epoca i la civilta comunale fino al 1300 14í I j Urica voľgare nell'Italia dt i Comuni Guittone d'Arezzo La produzione amorosa e quella civile c morale Le Letter/ in prosa Poeti 'iguittoniant» O Mtlllu- toscani» Alcun 1.3.4. Guittone d'Arezzo e i rimatori siculo-toscani. La mořte di Federico II e il crollo della potenza della casa di Svevia (a parte la breve parentesi del regno di Manfredi) fecero venir meno la corte meridionale e l'ambiente adeguato a quella raffinata poesia. Negli anni Cinquanta c Sessanta si ebbe cosi un vero «trapianto» della nuova lirica vulgare nell'Italia comunale, e in particolare nella Toscana. dove i violenti conflitti tra Guelfi e Ghibellini comportavano numerosi contatti con espo-nenti della corte sveva. Tri quěsto nuovo ambiente la lirica cortese si adatta a un pubblico comunale, per lo piú aristoeratico e legato ai gruppi dei funzionari ammim-strativi, solo genericamente definibili come «borghesi» (cfr. i.i.i). La sua tematica tende ad allargarsi al di la deLl'ambito amoroso; nuovi e piú di-retti contatti vengono istituiti con la poesia provenzale. A livello linguisti-co, si dá largo spazip a forme dialettali toscane, okre che provenzali e lati ňe, ma in modo spesso confuso, senza il netto spirito programmatico che aveva caratterizzato la lirica sicihana. Uesponente piú importante di questa poesia «municipale» toscana ě GuiTTONE D'AREZZO (1135 ca.-L2.94), che ebbe fama e fortuna di vero ca-poscuola e rapporti con rimatori e uomini di cultura attivi in gran parte dell'Italia comunale (numerosissimi i suoi sonetti di corrispondenza con altri poeti). Nella sua vasta produzione (di lui ci sono giunti circa trecento tra sonetti e canzoni) si possono distinguere una poesia amorosa e una poesia civile e morale. La prima ě di tipologia molto varia: come i siciliani, Guittone deserive 1'alternarsi della gioia e del dolore; in aleuni testi giunge a una piú ferma esaltazione della donna, come fonte di ogni valore, capace di infondere nelTuomo tutte le «virtu»; in altri si lascia andare a una «reali-stica» spregiudicatezza. L'orizzonte municipaledi Guittone ě evidente nelle sue canzoni «civili». come quella celebre di «compianto» ai fiorentim per la sconfitta di Monta-perti Í1260), Abi lasso, or ě stagion de doler tanto: il linguaggio solenne vi si carica di forte risentimento morale (e su questa strada si porrä tanta lirica moralistica e politica della nostra letteratura)._ Nella stessadirezione sono orientatelehellere in prosa di Guittone, prima manifestazione di una prosa ďarte irlvolgare^ono. piú che altro, predi chescrifte, con scopi di edifieazione morale e civile. Nella prosa come nella poesia, Guittone appare come un fervido e disordinato sperimentatore. Per i yari poeti che tentavano esperienze analoghe si suole usare I'eti-chetta di poeti cortesi «siculo-toscani» o di «guittoniani» < uiche se non tut-tisubirono il diretto ínflúšso"děl poeta arěTTriol.Tpňncipali centri di produzione di questa varia lirica furono Lucca, Pisa, Pistoia, Firenzc. in misiira mi nore Siena, e tuori di Toscana soprattutto BoK .'res. ' sa si diffondesse anche in altre zone dell'Italia comunale). II lucehese Bonagiunta Orbicciani, piú anziano di Guittone, fu pro-babilmente il primo a prendere l'iniziativa di trapiantare nel volgare tosca-no la poesia siciliana. Fedeli guittoniani furono il pistoiese meo abbrac- ,., la lirica vulgare (iavacca e il fiorentino MONTE ANDREA; mentre va ricordato il caso unico di una poetessa, autrice di tre sonetti: la COMPIUTA DONZELLA di Firenze (ma potrebbe trattarsi di un'invenzione letteraria, non di un personaggio reale) U fiorentino Chiaro DavanzaTI presenta nei suoi numerosi testi una (Jivulgazionc «media», una «grigia amministrazione ordinaria» (Contini) del patrimonio cortese. La lettura piü curiosa e interessante, in questa fitta produzione. ci e offerta da un poemetto anonimo in endecasillabi sciolti, // mare amoroso. 