PROFILI DI STORIA LETTERARIA a cura Di Andrea Battistini Elsa Morante Di Giovanna Rosa tinerari CAPITOI.O ftÄo andaluso di Manuel 1. IL. v . --i ~__ Lultimo romanzo morantiano, pubblicato nel 1982, esibisce la lontananza dalleopere precedenti nella nuda essenzialitä del paratesto; priva di ogni soglia, lanarrazione di Aracoeli non e preceduta da versi, dediche o epigrafi e si sviluppa ininterrottamente senza alcuna partizione interna: e la scansione tipografica degli spazibianchi ad indicare le svolte dell'intreccio. Solo l'immagine di copertma, un particolare del Seminatore di Van Gogh, suggerisce la tonalitä cromatica, alluci-nata e stravolta, del racconto. E la prima e piü evidente spia del crollo di fiducia che Morante patisce dopo il successo strepitoso, ma contrastato, della Storia Romanzo. Certo, la «tentazione irresistibile dell'arte» non si attenua, ma nel quarto abro prevalgono i timbri del disinganno che, germinato da angosce esistenziali, e accresciuto dalla visione desolata di una civiltä prossima al tracollo. ii narratore non öftre alcuna guida di lettura perche appannata e indelinibile e la fisionomia ^lettori elettivi: il clima ideologico e politico su cui si sono chiusi gli anni Set-inclina verso forme d'imbarbarimento cruento; la generazione dei ragazzini Je doveva «salvare il mondo» ha ribaltato l'utopia sessantottesca in una «zurta e motti», simile a una demente «sbornia domenicale» (p. 1054). Questo «povero, ultimo romanzo andaluso» (p. 1200) e dawero tale: Mo-recupera il repertorio di motivi, personaggi e proccdimcnti gia espenn ** altn Hbri, virandoli con bagliori di luce lividr. ^^^^ della Stona» (Fortini), AracoeU racconta una dehnmva J^na h una <KI *(-AN! IK) NAH( JSC Dopo il j'iand< ' 'I" ''Irlhi S/orw Romanzo, la scrittrice torna alia „ ekl della narrazione in prima persona: ma qucsta volta, a differenza della „ hivsi v»litJiii« l'ili«.;'' d«-| fan. iiillo sippn'.sioriarci Arturo, I'alibi Manuel e un a, «nii»oNai«-i«»o(lirnon(rr|)}i* Nulla rc dci fantasmi con cui il canuto Narciso cerca di interloquire, durante '1 viaggio verso il parse materno di (iergal, non attenuano leffetto desolante: MMQM risposta dailo splendcnte zio Manuel, caduto da eroe nella guerra civile «pagnola,mcntrc1 ceodelle invcttiveedelle preghiere rivolte ad Aracoeh nm-bornba in un vuoto di rovinc c sassi. £bcnVC r\,ons#fct"1''' ^m,samtopo», bailment,-,,avvcnut0 ncl1* "* ™*220deirStosomeas!UgUbre^ ^ FranCÍSC° ^ nc"a prima^r/ľ C ťatti Pubblici' ostcntato dire2ionedelna J ?ľnt°' °rienta il di Manuel «nella dopp« u ^ssato e dello sPazio» (p. 1046) cosieché la deserizione dcllc W ArACOELI, il romanzo andaluso di manuel 145 pe del viaggio verso Gcrgal si intreccia ai «lampi all'indietro» che illuminano sfondi e figuře di stagioni lontane. Fra tutti i personaggi morantiani che sognano TEstero, il protagonista di Aracoeli ě 1'unico che parte dawero e si fa testimone oculare della bruttezza di un paesaggio desertificato, in cui rumori assordanti annebbiano e conťondono le voci delTinfanzia. La scelta inusuale del doppio vettore compositivo rafforza relemento di novitá dellopera: il contronto diretto e polcmico con la contemporaneitá. Per la prima volta, dal lontano esordio di Qualcuno bussa alla porta, Morante cala la rievocazione memoriále negli scenari del caotico presente, specificandone i contorni e assumendone tecniche e codici espressivi. 11 luogo da cui prende awio la ricerca delle origini mateme ha una valenza negativamente esemplare. Milano, la metropoli per eccellenza della civiltá ur-bano-capitalistica, colta in un giorno nebbioso, mentre sfilano cortei di sciope-ranti e studenti, ě lemblema della «bruttezza informe» del XX secolo (p. 1053). Tra «uguali clamori» tutte le cittá ne replicano lalienazione irreparabile: se El Almendral, la «mas luminosa», ě immaginata come «un sobborgo industriale di frastuono, catene e fumo, simile a Sesto San Giovanni», 1'orizzonte in cui si dipana la narrazione presenta sempře e solo un cielo che non somiglia a una volta d'aria, ma a una crosta di ceneri gial-licce, forse depositate da astri in decomposizione giä spenti da millennii [...] un cielo basso, tutto coperto da una piatta nuvolaglia striata, che non sembra di natura acquea, rassomigliando, piuttosto, a una coltre di scorie bruciate [....] solo crepe e deformita della materia, la quale mi si scopre, sui blocchi piu prossimi, tutta ulcerata e malata di una sorta di scabbia secca (pp. 1199-1200). In quesťoggi che rimbomba di «strombettii dementi» o di «scomposti ur-lati», anche il racconto affidato alia memoria del canuto Narciso si frantuma in schegge dissonanti: all'andamento schizofrenico, in cui le tappe del cammino fronteggiano le visioni ulcerate del passato, ě affidata la funzione di denunciare «la riduzione spettrale del mondo». 