Guarnieri, i ca* ratteri del rapporto istituito qui con il "tu" femminile, coe-renti con quelli di In limine e di Crisalide: sulla base di una condivisione del negativo esistenziale, il fallimento del proprio destino si offre quale via di scampo per la donna. Insistendo sul carattere di «componimento esemplare della sezione», Blasucci ha mostrato il legame figurale qui istituito tra dati concreti deU'esperienza e metafore esi-stenziali, a partire dalla «immagine-metafora» del titolo. In particolare, il ritorno alia casa sul mare dell'infanzia -quella di Monterosso cui e dedicata anche La casa delle due palme nella Farfalla di Dinard - si carica di valenze metafo-riche, «identificandosi col viaggio stesso della vita, privo di risultati e di senso». I segni della realta fisica che il sogget-to e in grado di raccogliere trasmettono tutti il senso ai una ripetizione priva di sbocchi (il girare della pompa de^-l'acqua con il suo cigolio, i flussi del mare, i venti) o 1 un'eccezionalita senza seguito (l'apparizione rara di iso lontane). La stessa memoria e incapace di trattenere sperpero vitale, e si riduce a una traccia evanescente. conclusione e dunque carica di desolazione e di ma j nia. Si profila tuttavia uno scatto che affida aH'intero Ai fare ev trice femminile la chance, interdetta a se stesso, ai cezione, partecipando di un destino di salvezza figuralita religiosa e stata sottolineata da Zoboli. Si a cia cosi una strategia che condizionera molti testi delle casioni e della Bufera. METRIC A Quattro strofe di lunghezza assai ineguale (set-te otto, diciotto e quattro versi), su ritmo tenacemente en-decasillabico: le uniche eccezioni sono tre settenari (w. 13, 28 e 30) e due novenari in prima e ultima posizione con funzione di cornice. Poche rime (w. 12-15 - rilanciata da «aria» al v. 14 -, 28-30, 29-33, 34-36 - con ripresa interna al v. 35 - 35-37), alcune delle quali imperfette (w. 5-6), iper-metre (w. 2-3) o interne («muta : dorsuta» ai w. 13-15, «cammino : vicino» ai w. 34-36). La «scansione anaforica delle varie lasse» (Blasucci), evidente nelle prime due e nella quarta («11 viaggio finisce» + deittico «qui» o «que-sta»/«queste»), agisce anche nella terza per la sinonimia e l'equivalenza fonica dei verbi («finisce»/«vanisce»). La ten-denza a far coincidere respiro sintattico e respiro metrico, con alcuni versi-periodo (w. 6, 7, 31, 32, 33), conferisce al componimento un andamento monotono e dolente, con una venatura aforistica. II viaggio finisce qui: nelle cure meschine che dividono l'anima che non sa piu dare un grido. 1-7. II viaggio: un percorso concreto, quale si ě visto rappresentato m numerosi testi degli Ossi; ma anche il "viaggio" della vita (con Ur>a possibile suggestione dantesca). finisce: perché giunto a un ostacolo invalicabile, il mare; e perché giunto alia meta, la casa well infanzia, nella quale interrogarsi sul senso della vita, qui: nella casa sul mare, se si guarda al legame con il titolo; nello stal-0 esistenziale, se si guarda al legame con i due versi successivi, doPo i due punti. Esperienza concreta e reattivitá psicologica coincidono. nelle cure... grido: in preoccupazioni banali che feri-scono l'anima, divenuta incapace di reazioni vitali (come emettere 230 231 Ora i minuti sono eguali e fissi come i giri di ruota della pompa. Un giro: un salir d'acqua che rimbomba. Un altro, altr'acqua, a tratti un cigolio. II viaggio finisce a questa spiaggia che tentano gli assidui e lenti flussi. Nulla disvela se non pigri fumi la marina che tramano di conche i soffi leni: ed e raro che appaia nella bonaccia muta tra l'isole dell'aria migrabonde la Corsica dorsuta o la Capraia. 