I topi Che ne e degli amici Corio? Che sta accadendo nella loro vecchia villa di campagna, detta la Doganella? Da tempo immemorabile ogni estate mi invitavano per qualche setti-mana. Quest'anno per la prima volta no. Giovanni mi ha scritto poche righe per scusarsi. Una lettera curiosa, che allude in forma vaga a difficolta o a dispiaceri familiari; e che non spiega niente. Quanti giorni lieti ho vissuto in casa loro, nella solitudi-ne dei boschi. Dai vecchi ricordi oggi per la prima volta af-fiorano dei piccoli fatti che allora mi parvero banali o in-differenti. E all'improvviso si rivelano. Per esempio, da un'estate lontanissima, parecchio prima delta guerra - era la seconda volta che andavo ospite dei Corio - torna a me la seguente scena: Mi ero gia ritirato nella camera d'angolo al secondo pia-no» che dava sul giardino - anche gli anni successivi ho d°rmito sempre la - e stavo andando a letto. Quando udn un Piccolo rumore, un grattamento alia base della porta. Andai ad aprire. Un minuscolo topo sguscio tra le nue 8a^e, attraversb la camera e and6 a nascondersi sotto U C^ttone. Correva in modo goffo, avrei fetto in tempo Denied . - - n,»imo a schiacciarlo. Ma era cosi grazioso e fragile „.7 «so, il mattino dopo, ne parlai a Giovanni. «Ah fece lui distratto .ogni tanto qualche topo gira per 133 casa.* «Era un sorcio pictolissimo... non ho avuto neanche tl coraggio di...* «Si, me lo immagino. Ma non ci fare caso...» Carnbio argomcnto, pareva che il mio discorvj gli spiacesse. L'anno dopo. Una sera si giocava a carte, sara stata mczza-notte e mezzo, dalla stanza vicina - il salotto dove a quel-l'ora le luci erano spente - giunse un clac, suono metallico come di una molla. «Cos'e?» domando io. «Non ho senti-to niente* fa Giovanni evasivo. «Tu Elena hai sentito qualche cosa?* «Io no» gli risponde la moglie, facendosi un po' rossa. • Perched* Io dico: «Mi sembrava che di la in sa-kxto... un rumore metallico...* Notai un velo di imbaraz-zo. «Bene, tocca a me fare le carte?» Neanche dieci mmuti dopo, un altro clac, dal corridoio questa volta, e accompagnato da un sottile strido, come di bestia. *Dimmi, Giovanni* io chiedo «avete messo delle trappole per topi?* -Che io sappia, no. Vero, Elena? Sono state messe delle trappole?* Lei: «E che vi salta in mente? Per i pochi topi che ci sono!». Passa un anno. Appena entro nella villa, noto due gam rnagnmci, dotati di straordinaria animazione: razza soria-na, muscolacura atktica, pelo di seta come hanno i gatti che si nutrono di topi. Dico a Giovanni: « Ah, dunque vi h«e decisi finalmente. Chissa che spaventose scorpacciate fanno. Di topi qui non ci sara penuria.. . Anzi» fa lui «so-lo di quando in quando... Se dovessero vivere solo di topi...* «Perb li vedo belli grassi, quesri rnici.* «Gia, stanno bene, la faccia della salute non gli manca. Sai, in cucina trovano ogni ben di Dio.» fiassa un altro anno e come io arnvo in villa per le mie so-lite vacanre, ecco che hcompaiono i due gatti. Ma non sembrano pro quelli: non vigorosi e alacri, bensi cascanti. smorti, ma«ri. Non guizzano piu da una wanza all'alrra te-lermente. Al contrario, lempre tra i piedi dei padroni, von-nolenti, privi di qualsiasi iniziariva. Io chiedo: .Sono mala-ti? Come mai cosi sparuti? Forse non hanno piu topi da mangiare?» «L'hai detto* risponde Giovanni Corio viva-mente. «Sono i piu stupidi gatti che abbia vUto. Hanno messo il muso da quando in casa non esistono piu topi... Neanche il seme ci e rimasto!* E soddisfatto fa una gran ri-sata. Piu tardi Giorgio, il figlio piu grandicello, mi chiama in disparte con aria di complotto: «Sai il motivo qual e? Hanno paura!». «Chi ha paura?* E lui: «1 gatti, hanno paura. Papa non vuole mai che se ne parli, e una cosa che gli da fastidio. Ma e positivo che i gatti hanno paura*. «Paura di chi?* «Bravo! Dei topi! In un anno, da dieci che erano, quelle bestiacce sono diventate cento... E altro che i sorcet-tini d'una volta! Sembrano delle tigri. Piu grandi di una talpa, il pelo ispido e di colore nero. Insomma i gatti non osano attaccarli.* «E voi non fate niente?* «.Mah, qualco-sa si dovra pur fare, ma il papa non si decide mai. Non ca-pisco il perche, ma e un argomento che e meglio non toc-care, lui diventa subito nervoso...* E l'anno dopo, fin dalla prima none, un grande strepito sopra la mia camera come di gente che corresse. Patatrum, Patatrum. Eppure so benissimo che sopra non ci puo essere nessuno, soltanto la inabitabile soffitta, piena di mobili vecchi, casse e simili. "Accidenti che cavallena" mi dico "devono essere ben grossi questi topi.' Un tal rumore cne stento ad addormentarmi. . II giorno dopo, a tavola. domando: *Ma non prer.de e ««sun prowedimento contro »topi? In soffitta c era u sa-^banda, questa none*. Vedo Giovanni che si scurisce volto: .1 topi; a ^ topi pari.? In casa grazie 1D10£ ce n'e piu*. Anche i suoi vecchi gen.tori insorgona m 154 1.