3. UN INTRECCIO CONVULSO PER UN DOPPIO VIAGGIO Nella progressione d'intreccio, il raccordo fra il tempo del viaggio e il tempo del ricordo awiene sia per nessi ellittici (il gusto del gelato, la vista di una 146 capitoloó I giostra), sia per connessiom espliate una foto di guernghero basco, | «gener Limo» morente). Sempre, tuttavia, la «macchina dei ncordi» di Manue^ ge dai trapassi modulari per privilegiare gli stacchí bruschi e le contraPposi J| ] istantanee: a indicare le svolte del racconto e la sequela fitta dei deirtici adesso», «ora qui», «ieri sera», «oggi, pnmo novembre alla Estaciôn de W buses». Come negli altri romanzi, la tecnica compositiva offusca la diacro^ del tempo storico, anche se i «lampi alľindietro» circoscrivono con precisľcT ľarco parabolico degli anni cruciali: 1931, ľincontro fra Aracoeli ed Eugena 1932, nascita di Manuel; «1400 le giornate» di clandestinitä passate al Totetaco čosi íl bimbo chiamava il quartiere di Monte Sacro; 1936, matrimonio uffíciale trasloco ai Quartieri Alti; 1939, «la ridda infernale» delia malattia; estate 1945 viaggio di Manuel a Roma e incontro col padre, in una catapecchia contigua al cimitero del Verano, dove é sepolta la madre. Negli appunti scritti a mano, giä ricordati, si legge: «la storia di Aracoeli sia data tutta a frammenti - mai troppo estesi» (Le stanze diElsa, p. 65). Ľintento dichiarato delia scrittrice era sperimentare la «forma del continuo interludio». capace di creare «una condizione quadridimensionale», in cui proiettare il «pel-legrinaggio maniaco» di Manuel: ecco allora la serie fitta delle anacronie ehe il montaggio dispone su vettori paralleli, privi di un punto di congiunzione. Se uno iato forte separa ľoggi del viaggio dalľallora del ricordo, una frattura an-cora piú netta divarica i due filoni narrativi recuperati per via visionaria: da una parte riemergono gli anni amari delia puberta e delia giovinezza con il soggiorno in collegio, le fallimentari «awenture di donne», gli «infelici amori» omoses-suali; dall'altra, aggallano i tempi meridiani del Totetaco e le «stagioni iniziali ai Quartieri Alti», ehe celebrano ľunione legittima fra la ragazza andalusa e il Comandante delia Regia Marina. La forma del continuo interludio, tuttavia, é aawero troppo sineopata e convulsa per creare prismatici effetti connettivi. flasb prolettici ehe alludono agli ultimi mesi passati in famiglia cadono spesso nel vuoto, vanificando ogni raccordo sotterraneo. H disonentamento del lettore é acuito dalla percezione delle sfasature e degli mceppamenti di cui soffre la macehina dei ricordi di Manuel. O per mýo Iľ 'T™0™di Un moto comra»o ^e rischia ľingorgo domina Bao*i,r' nvoMddl 10 narrante nella regióne sperduta di El Almendral. A quesť^ t ľultima voita',a iegge iatente che goverťľŕ delia Dm.n • morantiane prende il soprawento e sparigha U g qUadr!dÍ~ale. Anche in Loel, un «subdolo c£* uZsot Z 6 Par°,e dÍ E,isa' —<* 11 PerCOrS° ^^M 1^ CIS°' modl^ando il ritmo delia progressione d'intreccio. ^ AHA( Of I I, ii Wjman/o andaluso w manuel 147 Icll'i paiabol;» romanzcsca, la Moria della madrc c dcl figlio e come l,U 1 t. ,-ilaiH iata con um andamcnto menoschizofrenicoe dissociato. "1" Sl'' "nzc » Mc"1UV(K ;U1() 'c (Kt;ls'on' niorbose dcl «hallo angclico» di Ara-"l"t T'' o Ii morie della sccondogcnita C lo icoppio improvviso della malattia, °l' n/i npsodica del pur scnza rinunciare all'orditura per frammenti, '^d'gu'i tcniporalita lineare dcl Familienroman: cade l'opposizione assil-I \c fra l'adesso dcl discorso e l'allora della storia, e i commcnti dell'io narrante Julto si placano, aitenuando i timbri dcll'aggrcssivitä risentita. L'indicazione prccisa dci luoghi e dei tempi lascia il campo ai dcittici sfumati dcll'indetermi-natczza («una volta», «un giorno», «una di quelle sere», «in quelle giornate») e ilracconto avanza secondo una norma compositiva, giä spcrimentata, di esem-plaritä metonimica: Taltcrnanza di scene iterate c momenti singolativi ora vale a tradurre sulla pagina il tumulto coattivo dei gesti impudichi cui si abbandona la madre davanti agli occhi sgomenti del figlio: la serie osscssiva dci fcnomeni si accumula, a riesumarla, in una concrezio-nc pullulante su cui si accampa qualchc sccna singola, che tende a figurare in sela scrie intera (pp. 1337-1338). In un crescendo desolante, che annulla le incursioni nel tempo-spazio dell'oggi, il romanzo precipita verso la catastrofe. 