Guido Cavalcanti Avete '« vo Ii fior e la verdura Ě un sonetto in cui si svolge la lode della donna, in toni accesi ed entusia-(anche con echi diretti) a quelli del sonetto di Guiniz->erlamtadonnalaudare(cfr. d. 270). I.'inizinevoralim ^ un suneiio in cu zelli'SÍSňíS "T uine itíÍT^ ma d0n"?läudare (cfr- P- 279). L'inizio evoca ľim-Ä5tólS!!^¥?f" -de, sotto il segno «stil- u un ngogho di tiori e di verde, sotto il segno «stil-novistico» della luce e dello splendore; la visione della donna appare ^ dizione necessaria per acquisire valore, rende l'uomo degno e caPac accogliere in sé la forza di Amore. Le terzine chiamano in causa le ^ che si accompagnano a colei che ě oggetto di lode: la bellezza di qu Z^fo tima sembra come ritlettersi sulle prime e renderle care al poeta, sc|, un motivo che «risale alla dottrina del De amore di Andrea CapPJ^^^_ (De Robertis) e che sarä ripreso da C rara' ,aie aua dottrina del De amore di Andrea <-<»H «De Robertis) e che sarä ripreso da Dante (cfr. il sonetto Veae^ uinJi menle onne salute, v. n, nella Vita nova, T2.1). Le donne vengo w invitate a fare onore alla loro compagna cosi elogiata e a ncono nel-valore, la sua supremazia, che viene ribadita in modo semphce e ľ ultimo verso del sonetto («perche di tutte siete la migliore»)-ttDIZIONE: G. Cavalcanti, Ríme, a eura di D. De Robertis, Einaudi, Torino i9*^ METRO: sonetto a rime alternate ABAB ABAB CDC DCD (forma di upo »'ci Cavalcanti). Avete 'n vo' li fior e la verdura e ciô che luce ed ě bello a vedere; risplende piú che sol vostra figura: chi vo' non vede, ma' non pô valere. v. 1. la verdura: il verde, ciö che ě verde v. 4. chi non vede voi. non p"ü„'n (cfr. Guinizzclli, Iq voglio Jel ver, v. 5, modo avere valore (ma, *"u ' «Verde river'a lei rasembro». p. 279). k negazione). v. v tigura: volto. nes*1"1 ..i jjj LíRicA VOLGARE. GUIDO CAVALCANTI In questo morulo non ha ereatura sí piena di bieltä né di piacere; e chi cľamor si terne, lu' assieura g vostro bel vis' a tanto n sé volere. Le donne che vi fanno compagnia assa' mi piaccion per lo vostro amore; „ cd i' le prego per Íor cortesia ehe qual piú puô piú vi faccia onore ed aggia cara vostra segnoria, 14 perché di tutte siete la migliore. 281 w. 5-6. cfr. Guinizzclli, Veduťho la lúčenie stella diana, w. 7-8 (p. 278); mm ha, mm c e iba impersonale, come nel tran-cese d y a); bwltá, francesismo; il né nella proposizione negatíva, seguendo un uso provenzale ha valore di «0»; piacere vale "bellezza, capacitä di piacere". W. 7-8. e se qualcuno non ha coraggio di amare. il vostro bel viso hilu' per luň in-coraggia ad accettare (volere) in sé una tal cosa (tanto), doe I'amore. w. 12-1). che vi facciano onore quanto piú ě loro possibile, al massimo grado (che quella ehe piú puô. piú vi řaccia onore) ed abbiano in pregio la vostra so-vranitá. /N Chi e questa che ven, ch'ogn'om la mim 11 úctivo della lode qui si oprime in un empito ^f^^a i ^Parire della donna per il carattere iruudito degh effet ,^re ú turba—____L -1________—~« ™r,a ncl1 ambiente circostante. ddU Per il turbam. ""i!' ci""attere ««kMO uegji cu«., n,e na indkii^C r ■ sua,Presenza PorIa ncll'ambiente circostame. Co itlna ě modeij- ° 'om,ni- l'intenvgazkxte che