Ml EPOCA I LA CIVILTA COMUNALE F|No al u URICA VOLGARE. LA SCUOLA S1CIL1ANA IO l tlefinilionr ilcll'Aitwrt* Madonna ha 'n sc vcrtutc con valore, pii'i che nul[l]'altra gemma prezi'osa: che isguardando mi tolse lo core, cotant e di natura vertudiosa. Pii'i luce sua beltatc c da sprcndore che non fa '1 sole ne null'autra cosa: de tut[t]e l'autre clle sovran'e trore, che nulla aparegtgliare a lei non osa. Di nulla cosa non ha mancamcnto, nc tu ned e ne non sera sua pare, ne 'n cui si trovi tanto complimcnto; c credo hen, sc Dio 1'avcssc a fare, non vi met[t]rebbe si Su' 'ntendimcnto che la potcsse simile formare. v. i. vertutc con valore: potenza, capacitä di agirc (in tal senso il termine «virtu» si usnva per lc proprieta dcllc pictre. E non a častí la donna vienc subito paragon.ua ad una gt'mma preziösa). v. ). i&guardando: con lo sguardo. v. 4. vertudiosa: tornita di virtú, potente. v. 5. lucc: riluce. risplendc. v. 6. null'autra: nessuna; le forme antra, autrr, possono esscre sia siciliane che to- scane. v. 7. sovran'e fröre: la piú alta c il fiore (fröre č lomia intermedia tra la forma dotta /lore, piú vicina al latino flot, e la forma volgare fiore). v. 8. ehe nessuna osa uguagliarla. v. 11. complimento: complctezza, perfe-zione; notare ehe ľassoluta perfezione delia donna viene espressa attraverso un fitto succedersi di negazioni. w. 12-14. se Dio ... formare: se Dio voles-se fare qualche essere perfetto, non po-trehbc mettervi la sua volontä in modo tale da lormarlo simile a lei. Amor e uno desto che ven da core • di fe- Quest! vera e propria definizione dell'amore da rilievo a una serie 1 nomeni psichici e fisici, ponendo in primo piano la visione e l'immaginc il passaggio dell'immagine della donna attraverso gli occhi e il suo persi-stere nel cuore dell'amante: una successione che ě essenziale per il Notaro (vedl sopra la canzonetta Mcravigltosamente e il sonetto Or come pote'-11 sonetto ha un tono didascalico, anche perché fa parte di una tenzonea tre: un primo sonetto di Jacopo Mostacci aveva posto la domanda SUW natura d amore, negando per suo conto che esso fosse una sostanza e ^ cendolo a una generics amorositate. Oltre al Notaro, aveva risposto ^ della V.gna, delinendo Amore come una sostanza dotata di Y^K\, vcrtutc. II sonetto del Notaro ě comunque il primo vero tentativo, ft < poetu volgare .taliána, di definire in modo articolato e raziocinante .1 : marsi e lo svolgersi della passione amorosa nel soggetto dell'amante. MErR0: dopo le rime alterne delle quartine (ABAB ABAB). il sonetto present* nclle ter I nc tře «™ in >« P™ ^ "P™de la prima deTuľar,£ ACD ACD)- m* 'a nma D (etite) c molto simile alia B (ento). Hanině ia^u j Amor e un[o] desio che ven da core per abondanza di gran piacimento; e li occhi in prima genera[n] l'amore e lo core Ii dä nutricamento. Ben ě alcuna fiata om amatore senza vedere so 'namoramcnto, ma quell'amor che stringc con furore da la vista de li occhi ha nas[ci]mento: ché li occhi rapresenta[n] a lo core I0 d'onni cosa che veden bono e rio, com'e formata natural[e]mente; e lo cor, che di zo ě concepitore, imagina, e [li] piace quel desio: e questo amore regna fra la gente. w. 1-4. L'Amore ě un desiderio che sorge dal cuore per abbondanza di piacere; ma a gencrare l'amore sono gli occhi (attraverso cui passa l'immagine della donna amata, conie ě detto nel sonetto Or co-»ie pote), mentre il cuore gli da nutri-mento, lo alimenta. W. 5-8. Certo talvolta accade che si sia amante senza vedere l'oggetto dell'amo-re (ě l'amore per sentito dire, che veniva attribuito al trovatore Jaufré Rudel, ct'r. T0.3), ma l'amore che agisee con piú for-za nasce sempře datla vista, w. 9-11. gli occhi rappresentano al cuore qualitä buone e cattive di ogni cosa che vedono, e come ogni cosa ě formata sc-condo natura. v. 12. di zo ě concepitore: concepiscc. ac-coglie ciô (zo i torma sicilianal dentro di sé. v. ij. pensa e fissa l'immagine. e si fa piacere quel desiderio. Guido delle Colonne Gioiosamente canto v^garTt(/ ^°eta'. rno'to apprezzato da Dante, che lo cita piu volte nel De present 0^e"tia (cfr. T2.1), scegliamo una canzone che svolge il tema, dejja • nCj,a pocsia provenzale e toccato anche da Giacomo da Lentini, attrave -'a amore>«la che mai non tina», che iluisce trionwlmente trg, Co rs? tutto il testo, che sembra come traboccare da