4. SPEZZONI DI FILM Per collegare le due ampie sezioni, in cui ě composto il libro, il narratore sParge, come sempre, rimandi interni, ricorrenze figurali, catene d'immagini anaforiche: in Aracoeli, tuttavia, i moduli della reduplicazione non puntano a ncostruire i passaggi lunghi e lcnti delle generazioni {Mcnzogna) o le limpide aeronie dcll'infanzia appassionata {lsola)y e neppure l'equilibrio bilicato fra jcmpo epifanico e divenire storico (Storia). Nel monologo sregolato di Manuel, proliferazione delle immagini replicate (lo specchio, la sassaia desertica, la istesa marina, il carrettino dei gelati, il giardino «scandaloso e proibito», la Kvinta, la catenina amuleto, gli occhiali) apre nel tessuto narrativo squarci verticale, quasi a suggerire un inabissamento verso «il punto estremo del j luro- ^na sorta di mezzogiorno accecante, o di mezzanotte cieca» (p. 1044). qucsto tentativo impossibilc di ridiscesa all'eden materno, ogni visione si riS(,K'e in una «fascinazione sacrale e laida», in cui il «ritorno di stupori „n riíureito atroce e purulento» (p. 1136). Se «nel secolo rf i, f chenofviviamo, 1c parole sono ridotte a spogl.e esan^ " j . n(t rue noi viviamo, ic -*------------^-611C esanimi* , degradaZ1one. cheM>0 ^ ^ , U ^ j^Mp. n d XXzionľche lo accompagnano: «finzioni? falsi? scherzt di un triply M39) anche la scrittura cne * - ™r lemota I llineare «ricordi apocrifi». Poco prima dl sceneggiare la ridda infer nelila estate di Aracoel, Manuel s t= sulla ^ a male?» (p. 1344). A venir meno, sia chiaro, non e certo la potenza intrusiva di cui si avvale ľio narrante per delineare gli accoppiamenti della madre con ľuomo-gatto, Ü Console delia Milizia, ľoperaio del gas, o per comporre la galleria degli avi del suo Familienroman. Grazie al consueto relativismo prospettico subdolamente onnisciente anche ľalibi canuto, simile ad Elisa e Arturo, schizza figurine in-delebili - l'amico Siciliano, dilaniato dalla fame d'amore, la Donna-Cammello, dalla «bruttezza orrida e meravigliosa» - e scolpisce i ritratti spietati dei parenti, dominati da fóbie e ossessioni: cosi il ritornello di una domanda - «Come na-sce?» - immobilizza zia Monda, dalla «verginitä senza amarezze», nel rispetto ossequioso delle gerarchie sociali. No, ciö che muta in Aracoeli, rispetto alia voce molteplice della dormiente Elisa e alia sensibilita regressiva del fanciullo procidano, ě lo stravolgimento morboso che infetta ľorigine prima della memoria: i sogni, che creano «a nostra insaputa una serra mostruosa, che infesta coi suoi parassiti il nostro intero campo» (p. 1406). L'io narrante adulto si affaccia su una «voragine senza fondo» da cui le «lud del passato» restituiscono «visioni postume», composte di atomi galleggianti e di «protoplasmi» fossili, impressi come un fotomontaggio su lastra. Contaminata dalle «Tetre scritture del Pro-gresso» (Ü Beatopropagandista), la memoria ě svilita a macchina dei ricordi, che srotola un rullo di pellicola: e se poi davvero ogni nostra esperienza, minima o massima, ě lä stampata su quel rullo di pellicola, giä fÜmata da sempře e in proiezione continua; ľfiľľľn ° C-] Se Ü mi0 rullo> Preso tutto insieme, risulterebbe film dell0rr0re,o una comica (p. 1407). ^SS^T^ T''" e consulente di registi famosi, frequents Accattone di ^™ a ^tarelei stessa attrice- celebre la parted?