si svolge nella prima quar- ( donna ra h - j . ',co Cantico deicanticic sottolmea subito il fatto che 1 f°ne di un L e ln il segreto di qualcosa di ÜKOnosabÜe, la rive/a- ; .a ragion I ° S?8reto ed ineJante entusiasmo per Pippariit deUa donna e I <> Vlř! "SSoJuta che essa rapj^resenta si inserisce cosi quellbttica ; f^'o daJ/Se!TPre essenz,a'e per Ca\'alcanti: il massimo di bene rappre- 1 rJA**Za ( k nna co'»/K)rta l'impossibilitä di dire. Ja sconfuta della ca- ! .C'° vierie fne "on a caso costiwisee l'ultima parola del sonetto); ma tutto I Sü qup/i to cor> una «prevalenza iJel punto di vista inde/inito o "cora- I "o» "° pcrsoriale», rilevato da formule come -----^ '« (De Koben le r' !>r\ rS(?na'e>>- rilevato da tonm ogn 'om, null'omo, cta- •*JWv * /<7 w«Wf "ei/«, 'n not (De Koberns). V^'^iaje "^0n nn'f ABBA ABBA CDE EDC (quinine » rime incnxMc c terzine j ri-ľ' P- j79) ° ľ"" diretu rinresa dai GuMoeB dl /í/ 'f>/c^°mk Ľ'- comc nd řran- l'ere q m!' ques(0 uso meuforieo di w. u-— - nli.^cŕieritaíno.^ che la v.,o.col^ ^"llc duc stanze succ«- pamlačr^-'^Lace^ŕ^^-sive .llei.nt.U^reclP' „5;vi«a:asnerm . Joeta attravcr*'» v c "l* aspetto. •^"c^ěsipnificativo detto di due 28, EPOCA I LA CIVILTÄ OOMUNAU HNO AL '300 20 24 28 36 40 disse l'una, che rise: «Guarda come conquise forzad'amor costui!» L'altra, pietosa, piena di merccde, fatta di gioco in figura d'Aniore, disse: «'L tuo colpo, che nel cor si vede, fu tratto d'occhi di troppo valore, che dentro vi lasciaro uno splendore ch'i' nol posso mirare. Dimmi se ricordare di quegli occhi ti puoi». Alia dura questione e paurosa la qual mi řece questa foresetta, i" dissi: «E' mi ricorda che n Tolosa donna m'apparve accordellata istretta. Amor la qual chiamava la Mandetta; giunse si presta e forte, che fin dentro, a la morte, mi colpir gli occhi suoi». Molto cortesemente mi rispuose quella che dime prima aveariso. colaforzadamortutto 1 su'viso dentro perli occhi timiro si fiso"' v. 19. conquise: vinsc. v. li. mercede: compassionc. za troppo grande, che vi h mm~ tr°. vi impresses («4 lasc,arono den-dore tale che n„T WK) ^ spier, '^aalcuoredelnr"""51^0^ v- *9. «Al!a domanda (íiffi -i P0naariC0rdarcn^'paura perch-. memo della donna introduce una nota di elegante e misteriosa sensualitä. , 33- «che Amore chiamava Mandetta» •4» iilpronomerelativooggettoA»<7«M/ep°-S0 WO al soggettO Amore): e Amore ad aver dato il nome alla donna; e il nome Mandetta e diminutivo del nome molto diftuso Aman Je, Amanda, che si riferisce Proprio ad Amore («colei da anijre Naturalmente non si sa se si tratta -nome reale o di un nome attribuito a la Posta dal pocta. v; 34. apparve cosi improwisa e con Vlolcn"(/or/eeawerbio). v- 35- fin dentro: in fondo al cuore. 7" 39-41. con Ii violenza dellamore * ha impresso Timmagine del «* «Mtond cuore del pacta e lo ha BB**"j «*• fissamente (//so e iwerbio) ?■" cuore attraverso gli occhi, che vi •»PPanre Amore: il passaggio aniare»1-di un bei- n tale - 1 I!, n™>re: il passaggio aeu UcU "iimagine della donna attrav dentro i A haW[0 leD'A"10? IM 44 48 ^ LIRICA VULGARE. GUIDO CAVALCANTI ch'Amor fece apparire. Sc t e greve '1 softrire, raecomändati a lui». Vanne a Tolosa, ballatetta mia, ed entra quetamente a la Dorata, ed ivi chiama che per cortesia d"alcuna bella donna sie menata dinanzi a quella di cui t'ho pregata; e s'ella ti riceve, dille con voce leve: «Per merze vegDO a voi». 