324 RIME, LII 9 (úl) Guido, i' vorrei che tu e Lapo cd i0 fossimo presi per incantamento, e messi in un vasel ch'ad ogni vcnto per mare andasse al voler vostro e mio si che fortuna od altro tempo rio ' non ci potesse dare impedimcnto, anzi, vivendo sempre in un talento, di stare insieme crescesse '1 disio. E monna Vanna e monna Lagia poi i. Guido: il Cavalcanti: che rispose col sonetto S'io fosse quelli chiJjau fu degno, malinconicamente al solito. (La risposta none per le rime, sea eccettui -ore e la parola-rima amoie; ma ugualc vi ě lo schema JeTIe temne); Lapo Gianni delRiccyt', "otaio e po<*ta stilnovista, il Lapus fiorentinodicui e detto nel De vulgari eloquentia (I xiii 3 [4 Mengaldo]) che fu tra i pochissi-mi toscani a conoscere • vulgaris excellentiam ». Nella eorrispondena f» Dante e Guido egli compare altre due volte (una come «il semwrei monna Lagia»), precisamente nei sonetti del Cavalcanti SewiiÄ' Dante, un sospiro; oltre al dubbio sonetto dantesco Amore e monna Up 3. Questo vasel che viaggia con ogni venlp ě la «nef de joie et del mago Merlino che si trova nei romanzi arturiani, e che ric°r alia "pari degíi altri motivi letterari cari alia moda dugentesca, au ^ Mare amoroso: « E se potesse avere una barchetta / tal com tu Q ^ dono Merlino / a la valente donna d'Avalona [Morgana;To k< ^. ch'andassi sanza remi e sanza vela / altressi ben per terra.°?»an(jarperms-. . . intrerei con voi in quella barchetta / e mai non finerei ^ bra£Cj0 re, / infin chV mi vedrei oltre quel braccio / che fie cniam di Sauf i [cioé le colonne d'Ercole] . . .» (w. 3,2_6' íf. nave fu n0'°i che risalga al Jrhtgna [in prosa francese] ció che den» Ljbfi ^ Dante» (Rajna, presso Battelli, nell'ed. Firenze [19J7J efortut>f del i Tesoro>>, p. 216). 7. un talento: «iina sola vnglia». Nello stesso (i quali la usano nel romanzo) e fame bere 1 la barchetta di Merlino, vorrebbe pure avere .- - r la donna, io ii ilno perfetta unione degli spiriti» (Scarano) dai^°^'e{Šall"sti0 cuor d'una sentenza / e d'un volere col mio in pante 1 Secondo il progresso sociale dell'amicizia stilnovis. ^oroSjl a V" ""PP1 rC-„llustlO> ' ,-„««!)■. d'Amore, Come dice Guittone (1 72-4). "''^^H misii dl"core / ě voler de concordia e desvoler r.ompa «Lo che nel dpnna di Guido, che con monna Bice compare ^ j, Vita Nuova) Io mi senti' svegliar, pure al v. 9- * . che altr' ^ n'1' ,. era Giovanna, salvo che per la sua bieltade, secoi bliräZ'°\\\»t>^ it stol era nome Piimavcra»..(ivi xxiv 3: segU -^avera». ,he E dunque la « Fresca rosa novella, / piacente Prl™* 4,8, ^ cantiana indeTutamente assegnata, fin dal 1 ala RIME, LU con quella ch'ě sul numer de le trenta con noi ponesse il buono incantatore: e quivi ragionar sempre ďamore, e ciaseuna di lor fosse contenta, si come i' credo che saremmo noi. 325 11 1 monna Lagia: la donna di Lapo, che compare anche nell'inizio Amore e Lagia. (I.e antiche edizioni davano la lezione cattiva, ereditata dal-la Giuntina, «E monna Vanna e monna Bice», influenzata dal citato sonetto della Vita). 10. Ailusione alia «pistola sotto forma di serventese» llito Nuova, vi) che conteneva i nomi delle sessanta piu belle donne fio-«nuge (dal «Sexaginta sunt reginae » del Cantico dei Cantici, 6,7?): di mUd'Ce ' dett° " 'n a'cuno a'tro numero non sofferse lo nome de la affine°nna Stare' se non 'n su ^° nove i"XTespressione e grammaticalmente "linik3 v\Uel'f del nostro sonetto, dove le trenta sara ben piuttosto un fem-da esduj neutr° plurale opinato dal Barbi). Cosi Beatrice parrebbe ^"rre'ljues?1 P" quanto u Mazzoni, che a Beatrice resta, si sforzi di ri-iosse 'arnata d'enta a que* nove> e s'e supposto che la donna del trenta ^° po"i esse C,UC^ periodo> c'oe la prima donna-schermo (che scher-h ')'. ma re^t81!3^ S°^° nel'a successiva interpretazione recata dal «li-j"^ PotesseSt,'1 .di*colta che con monna Vanna (cfr. la nota prece-^ntese danteSS°Clark disinvoltamente ora l'una ora l'altra donna. II Xr^ents de^a\i d°V^ isP'rarsi a!m"io vagamente ai francesi Bj, a.rr°cci0 Amo ? ad amni componimenti provenzali, in ispecie !«CfiC' di MonfprOS° ndl Rambaut de Vaqueiras (glorificazione d'una 'Petd i0ne.trapatO) C alla Tregua del marsigliese Guilhem de la Tor Spanaf^ ne abbiarr dAU"a Beatrice. dei Malaspina, e d'altre Beatrici), °°ccaCt.°80 di Anto°PD un'idea attraverso i suoi riflessi, un «Serminte-?%ttffoltre, se d ° U-ci ("335), uno piu recente (1342 circa) del r ^eli^art'colam1!VVer,0 e sua- la Qaccia di Diana), alcunc cose del Ý/^rtA8^*""^! a ^aita&Ha delle "belie dónne)'e una' canžonetta ^^íe^T^riirio ícfr U°n0: "valente» (cfr. Purg. xvin 119). T ' ioriVT* al v- 3)- 12. ragionar: infinito so «oricol--- \ih 2- raf!ionar: mnmtc ; con valore ottativo-condizionale. L'i'«-sostanti- DANTE ALIGHIERI OPERE MINORI VOLUME I • TOMO I VITA NUOVA RIME a cura di domenico de robertis e gianfranco contini RICCARDO RICCIARDI EDITORE MILANO • NAPOLI £)(■ VITA NUOVA I. In quella parte del libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: Incipit I. Ě il «proemio» del libro, come lo chiama Dante stesso in xxvm, 2. Sul-l'appropriatezza di questa denominazione cfr. l'epistpla a Cangrande della S^a^^^xnijiA dove, sul fondamentoai Aristotele ^ín^teřtío Rethoricorum », siaistingue il « proemio» dalj^prologo » e dal «preludio» come inizio specifico dell'« oratio rethorica», e come «preliBatio» delle cost-da dire al fine di cattivarsi l'animo dell'ascoltatore. - In quella parte ecc: la designazione della «memoria» come «libro» nel quale sono scritti e si leggono (e donde possono essere copiati) gli avvenimenti passati (il «libro che '1 preterito rassegna» di Par., XXIII, 54), nell'ambito di un topos ampiamente esemplificato dal Curtiu^»(E. R. Curtius, Europäische Literatur und lateinisches Mittelalter, ^B^ern/^Francké, 1948, cap. xvi: Das Buch als Symbol, pp. 304-51), individua un preciso campo semantico su cui si struttura l'intero proemio, j:on un'ampiezza e perspicuitä di sviluppi (dalle immediate melafojre del «leggere« e delle «parole» «scritte» alia terminologia tecnica di «rubrica», «assemplare », «sentenzia» - e cfr. Ii, 10 «essemplo», « paragraf! ») che va ben al di lä delle puntuali indicazioni dei modelli (per i quali cfr. // libro della V. N., p. 26, nota 1 e p. 179, nota 1), e che rappresenta un vero e proprio punto e a capo della tradi-zione;xcon conseguenze interne imponenti, non solo per il riHesso sul linguaggio dell'intero libro, ma per come l'immagine viene a prefigurare la realtä oggettiva, la dimensione dell'opera, del libro, la sua dimensione dj~«stona». 11 dířetto precedente ě comunque la canzone £" m'incresce di me (Rime, lxvii), 58-9, 66, il primo tentativo di interpretazione e sistema-zlöTTe stonca della propria esperienza, e dunque il precedente della Vita Nuova stessa, e particolarmente presente nel capitolo seguente. - dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere: prima della quale parte, cioě, i ricordi sono scarsi. Quella parte ecc. indica dunque quella correntemente leggibi-le, l'eta di cui si cominciano ad avere ricordi definiti e coerenti, e di cui si puö cominciare a raccontar qualcosa (Dante preciserä subito dopo, II, 1, che si tratta dcU'cta dopo i suoi no_ve anni. correggendo. per mantenere tutto nella luce della memoria, l'assunto di E' m'incresce di me, di far cominciare la sua esperienza dalla nascita stessa della donna e quindi dall'alba della coscienza). - rubrica: per metonimia giä invalsa nel latino classico (P.ersio^Quintiliano). titolo scritto di rubrica. cioě di colore rosso_(minio). Corffřassegna nel "Ubro della memoria" l'inizio di una nuova parte, piü ricca di fatti (o semplicemente l'inizio, se poco ě una litote). - Incipit vita nova: ě (l'osservazione ě giä del Mattalia) la tipica formula d'intitolazione dei libri medievali (cfr. Epist., XIII, 28: « Libri titulus est: Incipit Comedia Dantis Alagherii . . .»; e giá Brunetto, Rett., 1, 12: «I^tjtojodiquesto jjb^o,.. . si ě cotale: Qui comincia lo 'nsegnamento di rettortca . . .»)/36ve 11 verbo Incipit "comincia" non ha valore di riferimento temporale, ma d'indicazione spaziale, significa che il capitolo che in quel punto comincia s'iiititola Vita JNuova\.Q come fornisce il modello al libro reale che ne ě co-pia, cosi gli fornisce il titolo. Cade cosi ogni speculazione su questo verbo (a Parte il fatro che la nuova vita, il rinnovamento comincia ben piü avanti, sono le «nove i^me », pur riflettendosi e dando il nome all'esperienza pre- - Oto crrtotofotT J ^ VITA NUOVA, I, 1 - II. 1 ^ /Ofiotto la quale rubrica io^rovo scritte le parole le quali I'mSndimento d'assemplare in questo l.bcllo; c se non tuttc, S la loro sentenzia. / „ m Nove fiate giá appresso lo mio nascimcnto era tornato Ho cielo dc la luce quasi a uno medcsimo punto, quanto a la 8Ua , . „nmr „„„i interpretazione di nova come "giovanilc" sulla scorta ^\xT tTiňteVpTetazione del resto giá confutata dal Carducc,, JÍ\\Tt'.'e'\^ViBnifica dunquc rinnovata dallamore, c ció in perf«u co „spondenza con un ragpýingimento poetico; e Dante lo sotto ,„„„ nWImzic trasferendo la'rubrica del l.bro della memoria a titolo del-Topera - Sotto locale rubrica: sulla pejjettaj^Jant^i quettojsEondo jgSxtacOOlUldOU. come fig"" della cornspondenza hbro metafon-co-libroreale^cfr. B. Terracini, Analtst dello "stileHegato della 'Vita Nuóvá' in~Pagine e appunti di linguistica storica, Kirenze, Le Monnier, 1957, p!247, e // Hbro della V. N., p. 17°. nota 3. A riprova, l'ultima proposizione del cap. ii torna a capovolgere questa relativa. - le parole: le parole serine (e che si leggono) in quella parte del libro della memoria, c che Dante intendc ricopiare in questa sua operetta, sono i ricordj. - intendi-mento: intenzione, proposito. - assemplare: cssemplare, trascrivere da un esscmpln o originále (che qui ě il libro della memoria - c cfr. ii, 10). Tl votajj^lotfcjiicq, che ritorna e riečEěggia in Inf., xxiv, 4, ě anche in Ca-válcanti.To non pensava, 43-4: «Canzon, . . . de' libri d'Amore / io t'asem-plai...».