**^ raPporti intensi e m T ~ intrattiene con ľuniverso cinematogr^ teatro e al melodramm t * Menzo&™ i riferimenti piú frequenti sono deoffres--c:r2s U per la caratterizzazione dei personaggi, da v ArACOELI, il romanzo andaluso di manuel 1 49 e a Scimö, da Nunz a Nino e Caruli. Anche in Aracoeli i richiami alle pellicok ďepoca sono frequenti, spesso con funzione ritrattistica, ma ora a prevalere é ľuso corrosivo e destrutturante dei materiali e dei procedimenti filmici: la con-danna delia riproducibilitä tecnica che, nella vicenda di Ida e Useppe, colpiva la violenza immota degli scatti fotografici, qui dilaga fino a coinvolgere il campo intero del linguaggio per immagini. Non solo nel passato prossimo di Manuel i «film», cioé i sogni erotici, si alternano ai «cinematografi», le masturbazioni e le fantasie sessuali, ma il recupero delia stagione remota si dispone secondo un montaggio discontinuo di fotogrammi. Le parole tratte da questa area se-mantica - regia, scénografia, copione, schermo, spezzoni di pellicola, effetti di fotomontaggio - si sprecano, a suggerire la percezione non naturale che ľio nar-rante ha del mondo presente e delľepoca prebellica. Infestato da un morboso «bacillo visionario», Manuel non allestisce piú le ampie vetrate delle cattedrali, ma assiste impotente a uno spettacolo proiettato sullo schermo livido delia memoria: troppo coinvolto per giudicarlo con distacco critico, si trova, nel contem-po, in uno stato di voyeurismo inerte e impudico. D'altronde, anche al lettore il «cinema delia memoria» non consente né moti di criticismo indulgente né lusinghe di straniamento complice: solo in aleune sequenze, quando riemerge il ricordo felice del Totetaco, le cadenze della trasfigurazione ariosa sollecitano un'inclinazione di antica confidenza. 5 LA MACCHINA DEI RICORDI La «macchina dei ricordi», la «macchina del cervello», «la macchina dei sensi»: le espressioni ricorrenti illuminano la distorsione che lo sguardo di Manuel proietta sull'orizzonte, dominato dal «misero panico della materia» necro-tizzata: A tratti, tutto cio si calcifica in un'unica, dura piattezza carceraria dove io ballonzolo murato (p. 1099). U peUegrinaggio maniaco, guidato dalla sensibilita percettiva di un io nar-rante che individua l'inizio della catastrofe nel giorno in cui «per la prima volta, mi vennero messi gli occhiali» (p. 1254), si sviluppa entro uno scenario di rea ta sempre stravolto da un'ottica «semicieca», patologicamente umiliata che produce «scherzi ottici» (p. 1064). Al di la del valore simbolico che assumono le lenti per il piccolo Manuel - segno di bruttezza che gli aliena l'amore materno In malato e miope scompone la luče «in filamenti convulsl e mut sguardo malato en F ><>' che rimbombano nel presente industriab-f^™"001"ŤaCC°mpagna le taP?e del viaggio assolve unaduj** cTZ^T^řír ^ miSUra ^ntervaJlo cronologtco fra X**> lawenturamaníco7 " dai ^ ^indictro* su note bas • ma C°n k ra^etta procace (P. 1119) o la visita alla Sig**»(P" 1145); su timbri cristallini, le nenie materne del Tötet*,™ 1 risatelle gioiose di Pennati. taCO e la notte aUietata dalle Leco degli accenti famÜiari si fa strumento priviWiato ner P ricordi piü remoti. Sin dalla prima pagina: ^t^^Z^T^ alForecchio una canzoncina speciale» intonata dalla voce materna dT ^ tenero dt gola e di saltva»; riaffiorano, poi, «la voce dt Z^^^ sioni impenose, la «voce nostalgtca (e alquanto stonata)» di zta Monda pers no le parole mal ascoltate dello zio Manuel. persino Nella seconda parte deU'opera, abbandonati i fragorosi ambienti dell'oggi il racconto attenua i clamori dissonanti, per concentrarsi sulle allucinaztoni udi' tive scatenate nel piccolo Manuel dalla vicinanza di Aracoeli. «Nel teatro infetto e convulso di quell'ultima stagione», solo e unico vibra lo smozzicato discorso materno: quell'estraneo balbettio, col suo sapore di rabbia - e di rantolo - e d'infan-zia imbrattata - e di sevizie e di miseria e di litanie -[...] mi si prolunga nell'udito (p. 1338). A dar conto della varietä dei timbri morbosamente osceni e, come di con-sueto, la gamma ampia e variegata delle serie aggettivali: «un tono supplichevo-le, spaurito e maniacale»; «suoni strani e desertici»; «un piccolo urlo stridulo, bizzarramente Iaido»; «una voce sfatta, leziosa eppure aggressiva»; «un'altra voce, indurita, piatta e sconciata». La sequenza memorabile della seduzione dell'attendente Daniele si awia sul richiamo ostinato della donna in cui «una implorazione tragica, e feroce prepotenza, e promessa lusingante, si scioglievano in una miseria vile, dal sapore grasso, vischioso e quasi sporco»; mentre l'«estate pestilenziale» di Aracoeli si chiude con una visita drammatica in chiesa, in cui gli abbagli della vista sono potenziati dall'eco «storpiata di voci scempie». Nei fotogrammi del montaggio in cui si srotola la memoria d. ManudJk tensione trasfigurante, che sin daJl'esordio sorregge la prosa morantiana *»um le forme inedite deUa deformazione, al limite deUa ~"t°rslon"Spr" ot- Anche ne. romanzi precedenti, la raffiguraz.one del mundo