una strofa allal-a 'reschezza di una \'era e propria scoperta, conducendo allo- La lima «olgarr ndl'Italia li Cl Comuni Lt Isttrrr io prnaa .gaitumiani. o «mulo- AJcuni auiori (iuitlonc d'Arcwo La produzione j amorota c qucUa livilc r morale EPOCA I la CIVILTÁ COMUNALE UNO AL |JOO 1.3.4. Guittone d'Arezzo c i rimatori siculo-toscani. La morte di Federico II c il CfoDo delia potenza della casa di Svcvia ia parte la breve parentesi del regno di Manlredi) tecero venir meno la cortc meridionale e ľambiente adeguato a quella raffinata poesia. Negli anni Cinquanta e Sessanta si ebbe cosi un vero «trapianto» della nuova lirica volgare nell'ltalia eomunalc. e in particolare nella Toscana, dove i violenti conflitti tra Guelfi e Ghibellini comportavano nnmerosi contatti con espo-nenti della corte sveva. In questo nuovo ambiente la lirica cortese si adatta a un pubblico comunale, per lo piú aristocratico e legato ai gruppi dei tunzionari ammini-strativi, solo genericamente detinibili come «borghesi» (cfr. 1.1.1). La sua tematica tende ad allargarsi al di la dell'ambito amoroso; nuovi e piú di-retti contatti vengono istituiti con la poesia provenzale. A livello linguisti-co, si da largo spazio a forme dialettali toscane, oltre ehe provenzali e latine, ma in modo spesso contuse senza il netto spirito programmatico che aveva caratterizzato la lirica siciliana. L'esponcnte piú importantc di questa poesia «municipale» toscana ě Guittonu d'ArľZZO (1235 ca.-i294>, che ebbe fama e fortuna di vero ca-poscuola e rapporti con rimatori e uomini di cultura attivi in gran parte dcll'Italia comunale (numerosissimi i suoi sonetti di corrispondenzacon altri poeti). Nella sua vasta produzione (di lui ci sono giunti circa trecento tra sonetti e canzoni) si possono distinguere una poesia amorosa e una poesia civile e morale. La prima ě di apologia molto varia: come i siciliani, Guittone descrive l'alternarsi della gioia e del dolore; in alcuni testi giunge a una piú ferma esaltazione della donna, come fonte di ogni valore, capace di infondere nelľuomo tutte le «virtú»; in altri si lascia andare a una «reali-stica» spregiudicatezza. L'orizzonte municipalc di Guittone ě evidente nelle sue canzoni «civili>». come quella eelebre di «compianto» ai fiorentini per la sconfitta di Monti; perti (1260), Ahi lasso, or ě slagton de Joler tanto: il linguaggio solenne vi si carica di forte riscntimento morale (c su questa strada si porrä tanta line" moralistica e politiea della nostra letteratura). Nella stessa direzione sono orientate le IxtWrv in prosa di Guittone, P«; ma manifestazione di una prosa d'arte in volgare: sono, piú che altro, pW* che serine, con scopi di edilicazione morale e civile. Nella prosa come neU poesia, Guittone appare come un fervido e disordinato sperimentatore. Per i vari pocti che tentavano esperienze analoghe si suole usare 1e chctta di poeti cortesi «siculo-toscani» o di «guittoniani» (anche se non n ti subirono il diretto intlusso del poeta aretino). I principáli centri di p"** zione di questa varia lirica furono Lucca, Pisa, Pistoia, Firenze, in misura V* norc Siena, e fuori di Toscana soprattutto Bologna (ma ě presumibile che <-sa s. diflondesse anche in altre zone delľltalia comunale). , nr0. I lucchese Bonagiunta Orbicuani, piú anziano di Guittone, W P jilmentc .1 pnmo a prendere ľiniziativa di trapiantare nel volgare tos la poesia s.cUiana. Fedeli guittoniani furono il pistoiese MEO ABBl^ tut-lu-mi- babÜ no yiUBCAVOLOARB OAVACCA e il fiorcntino MONTE ANDREA; mcntre va ricordato il caso unico j, una poctcssa. autricc di trc sonetti: la COMPIUTA DONZELLA di Firenze Um potrebbe trattarsi di un'invenzione lettcraria, non di un pcrsonaggio reale). Il fiorcntino (.1 IIAR<) DavANZATI prcscnta nei suoi numcrosi testi una divulgazione «media», una «gngia amministrazione ordinaria» (Contini) del patrimonio cortese. La lcttura piú curiosa e interessante, in questa fitta produzione, ci č offcrta da un pocmetto anonimo in cndecasillabi sciolti. // märe amoroso. 