- libello: diminutivo formale non semantico (cfr. fioretto per fiore), normále per designare la Vita Nuova (xn, 17, xxv, 9, xxvin, 2, e Com., 11, ii, 2). E libellus e nella tradizione classica per indicare la propria opera, da CatuIJp a ťroperzio aT)razib a Ovidio. - e se non tutte ecc.: cioe non copiando alia lettera, ma cercando di darp il {sentenzia), •rintcrpreiazione generále 1 (Contini, Lett. d. origini) di quei ricordj signiricato di questa "nnm-a vita" £ un mondo poetico quello che Dante si propone di restituire. ^ n, 1. Nove fiate: nove volte. Non sara ma abbastanza rilevato il valore della presenza iniziaíe del numero fatale, u cui amicizia" con Beatrice, fino all'identificazione con lei, sara amp* mente .llustrata e commentata da Dante nel cap, xxix, al tempo stestf sottolmeandone ,1 unpho luogo. che ha . tra le paTole^Ucl hbro. Gius» demLtane^flU£St0 col librQ de],a ^ vicenda narrata « g TOjonojio^^ ~ unjco ,, d , misura (nonche 1 fc** anno fu'" CU,,C.°m,ncia I;1 c^ dell'altra; e i riferiment. astrontfg Sdelsol " 3 V"a Nu0va> tranne xvin, ,). - lo cielo de la " Z*L ,oL:tantCuSolidaImente <™ quest; intorno alia terra seco" r.38ftg!g!»£*? Dante afferma di seguire (Conv., H, ft 3»g£ fo' mafco il ZZ ma pr°Pr,a Sirazione: sempre secondo .1 «J ,„ com ^rHCOare(d'stinto dall'altro, d. rivoluz.one attorno «coil valore de,/' *' C'el° c™tall,no, per cu. cfr. Conv., 11 cielo del ^uTi'r^^^ntoae della detcrminazione j>r*?P« j; un anr>°. e al termine ll °.°n eSS0> c°mpielungo l'eclittica nel temp ^ Pri™ (cfr. Conv n ■ 1 soIe si trova al 1 medesimo punto • di " ^ • . xiv, I2: ,fine de ,a circuIazione é rcdire ad un VITA NUOVA, II, 1 29 propria girazione, (quando) a li miei occhi apparve prima la glo-riosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Bea- desimo punto»). - quando ccc.: ě evidente lajolennitä che conferiscono a qucsťinizio, c^alPapparizione di Beatrice, il Tilenmento'astrale (rincarato ncl § seguente) e l'ampia perifrasi con cui ě designate.'lTmöto del cielo: questo (proprio) prender le misure dall'eterno moto del sole, e collocare l'apparizione in quella luce. E si noti che, se non si ha qui prolcssi sintat-tica (il fatto particolare s'inserisce, subordinatamente, nclla vicenda universale), si ha (irolessi cpnccttuaje.jicr il epstituirsi in proposizione principále del riferimento astronomico del fatto in oggetto. Ciö secondo un pre-ciso modulo narrativo (il cosiddetto cum irwevum) della poesia classica (del tipo 1 Iamque rubescebat stellis Aut^n^fu^fs / cum proeul onscuros Collis humilemque videmus / Italiam • di Virgilio, Aen., III, 521-3), giä acquisito a quella volgare (cfr. R. C. Mäueh, Le proposizioni temporali in antico toscano, »I'ubblicazioni L'niversitarie Europee», IX, 1, Bcrna, Lang, 1968, pp. 39-40), e da Dante stesso prima sperimentato in quello che sarebbe stato il sonetto inaugurale della Vita Nuova, vv. 5-7, ma significativo qui, tanto piü in prosa, del suo impegno, e d'ora in poi ampiamente sfruttato, specialmente negli attacchi (cfr. /n/.,XII[, 1-2, xvi, 1-4, XXVII, 1-5. Purg., v, 1-4, viii, 1-8, ix, i-ii, rňTalmeno anche Inj., XXVI, 130-5; e per la posizione, e per la citazione, non solo esplicita, della Vita Nuova, Conv., Ii, ii, 1). Boccaccio, nel T^rajtatelloinlaude di Dante, aggiungerä la precisa-zione, evidentemente desuru^v~aalnm<érpÝel{e di questo passo, che l'incontro avvenne di calendimaggio. II riferimento di Dante (cfr. quasi "approssimativamente") ě piü sfumato. - a li miei occhi: cost in Conv., 11, ii, i cit. Non ě perifrasi oziosa per "a me" (cfr. § 2), ma risponde a un biso= gnodi oggettivazione dcgli eventi, dcgli atti, dei sentimenti caratteristico, vedremo, anzitutto della poesia (oltre che si tratta qui di un termine essen-ziälc öxirincontro: In bellezza colpisce attraverso gli occhi - e cfr. Amor e 7 cor gentil, 9-10, qui x5c^V"^í>™^per la prima volta (in Com., 11, ii, i cit.:primamente). Cfr. xxxix, 1. - gloriosa: in quanto ormai (al tempo che Dante scriveva la Vita Nuova) accolta nella gloria celeste. Per l'epiteto cfr. Li occhi dolenti, 31 (qui xxxi, 11).- donna de la mia mente: signora (latino domina - cfr. xxiv, 3 e Voi che 'ntendendo, 48) della mia mente, ossia, giusta Cow., iv, xv, 11, de «la nobile parte de l'anima nostra, che con uno vocabu-lo "mente" si puó chiamarc». Cfr. B' m'incresce di me, 44. - Beatrice: per la storia, identitic.ita dal Boccaccio con Bicc di Folco EortinaxL Ma per Dante conta non l'identificazionc, ma il significato di quel nome, e la sua deducibility dagli effetti di lei. - li quali non sapeano che si chiamare: Ii quali va strettamente collegato a molti (cfr. Hl, 9), c allora il senso é chiaro (contri-buirono al chiarimento il Todeschini, il Giuliani, il Targioni Tozzetti, il Casini, e il Barbi a piü riprese - e cfr. V. N.1, pp. 5-6): Beatrice si chiamava Beatrice, ma la chiamavano cosi anche molti che non sapevano che nome dargli (che si chiamare vale: che cosa, che nome chiamare, dire, proferire; con diversa sfumatura Contini, Lett. d. origini: che_£oja_diccvano chia-mandola per nome: ossia molti la chiamavano Beatrice senza avvertire il significato di quel nome - per il si pleonastico cfr. espressioni come "non saper che si dire", e qui xiii, 9, v. 10; per il senso di chiamare, che la parti-cclla pleonastica confermerebbe, e da distinguere dunque da quello del precedente fu chiamata, il Barbi rinvia a Doglia mi reca, 150-3, dov'e il concetto inverso: gli uomini non sanno di definire le virtü di lei pronunciando i suoi nomi). II prineipio etimologico ě quello condensato nclla sentenza 3° i- „n saoeano che si chiamare. Ella era in questa vit, , trice h quah non V ^ ^ tempQ ,0 delo stellat0 era ^ gia stata tanto ch^ ^ ^ ^ parti ^ ^ grado> rf ^ VerS° LPaJr ncipio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi I S la fine del mio nono. Apparve vestita d, nobilissimo co-Te, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la VITA NUOVA, Hi '-3 consequentia rerum» chata da Dante in xni, 4 c applicata in 11a consolatoria per la mortc di Beatrice, Avegna ■ nomina sunt xxiv Cino del resto, ne-------- Teď el m'aggia, 8, chiosava: ■ beata gioia, com chiamava il nome ». 2. Ella era ecc■ • questo secondo periodo ě esattamente speculare rispetto al orimo- Ella riprende immediatamente Beatrice, mcntre ai due estremi si colloca emblematicamcnte il numero nove, come dall'evento risalendo alia sua misura. Ma si noti anchc come l'apparizione, che pnmeggera nel terzo periodo, sia ancora dominata dalla sua dimensione c proiczione naturale, lo sguardo allargandosi al cielo stellato e al suo periodo secolare, em designäta solo subordinatamente attraverso la consecutiva finale. - ne Jo suo tempo: il tempo (quel «tanto») che era stata in vita. - lo delo stellato: ottavo del sistema tolemaico (cfr. Conv., ii, iii, 7)» s» muove «da occidente a oriente in cento anni uno grado», secondo l'esplicita citazione dantesca (Conv., 11, v, 16) del Libro delle aggregazioni delle stelle di Alfragano, del resto presente anche qui. - era mosso: aveva rotato (muovere qui ě neutro). - deledodiciparti I'una d'un grado: una delle dodici parti, un dodicesimo d'un grado (pari a otto anni e quattro mesi). - dal principio .. .da la fine-al (intorno al) principio . . . alia (intorno alia) fine (da per a normale nelle locuzioni temporali, nonché di luogo, come davanti da, dentro da ecc. Cfr. xviii, 2, e Inf., 1, 37, «Temp'era dal principio del mattino »)■ ^ .3' Atbarve: riprende energicamente, e in posizione preminente (proposizio-ne principále e inizio di periodo) Vapparve a me che precede e a Ii miex occ^ apparve del § 1. Senza piü determinazioni che non siano quelle oggett'X-che subito vivamente si spiegano, liberata dalle circostanze anche celesp. ora sappiamo che cosa veramente fu, secundum se, queH'apparizione. -nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno: di rosso, il colore "delle.^ alte dignita», ma attenuato - secondo i rapporti e la relativa interpretazi interpuntiva proposti dal Barbi, V. N.2, p. 7 - conforme a una misura1 jodest« e di spirituálna d. cui la coppia urjxfLe ejon«£o^ppresenterebbe definizione te*n.cä fcomparendo in un^rlgolaImdcTdi terz.ar.e fran Z a TgU'8"0 11 se8"ale cromatico. Ma di lä dalle determin«»«" che e dana l'apparizione ě caratterizzata dal linguaggio del rnemn rnnternPlat,vo tóla storia narraU {cTr. Tanto ^> «umilemTn, T8'" di codici- Probabilmente riflettendo ^esw P f ATÍ?ň VeStuta») c™ come gli effetti success.^" u Spot itřdolV- lngUa^i0 della rappresentazione dran^3 tort tdin?el!:T,agma2ione dantesca, in cui la Vita Nuova ma.S ^trod"' tere ordine un ordine storico a cominciare Hail, ~ ~~--^£»-e PJe5£StS_in tante "me '"\n intro"",, tivo, ch „Itlh CTT E' m'"'cresce di me, in c,Ucsto cap.tolo .n , "on solo „, ha Unti contatti con la suddetta canzone, « > ''"Perienza cheP sTaPenlVa ddla "Wrcsentazione imminente rileVante deil'-W* ,Spalle di Questa. - cinta: la c.nturae „ 1 or™nto" sia femminile che maschile, come con VITA NUOVA, II, 3-5 sua giovanissima etade si convenia. In qucllo punto dico verace- 4 mente che lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominciö a tremare si fortemente, che apparia ne li menimi polsi orribilmente; e tremando disse queste parole: «Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur michi». In quello 5 due luoghi di Par., xv, 101-2 e 112-3. E cfr. Tre donne (Rime, civ), 36. ^ 4. In quello punto: neduto all'inizio dei duc_sucC£S5Ívi pehodi (§§ 5 e 6), mentre fissa il preciso inizio deH'uinamoramcnto e, stabilendo la perfet-ta simultaneitä delle tre manifestazioni della vita psichica in quanto m-dividuanti tře ordini paralleli e distinti (anche se strettamente correlati), raccoglie in un unico movimento I'intera rcaltá inferiore (si noti l'csatta cornspondenza delle parti dei tre periodi), viene ad assumere, attraverso la tnplice Fbrmulazione, valore quasi rituále di scongiuro (il dico veracemente, la prima volta, corrisponde all'«in veritá vi dico», amen dico vobis di Cri-sto; e gli risponde il dico dell'inizio del § 7; e si confronti del resto l'inizio In illo tempore di tanti capitoli dei