10 15 Tu chiedi se cosi tutto vanisce in questa poca nebbia di memorie; se nell'ora che torpe o nel sospiro del frangente si compie ogni destine Vorrei dirti che no, che ti s'appressa l'ora che passerai di la dal tempo; forse solo chi vuole s'infinita, e questo tu potrai, chissa, non io. Penso che per i piu non sia salvezza, ma taluno sowerta ogni disegno, passi il varco, qual voile si ritrovi. Vorrei prima di cedere segnarti codesta via di fuga labile come nei sommossi campi 20 25 un grido). Ora... cigolio: l'equivalenza tra il ruotare della pompa che estrae ľacqua dal pozzo e il trascorrere del tempo insiste sul-ľimmagine della ripetitivitä circolare del tempo e si riallaccia al-I'equivalenza tra emersione delľacqua e trascorrere del tempo su cui si regge anche «Cigola la carrucola del pozzo...-». 8-15. che... flussi: che i moti del mare costanti e lenti colpiscono («tentano»). Il moto delle onde e delle maree ě ancora un'immagi-ne del tempo (legata alia metafora della pompa per via della pre-senza delľacqua), di nuovo intrisa di ripetitivitä. Nulla... leni: la distesa del mare («la marina»), che i venti miti («leni») disegnano («tramano») di awallamenti (il cavo delle onde), non mostra nulla se non fumi quasi immobili («pigri»). Altri spiega «tramano di conche» diversamente: «rivela orlato di insenature» (Marchese). I «pigri fumi» saranno nel primo caso, per metafora, striature cali-ginose e nebbia (e cfr. il v. 17); nel secondo potranno invece anche provenire da case sulla costa. edě raro... Capraia: e solo raramen-te appaiono, quando c e silenziosa calma di vento, in mezzo ad al-tre isole che si spostano («migrabonde») nell'aria, cioě in mezzo alle nuvole, la Corsica montuosa o la Capraia. Passaggio in cui un'eco dantesca (Inf. XXXIII, v. 82) si incrocia con la ripresa di luoghi dannunziani: «e piů lontane, / forme d'aria nell'aria, /1 >s° le del tuo sdegno, / o padre Dante, / la Capraia e la Gorgöna» (Me-riggio, in Alcyone, w. 18-22; nella stessa poesia, ai w. 40-41, si trova anche la rima «ruga : fuga», qui ai w. 28-30). A testirnonia della genesi plurima delle riprese montaliane dalla tradizione, le tuttavia la pena di ricordare anche «l'isole dell'aria» di R°cC 232 j gliata Ceccardi (Versi seritti in una notte di luna, in Sonetu e poe-mi; la segnalazione ě di Mariáni). "Dorsuto" ě aggettivo di conio montaliano (da "dorso"). 16-33. Tu: entra qui risolutamente in scéna la figura femminile. cosi: come sembrano suggerire i particolari della natura sopra ri-cordati. vanisce: svanisce. poca nebbia: dal paesaggio il dato ca-la, metaforicamente, a indicare ľincertezza e ľevanescenza dei ri-cordi. se nell'ora... destino: nelle ore di stasi o nel lieve rumore delle onde si risolva ogni destino; cioě se tutta la vita si esaurisce in un'alternanza di immobilitä e di movimenti minimi e insensati, e. piü in generale, se il significato della vita debba essere desunto da quello, desolato, dei cicli naturali. ľora... tempo: sottraendosi dunque alle sue leggi di ripetitivitä e distruzione. chi vuole: chi si impegna a farlo. s'infinita: súpera i confini del tempo. Verbo de-nominale coniato da Montale sul modello dei danteschi "indiarsi", infuturarsi" ecc, forse suggestionato anche da «je m'infinise» di paul Fort (Barile). salvezza: quella data dal ritrovamento di un si-gniiieato della propria vita. ma taluno... ritrovi: ma qualcuno ro-vesci ogni legge di necessitä («ogni disegno»), cioě il proprio de-I jno, attraversi il passaggio («varco») - quello tra tempo e iiinito, cioě tra necessitä e liberta -, riesca a diventare quel che (Lr.ľ vo'uto- L'immagine del «varco» ritorna nelle Occasioni ^ casa dei doganieri, v. 19). prima di cedere: prima di arrender-se' °loé Prima di accettare per me il fallimento e ľinsensatezza. Snarti: indicarti. labile... ruga: tenue come la schiuma o un'in- 233 del mare spuma o ruga. T „_~-f: Ti dono anche 1 avara mia speranza. A' nuovi giorni, stanco, non so crescerla: l'offro in pegno al tuo fato, che ti scampi. II cammino finisce a queste prode che rode la marea col moto alterno. II tuo cuore vicino che non mode salpa giä forse per l'eterno. 