1.3.5. Rustico Filippi. Giä intorno agli anni Sessanta la cultura fiorentina mette a punto nuo-ve forme, che divergono notevolmente dallo spenmentalismo meccanico e ripetitivo della poesia cortese municipale. Questo ambizioso orienta-mentodella cultura fiorentina e rapprescntato nel modo piü pieno da Bru-netto Latini (cfr. 1.1.6), che del resto ha moid legami con i rimatori a lui contemporanei. In quegli stcssi anni si sviluppa la poesia di Risnco FlUPi'l, di cui ci sono giunti circa sessanta sonetti, metä in stile «serio» e nieta in stile «comico». Rustico si appropria della lingua fiorentina in tutta la sua ricchezza, per Rraffiare la realta, per fissarnc alcune forme sorprendenti. con misurata sa-pienza retorica e vivace gusto lessicale. Nei sonetti «seri» egli da voce ai piu concrcti aspetti del rapporto amoroso: affctti e dissidi. alfanni e conforti. si Prescntano con unintensitä che sfugge in parte ai modelli cortesi, alle loro «reite convenzioni. I sonetti «comici» inaugurano la tradizione giocosa c burlesca fiorentina e fissano alcune figurine umane in movimento bizzarre °deformi, che si legano alia tradizione comic* piü ant.ca (la lanc.ulla magra e '"appetente, la vecchia orribile c repulsiva. il millantatore. alcun. pcrso-naW presi da animalesca furia sessuale ecc). '•3.6. ii «dolce stil novo»: caratteri generali J^dolce stil novo« non ě una «scuola», ma un «»^!gS > nejdi anni Ouanta, per opera di Cavalcami, n'°d'jC^anten Ji<>nc ^ <<('°'cc stil novo» si ricava a pitsteriori dallc pa-6n ^rcceni()) fCa?t0 V dcl Purgatorto (scritto ncl secondo decen-^W^^nta ([ l- re a uno dci principali esponenti dclla lirka cortc-1 fromJ \ !cc,í,ni 'c*řr-1.5-4). chc etpk la MM ř>fna ncl pironc dci ňmatore lucchcsc Dante Ctpm la propna poettea chc >4< I a cul r u r* Int fr aha finrrntina Sonetti aiseri* c wnrtti ,1 UflM-C 'If MII4!- ] j dffini?io»c ,1 ,->ti M t del -dole* Mil nnvo« Guittone ďArezzo e i rimatori siculo-toscani Guittone ďArezzo Ahi lasso, or e stagion de dolet uinto Questa canzone, la piú celebre di G^=svo|e vile e morale, sostenuto da una ™^"^^t de\k formule delia raneamente dei modi tradizionali cieiran ^ ]menl^ scritto quasi piú artificiosa poesia dei trovaton. W trau. . ( ettembre 1260), certamente alľindomani delia ^^^jTXeL. in essa i Guel-a cui fa riťerimento anche Dante nel canto aw m re fi fiorentini ŕurono scontitti dai J£J» , -riuscirono a tornare a Manŕredi, sostenute dagli esuh ghibellim, c.1 _ rtamente a favore Firenze e a scacciare i Guelfi. pmtt^c^ £ rapPresentato un delia fazione guelťa, per la quale Rf^fjtí Guelfi, dunque, la sconht-essenziale punto di riíerimento: agh occhl^ ^ jj crollo tota e ta di Montaperti assume un CM««**"^GdSe denunaa pcraô b delia potenza riorentina. Con recisa fur^esiderio di potere si sono ap-responsabilitä dei Ghibellini, che neloro^ ^ ^ danneggiavano Poggiati agli stranieri, senza aCOOT^^ maniŕestazione de 1; anehe se stessi. Dalľinizio so enne ^ cosí nel COrso de la can Koseia per il disastro subito da P^^&me un carattere ^ ad una polemica politica, ehe ^ c}j toni la PdSS,onerC^eeat e sarcastico: n questo trascorrere di J guelta, sono come at Guittone, la sua'adesione alle «^gR dal suo «JgJ *nuate e moderate dal suo linguaggK»«Kg . cosí concre a bru_ Rno retorico, ehe sembra proiettare riter sdp^odd^ c!*nte urgenza di quella vieenda po ^ i? v|0len a aggr^ *°ne, di norme e valori universal.: tu«* ^ ^ in cu ^ jMa passione erompe nel duro sarcasm ^ ^ ^ a festegg ,a sconBtta e del dolore si rovesciano nuove vittorie di Firenze. . varie stanze. Cosí si possono distinguere 1 term i?8 F.POCA I LA CIVILTÁ COMUNALF FINO m 1}0q i j tcantinne (rnuiicj 1) Si manifesta il dolore per 1'cvcnto, per il sowertimento di ogni val0. re chc esso sembra rapprescntare. 2) Si ricorda la precedente «altczza» c potenza di Fircnze, che nel mor,-do contemporanco rinnovava quclla dcirantica Roma. 3) Prendc awio il motivo polemico, si mostra che Firenze ě stata tradi-ta dai suoi stessi figli. da coloro a cui ella non ha fatto altro che hene. 4) Lautore rileva come Fircnze abbia ormai scambiato le parti con Siena, ricordando cittá e luoghi gia appartenenti ai fiorentini, di cui ora si so-no impadroniti i Senesi. 5) Si riprovano duramente coloro chc rinnnciano lila liberta c si oftro-no ai loro nemici, come hanno fatto i Ghibellini, sottomettendo Firenze ai Tedeschi. 6) Si conducono aHestrcmo gli spunti ironici gia affacciatisi nclla stan-za precedente, mostrando una situazione rovesciata rispetto a quclla reále ' e constatando sarcasticamentc che ora Fircnze puó rarsi signora di tutta la Toscana. 