Vangeli) e di evoeazione di una realtá, nonostante l'apparato naturalistico. sentita come misteriosa. - lo spirito de la vita ccc.: la definizione dei singoli spiriti (cioě delle potenze o fun-zioni dell'anima in quanto Iegata al corpo - cfr. Conv., iv, vi i, 14-í, e rinfervento della rajjione, o anima intellettíva, al § 9), nonché delle loro «dimore» (sedi) e «operazioni», riproduce, come ě stato dimostrato da. tempo (da F. Flamini, in «Rass. bibl. d. lett. it.», xviii, 1910, pp. 168-74), quejla di Alberto Magno_nel De spiritu et rcspiralwtic, 1, ii, 2-4 (nella fatti-specie, 3: «'^pirituVi .v. Vitalis ... a corde oritur et per arterias pulsando per totum corpus dirigitur a sinistro cordis»); ed era giä stata sperimentata poeticamente nella canzone E\m'incresce dj me appunto in riferimento ai primordi dell'esperienza amorosa di Dante (čfr. w. 67-9, e per la colloca-zione della~vita nel cuore vv. 35-7), mentre Ia drammatizzazione é piuttosto di stampo cavalcantiano, cioě di un altro lettore di Strata testi (e cfr. canzone lo non pensava, 20: «l'anima sento per lo cor tremare»). - la secretissima camera de lo cuore: la metafora, riapplicata anche nel § 5, trova ri-scontro in quella di Inf., l, 20, «nel lago del cor» (sede anche qui di pas-sione, cioě di paura). - si fortemente: tanto. Fortemente, forte valgono gene-ricamente "molto" (cfr. francese fort, e il v. 67 della canzone A" m'incresce di me). - apparia: era visibile (il tremito). - ne li menimi polsi: nellc mi-nime (menim- regolarm. da mínim-), nelle piü impercettibili pulsazioni; nelle minime ramifieazioni delle arterie (cfr. il passo citato di Alberto Magno, e per la corrispondenza cuore-polsi il sonetto Spesse fiate, 13-4, qui xvi, 10; e per la dinusione del tremore, xiv, 4, dove ancora i termini sono quelli delPopuscolo latino). - orribilmente: il Guerri rinvia al significato (anche se non ě quello primo) del latjpo horror, "tremito". Cfr. del resto il primo sonetto del libro, v. 8 (qui ni, 11). - Ecce deus ecc: «Ecco un dio piü forte di me, che verrá e mi soverchierá ». II latino - dietro cui tra-spare d'altronde, oltre al «veniet autem fortior me» di Luc, [ii, 16, segna-lato dal Marigo (Mistica e scienza, p. 51), I'«Ecce Dominus Deus in forti-tudine veniet, et brachium eius dominabitur» di Isai., xl, 10 indicato dal Branca (Poetica del rinnovamento, p. 127, nota 10 bis) -, se ha valore di solenniti formuláře, e rappresenterá l'eterno linguaggio della passione, 4 Cřv1'

Jad (a/OS* giö la mia anima, la quäle fu sl tosto a lui disponsata, e cominciö jfcm#*a a prendere sopra me tanta sicurtade e tanta signoria per la vertu ' che li dava la mia imaginazibne, che rrie cohvenfa fare tutti li suoi piaceri compiutamente. Elli mi comandava molte volte che io 8 cercassc per vedere questa angiola giovanissima; onde io ne la mia puenzia molte volte 1 andai cercando, e vedea.la/di si nobih e 3 laudabili portamenti, che certo di lei si potea dire quella parola jfttt]j'02>/ry agli spiriti (e cfr. xxv) ě invenzione di Cavalcanti (cfr. la nota ad Apparuit tarn ecc.,§ 5, c ballata I' prego voi, 8-10, sonetto Io terno, 10-1); come di Cavalcanti ě i'interpretazione, tutta urica, del tremito che aecompagna l'av-vintu Ji mauorma ("Chi e questa che věn . . . / che fa tremar di chiaříTate 1'áre ...?•)• ^ 5- lo spirito animale ecc.: Alberto Magno, op. cit., 1, ii, 4: • Animalis spiritus... licet exeat a corde, evolat in vaeuitatem cellularum cerebri, et ex ill is dirigitur in nervos coneavos qui a sensus communis orga-no ad sensus proprios diriguntur; quorum tarnen nervi Uli qui optici sive visivi dicuntur, et maiores et magis sunt coneavi et plus capiunt de spiritu, et puriorem et lucidiorem, qui solus elevatur, colligunt». Lo spirito animale, altrimenti detto ím^n^ s^r^Ltiva, rappresenta la generale funzione sej3joj^le_ör^cjita_dai singoTT« spiriti sensitivi» col trasmettere attraverso 1 nem c.ivi lc percezioni degli organi sensoriali (o «sensus propra) alU se^cerorale^eUajema^ cioě al cervello, al qual livello esse si tradu-cono qui in meraviglia. - spezialmente: specialmente. - viso: vista (latin" Ji: congiunzione paraipotattica (cioě introduttiva della principal' visus). riconnL^ gm aspe,t0 »vverbiale. Frequente, e solitamente be lTvöstra*,J:;'n Prosa. - Apparuit iam ecc: «Ecco che h «PPjg aluu ua dme:.- E Wvissima Ia rispondenza col verso .e di«; « b^Uata «valcantiana.F^o negli occlu,^ quest, beiladen PP- '42"4, e della ste«a ballata la strofa 2': «La * Arnika il su- nölapParC ' s!üde «™ voce che le ven davanti / c p*'*» che •! „■ 1 Sl dolcc™nte, che. sT '1 vo' contare. / •'(;^rda, s tu co t • emare; ' C mov°™ ncll'anima sospiri / che dtf* si «U»ba acceuare H rm,r1' ' la sua ™* ™* salita" f« «ÄS fe' San Pa?'°. Tit., u, ,, (. Apparuit «U*gJ d,iucsti riscontri si La n 4 (per 1 '"^rpretazionc in chiavc dl '"'0uan-|° a »scontri interni l( Poelic" & rimwvamento, p. IW£ cV la mia K,^ V ("la niia beatitudinc» cquivale a «J* blost>iri,n...... Dt.atltudine"), e r,,„,„„„ L-, Mi ine, 7' ftf «■* »^"nZ*ro'op-cit- v,Mt, • . . nnn " »Pirat rccnnn<>m ..t ni,< 'Pinto naturale Albe u, 2 liriti'S diu1' ni1"' «10 che. - la mia amma: in tutte le sue manifestazioni vítali, come s'ě visto; ossia tutto me stesso, in quanto cssere vivo, sensibile e vegetante. - disponsata: sposata, Iegata intimamente (ji tosto vale cosi presto, sin d'allora - e cfr. xil, 7). L'immagine, che richiama le nozze mistiche dell'anima con Dio, ha giä indicato in Dante l'unione d'anima e corpo (£" m'incresce di me, 27; e cfr. Le dolci rime, 123); ma sará ripresa in Conv., II, ii, 2, proprio nel senso di unione amorosa. E cfr. Lapo Gianni, Dolc'e il pensier, 3-4: «per cui si fe' gentil l'anima mia / poi che sposata la congiunse Amore». - sicurtade: ardire, e quindi liberta, discrezione di me (cfr. l'espres-sione «fare a sicurtá d'unna, ossia HUpnmc a pjaeere). La stessa fräse, e un'analoga dittologia, in Con Valtre donne, 8 (qui xiv, 12). «prende bal-danza e tanta securtate», il cui primo termine ritroviamo piu sotto, § o . (e l'endiadi presente risolta in .« baldanza ... a sfgnnrppgi.iTf mc») - ler-tü: forza. - la mia imaginazione: la presenza di lei alla mia immaginazione. Cfr. § 9, e ancora Conv., II, ii, 2, nonché E' m'incresce di me, 43-4, 80-3. Ě la «immoderata cogitatio» che segue alla «visio» e da cui «procede» l'a- . more secondo ú De amore di Andrea Cappellano. - me convenia fare: přooalule costruzione impersonale con l'accusativo e l'infinito, di tipo iadp4j^iapte^(convenia me fare), ma ampiamente testimoniata nell'antico itaTiano f^ťi\BARBI, V. NS, p. 117, sotto l'analogo «nol convenisse sospi-rare» di xxvi, 3) c nell'area romanza (cfr. nota alla canzone E' m'incresce di me, 28), piuttosto che me con valore di mi. Convenia vale "era forza". "ero costretto". - piaceri: voleri. - compiutamente: rinforza e integra tut-ti~ Notare la Clausola avverbiale, tipica della sintassi arcaica (come al § 4 orribilmente). 8. cercasse per vedere: cercassi divedere: ossia, piii ana- liticamente, andassi in cerca, in giro, per vedere. Come ha mostrato Roberto Crespo ("Studi! danteschi», XLVIll, 197I1 P- "9. nota 2), si tratta del-l'applicazione del processo conseguente alla cogitatio sempře secondo la dottrin.i d'ainorc tli Andrea Cappellano, I. 1 (ed. Mattaglia, p. 8): I'ostquam vero ad hanc cogitationem plenariam devenerit, sua frena nescit continere amor, sed statim procedit ad actum . . . Incipit enim . . . quacrere locum et tempus cum opportunitatc loquendi . . .». - angiola: cssere angelico; ma il sostantivo ha una torza e una concretezza, ratforzata dal femminile e da (fuel »giovanissima», che smentisce la generale impressione di «deli-cata grazia» degli interpreti. L'cspressione ritorna in xxvi, 2 (anche qui con la sottolineatura del superlativo), e cfr. Di donne io vidi (Rime. i.xix), 8; mentre nin'angela che 'n cielo é coronata» di Voi che 'ntendendo, 29, si riferisce a Beatrice ormai salita al cielo, pura anima. - puerizia: lo stesso ......«-'Horum «nir-it .„ • „,., ,.t UW" j. riteriscc a Heatrice ormai sauia ai ciem, i>ui.i biiuiw. - ■•>"•-"•■ ~...... ;l0n ""ture sed anfm" nuf'v ™ Ü nutr""C" est' »Z> '"mine classico in x„, 7 • l'urg., xxx. ,2. - e vedeala: l'enclisia della ",IK nutritive instrumentum 681 inn.« """mistra- si ^ «uirinv« inello punto dei §§ 4-6. Prolcttico risp«*0 particclla pronominale in prineipio di proposizione dopo e o ma secondo ■•Street: «MW«;1 • Ifn_ lalčFce TobletiMussatu, con effetto d'aecostamento chiastico dei due , valore dichiarativo. ^ „• veiQfaoj£n Uia^r^poftaménli- comportamenti, modi, costumi; Cfr. TA 34 I t 10 VITA NUOVA, II, 8-10 del poeta Omero: «Ella non parea figliuola d'uomo mortale, mj di deo». E awegna ehe la sua imagine, la quale continuatameme meco stava, fosse_baldanza d'Amore a segnoreggiare me, tuttavi, era di si nobilissima vertu, che nulla volta sofferse che Amore mi rcgRcsse .sanza lo fedele consiglio de la ragione in quelle cose li ove cotale consiglio fosse utile a udire. E perö che soprastare a Cotw., in, vii, 8: «Ii atti ehe reggimenti e portamenti sogliono esser chii-mati»(e Com., iv, xxiv, 8: «costumi e . . . portamenti»). - quella parola traduce il latino Mud, "quel detto" (ciô che dice ľautore). - Ella non parea ecc.: la citazione ě tratta, lo mostrô il Marigo (Mistica e scienza, p. 95), da un'altra operetta naturale, di Alberto Magno, il De intellectu et intellip-bili, m, 9: «quod, sicut dixit Homerus, non videbitur viri mortalis filiw esse scd Dei \ qui pari pari tradotto. Ě un altro saggio che Dante ci di dclla sua cultura; ma Omero viene a dare autorita c sfondo, se non a dis-simulare, una correlazione e un'opposizione meno occasionale, e di ba altra originc, su cui fa perno la Vita Nuova: quella di divinita e umaniti in Cristo, secondo le parole del centurione in Marc, xv, 39 («Vere hit homo nlius Dei erat *), che doveva trovare espressione in parole "moderne' c espressione corale, nel passo di xxvi, 2 citato per angiola. <^> 9- "W gna ehe: benché. - la sua imagine: ľimmagine mentale di lei. - continue tamente: continuamente. - fossebaldanza ecc: fosse ragione della baldait-za d'Amore ecc, imbaldanzisse, incoraggiasse Amore ecc. - di si nobili-stma vertu: di un potere (virtuoso) cosi alto (e nobilitante). Per ľuso di« co superlativo cfr. ľampia esemplificazione di Barbi, V. AT.', p. 9- -fo//a:nessuna volta, innessun caso; mai. - sofferse: tollere; consent!. gesse: goyernasse, signoreggiasse (latino regere). - lo fedele consiglio deli ragione: fedele si* per "fidatol'. Ľespressione ě ripresa in iv, 2. Alia sfe delh, pass.onalna, rappresentata dalla sottomissione della vitalita (ncl * DÓnenLasp^a0) Am°ľe' si contrappone il dominio della ragione, * d^r'll- Am0re,resso; ci0 chc implica, sin dall'inizio, il supenffl** Uf II«' rann«.' J-----— '---"»«ynv.a, om uaii 1 ..... . *- * Cavalcan ? , f ?uf\™i™ drammatica, polanzzata dalla prese =3ŕlr- § 5); Ch^ure aveva-porfaochiarezza nella stessi. .»J ur£ dľtjČT ^ľn2°ne E' wW«« di me). Quanto alio sfonJJ PoesTa e^éiil g,UStlficazione «essa della prosa d. frontej -one) f /íľ'Vf31'" identificazione, d, amore e contern^ Preeisazione aPtreÍř ' " PP' ^ ~ cose uľi 5 dejlajagjonePedantesca Dante segna a sua volta Jg la su" fS"° J" passionc. restituendo a questa, e alľ.nirnag^ ľrW1 !