35 crespatura sulla distesa («campi») agitata del mare. Ti dono... scampi: il poeta consegna in dono alia figura femminile anche la propria scarsa («avara») speranza, che sente di non poter nutrire («crescerla») in futuro («Ä nuovi giorni»), essendo ormai «stan-co», cioě sfiduciato. La offre dunque quale «pegno» per il destino delia donna, per tentare di salvarla («che ti scampi»). Ě il consue-to sacrificio di sé che caratterizza il rapporto con la figura delia Nicoli e che ben trova spazio nel registro etico posto a conclusio-ne di «Meriggi e ombre» (e del libro). 34-37. // cammino: variazione, secondo un'immagine non meno dantesca, del «viaggio» dei w. 1 e 8. prode: rive, rode: consunia. marea: il movimento del mare, col moto alterno: quello delle onde; c'ě una ripresa delle metafore temporali secondo l'ottica delta ripetizione (e della consunzione vana). // tuo cuore... eterno: con-clusione sconsolata (l'interlocutrice ě vicina ma non ode) e al tempo stesso aperta alia fiducia sulla possibile («forse») salvezza della donna. L'immagine del "salpare" esprime felicemente - nell'ordjne metaforico dominante - il gesto di liberta attiva nei confronti della vita: come il viaggio del poeta (e degli uomini in generále) ÉUU" see sulla riva, cosi quello della donna varca il confine e affronta » navigazione. In tal modo il limite temporale che solitamente con-lina le esistenze ě nel suo caso eccezionalmente trasceso vers «l'eterno». 234 É questo uno dei testi aggiunti nelľedizione del 1928. La collocazione, ľanno di composizione (1926) e vari dementi tematici ne suggeriscono il legame con Arletta, la fan-ciulla morta per antonomasia del canzoniere montaliano. Al trittico per la Nicoli succede dunque un trittico per An-netta/Arletta: allo scacco esistenziale del primo, animato tuttavia da una passione contenuta ma non spenta, segue una condizione di vuoto e di condanna infernale; mentre un sottile indice di continuitä fra i due brevi cieli sta nelľe-pilogo di separazione e di perdita che segna Casa sul mare. Montale colloca nel consueto paesaggio marino - tuttavia incupito per ľinerudimento tragico e per il processo di astrazione patiti - il tormento dei morti, che non trovano pace nella sepoltura ma continuano a essere imprigionati dai ricordi del mondo e si mescolano, inawertiti, alle azio-ni dei vivi. Il tema della non-vita, della vita come morte, trova qui un desolato complemento in quello della non-morte: agli umani appartiene una condizione intermedia che nega la vera vita e nega la morte rasserenata; nega cioé di vivere dawero e di morire dawero. É naturalmente un tema leopardiano (con un'eco dal Dialogo di Federico Ruvsch e delle sne mummie nelle Operette morah). La .suprema ambiguitä»> nelle condizioni delia víta e della morte determina un «intreccio inestricabile delle voči dei morti e del vivo che condivide con loro una condizione di morte.. (Arvigo). E si puô ben dire chei soli vy. -(esplicitamente profferiti dai morti) e i w. 27-37 1«"" affidati alla voce dell'io lirico) sono assegnab.l. con pre 235 Delta Aggiunta nell'edizione del 1928 come i due testi con cui confina, e come essi composta nel 1926, Delta occupa il centro del trittico dedicato ad Annetta/Arletta che conclude la sezione. II componimento costituisce, in certo modo, un caso concreto della legge enunciata nei Moni, che precede: separati dal mondo dei vivi, i defunti continuano tuttavia a sfiorarne i percorsi, a manifestarsi in momenti speciali, per intermittenze demoniche. La