7) II congedo porta il sarcasmo aH'estremo, con 1'invito ai signoři di tutta Italia ad onorare Firenze, che ormai ha sottomesso Tedeschi e Senesi. f [edizione: Poeti del Duccento. a eura di G. Contini. vol. I, cit.] metro: lc sei stanze sono di m versi ciaseuna e sono tutte tra loro capftntdas (salvo il con-gcdot. sempře con la ripresa dell'ultima parola tli ogni strofa alFinizio della successiva (d- ■: tezza, Leoně, conqune I Conquně, folie, monetě). La fronte 6 costituita da duc pieJi i milí ma non uguali di soli endecasillabi. ABBA CDDC: segue la sirma di sette versi, con '■- duc settenari, EFGgFÍE; il congedo ha la stessa struttura della sirma. Ahi lasso, or ě stagion de doler tanto a ciascun om che ben ama Ragione, ch'eo meraviglio u' trova guerigionc, ca morto no lha giä corrotto e pianto, vedendo 1'alta Fior sempře granata e ľonorato antico uso romano ch'a certo per, crudd torte villano, s'avaccio ella no ě ricoverata: ché l'onorata sua ricca grandezza w. 1-8. «Ahime. ora ě il tempo di la-mentarsi, per ciaseuno che ama la Giu-stizia (Ragione), tanto che io mi meravi-glio che costui trovi (u Irova, "dove tro-va") conforto (guertgione, "guarigione, salvezza"), tanto che il lutto (corrotto) e il pianto non l'abbiano giä ucciso, poi-ché vede la nobile Firenze, sempře cari-ca di trutti {granata, participio passato di granarc. propriamente: "piena di semi"), c la sua antica tradizione romana (si credeva che Firenze fosse stata fon- data dai románi e ne continuasse dizioni), che certo muore see"), erudeltä kru Jel) molto j, me I'antico francese fort, con 1^ avverbio) indegna, se ella 00° ^ j„|-(avaccio) ripristinata». Not*f^.. ^ ľuso delľemblema del fioM "j^^g* minile) per designare Firenzf ^ltl direttamente quelle dei sem' (granataV l.v.r.llcli*1110^ v. 9. onorau: notáre il P»rM,i onoralo del v. 6. Tl-J 10 20 *5 30 IS LIRICA VULGARE. GUITTONE D'AREZZO e '1 pregio quasi e gia tutto perito e lo valor c '1 poder si desvia. Oh lasso, or quale dia fu mai tanto crudcl dannaggio audito? Deo, com'hailo sofrito, deritto pera e torto entri 'n altezza? Altezza tanta ella sfiorata Fiore fo, menrre ver' se stessa era leale, chc ritenea modo imperi'ale, acquistando per suo alto valore provinci' e tcrre. press'0 lunge, mante; e sembrava che far volesse impero si como Roma gia fece. e leggero li era, c'alcun no i potea star avante. E cio li stava ben certo a ragione, che non se ne penava per pro tanto, como per ritener giustizi' e poso; e poi folli amoroso de fare cio, si trasse avante tanto. ch'al mondo no ha canto u' non sonasse il pregio del Leone. Leone, lasso, or no e, ch'eo li veo tratto I'onghie e li denti e lo valore. e '1 gran lignaggio suo mort'a dolore, ed en crudel pregiofn] mis' a gran reo. E cio li ha fatto chi? QuelJi che sono v- n. si desvia: cambia strada. v; 12. quale dia: in quale giorno (dia ě si- «lianismo). v- '3- dannaggio: danno. n-14-15- D10, come lo hai sofferto (sofri-*). che il Diritto perisca e il Torto vada ln a'to. si imponga? J* '6-20. Ci fu (fo) una grandezza tale n«ua (ella, da en la, per assimilazione) s«orita Firenze (notáre la figura etimolo-Wca horala Fiore), finché ě stata leale vwso se stessa, chella poteva permeltersi Un costume imperiale, acquistando per» Suo grande valore moltc (mante: gallici-sm°» province e terre, vicino e lontano (n i ' w'"-c c lent, vi«.««- - - nl0P'ls!,Jl gétti 20 no,are la PosPOÍ,izionc ghie. i "entl * raggio (per pro). quamo per mamencre giustizia e pace (pom, dal prmenzalc pausar). v. 27. e poiché k piacque (Je (u./ulli. gra-dito). w. i9-}0. al mondo non c e (non ha) Jijo-go. dove non si eclehrasse il valore del Leone (il Leone ttdutt con lo seudo gi-liliato, deito Marzoeco, era il sinilxijo araldico di Firenzcl. w. 31-J4. L'attuale condition? di Firenze viene presentata attrawrso la personi/i-eazione del Leone. «Aliime (lasso), il Leone non ě pití talc, dato che io gli ve-do (veo č siciliamsmo) strappate (pvách pio passaio aecordato con li. a lni) Je im-'-—r,,.,/ vjJore. e Ivedo) cJie la sua 1— "rtn ,l(i. mante) ■ 22. leggero: facile. U M-26. E ciö le accadeva certamente a «»0 diritto (a ragione), dato che non se e d«va affanno tanto per proprio van- -dĽm'ÍS cuccisacondo-m,b.lest.rpH/'^SÍ\ p.