toposta ai filtri parziali della soggettivitä percipiente, ma la sc -Í^S^L^ 151 ]145); su timbri cristallini, le nenie mateme del Totetaco e la notte allietata dalle risatellegioiosediPennati. Leco degli accenti familiari si fa strumento privilegiato per 1'emersione dei ricordi piü remoti. Sin dalla prima pagina: «Dal tempo che ero bello, mi torna all'orecchio una canzoncina speciale» intonata dalla voce materna dal «sapore tenero di gola e di saliva»; riaffiorano, poi, «la voce di mio padre» senza infles-sioni imperiose, la «voce nostalgica (e alquanto stonata)» di zia Monda, persino le parole mai ascoltate dello zio Manuel. Nella seconda parte dell'opera, abbandonati i fragorosi ambienti delloggi, il racconto attenua i clamori dissonanti, per concentrarsi sulle allucinazioni udi-tivescatenate nel piccolo Manuel dalla vicinanza di Aracoeli. «Nel teatro infetto e convulso di quell'ultima stagione», solo e unico vibra lo smozzicato discorso materno: queH'estraneo balbettio, col suo sapore di rabbia - e di rantolo - e ďinfan-zia imbrattata - e di sevizie e di miseria e di litanie -[...] mi si prolunga nelludito (p. 1338). A dar conto della varieta dei timbri morbosamente osceni ě, come di con-sueto, la gamma ampia e variegata delle série aggettivali: «un tono supplichevo-le, spaurito e maniacale»; «suoni stráni e desertici»; «un piccolo urlo stndulo, bizzarramente Iaido»; «una voce sfatta, leziosa eppure aggressiva»; «un altra voce, indurita, piatta e sconciata». . La sequenza memorabile della seduzione dell'attendente Daniele si awia sul richiamo ostinato della donna in cui «una implorazione tragica e teroce prepotenza, e promessa lusingante, si scioglievano in una míšena vík, cW>apo grasso, visch10so e quasi sporco»; mentre ^^^^^no chiude con una visita drammatica in chiesa, in cui gh abbagli cie potenziati dall'eco «storpiata di voci scempie». 6. A1XUCINAZIONICONTORTEEDCTOgMA^ la la memoria di Manuel, la Nei fotogrammi del montaggio in cui si sr° °, osa morantiana, assume tensione trasfigurante, che sin dali esordio sorregg espressionistica. le forme inedite della deformazione, al limite a era semprc sot- Anche nei romanzi precedenti, ^^^^t nia la scrittura adenva toposta ai filtri parziali della soggettivita per p alle molteplici sfaccettature delľuniverso, per restituirne ľeffetto lj Ora, venuta meno la «simpatia con la realtä», ad accamparsi sulk ' lnterež2a. mescolanza espressiva che accozza materiali eterogenei. U forte t^ma h mia ristilismo verticale» che Mengaldo indivídua in Aracoeli ha radici nel° * < ^ rantiana non cede alla contorsione awiluppata che affatica ľatto dl to, per tradurre sulla pagina la rigidezza fossile che ha agghiacciato ^ ^ immaginosa e corroso il cosmo intero, il monologo sregolato si marca . ^ sioni e inabissamenti, ma il dialogo con ľio leggente non conOSCe/d- s^p* senso. Lo scarto deformante non intacca ľordine sintattico: nei appon ncchi di incisi, apposizioni, parentesi, prevale la coordinazione, c e na i nessi di consequenzialitä. -zioni ir senza scamP°'b COnVCrS1ľri-iurre ü Principio di rľ l , k memoria del «^to Narciso tende, cioe, **Pi semanttci 1 ľT^ k Una sorta d> moto pendolare oscillantc * P'u 0 meno lontani: tani: la fisio febbrile, fra cen<;ri j noia ďa,roce W* ARACOEU, IL ROMANZO ANDALUSO D» MANUEL 155 íeKWa e d asuo, pe me e nmasta confusa fra Storia e leggenda; abbaci-„ato,fra palpm d estas! e dmdegmta; parvenza fuggitiva, dubbiosa fra k iígUa e ü semr-dehno; osalk fra lW.to delle fusa e U t,more di o fee J soft'erie; con un espressione rmserabile fra la ruffianeria e l'abb tuto e di pudore L'ambiguitä, un tempo «sostanza dei sogni e degli dei [...] dolce, barbari-coritornello della natura» {Menzogna, p. 778), si disperde nel riconoscimento diuna dualita perfida, ormai incomponibüe, che trova la sua acme nella rap-presentazione dell'oscuro corpo femminile, «caverna di stupendi misten, e di tenebre cruente» (p. 1310). La pietraia onirica cui giunge il cammino di Manuel ritlette il rovinio che investe la sede primigenia della vitalita creaturale: il con-fronto inedito con la modernita inscrive nelT opera intitolata alla figura materna la commistione precaria, destinata allo scacco, fra le pulsioni energetiche dell'io elarigidezza mortuaria di un universo inorganico. La «misteriosa» Aracoelilan-cia messaggi simili a un «lampeggio filiforme nella caligine» e dalla sua persona promanano