íupťrta int"iore (e vedi lá nota precedente;- j "b.odmostrativopleonast eonastico vedi xix, 12. .^„Ai^ riflette tosvplwj^,, dal § 9- Se-c.oe Dante ľ Val°re ^ersativo, ma ^ pos -> liti c i ^ 117-9, alia dottrina del soljtp Cappellano (De amore, I, v, ed. Battaglia, p. ^f-P^7^ 16) «quod masculus ante decimum octavum annum verus [ossia «firma sta- ( bilitate»] esse non potest amans». Strutturalmente la riserva corrisponde .ill'ultimo membretto del capitolo I. - soprastare a: soffermarsi su, in-trattenersi a descrivere. - passioni . . . atti: cfr. rispettivamente §§ 4-6 e 8 . . (e la citazione del Cappellano in nota all'inizio di quest'ultimo). - tanta gioventudine: un'etá cosi giovanile ("gioventú" in senso lato - al § 8 ha detto puerizia - anziché secondo Conv., IV, xxiv, 1, 3-4), cosi distante da quella canonica (e il secondo incontro con Beatrice awerri appunto, III, 1, a di-ciotto anniV Quanto alia terminazione in -udine, essa e formata per analógia col tipo moltitudine, similitudine ecc. - alcuno parlare fabuloso: un (in qualchc modo un) parlar per favole, un favoleggiare. - mi partird da esse: me ne staceherô, le tralascero (riferito al primo termine del dtcolon, cioě a passioni). - trapassando: oltrepassando, saltando (ossia tralascian-do). - l'essemplo: l'originale da cui si copia, si "assempla" (cfr. Purg., xxxil, 67: «come pintor che con essempro pinga» - la doppia -s- é l'esito dclla X etimologica fino al '500). Riprende ľimmagine del librp (ma giá soprastare, trapassando, e lo stesso nupartirb da, come dopo terrxi a, appar-tengono alia c^o\uj>e_.íec»kloJogia^^lľ^tc^ett^ - nascono: deri- vano, "son tratte". - queste: queste (cose) che pŕecedono. O anche, giusta la corrispondenza queste-quelle (parole), e la metafora del capitolo 1: le parole fin qui copiate. - maggiori paragrafi: pi u importanti (non direi, col Sapegno e giä lo Scherillo, piú ricchi d'eventi)? o riferiti a maggiore etá? o piuttosto segnati con numero maggiore (col che si aggiunge un'ultcriore tocco alia metafora)? <^> III, 1. Poi che ecc: dopo che ecc. Riprende (piii discorsivamente e scioltamente) lo schema prolettico di II, 1. - fuoro: furono. Ě (con foro) l'esito del latino fuerunt nell'antico toscano. - die: dl (con epitcsi di -e, in Toscana, piuttosto che latinismo), giorni. Per il singolare, cfr. xu, 9. - questa gentilissima: ě definizione normále e quasi antonomastica (cfr. qui sotto "due gentili donne», e poi la «donna gentile ■) di Beatrice lungo tutta la Vita Nuova, nella prosa (nella tradizione poetica, sin dai provenzali, ě semmai diffuso il superlativo relativo corrispondente); e gli s'äggrega l'unico «questa cortesissima» qui al § 2; oltre all'uso, per lo piú a lei riservato, del superlativo in genere (11, 3, 8, 9, m, I, 2, ecc ecc.) e dell'attributo iperbolico (qui «mirabile donna >, • ineffabile cortcsia* ecc ecc). - di colore bianchissimo: ritornano i moduli (apparve a me, vestita di colore . . .) della prima apparizione, ma il colore non é piú il san-guigno, ma, in armonia con ľ«lneflaEííe cortesia», col "virtuoso" salutare 36 VITA NUOVA, III, 1-2 a due gentili donne, le quali erano di piů lungaetade; e ms per una via, volse li occhi verso quella parte oy ,o era molto pau. roso e per la sua ineffabile cortesia, la quale e oggi meritata „e| grande secolo, mi salutoemolto virtuosamente, tanto che me ptm allora vedere tutti li termini de la beatitudine. L'ora che 10 Slln allora vedere dolcissimo'salutare mi giunse era fermamente nona di suo quello e con la «beatitudine», il bianco, il colore angelico. C e qualcosa di lhUr. gicoTn^uesFä~"srrnEoTögia deLT vesti; e non e nemmeno escluso che i] bianco abbia un gjgnificato nuziale, D'altra parte tutta la mess'in seem sembra nsentire di quella della trasfigurazione di Cristo, dal candpre_della veste («vestimenta eius facta sunt splendentia, et Candida nimis velut nix Marc, ix, 2) all'apparizione tra due donne («Et apparuit illis Elias cum Moyse...", ivi, 3, presumibilmente raffigurabili, come del resto nel-l'iconografia dell'epoca, come «di piu lunga etade» anch'essi), al timore degli astanti («Non enim sciebat quid diceret; erant enim timore exterritii, ivi, 5). E aggiungi la «nubes lucida» che «obumbravit eos », Matth., xvii, 5 (ja «nebula di colore di fuoco» del § 3), e che il capitolo, sia in Matteo sia in Marco, comincia 0 Et post dies sex ...» (Seminario '69-70 - Giglit-to). - piü lunga: jastSSXOK. - verso quella parte ov'io era: non dice diret-tamente "versn di me"; ma ciö non significa che Beatrice non guardasse Iui, bensi sen-e a mettere maggior distanza fra lei e se. E si tratta di un modulo della poesiaTHr. lo ml senti' svegliar, 9-10 (qui xxiv, 8): «io vidi monna Yanna e monna Bice / venire inver lo loco lä Vio era ». La distanza, FHi £3PW2'(e ''■PP'naone non e solitaria), sono misurati dalla fantasia. -i^W,g?erC masia Si tratti- si veda »1 commento a tale sonetto. dito" Cft xTr0S°'' mC nC StaV° moIt0 imPa""'to, pieno di paura (intim.'-tipica oDDo-im'™?' V'-9, ~ la roa '"effabile cortesia: ossia, secondo uw ^^T^S^^001«^ dei Salmi), non per mio me; ■anticamentele ertSehTe- Per defi^nc virtü di corte, do« ciale dell'anima nobT.V 1 costumi s'usavano"», cortesia e la virtus* di r<">r.. 11 x 8 «rn , ■ a: COme spieSa Dante ncI medesimo passo ta- " nel grande 'secolsT * °nestade * tutt'uno». - meritata: rimenta-Volenti, 6, (qufx^ ,.,a-^10 senza "ne, la vita eterna. Cfr. Li occh •ad immortale / seco'lo anHA ' " lntender< " (Äxii, 6), e Inf., h, I4'5 ■ yjii^i'neimonosillabi P {''T Sa'utoe: saly^ con epitesi toscana * Tmo7r^55^^-E?J°« °Ssitone- - 'virtuosamente: in se, * •^rävaVThTs! x> 3.«qu ''«tremo i\L °' 11 caPjtoIo sen^ 1 't" LO"Do della bea,,'„.j' n termini ecc.. v— , gÄS» dSg^ perifrastica, Tun t,> assai difluj ■W^^^medicesse:, ende tuttav.a ,1 «.„so del donarsi * tam-< ™memcS0 P6r V^e' ^a b-ed,z,oneTC0si,-subito 3Sj —^°P'n.onemadiaccadimento). - »*"fl:S VITA NUOVA, III, 2-3 37 L2P£E?vajii^cfrT^ d' 'ei; e per l'effetto virtue 3, 'quello che lo suo salutare in me vertuosarnen; tradizic^iejmistjca (cfr. Iacopone, O Francesco, da Deo le^Jrrnip^ente-'me fa gir co 'nebriato», ecc). - par- giorno; e pero che quella fu la prima volta che le sue parole si mossero per venire a Ii miei orecchi, presi tanta dolcezza, che come inebriato mi partio da le genti, e ricorsi a lo solingo luogo d'una rnia camera, e puosimi a pensare di questa cortesissima. [in] E pensando di lei, mi sopragiunsc uno soave sonno, ne lo quale m'ap-parve una maravigliosa yisionej che me parea vedere ne la mia camera una nebula di colore di fuoco, dentro a la quale io discer-nea una figura d'uno segnore di pa 11 roso aspetto a chi la guardasse; e parcami con tanta Ietizia, quanto a sé, che mirabile cosa era; condo il computo delle «ore temporali» (cfr. Conv., Ill, vi, 2, iv, xxiii, 15), dall'alba al tramonto: le tře pomeridiane. E cfr. xii, 9, xxxix, 1. - presi: concepii, accolsi in meTprovaT.'CTr. Sonar bracchetti, 14, e qui (xxm, 22) Donna pietosa, 35. - come inebriato: vocabolo e immagine sono di discen-denza biblica (giá il D'Ancona aveva fornito una serie di riscontri con la Vulgáta, e il Marico, Mistica e scienza, p. 43, additó la fonte piu pro-babile, Ierem., xxm, 9: "factus sum quasi vir ebrius»), ed hanno parti-colare fortuna nella trad amato, 45: «l'amor de tio: la desinenza in -io per la 1* persona, «estensione fiorentina* (Contini, Duecento, ii, p. 184) dclla forma siciliana dclla 3'^e attestatissima nella lirica. - ricorsi: rifuggii, mi rifugiai. - a lo solingo luogo d'una mia camera: nella solitudine di ecc. (cfr. Ezech., vm, 12: «in abscondito cubiculi sui»). La situazione si ripete in xh, 2 sgg., e giá al § 1 l'espressione «in solinga parte ». - puosimi: mi posi (la forma ě la normále antica). 