^nc con EPOCA I LA C1VILTÄ COMUNALE FINO Al. '3oo 40 45 50 55 de la schiatta gentil sua stratti e nati, che fun per lui cresciuti e avanzati sovra tutti altri, e collocati a bono; e per la grande altezza ove li mise ennantir st, che '1 piagár quasi a morte; ma Deo di guerigion íeceli dono, ed el fe' lor perdono; e anche el refedier poi, ma fu forte e perdono lor morte: or hanno lui e soie membre conquise. Conquis'e l'alto Comun fiorentino, e col senese in tal modo ha cangiato, che tuttal'ontae '1 danno che dato li ha sempře, como sa ciascun latino, li rende, e i tolle il pro e 1'onor tutto: ché Montalcino av'abattuto a forza, Montepulciano miso en sua forza, e de Maremma ha la cervia e '1 frutto; Sangimignan, Pog[g]iboniz' e Colle e Volterra e '1 paiese a suo tene; e la campana, le 'nsegne e li arnesi e li onor tutti presi ave con ciö che seco avea di bene. v. 36. stratti: discesi. w. 37-38. «che furono {fun) da lui (per lui) cresciuti e innalzati sopra tutti e mes-si in posizione di potere (a bono)»: allude ai nobili ghibellini, alleatisi con i nemici di Firenze. v. 40. «salirono (ennantir) cosi, che lo pia-garono quasi a morte»: qui allude alia prima presa di potere dei Ghibellini e alia cacciata dei Guelfi del 1248; i versi successive alludono alle fasi ulteriori della lotta politica fiorentina, cioě la pace del 1251 (v. 41), la fallita congiura ghibcllina del 1258 (w. 43-44), e inline la battaglia di Monta-perti con la vittoria dei Ghibellini (v. 45). v. 43. el refedier: lo ferirono di nuovo. v. 44. risparmiö loro la morte. v. 45. ora hanno sconfitto lui (il Leone) e le sue (soie) membra (la forma membre per attrazione dall'aggettivo Klár), v. 47. ha cangiato: ha scambiato le parti, w. 48-50. «che il Comune senese gli re-stituisce (al Comune fiorentino) tutta la vergogna e il danno che gli (ai Senesi) ha sempře dato, come sa ogni Italiano (per latino si intende ogni abitante della peni-sola), e gli toglie tutto il potere e l'ono-re»; segue un elenco delle cittä e dei ter-ritori di cui Siena si era impadronita do-po la battaglia di Montaperti. v. 51. «ha abbattuto con la forza Montalcino», cioě ha abbattuto le mura di que-sta cittadina a sud di Siena (come ě n-cordato di nuovo al v. 83). v. ji. miso en sua forza: messo in suo potere (si noti la rima equivoca tra i w. 51« 51, in cui la stessa parola forza vie"e n presa in diverso contesto sintattico). v. 53- «della Maremma ha la cerva e frutto», cioě riscuote i tributi sinnttoi^ di cacciagione (cerva) e di Prollo",'íjn. coli (frutto) che versavano i conti di 5 ta Fiora in Maremma. te. W. 54-58- e tiene in suo potere (a s'' It*) San Gimignano, Poggibonsj. ^ Val d'Elsa, Volterra e i territon d«--i tado ('Ipaiese); e ha preso la canipa ^ guerra, le insegne, le armi (antest) ^ KÜ arredi (onor) con tutto ciö che"1 no c'era (avea) insieme. Ti-3 60 65 70 75 80 LA URlťA VOLGARE. GUITTONE D'ARLZZO E tutto ció li avene per quella schiatta che piú ch'altra ě folie. Folie chi fugge il suo prode e cher danno, e l'onor suo la che vergogna i torna, e di bona liberta, ove soggiorna a gran piacer, s'aduce a suo gran danno sotto signoria fella e malvagia, e suo signor fa suo grand' enemico. A voi che sietc ora in Fiorenza dico, che ció ch e divenuto, par, v'adagia; e poi che li Alamanni in casa avete, servite-i bene, e faitevo mostrare le spade lor, con che v'han fesso i visi, padri e figliuoli aucisi; e piacemi che lor dobiate dare, perch'ebber en ció fare fatica assai, de vostre gran monete. Monetě mante e gran gioi' presentate ai Conti e a li Uberti e alii altri tutti cha tanto grande onor v'hano condutti, che miso v'hano Sena in podestate; Pistoia e Colle e Volterra fanno ora guardar vostre castella a loro spese; v- 59- li avene: gli accade. v- 60. per colpa di quella Stirpe che e piü folic di ogni altra, cioe dei Ghibellini. w. 61-66. «f£ folle chi lascia il proprio vantaggio (prode) e cerca (eher) il proprio danno, e fa si che il suo onore gli tor-"i a vergogna (prode e onor riprendonod P"> e Potior di v. 50), e dalla buona li-krta, nella quale vive (soggiorna) con Rran piacere, si conduce con suo gran "anno (rima equivoca tra i w. 61 e 64) 5°"o un potere vile (fella) e malvagio. e ta Proprio signore (si sottomette al) il suo maRRior nemico»: i Ghibellini vengono «mproverati proprio di esscrsi sottomes-P * Peggiori e piü tradizionali nemici d) ^'rer>ze, cioe i Senesi. , 67- A voi: rivolgendosi ora diretiarncn-* ai Ghibellini, passa all'ironia e al sar-ps"io, dicendo ora il contrario