fasci ardenti di elettricitä: la sua schiena, carnosa e compatta, ě divisa, nel mezzo, da un profondo solco falcato, a cui sembrano convergere serpeggiando le vibrazioni dei suo corpo intero, come per un flusso elettrico (p. 1345). E neue sue pupille dilatate ardeva una linea scintillante, verticale (p. 1376). Grazie ai bagliori di una luce non piü solare, la scrittura morantiana capo-Volge la spinta delle tensioni vitalistiche nell'ardore ultravioletto dell'aggressi-VUa seduttiva che tutto snatura. Sdoppiata, in Menzogna, fra Anna «La notte» n « <<11 8^rno», calata poi nell'archetipica «antichitä puerile» di Nunz e «Ptecognizione dei sacro» di Iduzza, la figura femminile trova in Aracoeh **a/appresentazione che condensa) facendoli esplodere, i termini di una con-radd^one insanabile: quanto piü la donna aspira a inverarsi nella maternita, ^ata dal matrimonio, tanto piü le sue viscere patiscono gh ^ ^rboso che ne corrompe Videntitä biopsichica, distruggendo ogni legame 156 CAPIT0L06_ 1 romanzo delľffi non racconta la stoná di un caso cl,n,co, esemplifjCa, A Ladella femminilitä, che patisce gfi inganm dl una natura che non salva Iľľnn enta. Manuel respinge e respingerä sempře la diagnos, pietosa avan2ata ľľmľďici secondo cui Ü comportamento mnfomane della madre ě causato I un viruíento processo tumorale al cervello e ipotizza unWntrusione fe^ innominata» che si insedia nel «buio fitto del suo corpo». Ha ragione Fortini: Morante «vuole una tragédia non una disgrazia», e la nevocazione delľultimo anno di vita di Aracoeli allinea gli eventi con nessi subdolamente ambigui, non dissimili dal nodo di coincidenze che, nella Storia Romanzo, accosta la mořte di Nino al primo urto epilettico di Useppe. Anche in Aracoeli, la progressione ďin-treccio svela le ragioni ultime che rendono gli attacchi morbosi il segno di un destino fatale: la nuova gravidanza con il ripudio del Totetaco, la nascita e morte della neonata, le frenesie del ballo angelico sono cosi concatenate da orientare il Familienroman di Manuel verso una catastrofe che travolge 1'intero sistema delle relazioni parentali. II capovolgimento della fisionomia del personaggio materno ě radicale: la prima Aracoeli, schizzata con le linee consuete delľiconografia femminile, ě una fanciulla sedicenne, analfabeta, capace di muoversi «inconsapevole di qua dalla Storia, e dalla politica, e dai libri e dai giornali». Forte solo del «suo cattolicesi-mo elementare, abitato da figuře di chiesa, leggende afro-asiatiche e statue della processione», la madre-ragazza vanta ricordi di «meraviglie speciali», la capra Abuelita, il gatto Patufě, la vecchierella di centovenťanni di nome Tio Patro-cinio. Ma soprattutto questa Aracoeli, che caracolla simile a Nunziata «in una maniera quasi comica, senza languore né civetteria», mantiene unintatta fclici» naturale: «Nel suo sangue di continuo vibra una letizia, anche per il solo motivo d esser nata». La dote suprema della giovane andalusa ě un pudore verging estraneoauepulsionidelľeros: nonosta te il 'sangue della salute' versato ogni mese, il tuo corpo, immune contav sľta2ľe T**' la sua infantile [..J aUora, fatti a te Jľ* eC°nda2Íone di malinconia suprema (p. 1415). ' a patlr)a Soprattutto il ritratto degli avi paterni acquista un rilievo lugubrr I i fronto in controluce con la galleria degli aristocratici siciliani di mLI 7 dl Manuel, che «si ergono maestosi Penáti, degno oggetto di venerazion per noi soli, ma altresi per la citta di Torino, e anche per 1'intero Piemon 1399), al pari dei decaduti Cerentano, coltivano, «nei loro sprofondi dei semi ď tuoco, germinanti in una pazzia da cavalli e in una ostinazione da mulL (p m] II normo, magistrato di Torino e insigne maestro del Diritto, ě un «lombrosiano cosi accanito» da «condannare un poveretto giudicandolo soltanto dalla forma del suo cranio»; la nonna, per parte sua, si dedica «con tale passione a una sua collezione di antiche parrucche da affrontare lunghi viaggi per conquistare una vecchia parrucca tarlata». Spetta al nipote, estraneo alle ossessive abitudiní dei due onorabili vecchi, smascherarne 1'intima follia, racchiusa nei meccanici gesti quotidiani e nelle battute dei discorsi ripetitivi e trafelati. La morte che li coglie, entro le mura di casa, «alla guardia dei loro tesori (codici, onorificenze, memone. albi, parrucche)» (p. 1424), ě solo il sigillo di una sconfitta annunciata. Al pari delle