difficoltä di stabilire una co-municazione tra i due piani ě eccezionalmente vinta alio scoccare di segnali dell'oltre, come qui il fischio conclusivo del rimorchiatore in arrivo. Giu Contini ha sottolineato l'apertura di questo testo al futuro della poesia montaliana, che nelle Occasioni tema-tizzerá la dialettica tra assenza e senhal salvifico, proten-dendosi verso una regione del senso metafisica e memoriále. Tuttavia, negli Ossi c'ě il precedente di «// canneto rispunta i suoi cimelli...», dove l'assente ě pure evocata da segnali misteriosi e vaghi. Certo, Delta sa fonderc quello stato di attesa con una riflessione sul tempo e sulla memoria, fornendo una sintesi ben matura di alcuni dei temi piü profondi della poesia montaliana. Caratteristica dei testi piü tardi del libro ě anche la oggettivazione realistica (con tratti espressionistici) delle categorie concettuali e dei mo-vimenti psichici: le dighe del tempo, l'oscura regione del-l'inconscio, lo scontro vitalizzante e infernale del fiume che sfocia nel mare (da cui il titolo: il «delta» ě la foce del fiume), la vampata di zolfo, il fischio del rimorchiatore. 240 METRICA Quattro strofě: di quattro versi le estreme; di sei, le centrali. La prevalenza netta degli endecasillabi (se-dici su venti versi) ě rotta solo dal novenario conclusivo e da tre settenari (w. 2, 14 e 16). Le strofě estreme si reggo-no su due coppie di rime alternate, mentre le centrali alter-nano alcune rime esposte (w. 6-9, 7-10, 13-16) a rime interne («sostenta : alimenta» ai w. 12-14, «via : ubbia» ai w. 12-13) e ad altre figure foniche. Alcuni enjambements, fra i quali spiccano i tre fra sostantivo e aggettivo posti ad apertura di tre strofě su quattro (w. 1-2, 11-12 e 17-18). La vita ehe si rompe nei travasi secreti a te ho legata: quella ehe si dibatte in sé e par quasi non ti sappia, presenza soffocata. Quando il tempo s'ingorga alle sue dighe la tua vicenda accordi alia sua immensa, 1-4. La vita... legata: ho legato a te quella vita ehe si interrompe («si rompe») in sommovimenti misteriosi («nei travasi / secreti»), cioé •a vita delle emozioni profonde, qui raffigurata secondo una metafora (quella dei «travasi») che anticipa e raddoppia il terna della f°ce. quella... soffocata: ho legato a te, presenza nascosta («soffocata»), quella vita che si agita nel profondo («si dibatte in sé») e pare quasi non conoscerti. Alla donna e a ciô ehe ella incama-e dun-que soprattutto alla memoria - si collega la vita del profondo, la quale resta per lo piü occulta e bloccata; cosi ehe anche la presenza della donna risulta ignorata durante la vita consueta. 5-10. Nei casi in cui («quando») il tempo sembra interrompere il suo corso («s'ingorga alle sue dighe»), allora, o memoria, armo-nizzi («accordi») la tua vicenda a quella immensa del tempo, ed erriergi («affiori») piü nitida («palese») dalla regione oscura nella quale eri discesa, cosi come ora, dopo Ia pioggia, il verde torna a c°ncentrarsi sui rami e il rosso sui muri delle case. Appartenendo alla regione profonda dell'inconscio, la memoria della donna puô nemergerne in momenti di eccezionalitä, quando il tempo sem- 241 ed affiori, memoria, piü palese dall'oscura regione ove scendevi, come ora, al dopopioggia, si riaddensa il verde ai rami, ai muri il cinabrese. Tutto ignoro di te fuor del messaggio muto che mi sostenta sulla via: se forma esisti o ubbia nella fumea d'un sogno t'alimenta la riviera che infebbra, torba, e scroscia incontro alla marea. Nulla di te nel vacillar dell'ore bige o squarciate da un vampo di solfo fuori che il fischio del rimorchiatore che dalle brume approda al golfo. bra fermarsi: «s'ingorga» corrisponde a «si rompe» della prima strofe, cosi come la metafora delle «dighe» ai «travasi». Insomma: memoria