di cio che 'itende. *j 6«- che (riferito a voi) sembra vi pi*c-* [ad"gia, dal provenzale adaizar, con-n,re) ciö che e awenuto. v. 69. li Alimanni. le tmppe tedesche del re Manfredi. che new messo un presidio in Firenze. w. 70-71. senheli bene e faievi mostrare le loro spade, con cui vi hanno ieriio (fesso, da fendere) i visi. W. 73-75. e prove piacere che dobbiate dar loro una ingente somma di denaro vo-stro, poiché nel tar cio (neJI ucxidere e nel (erire fiorentini) hanno molto htk-ato. v. 76. «Oilrhe in dono molie (mante) monele e )tundi gioielli* a tulii coloro che hanno contribuito alia vmorit ghi belUna te nomina esplkilamente i Conn, cioě i conti Guidi,e)t,ii Vbeni. tra cui anche Farinata, con cui Dante ricorderi questi eventi nel canto X dell'Inferno). w. 80-81. nPisioia, Colle Val d'Elsa e Voherra (anno custodire le vostre (onez-ze a lorospeseo (il sarcasmo rifniarda ora i wpponi con le citta confinann che pre-cedentemcnte dowano olfrire presia-zioni a Firenze). Notare la rima siciliana tra ora, V So. e mura, v. 83. i6i F.POCA I LA CIVILTA COMUNALE FINO Al 85 90 95 e '1 Conte Rosso ha Maremma e '1 paiesc, Montalcin sta sigur senza le mura; de Ripafratta temor ha '1 pisano, e '1 perogin ehe '1 lago no i tolliatc. e Roma vol con voi tar compagnia. Onor e segnoria adunque par e che ben tutto abbitte: ciô che desiavate potete far, cioe re del toscano. Baron lombardi e románi e piigliesi e toschi e romagniioli e marchigiani, Fiorenza, fior che sempře rinovella, a sua corte v'apella, che fare vol de sé rei dei Toscani, dapoi che Ii Alamani ave conquisi per forza c i Senesi. v. 81. 'I Conte Rosso: Aldobrandino di Soana, uno dei leudatari ghioellini. w. 84-86. i Pisani hanno paura di Ripařratta (castello molto vicino a Pisa, ehe ncl 1254 i fiorentini avevano toho a Pisa e consegnato a Lucca), e i Perugini temo-no ehe togliatc loro il lago Trasimeno, e Roma (il papa, eheera natiiralmentedal-la parte dei Guclti) vuole allearsi con voi. w. 89-90. potete fare quello ehe desidera-vate, cioě tarvi signoři {re) delia Toscana. w. 91-92. facendo giungere al culmine il sarcasmo, si invitano i diversi signoři ďl talia ad accorrere alla corte di Firenze. per festeggiare la sua nuova potenza. v. 9}. fior... rinovella: fiore chc sempře si rinnova (notáre la figura etimologica Fio-renza.fior). nr. 95-97. dal momento che vuol diven tare signora (rei: ě forma pisano-lueche-se per re) di Toscana avendo sottomesso con la forza Tedeschi e Pisani. ■ 1-11 . donna Con piú mallungo, piú meprossirnana Questo sonetto ďamore prende awio dalľeffetto paradossale.^ntanJ. dalľimmagine delia donna amata. Tale immagine, quanto pw ecjjerlt> ^ tanto piú appare vicina alľamante; alio stesso tempo, sempra U jj guarirlo. Egli assume talvolta la coscienza del carattere in^1!" ninl;jginC questc sensazioni, ma poi si lascia riawolgere dall'illusione. L, jjstio della donna ě comunque per lui come la Stella dei Magi, ehe g"-1 vjverť. cammino, dandogli gioia e felicitä. e senza la quale non potře ^cjriiial; (iuittone qui adatta in modo relativamente semplice alia poeSl*_ ^ Ji euni temi della poesia ďamore provenzale e siciliana, con UO gallicismi (forme francesi o provenzali). [EDIZIONE: Pm-t, del Dueccnto, a cura di G. Contini. vol. I. cit.] METRO: sonctto con rime alterne delle quartinc e dellc terzine ABAB ABAB come nei sonetti del Notaro. CDC Ti-3 10 LA LI RICA VOW! ARE. GUITTONE D'AREZZO Con piú mallungo, piú me prossimana la fazzon dolce de la donna mia, che m'aucide sovente e mi risana e m'ave miso in tal forsenaria, che 'n parte ch'eo dimor' in terra strana, me par visibil ch'eo con ella sia, e [un'] or credo tal speranza vana ed altra mi ritorno en la follia. Cosi como guido i Magi la Stella, guidatme] sua fazzon gendome avante, che visibel mi par e incarnat'ella. Perö vivo gioioso e benistante, ché certo senza ciô crudele e fella morte m'auciderea immantenante. v. i. Quanto piú m'allontano, tanto piú mi ě vicina (sia con che allungo che prossimana sono gallicismi, giä usati dai sici-liani). v. 2. fazzon: fattezze, viso (gallicismo: francese facon). v. 4. miso: messo (sicilianismok forsena- ri»: delirio (gallicismo). W. 5-6. che mentre ('n parte che) io sog- Riorno in terra straniera, ho la visione che ella stia con me. n- 9-11. Come la Stella guido i Magi, co- si il suo viso mi guida andandomi (gendo ě gerundio di gire, "andarc") avanti, in modo che ella mi appare in visione e come in came ed ossa IIa similitudine della stek dei Magi č presente anchc nella poesia provenzale). v. 12. benistante: lelice Iprovcnzalismo). v. 13. fella: villana (riferito a mořte, notáre Yenjambcment). v. 14. immantcnjnie: immediatamente (con la desinenza traneese -ante, in luogo della forma piú diffusa immantenente). 