cronache familiari di Elisa, le visioni filmiche di Manuel delinea-no il ritratto di una collettivitä, colta in una fase di trapasso epocale: il giudizio di condanna suona, se possibile, ancor piú inappellabile della sentenza pronunciata sulla «decadenza magniloquente» della classe nobiliare siciliana. Lo scarto, nspet-to a Menzogna, risiede nella scelta delľultima Morante di accantonare la «moder-nitä promiscua e indiscreta» dei ceti piccoloborghesi di recente inurbamento. per priviJegiare, sullo sfondo del ventennio fascista, 1'incontro diretto tra la naturalita vitale del popolo andaluso, ancor piú meridionale delle genti del triste mezzogior-no, e il prestigio delľalta borghesia settentrionale, ďispirazione Hberale e aica, responsabile ďaver consegnato il paese alia brutalita volgare di Mussolini. Come in tutti i romanzi, ľarcatura parabolica indica dove coUoc^ ^ della narrazione: nel montaggio dei frammenti ě inscritta una latente ^ ta periodica che individua nella stagione bellica il momento cruaaie ^ ^ nazionale; se la ridda infernale di Aracoeli scoppia neUestate de ^ explicit ci riportano nelľimmediato dopoguerra. Dopo ú proog_, ritratto materno, il monologo sregolato del canuto Narciso s ľinizio di Menzogna e sortilegio: Sono passati trentasei anni da quando mia madre fa s^a" statola tero di Campo Verano, a Roma (mia cittä natale). lo non Aracoeu, il romanzo andaluso di Manuel 161 dentro a visitarla. E sono piú di trenťanni ehe non livedo Roma, dove non penso di tornare mai piú. L'ultima volta che ci andai, fu nella prima estate del 1945, alia fine dellaguerra (p. 1043). II primo «lampo alľindietro» rievoca appunto la volta in cui il tredicenne Manuel torna nella capitale, per incontrare il padre, lex Comandante Eugenio, ridotto a inebetito ubriacone: Estate 1945. Mio padre, alia mia prima e ultima visita in quella sua casa del Tiburtino mezza bombardata, con le finestre tutte chiuse e quel fetore dolciastro. Lui con la pelle di una bianchezza sordida sotto la barba non fatta. La sua bocca che mastica a vuoto. II sudore freddo della sua mano che si ritrae... lui fa quella specie di sorrisino miserabile (ibidem). II libro si chiude, con circolaritä palese, su quel viaggio romano, ben piú rivelatore dell'impossibile anabasi verso il paese materno Gergal, che aveva pre-so awio nel ponte di Ognissanti, esattamente trenťanni dopo. II pellegrinaggio maniaco della memoria approda, dopo quattrocento pagine, alia catapecchia diroccata, dove il pluridecorato Eugenio Ottone Amedeo, giä disertore all'indo-mani dell'8 settembre, ě diventato una malconcia paródia d'eroe: L'unico, istantaneo sentimento che ho provato, a rivederlo, ě stato di ribrezzo [...] il suo corpo seminudo, di una bianchezza malsana quasi inde-cente, era tutto madido come nella canicola [...] la sua faccia non compariva invecchiata, ma piuttosto regredita a una strana immaturitä (pp. 1445-1446). II Familienroman dell'alibi canuto cancella con luciditä impietosa menzo-gne e sortilegi. E, tuttavia, con il consueto ultimo guizzo, Morante ribalta lo scioglimento desolato e desolante: come in Menzogna, con il «dormire magni-fioo degli sposi», neWIsola con il dono dell'orecchino di Nunz e, infine, nella Storia Romanzo con la nota gramsciana sul seme «che ě un fiore e non un'erbac-cia», cosi anche, in Aracoeli, la scrittura della duplicita senza soluzione riscatta 11 Protagonista e la sua penosa ricerca di identita. Poco dopo esser uscito dallo «schifoso interno 15», Manuel s'abbandona al conforto delle lacrime: «dun lratto ruppi in pianto>> (p. 1451). La causa scatenante non sta nel ricordo del cane Balletto e neanche nel consueto autoripiegamento vittimistico; la risposta ě un'altra, ricca di una «sua curiosa ambiguita»: 162 Capitoloó piangevo per amore. Amore di chi? Di AracoeJi Jasciata indietro da sola a decomporsi nell'orrido parco? No - impossible [...] Amore di un aJtro, invece. E di chi? Di Eugenio Ottone Amedeo (p. 1453). NeJla visione di quelľestate del 1945, il protagonista confessa il desiderio appassionato di un affetto paterno, pervicacemente negato, sempre ricusato con strafottenza bambinesca: mentre mi rivoltavo di schifo alia sua presenza, io forse ne ero preso dispe-ratamente d'amore. E se al salutarmi sulla soglia, invece di porgermi quella sua mano schifosa fredda e sudata, con quella stessa mano lui mi avesse carezzato la testa (una di quelle sue