3. Si noti la ripresa puosimi a pensare . . . E pensando . . . (cosi, §§ 8-9, cominciai a pensare . . . Pensando . . .: e cfr. § 7 in amarissimo pianto; e cost piangendo). Che risponde a una ricerca, sia pur elementare, di collegamento, e addi-rittura ďi omogeneitá tonale. L'unita del procedimento ě ribadita (o soste-nuta) dal regolare ricorso del \ erbo_mf Parea. pareami, paradigmatico d'ora xjrs in poi della tecnica della visione (cfr. xn, 3-5, xxm, 4-10, e persino ix, 3-5). ^ Tuttavia qVsn^orfb::a>^egrli^c^ola focalizzazione di una piii ampia dimen-sione" visionaria, che si apre insicme col racconto (11, 1, «quando a li miei occhi apparve prima . . .», 2 «apparve a me ...» ecc), e include lo stesso sogno (in, 3 «m'apparve una maravigliosa visione ...»). - uno soave son-no: nprende il «dolce sonno» della risposta di Cavalcanti (v. 13) al sonctto descrittore della visionc_=uJ(«rtoWmistero che gli e dato conoscere. Ma e anche cht Dante ccrca di rcndere il processo irrazionale dcl sogno, in cui si com-prendc che si dicono molte cosc c non s'intende, c poi, quasi in un diverse sogno, s'intende; anzi s'intende e non s'intende nello stesso tempo. Olm tutto Dante tentava per la prima volta di rendere in prosa un fatta di pura fantasia. - poche: complemcnto predicativo di le quali (sc nun et ur lieve anacoluto per delle quali ccc). - « Ego dominus tuus : Io sono il M signorc«. I^pet^jgi^iad^l^^lggo, «Ego sum Dominus Dcus tum (Exod., xx, +7leggeramente: va con involta: involta, avvolta in ui drappo leggero, che ne faceva trasparire la forma umana, senza che Dar« la potesse riconoscere (dice infatti una persona). Dante riconosce bensi il Ci°!?re, sanKu'Xno- »»sente nella poesia, e connesso infatti all'immaginazion! della Vita Nuova. - riguardando: "guardando" (cfr. vill, 6, v. 12). - in-lentivamente: da inteniivo "intento": attentamente. - conobbi: riconobbi; m'aecorsi. - de la salute: del saluto, come speeifica la relativa seguente. Ma per Dante salute^(normale la forma "latina" da salus, -utis - cfr. il sonetto che següe/v^ - accanto alla neölätinä saluto, deverbale da salutan come gastigo da gastigare, conforto da confortare) vale anche "beatitudine'' in quanto, cristianamente, salvezza (in Ii, 5 beatitudo traduce del res« la salute di Cavalcanti); e giuoca appunto sull'equivoco (cfr. XI, 1, 3.*11'6 din«! TT V""' 9^ '3; e xi, 4: «nc lc suc salute abitava la mia beati» T~''\ .m 1 «Pressione donna de la salute il Marigo, Mistica e seien" hiercTn," f ^•xxxv". 23 (e Lxxxvn, »), «Dominc Deus salutis me* vea J,Z? d;Slg,nazione s* "collcga alla fräse latina di Amore). -1; * Per il costrutto cfr. C.no ?, . Deo, poi 3 degna d'ldT ^"V' e Giamb°ni> ^ro de' vizi ecc, IV. .3, ««J 5- unaTosaul IMJmche 0 voi che P" l* »». 4 (qui V". 3- • \\ £ 11 sone,tto- h-9 io- »>•Cioh iX poeta "ä la rivel.^.Tf.donna' cos' gli altri elementi del sogno; e anche W •» Sľn0^naľde-nC^-re?ta q"alľo^"d'rr!con7scľbUerĽanali^Jľ «inare. - , Vidi ľ„, . Prosa e du"que anche un modo di vedere e d m «E«° u tuo cuore». Le possibili ascendej ^^iUm í"™1"3*™ meam. di ft„ ,x, ,4 ecc , «vide affl.ct^. "° comunque i^fi^» «>r meum- di ft., cxxxvili, 23) P 4 costui, e vedera '1 *WNMMÍ di Perché non fuoro, i3"4-.ví|v^ ':>■ he tjisse verso Io cielo; onde io sostenea si grande angoscia, che lo " > . mio^debolcttoisonno non poteo sostenerc, anzi si ruppc e fui di-vsveg)iat^. E mantenente cominciai a pensare, e trovai che l'ora 8 ne la quäle m'cra questa visione apparita, era la quarta de la notte Ki Pi (S* W J^»^ 6. era stato: aveva atteso. E quando ecc. significa insomma: dopo un poco. - si sforzava per suo ingegno: s'ingegnava; faceva. - la quäle ella mangiava ecc.: relativa con valorc di passaggio narrativo (cd ella la mangiava ccc). II euore dato in pasto all'amante e un topos della tradizione amorosa romanzesca piuttosto che urica. - dubitosamente: timorosamente, con pau-ra (cfr. il sonetto, v. 13; e Donna pietosa, 43, qui xxm, 23). 7. dimo- rava: stava, aspettava. - la sua letizia si convertia in amarissimo pianto: cfr. lac., IV, 9: «risus vestcr in luctum convertatur, et gaudium in maerorem» (Seminario '69-70 - Giglitto), e fors'anche Lam., v, 15: «Defecit gaudium cordis nostri; versus est in luctum chorus noster». - si ricogliea: si rac-coglieva (dove si vale sibi, ha valorc affettivo). - si <{<"*■ «" guriä'M (gire e derivati sono le forme normali in poesia - cfr. il sonetto, v. 14 - da IRE con g- per estensione della j- di forme come EAMCS > jamo). La forma pseudoriflessiva o mediale ha funzione intensiva. - verso lo cielo: questo particolare (per cui cfr. Cavalcanti, Veggio negli occhi, 20, «vedra' la sua vertu ncl ciel salita»), aggiunto nella prosa, serve evidentemente all'appli-cazione dell'enigma alla vicenda di Beatrice. - sostenea: spffrivo, pativo; laddove il seguente sostenere, assoluto, vale "reggere", "durare" (anche qui la ripresa, ma giocando sul doppio significato). - deboletto: in con-frqnto al peso dcH'anfio_scia. II diminutryo e tipico di Cavalcanti, anzi 4 l'unica forma in cui l'aggettivo compare in Cavalcanti. - poteo: pote, con terminazione analoga a quella in -io di partio del § 2. - si ruppe e fui disve-gliato: passaggio anche questo paradigmatico, nejsuoi due termini (simul-tanei ma scomposti analiticamente) deU'interruzione dcl sogno e del risve.-glio {furSisvegliato, per "mi svegliar", ha piuttosto valorc pcrfctiivo). per la tradizione prosastica volgare (per tutta la teenica" del sü«r18 CtT. A. Rossi, Dante nella prospettiva del Boccaccio, in «Studi danteschi», xxxvn, i960, pp. 70-3); ma vedi anche la risposta di Cavalcanti al sonetto, w. 13-4: «fu '1 dolce sonno ch'allor si compiea, / che '1 su' contraro lo venia vincendo». t<5»> 8. mantenente: immantinente; subito. - trovai: scopersi, mi aecorsi. - apparita: normale (tili di cstr.izionc pOetMt cfr, Cavalcanti, IVft'/o negli occhi, 12, Noi siän le triste penne, 8, e Dante, Videro Ii occhi miei, 2, qui xxxv, 5, ccc.) la forma debole (c al § 9. eccezionalmente, appa-ruto) nella Vita Nuova. - era la quarta de la notte stata: e ujj «CdSgSi!Jä^ N non solo ritmicamente (cfr. il sonetto, v. 5), ma sintatticamerrte tj lperbafo si riproduce nella fräse precedente m'era questa visione apparita, e cfr. ancora § 9 cid che io avea nel mio sonno veduto, che e un altro endecasil- VITA NUOVA, HI, 8"9 4° m.nifP<;tamente ch'ella fue la prima ora de 1» ~* Í-^aC^do io a CÍ6 che m'era ^ ' =£*SÍÍS a molti li auali erano famosi trovatori Kilo tempo: e con ci6 fosse cosa che ,o avesse gia veduto per me medesimo l^^ddii^iote per^propuosi d, fare uno Tonetto ne lo qu^le1o^aTu»^tfíW^ d Amore; e pregan-doli che giudicassero la mia visione, scnssi a loro cio clie io avea nel mio sonno veduto. E^ommciai. allora questo sonetto, lo quale comincia: A ciascun'alma preta, labo, § 14 li avea cio mandato). - appare: vale di per sé "b manifesto", "e chiaro". Riecheggia, anche qui, apparita che precede, piu firmamente ri-chiamato tuttavia all'inizio del § seguente. - fue: ě l'esito normále di fuit. <rqposito, mi proposi. Normalmente nella forma non riflessiva (tranne in vill, 2), nella Vita Suova indica per lo piu (con la sola eccezione di xiv, 3, e parzialmente di xli, 1) il proposito poetico, la decisione di far versi. - farlo sentire: farlo sapere. - trovatori: proven-zalismo, ricorrente questa sola volta, per dire semplicemente "rimatori" 0, come Dante preferiscc, dicitori, dicitori per rima (e vedi subito sotto «l'arte del dire parole per rimaO. - con cio fosse cosa che: poiché (anche coTcongiuntivo: cfr. xiu, 4 ecc). - veduto: conosciuto (cfr. la fine del § 1), appreso per esperienza. E dice per me medesimo, da me, per mio conto (ossia non tanto da solo, ma per diretta esperienza, praticando tale ar-v \Pn nma- ptr lo piil semplificato in dir parole (ma cfr. xil, 7) e addmttura ill dire (e cfr. xxv, 4 dire per rima - per rima ě comple- romnnrrirZZ° ~ ' d a,tra parte parole rtmate XI». 7 ecc.), vale scrivere, ZZZTVmiTMe eSPnm«si P°«icamente in) versi volgari, «ri-S« a sostanTe£r2^ÍnM° Stesso 4 vale poetare in latino). ST&fl sostant.vo tetnrrtVsmto poc'anzi. - fare: comporre, scrive're, ma con riferimento alľaspetto dell', e specifico msieme, e anch'e (!0|>«to e 8imili),sottolinea< e. e aňčK;sV^:~:ni! Verbo' ge-rico^cario) con oggefto determinate «ett, ad Amore^alla sua * ;<°ľ ~l'fedelt ď Amore: letteralmente, 1 sog-^^^^^^ál^m'f' 3)' Secondo la terming vis-one.) e la forma d, essa/nľ ŕ? ľ'' fatta v=ně .giudicassero la sua d Amore, equivale a rivo ľeíľ f de"e risPoste>. nvolgersi ai -fedeb ^^l^vatori", ai quaH Aanľ° - {™ Prof«sione di tale fcde, ro -crra"er0- d(-'"ero 1rľ£ntí,edeva Una specie di patente poe-met'eí; P§ SS 'jí^ce giud cio H ľľ' °SSÍa 11 sens° interpretas- ste^^BfeřaSs^s-*jna °visione"di Dancte M del componSento stes*. anche wTTT^—^JSSfflSti e i termín ľ?nde alľesigenza di Dante * "' 2' ~ sonetto: ' ľ'""'del suo lavorrľ nn,.iro. Ma c* VITA NUOVA, III, 10 A ciascun'alma preša e gentil core 10 ncl cui cospetto ven lo dir presente, in ció che mi rescrivan suo parvente, salute m lor segnor, cioé Amore.->i FtSbSU f^UoOO ma osservato dai risponditori (tutti per 1c rimc), e che ritorna in qualcuno degli esiraVU|"ärUl, menire In caso di sirima birima Dantc preferisce lo schéma CDC DCD (o semmai CDD DCC). <^> 10. v. 1. preša: preša ďamore, innamorata (cfr. Cavalcanti, Dante, un sospiro, 12, «la donna é prisa», e Guinizelli, Donna, V amor mi sforza, 8, «si pres'é '1 meo core / di vo'», Guittone, Se de voi, donna gente, 2, «de voi . . . / m'ha prcso amor», nonché Cino, e Dante stesso qui xxiv, 2, La dispietata mente, 58, Amor che movi, 25, e soprattutto Perché ti vedi, 8, e Purg,, xvm, 31, «ľanimo preso entra in disire»). - gentil core: anche se non si puô dare qui per affermata ľidentitä piu oltrc (xx, 3) proclamata di amore e cor gentile ossia "genti-lezza". "nobiltá" (ma poteva valere la definizione guinizelliana di Al cor gentil, inparticoh^r^^yjjw), la formula ripete in altri termini c vTnfegra ar\prexeUeríte alrna preša, con la quale forma una spccie ďendiadi. - v. 2. dir: poesia, sonetto, se dire (cfr. § 9) vale poetarc, scrivere verši. Ma cfr. Vincipit del primo sonetto della «corona di casistica amorosa» del cosid-detto lamico di Dante» (e giä attribuita al Cavalcanti) conservata nel ^at. lat. 3793: «Se 'n questo dir presente si contene . . .», da integrare col v. 5 «Tpreigo~quei nel cui cospetto véne» a ricomporre il verso dantesco (se non fu viceversa ľanonimo a utilizzare questo). D'altra parte se comple-mento piu verbo si riproducono (sempre a proposito di componimento poetico) nel dantesco Se Lippo amico (Rime, xlviu), 11-2, «Davanti al tuo cospetto / vegno », il soggetto é interpretato nel sonetto di Cavalcanti a Dante /' vegno ilgiorno ate, 12: «Se '1 presente sonetto spesso leggi». - v. 3. in ciô che: acciô che, affinché. - rescrivan: rispondano (ossia mandino in ri-sposta) per iscritto. É latinismo tecnico, perfettamente coerentc colľimT-tazione delle formule deTTo stije^pj^tojare per cui cfr. il v. seguente. - suo parvente: iMora.