16, i64 EPOCA i LA CIVILTÁ COMUNALE FINO ai nL '300 noscere non una persona concreta, ma una figura fittizia, probabilmente inventára nella cerchia dei poeti vicini a Guittone: la lettera chiama in causa proprio la materia dei sonetti delia supposta autrice e non fa altro che ruotare, con una lunga serie di ripetizioni, intorno al compimento, a qUel-ľessere compiuto, cioě perfetto, che ě dato dal nome stesso delia donna. [roiziONE: La prosa Jel Duecento, a eura di C. Segre e M. Marti, Ricciardi, Milano-Na-poÜ 1959] Soprapiacente" donna, di tutto compiuto savere, di pregio coronata, de-gna mia Donna Compiuta, Guitton, vero devotissimo fedel vostro, de quanto el vale e po2, umilemente se medesmo racomanda voi. Gentil mia donna, l'onipotente Dio mise in voi si meravigliosamente corn-pimento' di tutto bene, che maggiormente sembrate angelica criatura che terrena, in ditto e in fatto e in la sembianza vostra tutta, che, quanto omo vede4 de voi, sembra mirabil cosa a ciascuno bono conoscidore. Per che non degni fummo che tanta preziosa e mirabele figura, come voi siete, abi-tasse intra l'umana gennerazione d'esto seculo mortale5, ma credo che pia-cesse a lui6 di poner vo' tra noi per fare meravigliare, e perche fuste ispec-chio e miradore7, ove se provedesse e agenzasse8 ciascuna valente e pia-cente donna e prode omo, schifando9 vizio e seguendo vertii, e perche voi siete deletto e desiderio e pascimento10 de tutta gente, che vo'" vede e ode. Or donque, gentile mia donna, quanto el Signor nostra v'ha magiormen-te allumata e smirata'2 a compimento de tutta preziosa vertute piii ch'altra donna terrena, e cusi1' piu ch'altra donna terrena dovete intendere14 a lui servire e amare de tutto corale15 amore, e de pura e de compiuta fede. E pero umiliatevi a lui, reconoscendo cio ch'avete da lui, in tal guisa che l'au-tezza16 dell'animo vostro, nelagrandezza del cuore, nela belta, ne '1P'*-cere de l'onorata persona vostra non vo' faccia obbriare'7, ne mettere a non calere18 lui che tutto cio v'ha dato; ma ve ne caglia tanto che '1 core e r 1. Soprapiacente: notare il temiine compo-sto con sopra, che esalta al massimo grado la bellezza e il valore della donna (di eui viene poi subito sottolineato il savere, "la saggezza", e il pregto, "il valore"). z. de ... po: per quanto vale e puö. 3. compimento: perfezione (con passag-gio dall'aggettivo compiuta al nome astratto). 4. omo vede: si vede. 5. intra ... mortale: tra gli esseri umani di questo mondo. 6. a lui: 1 Dio. 7. miradorc: specchio (parola provenzale). 8. se provedesse e ageniasse: si specchias-se e si compiacesse (dal provenzale agen-sar, "abbellire, piacere"): notare il proce- dere di termini a coppia (gia prima, con specchio e miradore, e poi con tutta una serie di coppie successive). 9- schifando: allontanando. io. pascimento: nutriniento. , »• vo': voi, ma in funzione di comply mento oggetto (vi vede e ode), come P avanti vo faccia obbriare. . a iz. allumata e smirata: illuminata eu tata nella luce. toy '3- e cusí: cosi (in correlazione con 14- intendere: tendere. 15- coraJe: che viene dal cuore. "6. autezza: altezza. 17- obbriare: dimenticare. 18. mettere a non calere: const ditlerente. derate in- URICA VOLGARE. I RIMATORI SICULO-TOSCANI corpo e '1 penseri vostro tutto sia consolato" in lui servire, acciö che voi ,fe indela corte di paradiso altressi meravigliosamente grande come sie-l'onorato vostro cominciamento e mezzo20 per pre- ^quitranoi.eperche z,osa fine vegna a gliosodannaggioe. per defetto vostro voi falliste22 nsnlato: trovi consolazione, sod- tinuazione. 19. sia coi disfazione (accordato al singulare con 1 21. troppo ... perta: sarebbe troppo pen-tre soggetti che precedono). coloso danno e perdita. 