287 occhi. motivo essenziale della Urica amo-rosa del secolo XIII, risale fino a Giacomo da Lenttni (cir. i sonetti Or come pole si gran donna entrare e Amor ě uno Jesio che ten da core, pp. 240-241 e 242-243). v. 43. greve: duro, insopportabile. w. 45-46. nel congedo il poeta si rivolge direttamente al suo componimento e lo invia alia donna, nel luogo stesso in cui *gU ě apparsa (la chiesa della Daura-«. ancor oggi esistente in Tolosa, anche se con assetto molto diverso da quello medievale). w. 47-49- «c li chiedi che per I'interven-to cortese di qualche bella donna tu sia condotta davanti a quella per la quale io ti ho pregato», cioě la Mandetta. L'auto-re usa il passato t'ho pregata, relativo al momento in cui la ballata giungera a de-stinazione. v. 52. Per merze; per ottenere grazia. pietä. Perch'i'no spero di tornar giammai Questa celebre ballata, che si suole indicate con il diminutivo - usato dal-diff \T St?,SSO - di balbtetta, si collega al motivo della lontananza molto | SSS neUa Piu amica Urica volgare; il poeta, fotse per sempre lontano Cin SCa.na e nii"acciato dalla morte. affida al componimento un mes-la&r "a donna aniata e lontana. Non ě nota la s.tuazionereale in cu f°n£fu scri"a- anche se in passato sono circolate va^^P^ Calento,che l'hanno collegata o al ^MfÄg balfc o al suo esilio a Sax^na negü ultimi anm. Ma 1 onpi iahu de«a h '?ta non sr.. M------1 .... 1_____„ „,r, !<■ virenda biogratica, quanto nei per U donna °o o ti VU111 Poeta si rivolge al suo stesso cu, »»■*■■»-■ V, ilcJ/iP^ome di second?persona, rivoltoalia N S^'yento: con ft iniziano tre delle quattro^e^«ndpn b^5° dela l^za stanza si affaccia cxm^ *gP*» la tu amistate». , 27) e la stessa ^SffXqSK ^tan2aen c "que volte (una volta nella npresa. nella ejonoaen H a' e volte nella terza stanza). La persona dell amante Prrwni- I., .-i. -nr del comjMv n i nun tu r 188 EPOCA I LA CIVH.TÄ COMUNALF. TINO AL t 300 1 moiŕvi dcllt stanu u i».r»» 7 ě la stcssa potenza dcll'amore a condurla sulle soglie della mořte, secondo pct »mocc gl, schemi della psicologia amorosa di Cavalcanti, ed ě la lontananza a par-tare all'estremo tale condizione dispcrata deU'amante. La ballatcita rcca in : sé il segno della disintegrazione in atto nel poeta; cssa (come le penne dcl sonetto Not stán le triste penne isbigottte, cfr. pp. 282-284) £ come una parte della sua persona che si ě staccata da lui e nel corso dcl componimento si assiste a quella moltiplicazione delle istanze psichiche, dcllc parti e dcl-j le emanazioni dell'anima, che e consueta in Cavalcanti (oltre agli spirití si distinguono Yanima e la voce, il core e la mentě). La ripresa indica la situazione di lontananza senza speranza in cui si trova il poeta (mettendo in forte evidenza, ma in modo negativo il suo io: Perch'i' non spero) e invita la ballatetta a recarsi dalla donna. La matcria delle stanze che seguono si puó distinguere nel modo seguente. 1) Nel suo trasmettere alla donna notizia dei sospiri e dello sgomento deH'autore, la poesia dovra evitare di incontrare persone non gentili (mo-tivo stilnovistico consueto), cosa che creerebbe un dolore ancora mag-giore. 