(normále ľassenza delľarticolo davanti alľaggettivo pos-sessivo, come il valore di suo anche per il plurale) parere. il loro giudizio (ossia la loro interpretazione - cfr. § 9). La forma (provenzalismo), frequen-~ tissima nella poesia siciliana e sieulo-toscana, ritorna solo in I.o meo servente core(Rime, XLIx), 10. - v. 4. salute: sottintendi "dico". Ľclhssi, come ľam-pia prolessi dei w. 1-3, riproduce la formula latina della salutatio episto-lare,(cfr. § 13, e il commento di Contini al sonetto Guido, quel Gianni ch'a te fu ľaltrieri / salute . . . di Gianni Alfani, in Duecento, 11, p. 614): ciô che conferisce un'jnsolita solennitä alľattacco. Dante si presentava con tutto il corredo di una consumata arte retorica e in particolare delle artes dictandi che presiedono allo stile epištoTare (eJ era stato Brunetto. Rettorica. 76,^ 15-6, a proporre ľanalogia tra la lettera e la canzone, tra dittare e dire in rima - e cfr. Amore; e"7 cor gentil, 2). - in hr segnor: alla formula classica é associata abilmente (cfr. Cavalcanti in risposta a Gianni Alfani cit. "Gianni, quel Guido salute / ne la tua bella e dolce salute»?) quella dclla salutatio e della testimonianza cristiana ("in Cristo nostro Signorc"). Quello deiTTedeli d'Amore»Tconcepito appunto come uno s^tp^dije^e. - cioé Amore: läsfesša clausola nelľ«amico di Dante • cit., Nonn-oso nominare, 3. A--"lavoro poetico. Ma-0 ABBA ABBA, CDC CDC, scbf* 42 VITA NUOVA, III, 11-12 Giä eran quasi che atterzate l'ore del tempo che onne Stella n'e lucente, quando m'apparve Amor subitamente, cui essenza membrar mi da orrore. Allegro mi sembrava Amor tenendo meo core in mano, e ne le braccia avea madonna involta in un drappo dormendo. Poi la svegliava, e d'esto core ardendo lei paventosa umilmente pascea: appresso jnr lo ne vedea piangendo. VITA NUOVA, III, 13-14 43 it '4 ii. v. 5. Giä eran ecc: é lo stesso costrutto, s'é detto, di 11, 1. - atterzate: giunte a un terzo (erano cioé quasi passate quattro ore delia notte, come ha detto nella prosa); oppure, prima delľutilizzazione nella Vita Nuova, si intcndeva: giunte a terza? Si tratta comunque di una coniazione dantesca. - v. 6. dei tempo ecc.: delia notte, quando ogni stella brilla aľ nostri ocehi, ci é yisibile nel suo splendore. La perifrasi, che dilata ulte-riormente la nuova prolessi, č anch'essa in funzione di sostejiiitezza stilisti-caj attraverso cui si realizza la suggestione dei lettore (e cfr. il sopraninur-cato delia relativa dei v. 8). - onne: esito normále di omne {ogni, inizial-mente, forma palatalizzata davanti a vocale). - v. 7. subitamente: d'un subito, ďimprovviso. - v. 8. cui essenza: la cui essenza, da intendere non nelľaccezione ŕilosofica, ma come il sostantivo corrispondente di ^'ejserjp íl cuiessere. il cui modo di essere (a distinzione da - piíi che in opposizio-ne a - apparve dei v. 7: nella prosa, »£gura», aspetto). Oggetto di membrar-- orrore: terrorc, paura. ^ 12. v. 9. Allegro: sapientemente contrap-posto al precedente orrore, e anch'esso rilevato dalla prolessi, gli risponde a suapiangendo in fin di sirima, a sottolineare la nátura cpntraddto' na^ed.efluiv.oca^eUsognp (,e a sollecitare ľacutezza de^lrtn^rpreti - cfr-roster-Boyde, pp. 24-5). - tenendo: probabilmente participio presenw (come dormendo, ardendo dei w. „ e 12): che teneva, nelľatto di tene-re. - v. u. madonnn- U mi. a---- dei re. - v. 11. madonna: la mia donna, senza articolo per ia 1 Jarney possessivo, e per antonomasia (cfr. provenzale midons, francese i(J umil-v. 12. esto: questo (esito diretto di iste latino). - v. 13. let P"* coinple-mente paseea: si noti l'opposizione (non rilevata dalla prosa) ' neila mento predicativo dell'oggetto (paventosa. vale impaurita, esitan^ ^omI„Ms, prosa, § 6, dubitosamente) e awerbio riferito al soggetto (Amore, 1 geris0 di e servo della donna), cioe tra elementi equivalenti, a rincarare ^ vede0'-ojjella_ambisuita. - v. 14. appresso: dipoi, dopo ciö. - g" ^'ordi0' girnc (andarsene - § 7 $1 ne gisse) lo vedea (lo vedevo andarsene). ' c|1t> delle particelle e quello imperante nella sintassi fiorentina_dugcnte 'Jf(n-amepone l'accusativo al caso obliquo (cfr. CastellaNI, Nuovt tes t.J, d> tini, pp. 79-ios, e >n particolare pp. 84-5, 90-1). US* »°-2- ' co«' prope-j-re una questione d'amore in forma di sogno, e di soucC,ta*,ne <*> l'acurnc interpftamio dei ritpruiditou. non e forsc di Dante, se la Y191^*!' Dju^^^ttl^noProvedi, saggio, a cui Dante risposc col sonetto cit. s giudicar (ma cfr. Tlntroduzione di R. Bettarini all'edizione delle sue Questo sonetto s. divide in due parti; che ne la prima parte saluto c domando risponsione, ne la seconda significo a che si decnspondere. La seconda parte comincia quivi: Giä eran. questo sonetto fue risposto da molti e di diverse sentenzie-tra Ii quali fue risponditore quelli cui io chiamo pjimo de Ii miei amkj, e disse allora uno sonetto, lo quale comincia: Vedeste/al Fircnze, Lc Monnicr, 1969, p. xxix, nota), o quella di Paolo Lanfranchi /, altrier, dormendo, sia da ritenersi anteriore. Non si conoscono tuttavia precedent! piu remoti. E di Dante comunque ľaccentuazione retorica delle formule cpistolan, c ľampiezza dell'introduzionc alia descrizione del sogno vero e proprio (vv. 1 -6), e insomma la tendenza a sostenerc al mas-simo il discorso. La questione delia riferibilitá a Beatrice (cioě del rifcri-mcnto a lei, con la Vita Nuova) di una visione frutto evidente di una sot-tile invenzione, é riassunta nella nota finale di Barbi-Maccini (pp. 6-14) al sonetto; e cfr. giá Barbi, Problemi, i, pp. 31-2 (l'articolo ě del 1904). <> 13. Questo sonetto si divide ecc. La "divisionc" rappresenta il vero e proprio commento, la spicgazione o "sposizione" delle rime, giusta la definizione di xiv, 13 riccheggiante Ia Rhetorica ad Herennium, nonché la Rettorica di Brunetto, che appunto forhlvaTesempio prossimo di questa tecnica (cfr. // libro delia V. N., pp. 211-3), dedotta dalľinsegnamento antico, e tipica delľesegesi e delia didattica medievale (noncKe, ad esempio delľoratoria sacra). - che ne la prima parte ecc.: la solita congiunzione con váldre puŕamente copulativo (o al massimo, qui, dichiarativo), e che praticamente po"t?ehb'essere soppressa (e normale come introduzionc alle singole parti delia divisione). - risponsione: risposta. - significo a che ecc.: dico, espon-go ciô a cui ecc. (ossia il contenuto della lettera). - quivi: corrisponde al latino hic, che spesso ha valore di semplice designazione, addirittura di due punti o di contrassegno di vocabolo o lemma; e ad esso talvolta si riduce ľintera frase "La tal parte comincia quivi". 14. da molti: tre risposte, e «di diverse sentenzie», esprimenti cioě pareri o meglio "intcr-pretazioni" diverse, sono giunte fino a noi: quella citata poco oltre, e quelle (sempře in sonetto, e per le rime) Naturalmente chere ogni amadore, contesa fra Tennoda Castelfiorcntino e Cino (sulla questione, cfr. Barbi-Magci-ni, pp. 20-8), e Di cid che stato sei dimandalore di Dante da Maiano, abi-tuale corrispondente, in quegli anni, del giovane Alighieri: la prima (che vede nel pasto del cuore il modo, additato da Amore stesso, di far conoscere ■ I proprio Tentimento ..IIa donna), molto attenta alľinterpretaz.onc dela lett^e^ümuaiment; richiamantesi al testo della proposta; la seconda, volgente in "comico" (non in offesa e scherno, come a lungo s. credette), cioe su un altrettanto legittimo registro ofTerto dal tema, fino al limite dell'ironia, quäol? la precedente volgeya in scolastica d.mostraz.one: anch'essa facendo discendere l'interpretaz.one da un.principle general(men sana in corpore sano), e attribuendo quel .favoleggiar loquen*,. (cfr. , «narlare fXiloso» di ii io) a eccesso dl calore, estinto il quale non c • parlay tabuloso. di 11,■ l°> , prendeva cosi di m.ra, insieme col sarebDe piu nulla da intcrpretare ic ľ t"u . . __. ... ■ ello delľ"ardore", abusatissimo dai poeti). - quellt cm I- ..I,,, nrr il eaSO TC " abusatissiniu u.u sogno, un tema, quello «11 ■ • he ä caso retto). Guido ecc.: quegli che ecc. O'^ÄJI^^.««"**** Čapicami, chiaramente Wmdtt^JW,^ {d } ^V^^r^i..:™ "nrimo suo amico '______^e' ^Cf • zione» di II, 7. - picciolo: piccolo,_breye. - fraile- fe ia r .(i esito di g palatale intcrvocalica postoňica. L'ulteriore sa\u_te. a frale (come hanno aleuni codici). - condizione: JtaÍ2— costruito impcrsonalmente: rineresceva. Cfr. E' m'incresce di me, 46: «e non le pesa del mal ch'ella vede», e xxxvn, 2. - de la mia vista: del mio aspetto (in qnanto rivflntore del mio otruggimcnto - cfr. § 3). Opportuna-mente si cita qui (D'Ancona) Ca^lcaníj, Vedete ch'i' son un che to pian-gendo (!), 7-12: «... mi saluta ] tamo di presso l'angosciosa Mořte, / che fa 'n quel punto le persone accorte, / che dicono infra lor: "Quesťha dolore, / e giá, secondo che ne par de fóre, / dovrebbe dentro aver novi martiri" » (una ballata a cui sembra per molti versi - cfr. vil, 3, xiv, 5,12-ricollegarsi la rappresentazione dantesca dell'intimo smarrimento). - pieni ďinvidia: maligni (cfr. § 2: «malvagio domandare»). ťersona^;i (jjabbligO della tradizione (provenzale enveiosappunto, altrimenti lauzengier. malpar-líěr^Cino «mal parlanti ») p della rňnvprmonr cortese, contropartC dell'ob-bligo del segreto. - ti proeacciarano: si aď>pcr j\ano, famvano di tutto. la situazione, cfr. per esempio Rustico, Quanťio verso V Amor, g-11: «Ciascun mi guarda in viso e fa dimando, / veggendomi cangiato lo visag-gio; / ed io celo la doglia mia in parlando». - altrui: caso obliquo di altro, altri. Cosi § 3 cui per chi obliquo. <«s*> 2. malvagio: maligno. - secondo lo consiglio de la ragione: cfr. ii, 9. - cosi . . . governato: ridotto in tale stato (cfr. Purg., xxill, 35, per analoga magrezza), o, per dirla con Dante stesso (cfr. Amor, da che convien [Rime, cxvi], 61, «Cosi m'hai concio, Amore ...», e Chi guarderá [Rime, lxxxix], 3), conciato (al § 3: • distrutto»). -Dicea d'Amore: ossia nontacevo di Amore, coníessavo che si trattava dilui^ A!