carezze istituzionali, da me sempre ac-cohe in passato con una giusta frigida indifferenza) io forse gli avrei urJato. Ti amo! {ibidem) La «spiegazione inaudita arriva invero con troppo ritardo», afferma 1 io narrante di Aracoeli: forse, per meglio dire, arriva a sancire lepilogo di un espe-rienza artistica, Ja cui stratégia ha ricavato slancio e fervore espressivo propno dalle fole, dalle leggende, dalle memorie infantili su cui si costruiscono i «ro-manzi familiari dei nevrotici». Per sápeme di piú Ledizione di riferimento ě Elsa Morante, Opere, nei due volumi della collana «1 Meridiani» Mondadori, a eura di C. Cecchi e C. Garboli (Miláno, 1988 e 1990): il primo comprende Menzogna e sortilegio, Ľisola di Arturo, Alibi, Lo scialle andaluso e, in appendice, racconti del Gioco segreto; il secondo // mondo sahalo dai ragazzim e altripoemi, La Storia Komanzo, Aracoeli, Pro o contro la bomba atomica e altri serit-ti, Lettere ad Antonio [Diario 1938]. I testi, in prosa e in versi, sono disponibili nelle edizioni tascabili Einaudi; vi si affiancano, sempře per i tipi della casa editrice torinese, Le straordinarie awenture di Caterina e Racconti dimenticati, a eura di I. Babboni e C. Cecchi, con una presenta-zione di C. Garboli (2002). Un aceurato repertorio degli seritti morantiani, sia quelli comparsi su riviste sia le opere edite in volume, ě curato da T. Baldassaro nella sezione Bibliografia del Catalogo della Mostra allestita presso la Biblioteca nazionale centrále di Roma: Le stanze di Elsa. Dentro la serittura di Elsa Morante, a eura di G. Zagra e S. Buttô, Roma, Colombo, 2006. II volume offre un contributo prezioso sui materiali, le carte, ilibri della serittrice, nonché un'aggiornata bibliografia eritica. A Graziella Bernabô si deve la biografia La fiaba bella. Elsa Morante tra vita e serittura. Roma, Carocci, 2012. Ricordi e testimonianze di amici e colleghi sono raccolti in due Cahiers Elsa Morante: il n. 1 a eura di J.N. Schifano e T. Notarbartolo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1993, e il n. 2 a eura di N. Orengo e T. Notarbartolo, Salerno, Edizioni Sottotraccia, 1995. In occasione del centenario della nascita: V n altro mondo. Omaggio a Elsa Morante (1912-2012), a eura di A. Motta, in «11 Giannone», a. X, 2012, nn. 19-20; Festa per Elsa, a eura di A. Sofri, Palermo, Sellerio, 2012; ĽAmata. Lettere di e a Elsa Morante, a eura di D. Morante, Torino, Einaudi, 2012; il catalogo della Mostra allestita presso la Biblioteca nazionale centrále di Roma, Santi, Sultáni e Gran Capitaniin camera mia. Inedttieritrovatidali 'Ar- 172 Per saperne Di Piů chivio di Elsa Morante, a eura di G. Zagra, prefazione di G. Foíi, Koma, Edizi0I)l delia Biblioteca nazionaJe centrále, 2012. Volumi e studi monografia A.R. Pupino, Strutture e stile della narrativa di Elsa Morante, Ravenna, Longo, 1968; L. Stefani, Ritratti critici di contemporanei: Elsa Morante, in «BeJfagor», a. 26, 1971, n. 3, pp. 290-308; C. Sgorlon, Invito alia lettura diElsa Morante, MiJano, Mur-sia, 1972; G. Venturi, Elsa Morante, Firenze, La Nuova ItaJia, 1977; D. Ravanello, Scrittura e follia nei romanzi di Elsa Morante, Venezia, MarsiJio, 1980; C. Garboli, // gioco segreto: nove immagim diElsa Morante, MiJano, Adelphi, 1995; G. Rosa, Catte-drali di carta. Elsa Morante romanziere, MiJano, II Saggiatore, 1995; M. 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UldZrAT0'SStaK Th^ulturalLegaaeso/ElsaMorante,,cuvaS veda12 " ' C S' W°0d' WeSt Lafa^ ™.> P-due University Press. 2006. Si dal Centre17*?° ™nografico ded^ato a EJsa Morante deJJa rivista pubblicata Centre de Recherches Italiennes de Paris X: «Narrativa», 2000, n. 17. ^^^^d^^^^ Studi e 1 COntributi Piu reCend' n°" ^ «ss core, iy6«; G. Pankow, Les dangers de la fusion. A propos de de* MUa-de deux nov vellcs ď Elsa Morante, in «Esprit», 1986, n. 121 dd 37-4'vf; Rn£ t , r . "n t ,1 - i^i,pp.^/-pig - 174 Per saperne di piü Splcndorini, «Menzogna c sortilegto» di Elsa Morante. Una scrittura d II Firenze,Le Lettere, 2010. ****** «Lisola diArturo». G. Debenedetti, L'isola delia Morante (1957) in \nt zo, Milano, Mondadori, 1963; L. Waintein, Le miroir ď Elsa Morante, in «CnV^ a. 11, 1958, n. 137, pp. 855-860; F. Ferrucci, Elsa Morante's without Elys^ «Italian Quarterly», 1963, nn. 27-28, pp. 28-52; G. Ricci, Tra Eros e Thanatos-storia di un mito mancato. 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