2) La mořte incalza il poeta, lacerato dallo scontro tra i diversi spiritr. chiede alla ballatetta di portar via con sé la sua anima. 3) 11 poeta rinnova alla ballatetta la richiesta di condurre con sé Yanima e le affida parole con cui presentarsi alla donna. 4) Infine, 1'autore si rivolge anche alla voce che esce dal suo cuore: voce, anima e ballatetta sono sollecitate a parlare della sua mentě distrutta, mentre, in chiusura, ě l'anima che viene invitata ad adorare la donna. 11 rnotivo della lacerazione e divisione dell'identitä personale, causata dalla forza assoluta di amore, raggiunge qui unintensita eccezionale, gra-zie alla torma leggera e piana del componimento, alla semplice e insieme studiata musicalita del linguaggio, allo stesso tempo vibrantě e sommessa. Di grande suggestione é proprio il contrasto tra quella soave leggerezza e quella trantumazione dell'io, quellaffollarsi e muoversi di frammenti del-1 anima del poeta, di vocaboli che contengono segni molteplici del dolore I e della mořte: ma pur cosi lacerato, egli ťinisce comunque per abbando-narsi al dolce e dolente omaggio della donna, alTadoraziune della sua Ion-tananza. ÜSSESül! k "PreSa di ben 6 versi- 1uesta ba»a'a viene di solito def.nita me* I^ÄSSfr^,WyyZ2X,;le4«anze. di ,o versi ciascuna. hannoO* va tu, leggera e piana, unit a la donna mia, v. 4. aritť: direttamentc, scnza induaio-puoessere^u^iLvoprcEX come i precedenti leggera e pia»^ to (awerbio). oJri'- TU L1RICA VOLGARC. GUIDO CAVALCANTI che per sua cortesia ti fara moltoonore. Tu porterai novelle di sospiri piene di dogli' e di moha paura; ma guarda che persona non ti miri che sia nemica di gentil natura: che certo per la mia disaventura tu saresti contesa, tanto da lei ripresa che mi sarebbe angoscia; dopo la morte, poscia, pianto e novel dolore. Tu senti, ballatetta, che la morte mi stringe si, che vita m'abbandona; e senti come '1 cor si sbatte forte per quel che ciascun spirito ragiona. Tanto ě distrutta giä la mia persona. chY non posso sofrrire: se tu mi vuoi servire, mena l'anima teco (molto di ciô ti prečo) quando uscirä del core. Deh, ballatetta, a la tu' amistate quest'anima che trema raecomando: menala teco, nclla sua pictate, a quella bella donna a cu ti mando. Deh, ballatetta, dille sospirando. 10 26 50 í * P« sua cortesia: Er.izie alia sua genti-spľrin0Vellc di sosP'ri: notizie fatte di so- mente v. 1° '9- "on ti miri: non ti utiardi. non ti in c°ntri ♦n v.,, de! vi n. ■ contesa: OSteggiatl (Contini) ' dj lei rinresa- rritirnM dalla r --- . * 1 I . V U~----- :' ripresa: critieata dalla penona v 9. awersa alia lientilezza. W |/njs°scia: causa di anuoscia. IC- ,. JU rhe dice ciascu- ehe sono m £g« W» ry •->--'-tHlľí.l 111 (III^V'."-"-' <*ÍkTl' *C Poi- ol,re allj ,T1ortC- C1" si rif ebbc P'anto e nuovo dolore»; non ''•.C.5<^alanirnaWn.e * t "—litu e niitnu ..... ;:-«! ad un dolore dopo la mořte, for,, Un al,ro dolore che sarebbe piu chci ancora- Ol"« a qudlo delia morte 10 minaccia V. «• P«**S . ......