_!H^Ír" -l""'irritpái—i^ili^ étttujagjfooe - della pfmfcnza si aggiunges forse quello dfH« prnf«yitn^ dťlffíifl^W^ - insegne: segni. Riecheggiato 7 da Petrarca in Perch'al viso ďAmor portava insegna (e giä in E' m'incresce di me, 21, «le insegne d'Amor», ma nel senso proprio di vessilli, da Con-tini proposto anche per il passo in oggetto). - ricovrire: copnre, nascon-dere. t^>> 3. distrutto: consunto (e cfr. v, 2). Ma il vocabolo ha in Caval-canti, e quindi in Dante di diversi episodi della Fifa Nuoia, un senso di battnglin c scoňfilta, che b il piü vicino all'altro di mořte. - questo: cotesto, questo che tu dici. - ed: paraipotattico (cfr. ii, 5: «sl disse»), introduce, qui forse con una sfumatura awersativa, la proposizionc principále. - e nulla dicea loro: anche Dante scrittorc, come il Dante protagonista dcll'e-pisodio, ha saputo trattenersi, guidato dalla ragione, dal dire di_piü. Ma di questo sjlenzio ha dato la hgura in quel «ed io sorridendo li guardava» (che i insieméT suo "autoritrall',,-" fiovanil.--! affidandosi interamente, e per la prima volta, dopo la dimostrazione del capitolo 11 e la rievocazione del ni, alla diretta rappresentazione. aU> "Boo VStSSSP p in tanta grazia de le genti: ossia presso la gente; intendendosi 4'"; come al § 8, come sentimento complesso di favore, benevolenza, ^ ^ zione, gradimento (e che si esprime nelle parole di b^nedizion, f a lei rivolte). E cfr. vin, 1 graziosa. - quando passava per ^J^-^t niislliano.(cfr. Io voglio del ver, 9 di cui resta traccia nel prossi ■ v giá assunto da Dante a momento tipico della(íodeJJ>o""f cJaieJ- M partFcTp-- ch'ov"' ...hVpa^ěcíbazK-nc cor.^ . ■ anche drll'analogia čoTpassaggio di Gesii tra le turbe^Jjvi£,ia ng£ li occhi porta, 3), e qui condizione della ream, per vedere lei: la gente accorreva a vedere quella mcr. ^ , ajtro scopo che per veděrla (ma cfr. ii, 8 per vedere, e gia j f u vtf. £>io, come pote venire, 3-4": «per maraviglia ciascuno a vea ^fiA, • dicon ...,). Cfr. invece Donne ch'avete, 30 sgg., 11 - quando ella fosse presso d'alcuno: e questo un ™°me " di le'",1)fV la mediazione evangelica) in condizione (poi superata a*J m.racolo. - onestade: riflesso dell'onesta diIeL(cfr: del v- i): effetto virtuoso °""ř čh^větTTJT^rPe ardia di levare in quanto ne avevano fatto diretta esperienza, per -(«r. ú launo ut experti). VITA NUOVA, XXVI, 2-3 •79 coronata e vestita d'umihtade s'andava, nulla glor/a mostrando di cio ch'clla vedea e udia. Diceano molti, poi che passata era: ■ Questa non e femmina, anzi e uno de li bcllissimi angeli del rielöT K altri diceano: «Questa e una maraviglia; che benedetto sia lo Scgnore, che s! mjrabilcmcnte sae adoperare!». Io dico ch'ella si mostrava si gentile e si piena di tutti Ii piaceri, che quelli che la 2. coronata e vestita d'umilitade: complemento predicativo di Ella (e cfr. il prossimo sonetto, vv. 5-6). La metafora (per dire la pienezza, il colmo delPumilti) arnplia quella del sonetto (v. 6), giä acquisita alia prosa in xr, 1, secondo un rngclellci^ojTs^crato, per esempio, nel Tesoretto. 34-5 («voi corona e manto / portate di franchezza»). - s'andava: mediale, come si va del v. 6 del primo sonetto. - nulla gloria: nessuna compiacenza. lllustra e specifica 1'affermazione della metafora. - udia: anticipa le parole piü avanü riportate. E gli risponde subito Diceano. - Questa non e femmina: per dire donna, «terrena creatura», con^CJno imitatore (ad uso di contemplazione personale) di questo passo (Li vostri occhi gentili, 13-4: ■Questa non e terrena creatura: / Dio la mandö da ciel, tant'e novella»). Cfr. 11, 8, e per femmina xix, 1. Ma per i commenti degli astanti, e la formula del commento, cfr. Monte, sonetto Segnore Dio cit., 4-5: «...e dicon: Quests dismisura / di bellezze...»(e al v. 8 «veggendo si angelica creatura»), - E altri diceano: e signiheativo (Seminario '69-70 - Giglitto) come le formule introduttivp. Hi gnwtf e delle parole prccedenti riprodu-^"rhiu?»8?1!6"13 ^P100 della prosa evangelica (e in particolare del Vangelo '^w^lü'J a PIQpositö~deI]e dlwrag opinioni lulla natura di Cristoj i \ x-~-Pro?}S; (con riflesso quindi della forma sul contenuto). Cfr. loann., Uü d':! icebant autem multi ex ipsis: Daemonium habet et insanit... moniu "t: HaCC verba non sunt daemonium habentis. Numquid dae-bat et S°teSt caecorum oculos aperire?-, xii, 29: «Turba ergo quae sta-locutus"11 * dicebat tonitruum esse factum. Alii dicebant: Angelus ei xxiv 8 eSt"' ~ maraviglia: cfr. Donne ch'avete, 17, e xiv, 6, xxtl, 1, dented 'Z' 11' «"»avia (cfr. l'esclamazione che segue, e la nota prece-cit. v 7, Precisa al!"sione al miracolo divino. Cfr. anche Monte, sonetto 1. .'VeggendViT^an maraviglia». - che benedetto sia lo Segnore. che: eco H»l 51 gran maraviglia". - cne ytricuc..^ — --~ lemme> 11 * «sn£djcjus_gui veoit. ... Iill Ullllll lli fill* ft Dominus oC°Sftrutl° e comunq^Te quello tipico della Vulgáta 'Benedictus zrninu S t°t"quia"].; e cfr. in particolare Ps., lxxi, .8, .Benedic u . U' Israe|. I"* facit mirabilia solus.. - si m.rabdemente sae COn solit * °Per?re tali miracoli (per adoperare cfr. vin, 5. * *>:J" f ricaPito átiveP"esi ,os""a). ^ 3/0 dtco ch(e): i^SW^S N '-re xiv ,''^ dl Donne ch'avete, 5, giá affermata nellapřosa (fc part^0 (X 2Uella coralf?1, 2)- La Pr°Pria partecpazione, in quanto non ****** vy. fl^iTn^^ingelicamente, quella del "testimone». - * [P'oceri vi^^rracruce e con.amina iw... 9 del P^-^ffi "a qS ^"«ae"). Ma cfr. anche Cavalcan.i, Posso degh •«* , saluta1 11-3. Io v.' Unire"anrŮ SÍ 8entile « avenente / e tanto adorna. che "1 cor ch?nÍ0 ch« SSiPW i"""'0 Se«Ue- ColI'altra COnSeCü"VanrCt'anlo gentile. / cen ^ dolce n °Cchi suoi "splende / una vertu d amor ^»ajnb^. Jkubisce col sonetto successivo un'estcnsione anchc ncl temp"; ^v. "~*T 1 ^JiazioneJ^angelica é evidente. - ne: di ciô. - í""'",,, 3). % l*o schema di Ne liocThlPorta (e degli altri citati a XXI, 1 * qUes<"y condiv.de due rimeT^, -ore, anche qui a diretto contatto. ^o JV^ , netto, c/ou ďogni interpretazione del Dante stilnovi-tic« > „ dogni antológia, si ha un eccezionale Esercizio ďinterP )a red' ,}r ^ontini, ora in l/arianíi e altra linguistica, pp. ,6,-%nl>Ei«T,s' \o/ £del sonetto anteriore alľinserimento nel libro. cfr. DE , ^ > conT eUorial"»'. PB,4i-2,// «6ro VITA NUOVA, XXVI, 5 XVlll 5*1 Tanto gentile e tanto onestaŕ^äre^ la donna mia ^uanfl'ell^ altraísaluta, /auo/rvsk aJrAt,^-ch'ognc lingua deven tremando muta, e li occhi no ľardiscon di guardare. (h<^^cJorKa\ , i.gentile: i]gbjÍ£.(in senso spirituále): dote che, secondo Conv., iv, i, 5 ecc. (c la canzone Le dolci rime, 101 sgg.) «comprende ogni vertude» iiogni perfezione (e cfr. il corrispondente inizio del 20 sonetto), e si mani-festa ančhe come yerecondia, soavitá e amorej_ sieché determinante ě la sua affermazione in principio di sonetto. DTáltra parte il termine non e qui cosi deflniio (cfr. lamo), ne 1 entusiasmo cosi misurato, che la prima pro-posizione non si svolga in una seconda, in un secondo terna (tanto onesta), giusta un sistema di eauilibjňojyn^ňp (e cfr. giá Ne li occhi porta, 9, 13] 14) caratteristico di qQežťô^onetto (cfr. vv. 6, 13, e 3-4, e sul piano della struttura generále 1-4 con 5-8, <}-lI con 12-4), e che fara scuola con Pe-'rarca. pitraltro aiitorizzato e quasi fissato nei termini specitiei c addirit-tura nella distribuzione delle parti Ivv. 1-2) dalla tradizione prossima (e lasetamo staré ľespressione partíčolare Tanto gentile): Cavalcanti, Posso äegli occhi miet, 6-7 cit. al § 3, e giá Guinizelh, lo voglio del ver, 9-10: «Pas-sa per via adorna e si gentile / ch'abassa orgoglio a cui dona salute»(e ďun soi movimento, in un incipif. « Lo vostro bel saluto e '1 gentil sguardo / che mento h , °"esta- da intendere (anche per la funzione di contempera-que suli S 6 jto) coig£_yariante (o complemento) di gentile, e comun-spaŕente neC?rta ' cor^isP°"ď^hTrnäTiňf>,\na txa-r"~ilii!iiil gg ' 3ttI 6 ne*l'asPetto (é il termine prossimo a pare) come deco-Maccini n8™'8,? uman,ta (cTr- contini, Esercizio cit., p. 163, Barbi-*t*'ijľrp,°' FosteR-Boyde, pp. ,24, 241). - pare: appare (cfr. Qual Io voglio del * \Xl-n}' 8' Non canoscendo [Rime, XLlVToTe'Guinizelli, *■ 9). «ě o si 3r "P'" cne ste"a di'ana splende e pare»), si mostra (cfr. yn^ťro par 'he sia d?? ?Sl? nclla sua evidenza» (Contini, ivi, p. 163 - e cfr. ■2. e r> Jl*-.. Pjalula chiave. come Contini hn mostrato ícfr. w. 7. lf>t.Cr »<-\ '""del v íl n ------ v^^:- • •>-•, •>■. p- »«j - 1 9 Mostra ' arola Chi""?, come Contini ha mostrato (cfr. w. 7, sua conligurazione definitiva. - v. Cav /altri risDetf °bliquo per il caso retto, come a V, 4: qualcuno, la ciaSc,anti. Chi e°l far e cfr- §5 »4, 15). - v. 3- ogne lingua ecc: cfr. a»ch , SosPira» tlaS che vin' 3-4: «si che parlare / null'omo pote, ma gio „ (P«r un arnm ,trern°re" era qucllo di «chiaritate» dell'ana). Ma 'fetijf' °Cchi> 168 to d'ineffabilita che si traduce in sospin) Veg- salt. *>l c movon si' vo' contare, / sento che *1 su' valor nu f i Hla li. 1 Pro, ecfr 'nsicrne en8' QeU'*ninW sospir tremando: con valore cau- ^^tí-^fv^rnrny °n ai»onoma e non secondaria funzione rappresentativa ^ssiL^^aTo^ďTii115" )■ ~ v. 4. „o ľardiscon di guardare: motivo, s e Co1 tremrľ raB£I£^enta7.ione delľamor doloroso, Per la con-9"e//a cfr- Spesse fiate, 12-3 (xvi, 10), e giá Cavalcanti, nome . tint,-, i z- t (xvi, -"»n; oB„p,.3 Clt- ^ 3, chiaran^nte riecheggiato fin ncl costru; -el resto n ° "PP'icato al verbo reggente come coi verbi seni-v- 5 - anziehe alľinfinito: come in Donne ch avete, W- 182 VITA NUOVA, XXVI, 6-7 Ella_si_yat sentendosi laudare, benignamente ďumiltá vestuta; p\U ltokbt ***0 <\Par che sia una cosa vcnuta • 6 *• /f^Nda cielo in terra a rniracol mos V* ^Ct^da cielo in terra a miracol mostrare. Mostrasi si piacentc a chi la niira, 6. v. 5. Ella si va ecc.: 1'cvidcnza quí si aOlda alla rapprcscntazionc dm^ (c cfr. v. 6), nella qualc rientra la stcssa subordinata senttnďsi ;,. condizione essenzialc di quclľandar cosi. La fornia mediale dd connotando d'intimitä l'azione, prefigura 1'attcggiamento del v. 6 fenu: si riflette la funzionc del -si di sentendosi). - v. 6. ďumiltá vestuta: km-tafora (per cui cfr. la nota a xi, 1, e qui al § 2, e che contribuisce "poete mcntc" alľevidcnziazionc) ě giä consacrata da Andrea Cappellar.o, ä amore, 11, 3, ■ humilitatis ornatu vestiri», cd ha il suo remoto asctndtK (anche per l'accoppiamentoJ'benigriitä''-''uiniltá'_') nella ljitbj.a, in pir.