20. cominciamento e mezzo: inizio e con- 11. falliste: mancaste di piungere. Bonagiunta Orbicciani Tutto lo mondo si mannen perfiore In questo sonetto il poeta che Dante incontrerä nel canto XXIV del Pur-galorio manifesta in modo escmplare e schematico il gusto artin'cioso proprio della urica cortese toscana, seguendo abbastanza da vicino lo stile di Giacomo da Lentini: si tratta di un succedersi di variazioni intorno alia pa-roh fiore (che al v. 3 appare di genere maschile e al v. 5 di genere iemmini-k, con evidente gallicismo), che viene ripetuta in varie forme in tutti i vcr-«1 tranne due (e comunque 14 volte). II fiorire del mondo viene identilica-t0 con il fiorire delľamore; nel fiore e nel fiorire la vitalita della natura erleide con quella dell'amante. Con un movimento sottilniente studiato questo gioco di variazioni conduce dalľorizzonte costmco dell iniz>o, che Prende awio da Tutto lo mondo, a quel fiore particolare che e la donna, aulcnte, nella conclusione. fior MEtro>ne: P"ctidel Duecento, a cun di G. Comini. vol. i. cirt CUE ' SOnetto con quaninc e rime altemale ABAß ABAß e tereine con tre rime CDE Tutto Io mondo si mantien per fiore: se fior non fosse, frtmo non seria; [e] per lo fiore si manrcne amore, gioie e akf^rezze, ch e gran ogaot». E de la fior son tano scnitlore si di bon core che pití non pom: in fiore ho messo unto 'I meo valore; si fiore mi i'ali^e. ben moria. M:>'-:siconserva. v.,Se ,1 fiore mi vemsse meno. certo sarebbe. BoA» i«5 £. . j »«".V.HVVIHW.tU Jiti pertezione de compiuta laude. Che troppo fóra peri-o'lioso dannaggio e perta21 da pianger sempremai senza alcun conforto, se i-r^.^ .,r>v;rrr> vni fallktp22 a perfetta e onorata fine. 1 diwrsi »ignificiti di fierr 266 EP0CA I LA C1VILTA (X)MUNALE HNO AL l}00 10 Eo son fiorito c vado piü fiorendo; in fiore ho posto tUttO il mi' diporto; per fiore ag[g]io la vita eertamente. Com' pii'i fiorisco, pii'i in tior m'intendo; sc tior mi ialla, ben seria morto, vostra mcrce, madonna, tior anlente. v. 10. il mi' diporto: il mio piaeerc, la mia gioia v. u. quanto pii'i fiorisco, tanto piü sono innamorato del tiore. v. il. grazie al fiore ho con ccrtczza la vita. v. 13. mi falla: mi manca, mi viene meno. La pnia d'amore Compiuta Donzella A la stagion che '/ mondo foglia e fiora In questo sonetto si oppone la gioia che anima il mondo con il fiorire del-la primavera alia tristezza dell'autrice (figura probabilmente fittizia, come mostra anche la lettera a lei rivolta da Guittone, cfr. pp. 263-265), a cui il padre vuole imporre uno sposo: in un altro sonetto a questo collegato si dice poi che il proposito della poetessa, a cui il padre si oppone, e qnello di lasciare «lo mondo e Dio servire», cioe di farsi monaca. Le quartine tracciano con delicatezza l'immagitv della gioia d'amore che pelade il mondo (riprendendo uno schema spesso usato nella poesia dei trovatone npreso dai siciliani): e ci aspetteremmo che la tristezza che la donna ma-nifesta alia fine delle quartine (v. 8) sia da attribuire al suo essere esclusa da quella gioia amorosa: le terzine ci mostrano invece che la donna vuoe piuttosto sottrarsi al matrimonio e all'amore profano, opponendogh qU* lo divino. Costruito con perfetta misura, il sonetto salda strettamente l * nizio C la fine, ripetendo nellultimo verso gli stessi termini del pnmo. «jf ne la torma di un chiasmo id foglia e fiora di v. 1 corrispondeM tte>0g del v. 14). [EDIZIONE: Poeti del Duccento, a cura di G. Contini, vol. I, cit.] METRO: sonetto a rime- alternate con la stessa struttura di quelli del Notaro - CDC DCD. ABAB 10 TI , LA LIRICA VOLOARE. I RIMATORI SICl'LOTOSCANI la franca gente tutta s'inamora, e di servir ciascun trag[g]es inanti, ed ogni damigella in gioia dimora; e me, n'abondan mar[r]imenti e pianti. Ca lo mio padre m'ha messa 'n er[r]ore, e tenemi sovente in forte doglia: donar mi vole a mia forza segnore, ed io di ciö che non ho disio ne voglia, e 'n gran tormento vivo a tutte lore; perö non mi ralegra tior ne foglia. v. 6. e ciascuno si trae avanti, si predi- v. 9. mesa n erHore: messa in una situa- spone a servire (al se.-öio d'amore). -ne specie. ^ u ^ v. 7. gioia: ha valore di monosillabo. v. 1. mi v.8. marrimenu: tristezze (provenzalismo). volonta. 267 A la stagion che '1 mondo foglia e fiora acresce gioia e tut[t]i fin' amanti: vanno insieme a li giardini alora che gli auscelletti fanno dolzi canti; v. i foglia e fiora: mette foglie e fiori. w. 3-4. alora che: nell'ora in O* v. 1. acresce: cresce (predicato di gioia). v. 5. franca: nobile.