„, A Parli ľ°ne: Parola riPresa dal v '5'.an W aPPlicazione dcl principe delle SfaP/'Was V'r,«rnzal'sn10) . . . Anche qui <""""' jelv^np^'-^lentelv" ..doloren- /ione i r 190 EPOCA I LA CIVILTÁ OOMUNAU HNO AL 1300 40 quando le se' prcscnte: «Questa vostra servente vien per istar con voi, partita da colui ehe f u servo d'Amore». Tu, voce sbigottita e deboletta ch'esci piangcndo de lo cor dolente, colľanima e con questa ballatetta va' ragionando dclla struita mente. Voi troverete una donna piacente, di si dolce intelletto ehe vi sarä diletto starie davanti ognora. Anim'. e tu ľadora sempře, nel su' valore. v. 51. quando sarai di home a lei I se': "sei"). v. 33. servente: fedcle (rifcrito all'anima). v. }S- partita divisa, separata (ma anche partita materialmentel. w. 37-40. ora si rivolge alia propria stes-sa voce, che esce dal cuore e che si distingue dallWwa e dalla ballatetta, pur identiticandosi in parte con esse; l'impe-rativo va' ragionando invita la voce, insie-me all'anima e alia ballatetta. a parlare al- ia donna della mente desolata, distrutta del poeta. II Voi iniziale del v. 41, in cor-rispondenza con il Tu iniziale del v. 37, raccoglie tutte e tre queste istanze IIa voce, l'anima. la ballatetta), tra le quali poi al v. 45 vienc distinta l'anima, invitata ad adorare la donna. v. 42. alia bellezza si accompagna MM donna la gentilezza MVmlelletto, della mente c del carattere. In 101 boschetto trova pasturella Questa ballata segue lo schéma della pastorella, un tipo di c°mp°™™ ysa-molto diffuso nella poesia provenzale e soprattutto francese, in ^ va mettere in scéna un dialogo, pieno di scatti ironici e di in.sinQuj \A pa-sualitä, tra il poeta aristocratico e una affascinante pastorella. _jazZare-storella, che appare al poeta vagante in un boschetto, sembra rin1^ia che č come una figura sostitutiva, la figura dolce e minacciosa della o >ggfilf al centro della maggior parte delle poesie di Guido Cavalcanti- „^fggf che distrugge ľequilibrio tra le facoltä psichiche, che precip»ta oj. nella paura e nella disaventura, si oppone ľamore leggero e occas □ - ^ ferto dalla pastorella, che ě invece tutto dalla parte della tWc^T,£8g| comunicazione scmplice ed elementare, magica nella sua faci" *■ fe rivcla bella piú della stella, secondo uno schéma tipico per le jca eo minili del «dolce stil novo»: ma, a differenza della donna enig^^ inafferrabile, la pastorella č immersa in uno spontaneo e tehce a*1 fem; IM LA URICA VOLGAKE. (.IUDO CAVALtANTl la natura, ha sul suo esso corpo 1 segni del Piacere e della comuni-cazi0ne con la matena. Sola e svtncolaa da rapporti sociali, SHE tiv,mente disposta all amore attendendo sohanto uno scherzoso richia-„odella natura dl cantoé^iaugelh) peroffrirsi. 11 fascinodeila ballata 0 dunque nel trasmettere un .mmagine felice di un'esperienza non pro-blematica, di un dono d amore gioioso e gratuito, che fa balenare, tra giota edolzore, nello speechio di una natura favorevole e amica, la visione del diodamore, che invece si presenta di solito a Cavalcanti in forme minac- ciosee distruttive. Dopo la rapida indicazione dell'incontro con la pastorella nella ripre-si (che riproduce un tipo di inizio molto diffuso nelle pastorelle in lingua I ďoi/), la materia delle diverse stanze si puö distinguere nel modo se- I guente: 1) Ritratto della pastorella. 