-colarc in san Paolo, Coloss., Iii, 12, «Indulte . . . benignitatem, humum-tem, modestiam, patientiam»; ciô che conferma che benignamenun* teso come variante grammaticale di umiltä. Questa a sua volta (per cui cd. la nota a Ne li occhi porta, 9, e a xxm, 9, 20, v. 24) č interpretata da Cov TiNi, Esercizio cit., p. 164, in relazione appunto a benignamente, come ■ " trova nscontreí nevolenza", "umanitä". L'equivalenza della "coppia ■»»■- QUJnt01]ii «quella benigna e piana» di Di donne io vidi, to (kttne, UMM*^^ forma vestuta, si tratta di siřil'3"'""1" - v. 7. e par che: £211^'—^olTeU^' Credo che» defla tradizione anlc Vila.JSTuava del sonetw^^ ... au nazione «Credo che ^reao i tu ancdl^ogi _ del sonetto Di donne dcl «tanto ardir, ch'in la sua cera / guarda', e ip.otcsi di partecipazione e appropna*»oiie p ^ e lo ciel fosse soprana» del sonetto Di donne 10 rtto')' vidi un vantaggio di una piü generale e meno drammatica Par'-- v j, econf*:' denza (uno stato di grazia, il miracolo come sentimento dl — sjjjgejaS"' fetto adeguamento della struttura del sonetto a queitai"™^ (k-f.,> (cTr. la simmetria col v. 12) 43 (e nota), V. N}, pp. 118-9. - a miraeol mostrare: a mo»n<"- - ißitne,'*'* loco ond'ella fu», dirä Dante stesso in /' mi son pargoletta,3 K^fi&$P rfr Donne'- t una cosa: una creatura. ^V,a cfr- B • v. 8. aa ciWo: per la preposizione non art'c0. De|lez*tk' a mostrare «de ',D>W_^' - c «.Ii. Donne ch'avete, 50); o meglio: a dimostrazipjie - ^öBti. colosa del Creatore (cfr. la seconda esclamazione del § 2, n0flJiPii iftTTHcatrice Vinsomma «rnaraviglia ne l'atto», roí??^-j5ípoA) operare miracoli. Normale I'interposizione dell'oggetto tra F ßoaU>Pj. 7- v. 9. Mostrasi: la ripresa del verbo da^**^;;, prw canzoni) e >„,-.'utf" infinito. londen2" ríPÍ e ne ribadisce la coerenza ideale, (mostrasi ha la sua • 1 sťgiic|11,. pare), fajiiche il senso "dcTmlřacolo si rifletta anc''* 0IIiina»0 „ p< sentazione íe Foster-Uoyde" hanno sottolincato 1 '\ , v. 1 (^Jlíj0i»ľ'J „■p ťo/-9 míra). - $1 piacente: risponde a Tanto gentile^c ^^^^^y "uTTattTgH riaccosta, § 3). Placente, s^ylsto^BUO6* ,(re tut**,!, q*. bellczza. di tutte le bellezze. come 8pie«jI-Jtfosa Lstazi00*^4^ Contini, £íCT««ocit., p. 165,«tutto insistcsullamanit ^. o (ed esclusivo) delle rime della lode, da Ne li occWfíM^ 9 "JLfffc Perfettamente, 14 (qui § 13) a Si lungiamente, 8 (xxvu, 4), risale HM ° 3 Ulvalcan,i> *a Parte non solo della sua stratégia rappresentatiya, ™a |"a SUJ sintassi itnmaginativa c per cosi dirc della sua tavolozža: .Ľí(íiirII!£m^a^>c^ precisi nscontri per Vede per)'ettamentt^ ---1- :„ (core- amore, o\Tiamente, - mentě assocíatoja^parte piú precisi risconin v -^-^ímente, ■4) alla_congiunzione(V/i7> a una parola in -nre - " '"tendeT n° 'f Cza d'arnareTn°" PJ^verbiaJe^da Brunetto, Tesoretto, 2374-s. «cne ,imaKinar nol pote S chi n^iiTDrova ■ a Pavalranti. Donna me prega, 53. "\ ». ~o ,de li C;CIX:"XV, 21, Pto,., xx.ii, 47- - vv- »p3^tt 4< , ^ cte cW«ľffilS"? sospénsione dcl Wetto alla US Je , 'stess„ sfumare di 1^ all., s„ave alli.terazione . ■ • eá&„"i il fi^»W ' J„ ď amore per etl . mota • • • ">°Z L^oi il risultato ^lirS^éettivo in ^1/^ per etTc.to dell as.nd ..^ ri$pe,«o alla qua,f,rynt«Pretazione di una tipka P^jg, 11 punto J ^cco Íh'1 ^odjmcwo si ponecornejini^^ Sedá, * c8 n° ' W. 7 (.veder mi par de la sua labb.a uscire /1 1 livyBŕBoz o/m^ríb. Aí$oP6 oAfcoms rxtoaoso? VITA NUOVA, XXVI, 7-8 un spirito soave picn d'amorc, che va diccndo a l'anima: Sospira. Questo sonetto k si piano ad intendere, per quello che rato e dinanzi, che non abbisogna d'alcuna divisionc; c pero las sando lui, [xxvu] dico che questa mia donna venne in tanta gra-zia, che IJCA^oh^c^ ella cra onorata e laudata/ma per lei erar» na")») e 11-2 («da la qual par ch'una Stella si mova / c dica ...•), mcdim, come sappiamo, dai w. 8-9 («che la mente / comprender no la puói),t da integrarc subito col v. 2 («[Vcggio negli occhi dc la donna mia] | ua lume pien di spiriti d'amore») e, anche per la soluzionc finale, coi w. iS-<) («e movonsi ncll'anima sospiri / che dicon ...»). E gli va aecostato,ptt un'analoga utilizzazione dello spazio, Pegli occhi fere, 3 («dal qualsimcrt spirito d'amarc») e 9-10 («E poi da questo spirito si move / un altro dob I spirito soave«). - v. 14. che va dicenäo ecc: fe l'estremo esito (il capitok xxv autonzzando) della rapprcsenuziunc e personineazioae^o perJoJü55 visibuizzazionc, neuh spiriti. dell'cmozionc della vista dt madoniu u . terpretazione sarebbe fornita dai vv. 12-4 del sonetto seguente, in cuisono come nassunti, con una sorta di progressiva concentrazione, w. 13-4i gli elcmenti essenzialt dt questa rappresentazione -"e cfr. d w parte i cTtt. w. 3-4 di Chi i questa che věn: il sospiro come unica aftabi u-Ma la funzione figurativa sembra meno realisticamente traducibilej. sponde piuttosto a un bisognö^rp^ecijazjqae (che ě lo spirito s,e*,^ sonetto) quäle puó riconoscersi nef'v^fjtniche di dolcezza SSJjSSjjjS re/ sempre di Posso degli occhi tniei, e insieme, per la fac.olta ^ffií. deJVintimazione, nell'uso del discorso diretto nei passi. sopra citaci gio TifgiT occhi (uell'ultimo del qu ali .1 presentc ě una specte d'£^7, esemplare proprio nel senso di una non-interpretabilitá diretta^ —j-pr'.s ctr. comunque, sempre di tjuidd, Jo temo che la mia disaventura, ^,.nrfC parte da lo core uno sospiro / che va dicendo: Spiriti, f«JK8,te *iia_(jjjjicJ1" ě nello stesso tempo la trasposizione nella diraensionc fant.ast><'*i', trJ^' sione dcll'anima) di quel sospiro, e anziehe un'im^oienna ^-^jg^SCf quel concetto deU'amore come atto vitale che MLlOndarnen ,, ^ stu. pnftira A\ Cavalra"ňt7 Y*r ^njittfmjn, A» tradurre oggi in « cosi ptl-matura imperfettiva, esprimentřMna continuitä dlesperjen2^^ reSt"''' fettamente rispondente all'assoluta sottrazionc deU'intera ^JO^-jJfi zione a un particolare evento), ctr. CoMlNI, Esirazto cit., P' , l'ultimo esempio cavalcantiano. uä?> 8. piano: facile (cioe 5£_~t-^^»S,,l za ostacoh o difficoltä. chf, si cU^o- e cfr. explanatio). Per la spiegazione dell'inutilitä delU nc .vedixtv, 13. - dinanzi: nella prosa che precedc. - non sol°m ,LV ecc: allargamento del tema (Tcfr. h 15) ankrogcTTciuello del cap J3< da Amortei corgejünj Ne Ii occhi porta (cfr. xxi, i),e> «" c°, si rÜ* quello del c.rcolo de. "^h^r,;- (§ (J> e cfr. § 4). Non solamen'* > sec a plln r.™________• . ' . ' ____ anrate e t-«tit cc a ella, non all'intera proposizione. - per lei erano onorat' ^ ff«: e il vecchio motivo del Cappellano che gli obsequir * sianodovuti come omaggio indlFSttcTällä donna del cuore ed. Hať" di tutte ea. llattagha,-plprr54TT5«)re che "il s'er^rorľďrun^šTa ipso f<>"° un, ; ma rovesciato. Ľomaggi., non ě ľestensione (ľiperboW ^ VITA NUOVA, XXVI, 8-10 onorate e laudatc molte. Onďio, vcggcndo ciö c volendo manife- 9 stare a chi ci6 non vedca, propuosi anche di dire parole, ne le quali ció fosse significato; c dissi allora questo altro sonetto, che comincia: Vede perfettamente onne salute, lo quale narra di lei come la sua vertudc adoperava nc ľaltre, si come apparc ne la sua divisione. kßP^ i) Vede perfettamente onne salute A chi la mia donna tra ^ donne quelle che vanno con lei W tenuté^ 1 4 di bella grazia a Dio render merzede. ' *»« YdWjo\x r^Uc^sia^maJabencdizione di tutto il genere femminile per i merúi diuntsoU: condizione necessaria dell'» universalizzazione dcll'autobio-gräBa dantesca» e della «promžiloHTôňtologica di Beatrice. (Conttini UU. a. ongtni, p. 327), e ^clla stessa corahtaldeira lode. ^ 9. volendo filestore: sottintendi (per zeugma) ctó^g^c^ěTVřrbo precedente. vesgendo ...non vedea: esplicito nchiamo dell'mfipi'i del sonetto seguente ■Vedt perfettamente ... / chi la mia donna tra le donne vede». - anche: cfr. XVÍ l.xxi, TT= Josse significato: cfr. Iii, 13. xiv, 10. E narra che segue. \rrludr nel senso generico di potere, virtü effettiva, efficacia virtuosa. Cfr. xix, 9 (v. 30), 10 (v.387rreíeqúi il v. 5 del sonetto seguente. - questo altro sonetto: stesso Schema di CYo che m'incontra ecc. (cfr. xv, 3). - ado-Petava: operava (cfr. § 2, e xxi, 6, 8). - ii come appare ecc: unico caso dl ™Wo antic.pato, per ulteriori spiegazioni, allaj\hyjaujne2 (•! rovesc'° c'o« del sonetto precedcnte)i se non fosse, coVnTpeť ířďue canzom che Pfwcdono (xix, 3, xxill, 16), per ciö che concerne Tordinamento dell. a «0. v. i. Vede: risponde chiasticamente a vede della fine stgnf^; rappresentazione della perfetta equazione enunciata, ma con ^-^^ ^Icono a'°' risPetto a quello, di conoscenza o esperienza intellet- -1 , 'ôľSŤj) i ľlnSCenZa .Perfetta). II modello (anche per 1'intcrpretazione di -!»."< lore ' e unf'ŕ'' dl Cavalcanti a Dante «Vedeste, al m;" "»"-n: onne va- mio parere, onne va- 5?P*tto »"*!>'",glóco e quanto "bene om sentc». - perfettamente: significa í' Perfetta tnf ?Ue"° chc onne rispetto a salute: perfetta, totale conoscenza i 'lUlfezion /8alute- - saIute- P'ü che beatitudine, come molti, interj-. "Ua PertSCr ^coiL'mplicita beatitudine: questa nascendo alľuomo dal- 8a r?dere anenr JC'0e dalla sua salvezza). II senso sembra comunque di-táiAmorAh moáelll>_cavalcantiano galore, gioco "gioia" e bene). «bont h ne la mente> 3> ě tradotto nel commento {Conv-, ill, S formal- !í!de'- ~ v. 2. la mia donna tra le donne: correlaz.one non *n<**:' —ua sie«» uvil* ---- --. . ,. ome prova il precedente formale rcČ*^ň£lnne. závete, ľ-Y^ cfr. anche Con ľaltre donne .-2); P.ľ>heirso^Le8Senziale a»a Poctica stessa della "lode" dantesca (e 5» TdoTZ 2?-«n«e. vP2l come , ,0" Ľ""*0 co»°/enÍnteso del motivo del čonfronto (ma cfr. § i4>- VJ l* sono t' Cfr- Do"^ ch'avete, 32 (e ^Imor che ne la mente,4°>_ í^7^quaľieonU,,ti' obbl'«a'e (per graf.ud.ne) a. - v. graz,a.^ e «««ella di "andare eon lei", con le conseguenze d. cuT» ,lxix],.4). Brftohavalore_d.con '°nc Positiv^' äonne *ovi3tXRľme. ' * ~ render merzede: render grazie.