individuale e tempo non possono incontrarsi che in casi particolari, secondo la lezione di Bergson. La similitudine dei w. 9-10 sottolinea la resurrezione delle immagini interiori, che ri-prendono i loro colori come le cose al ritorno del sereno. «Dopopioggia»: sostantivo coniato da Montale (e riutilizzato in un titolo del Quaderno di quattro anni), come il piü tardo «dopopalio» (Nel '38, in Altri versi, v. 2). «Cinabrese»: é un colorante rosso vivo deri-vato dal cinabro, usato spesso per tingere l'intonaco delle case. 11-16. fuor del: tolto che il. messaggio muto: segnale senza voce; ossimoro acuito daWenjambement. mi sostenta sulla via: mi aiuta nel cammino, cioé mi da la forza di vivere. se forma... marea: sia che tu esista quäle realtä compiuta («forma») o che tu sia una fan-tasia («ubbia») creata nei vapori («nella fumea») di un sogno, nu-tre la tua immagine («t'alimenta») il fiume («la riviera») che si agi-ta, si intorbida, e si rovescia rumorosamente («scroscia») contro il mare. Non c'é, dunque, la certezza che la donna esista: come in Alla sua donna di Leopardí, potrebbe essere solamente il frulto di un'immaginazione, di una fantasticheria del soggetto. Tuttavia, al-cune situazioni ne rafforzano la presenza alľinterno del poeta; e fra queste é citata quella, dinamica e liminare, dello sfociare im-petuoso di un fiume. II registro dantesco (infernale) dei tre yerbi al v. 15, cosi come del sostantivo «riviera» (per il quäle cfr. Inf., HL v. 78), decide della natura demonica e infera di questa ispiratnce, non a caso evocata dal conflitto energico tra le forze della natura. La fatica con la quäle il fiume sfocia nel mare riprende inoltre l'immagine del tempo che «s'ingorga alle sue dighe», costituendo-ne il correlativo realistico e concreto. «Infebbrare»: il raro verbo ("prendere la febbre") ě usato dal poeta in modo figurato, a indi-care «quel non so ehe di febbrile ehe c e nella violenza del fiume alia sua foce» (Bonora). «Torba»: il verbo "torbare" deriva dal sostantivo "torba" (o "torbida"), il "materiále fangoso alluvionale". 17-20. Non c'ě nessun segno della tua presenza («nulla di te») nel-l'oscillare («vacillar») delle ore grigie o di quelle illuminate di col-po («squarciate») da una fiammata («vampo») di zolfo tolto che il fischio del rimorchiatore che giungendo dalla nebbia («dalle brume") attracca nel golfo. Cioě: l'unico segnale dell'esistenza (e della presenza) della donna ě il fischio del rimorchiatore; ma presenta-to qui nella stessa forma di eccezione al negativo che caratterizza la seconda strofe di «Spesso il male di vivere...»: «Bene non seppi, fuori del prodigio... ». Numerosi i contatti con la strofe precedente, della quale viene rovesciato - ma anche ribadito per la permu-tabilitá degli estremi - ľattacco («Tutto» vs «Nulla»), e vengono ri-prese le formule «di te» e «fuor del»/«fuori che». Analogo anche ľarco ragionativo: benché la assente possa non esistere dawero, tuttavia I'idea della sua esistenza ě alimentata ecc. (terza strofe); benché non mandi alcun segnale di sé, tuttavia un segnale infine giunge (quarta strofe). La strofe finale riepiloga poi tanto la rifles-sione sul tempo awiata nella seconda (il vacillare delle ore espri-me 'I loro perdersi), quanto la distinzione tra tempo insensato e vano (le «ore bige») e tempo improwisamente colpito dalla luce e dal calore accecante della vita vera, quello che infatti prepara e introduce il manifestarsi del senhal conclusive II rimorchiatore (che completa la lunga serie di imbarcazioni ricordate negli Ossi) S1 'ega alle immagini acquatiche che precedono, e raffigura il n-cordo che ha la forza di vincere il corso awerso della corrente temporale, di emergere dalle brume della memoria e di dare, fi-schiando, il suo segnale. 242 243