Guido Cavalcanti, altri testi “Perch’io no spero” (vv. 1-6, 17-26) Poiché io non mi aspetto di tornare mai, balletetta (piccola e cara ballata), in Toscana, vai tu, veloce e lieve, senza indugio (direttamente) alla mia donna, che attraverso la sua gentilezza, ti darà una molto buona accoglienza. […] Tu senti, ballatetta, che la morte mi imprigiona (stringe) tanto che la vita sembra abbandonarmi; e senti il cuore come batte così fortemente che ciascuno spirito ne parla. Tanto è distrutto il mio corpo, che io non posso resistere: se tu, ballatetta, mi vuoi servire, porta con te l’anima mia (di ciò molto ti prego) quando uscirà dal cuore. Perch’i’ no spero di tornar giammai (testo originale) Perch’i’ no spero di tornar giammai, ballatetta, in Toscana, va’ tu, leggera e piana, dritt’a la donna mia, che per sua cortesia ti farà molto onore. Tu porterai novelle di sospiri piene di dogli’ e di molta paura; ma guarda che persona non ti miri che sia nemica di gentil natura: ché certo per la mia disaventura tu saresti contesa, tanto da lei ripresa che mi sarebbe angoscia; dopo la morte, poscia, pianto e novel dolore. Tu senti, ballatetta, che la morte mi stringe sì, che vita m’abbandona; e senti come ’l cor si sbatte forte per quel che ciascun spirito ragiona. Tanto è distrutta già la mia persona, ch’i’ non posso soffrire: se tu mi vuoi servire, mena l’anima teco (molto di ciò ti preco) quando uscirà del core. Deh, ballatetta, a la tu’ amistate quest’anima che trema raccomando: menala teco, nella sua pietate, a quella bella donna a cu’ ti mando. Deh, ballatetta, dille sospirando, quando le se’ presente: «Questa vostra servente vien per istar con voi, partita da colui che fu servo d’Amore». Tu, voce sbigottita e deboletta ch’esci piangendo de lo cor dolente, coll’anima e con questa ballatetta va’ ragionando della strutta mente. Voi troverete una donna piacente, di sì dolce intelletto che vi sarà diletto starle davanti ognora. Anim’, e tu l’adora sempre, nel su’ valore. Noi sìan le triste penne isbigottite Noi siamo le triste penne sbigottite (stupite), le forbicette e il coltellino addolorato, che abbiamo scritto dolorosamente quelle parole che avete ascoltato. Ora vi diciamo perché ce ne siamo andate e siamo venute qui adesso: la mano che ci muoveva dice che sente che sono apparse cose paurose nel cuore; le quali cose paurose hanno così distrutto costui e lo hanno quasi ucciso (lo hanno posto così vicino alla morte) che altro non gli è rimasto che i sospiri. Ora vi preghiamo, quanto più possiamo, che non sdegnate di tenerci (noi) finché non vi coglie un po’ di pietà. Noi sìan le triste penne isbigottite (testo originale) Noi siàn le triste penne isbigotite, le cesoiuzze e ’l coltellin dolente, ch’avemo scritte dolorosamente quelle parole che vo’ avete udite. Or vi diciàn perché noi siàn partite e siàn venute a voi qui di presente: la man che ci movea dice che sente cose dubbiose nel core apparite; le quali hanno distrutto sì costui ed hannol posto sì presso a la morte, ch’altro non n’è rimaso che sospiri. Or vi preghiàn quanto possiàn più forte Che non sdegn[i]ate di tenerci noi, tanto ch’un poco di pietà vi miri. Voi che per li occhi mi passaste ‘l core Voi che attraverso gli occhi (la vista) mi avete trapassato il cuore e svegliato la mia mente che dormiva guardate all’angosciosa vita mia che Amore (soggetto) distrugge sospirando. Egli (Amore) viene colpendo di taglio (taglia) con così gran forza che i miei deboli spiriti (gli spiriti vitali) se ne vanno via: rimane soltanto il corpo (privo degli spiriti vitali) in potere di Amore e la voce fioca (debole), che parla dolorosamente. Questa forza di amore che mi ha distrutto si è mossa velocemente dalla vostra vista gentile (dall’avervi visto, gli occhi): mi ha gettato una freccia nel fianco. Così il colpo è giunto dritto al primo lancio, che l’anima tremando si è riscossa vedendo ucciso il cuore nel lato sinistro. Voi che per li occhi mi passaste ’l core (testo originale) parole della guerra Voi che per li occhi mi passaste ’l core e destaste la mente che dormia, guardate a l’angosciosa vita mia, che sospirando la distrugge Amore. E’ vèn tagliando di sì gran valore, che’ deboletti spiriti van via: riman figura sol en segnoria e voce alquanta, che parla dolore. Questa vertù d’amor che m’ha disfatto da’ vostr’ occhi gentil’ presta si mosse: un dardo mi gittò dentro dal fianco. Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto, che l’anima tremando si riscosse veggendo morto ’l cor nel lato manco.