Guido Cavalcanti, “Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira” Chi è colei che viene (si fa avanti, avanza), che chiunque la guarda e che fa tremare l’aria dello splendore della luce e conduce con sé Amore, cosicché nessuno può parlare, ma sospira? O mio Dio, cosa sembra ella quando si gira! lo dice Amore, che io non lo so raccontare: tanto umile (benigna) mi appare (presentarsi, compare) questa donna, che qualunque altra donna al suo confronto la chiamo superba. Non si può raccontare la sua bellezza, che a lei si inchina ogni nobile virtù, e la bellezza la indica (mostra) come sua signora. (la bellezza è serva, ancella di questa donna) La nostra mente non è in grado (non è mai così alta) né in noi è posta tanta grazia («salute») da fare in modo che noi abbiamo una propria (adeguata) conoscenza di lei. (testo originale) Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira, che fa tremar di chiaritate l’âre e mena seco Amor, sì che parlare null’omo pote, ma ciascun sospira? O Deo, che sembra quando li occhi gira! dical’ Amor, ch’i’ nol savria contare: cotanto d’umiltà donna mi pare, ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira. Non si poria contar la sua piagenza, ch’a le’ s’inchin’ ogni gentil vertute, e la beltate per sua dea la mostra. Non fu sì alta già la mente nostra e non si pose ‘n noi tanta salute, che propiamente n’aviàn canoscenza.