2) Saluto del poeta e risposta, in cui la pastorella rivela, in termini fia-beschi, la propria disponibilita ad amare. 3) Le parole della pastorella e 1'ambiente circostante suscitano il desi-derio amoroso del poeta, che lo manifesta alla ragazza. 4) Consenso della pastorella e gioia ďamore. maßt ballata minore di 4 stanze di 6 versi ciaseuna (tutti endecasillabi), con rtiutazione ABAB e volta di 2 versi B(b)X, U secondo de. qual. ha nma al mezzo (alia trne del uu.na-noche ne costituisce il primo emistichio) con .1 «rso precedente. La npresa » i idenüca alia volta, ma con rima al mezzo addin.tura doppu. ipauurella I udk/beM. In un boschetto trova' pasturella piú che la stella bella, al mi' parerc. Cavclli avea biondetti e rkdutefli, e gli ocehi pien' ďamor, cera mm; con sua verghetta pasturav' agnelli; [dijscalza, di rugiada era bagnata; cantava come fosse 'namorata: er' adornata di tuno pkcete. 10 edomandais'avessecompagn 29I Ritmnn di un uiiorr gtoinK» V- P'ú che la stella: paragone di tipo . ma qui UelU č coUettivO, u»-ľ** Melle in genere. J" £** «capdli»; notáre i due ag»;«-Z dlminutivi che seguono, che voglK*» v7ar« la graziavezzosa della lanciulla. rosau: volto roseo icera e ga"1" v. 5. con il suo htstonáno ptxoljvi g/i agnel/j. v. 6. Idijtalu: sca/za (nu Jiicafa ě con-liettuu rispelto a comizione del testoh Ja noluzione che segue introduce una sugge>íii>ne dt sensiuk treschezu. v. 8. di tutto pučen: di oftni bellezzt. v. 9. La sjltilii ímmeduumente con un saduto ďitnore. Vantianr Jei unii FPOCA I LA CIVILTA (OMUNALE FINO AL i3oo ed clla mi rispose dolzcmente 2 che sola sola per lo bosco gia, e disse: «Sacci, quando Taupcl pia, i4 allor disTa '1 me' cor drudo averc». IV che mi disse di sua condi/ione e per lo bosco augclli audio cantarc, Ira me stesso diss' i': «Or e stagione 18 di questa pasturella gio' pigliare». Merze le chicsi sol che di basciare 20 ed abracciar, se le fosse n volere. Per man mi prese, d'amorosa voglia, e disse che donato m'avea '1 core; mendmmi sott'una freschetta foglia, 24 la dov' i' vidi fior* d'ogni colore; e tanto vi sentio gioia e dolzore, 26 che '1 die d'amore mi parea vedere. v. 11. gia: sc no andava. w. 13-14. le parole della pastorella si svol- gono su di un tono habesco ed allusivo: «Sappi (sacci e forma meridionale, ma anche gallicismo) che, quando l'uccello pigola, cinguetta, allora il mio cuore de- sidera avere un amante». v. 15. di sua condizione: del suo modo di esse re. v. 16. audio: sentii, ascoltai (prima persona singolarc del passato rcmoto, con de-sinenza di tipo meridionale). v. 17. Or e stagione: Ora e il momento. v. 18. di prendere gioia, di godere di questa pastorella. w. 19-20. Le chicsi sohanto la grazia di poterla baciare e abbracciare, semprc che lo volesse. v. 11. d'amorosa voglia: animata da desi-derio d'amore; la dedizione della pastorella e immediata e totale, come accade-va spesso nei componimenti francesi. v. 23. mi condusse sotto un fresco cespu-glio- v. 25. sentio: prima persona singolare del passato remoto, come audio del v. 16; dolzore: dolcezza (gallicismo). v. 26. «che mi pareva di vedere il dio d a-more»; die e fiorentinismo (con riduzio-ne della 0 finale in e).