« ché topi d'Egitto. Ti sarai sognato, caro mio». «Eppure» dico « vi garantisco che c'era il quarantotto, e non esagero. In čerti momenti ho visto il soffitto che tremava.» Giovanni si ě fatto pensieroso: «Sai che cosa puó essere? Non te n'ho mai parlato perché c'ě chi si impressiona, ma in que-sta casa ci sono degli spiriti. Anche io li sento spesso... E certe notti hanno il demonio in corpo!». Io rido: «Non mi prenderai mica per un ragazzetto, spero! Altro che spiriti. Quelli erano topi, garantito, topacci, ratti, pantegane!... E a proposito, dove sono andati a finire i due famosi gatti?». «Li abbiamo dati via, se vuoi sapere... Ma coi topi hai la fissazione! Possibile che tu non parli d'altro!... Dopo tutto, questa ě una casa di campagna, non puoi mica pretendere che...» Io lo guardo sbalordito: ma perché si arrabbia tan-to? Lui, di solito cosi gentile e mite. Piu tardi ě ancora Giorgio, il primogenito, a farmi il quadro della situazione. «Non credere a papá» mi dice. «Quelli che hai sentito erano proprio topi, alle volte anche noi non riusciamo a prender sonno. Tu li vedessi, sono dei mostri, sono; neri come il carbone, con delle setole che sembran degli stecchi... E i due gatti, se vuoi sapere, sono stati loro a farli fuori... E successo di notte. Si dormiva giá da un paio d'ore e dei terribili miagolii ci hanno svegliato. In salotto c'era il putiferio. Allora siamo saltati giú dal let-to, ma dei gatti non si ě trovata traccia... Solo dei ciuffi di pelo... delle macchie di sangue qua e la.» «Ma non provvedete? Trappole? Veleni? Non capisco come tuo papá non si preoccupi...» «Come no? II suo assillo, ě diventato. Ma anche lui adesso ha paura, dice che ě meglio non provocarli, che sa-rebbe peggio. Dice che, tanto, non servirebbe a niente, che ormai sono diventati troppi... Dice che Tunica sarebbe dar fuoco alia casa... E poi, poi sai cosa dice? Ě ridicolo a pen-sarci. Dice che non conviene mettersi decisamente contro.» .Contro chi?. .Contro di loro, i topi. Dice che un gior-no, quando saranno ancor di piu, potrebbero anche vendi-carsi... Alle volte mi domando se papa non stia diventan-do un poco matto. Lo sai che una sera I'ho sorpreso men-tre buttava una saisiccia giu in cantina? II bocconcino per i cari animaletti! Li odia ma li teme. E li vuoi tenere buoni.. Cosl per anni. Finche Testate scorsa aspettai invano che sopra la mia camera si scatenasse il solito tumulto. Silen-zio, finalmente. Una gran pace. Solo la voce dei grilli dal giardino. Al mattino, sulle scale incontro Giorgio: «Compliments gli dico «ma mi sai dire come siete riusciti a far piazza pulita? Questa notte non c'era un topolino in tutta la sof-fitta». Giorgio mi guarda con un sorriso incerto. Poi: «Vie-ni vieni» risponde « vieni un po' a vedere.» Mi conduce in cantina, la dove c'e una botola chiusa da un portello: «Sono Iaggiii adesso» mi sussurra. «Da qual-che mese si sono tutti riuniti qui sotto, nella fogna. Per la casa non ne girano che pochi. Sono qui sotto... ascolta...* Tacque. E attraverso il pavimento giunse un suono diffi-cilmente descrivibile: un brusio, un cupo fremito, un rom-bo sordo come di materia inquieta e viva che fermenti; e frammezzo pure delle voci, piccole grida acute, fischi, sus-surri. «Ma quanti sono?» chiesi con un brivido. «Chissa. Milioni forse... Adesso guarda, ma fa presto.» Accese un fiammifero e, sollevato il coperchio della botola, Io lascib cadere giu nel buco. Per un attimo io vidi: in una specie di caverna, un frenetico brulichio di forme ne-re; accavallantisi in smaniosi vortici. E c'era in quel laido tumulto una potenza, una vitalita infernale, che nessuno avrebbe piu fermato. I topi! Vidi anche un luccicare di pu-pille, migliaia e migliaia, rivolte in su, che mi fissavano cat-tive. Ma Giorgio chiuse il coperchio con un tonfo. 136 137 E adesso? Perché Giovanni ha scritto di non poter piü invitarmi? Cosa ě successo? Avrei la tentazione di fargli una visita, pochi minuti basterebbero, tanto per sapere. Ma confesso che non ne ho il coraggio. Da varie fonti mi sono giunte straně voci. Talmente straně che la gente le ri-pete come favole, e ne ride. Ma io non rido. Dicono per esempio che i due vecchi genitori Corio sia-no morti. Dicono che nessuno esca piü dalla villa e che i viveri glieli porti un uomo del paese, lasciando il pacco al limite del bosco. Dicono che nella villa nessuno possa en-trare; che enormi topi l'abbiano occupata: e che i Corio ne siano gli schiavi. Un contadino che si ě avvicinato - ma non per moko perché sulla soglia della villa stava una dozzina di bestiacce in atteggiamento minaccioso - dice di aver intravisto la signora Elena Corio, la moglie del mio amico, quella dolce e amabile creatura. Era in cucina, accanto al fuoco, vestita come una pezzente; e rimestava in un immenso calderone, mentre intorno grappoli fetidi di topi la incitavano, avidi di cibo. Sembrava stanchissima ed afflitta. Come scorse l'uomo che guardava, gli fece con le mani un gesto sconso-lato, quasi volesse dire: «Non datevi pensiero. Ě troppo tardi. Per noi non ci sono piü speranze».