1.3.5. Rustico Filippi. Giä intorno agli anni Sessanta la cultura fiorentina mette a punto nuo-ve forme, che divergono notevolmente dallo sperimentalismo meccanico e ripetitivo della poesia cortese municipale. Questo ambizioso orienta-mento della cultura fiorentina e rappresentato nel modo piü pieno da Bru-netto Latini (cfr. 1.1.6), che del resto ha molti legami con i rimatori a lui contemporanei. In quegü stessi anni si sviluppa la poesia di RUSTICO Fmppi, di cui ci sono giunti circa sessanta sonetti, metä in stile «serio» e metä in seile «comico». Rustico si appropria della lingua fiorentina in tutta la sua ricchezza, per graffiare la realtä, per fissarne alcune forme sorprendenti, con misurata sa-pienza retorica e vivace gusto lessicale. Nei sonetti «seri» egli da voce ai piü concreti aspetti del rapporto amoroso: affetti e dissidi, affanni e conforti, si presentano con un'intensitä che sfugge in parte ai modelli cortesi, alle loro strette convenzioni. I sonetti «comici» inaugurano la tradizione giocosa e burlesca fiorentina e fissano alcune figurine umane in movimento, bizzarre o deformi, che si legano alla tradizione comica piü antica (la fanciulla magra e inappetente, la vecchia orribile e repulsiva, il millantatore, alcuni perso-naggi presi da anünalesca furia sessuale ecc). 1.3.6. Il «dolce stil novo»: caratteri generáli. II «dolce stil novo» non ě una «scuola», ma un insieme di esperienze diverse e tuttavia convergenti. che mettono capo a una nuova poesia d'a-more di grande coerenza linguistica e di fortissima ambizione intellettua-le, chejaglia i legami con il confuso .sperimentalismo della lirica cortese municipale. II bolognese Guinizzelli, quasi coetaneo di Guittone, ě il «pa-dre» di questa nuova poesia, che trova pero la sua definizione piú artico-lata a Firenze, soprattutto negli anni Ottanta, per opera di Cavalcanti, JJante e pochi altri loro amici. La denominazionc di «dolce stil novo» si ricava a posteriori dalle parole che Dante nel canto XXIV del Purgatorio (scritto nel secondo decen-mo del Trecento) fa dire a uno dei principáli esponenti della lirica cortese. Bonagiunta Orbicciani (cfr. 1.3.4), che espia la sua pena nel girone dei golosi. Di fronte al rimatore lucchese Dante espone la propria poetica che '4! La culrura letteraria fiorentina Sonetti «seri» e sonetti ■'comici» Poesia d'amore e di ambizione iotellettuale La deHntzione dantesca del «dolce stil novo» ■44 EPOCA I LA CrVILTÄ COMUNALE FINO AL Ijoo 1.3 LA LIRICA VOLGARE collega la scrittura alio «spirare» di Amore; la poesia ě per lui notazionc e trascrizione, in termini di letteratura, di quello che Amore «ditta dentro»: «I' mi son un che quando / Amor mi spira, noto, e a queTmodo / che' ditta dentro vo significando». Questa dichiarazione di Dante fa compren de-re a Bonagiunta la lontananza del siciliano Giacomo da Lentini, di Guit-tone e di lui stesso daU'esperienza dei nuoví poeti, il «nodo 1 : M separa dal «dolce Stil novo»; dice infattl Bonagiunta: «"O frate, issa vegg'io", dis-s'egli, "il nodo / che '1 Notaro e Guittone e me ritenne / di qua dal dolce Stil novo ch'i' odo!"». Inoltre egli riconosce che le «penne» dei nuovi poeti vanno «strette» ai dettami del «dittatore» Amore, cosa che non accadde ai loro predecessori: «Io veggio ben come le vostre penne / di retro al dit-tator sen vanno strette, / che de le nostre certo non awenne» (cfr, pp. 000- ^^^^^^^^^^^^ Nell'ottica di Dante, sono in primo piano la «novitä» deU'atteggia-mcnto e la funzione di Amore, che «spira» (cioě crea nell'anima un movi-mento di sostanze psichiche) e «ditta dentro» (cioě traduce quello «spirare» in termini linguistico-retoffci: si tenga ben presente che il significato di iittare ě quello fornito dalle artes dictandi, per cui cfr. 0.1.7). II poeta deve «notare» gli effetti di quello «spirare», definirli in una significazione ra-zionale: siamo ben lontani da ogni rivendicazione romantica della spontaneita dell'ispirazione. [1 distacco dalla precedente poesia cortese ě garantito soprattutto da questa nuova associazione tra dolcezza stilistica e significazione razionale: sono essenziali, nello «stil novo», la coscienza teorica e filosofica e la con-cezione molto precisa dei processi che awengono nell'anima presa dall'a-more, e altrettanta attenzione porge lo «stil novo» a taluni ampi dibattiti morah, come quello sulla nobiltä e sui rapporti tra amore e nobiltä. Come in tutte le concezioni «cortesi», an che nello «stil novo» l'amore e la poesia appaiono come caratteri distintivi di un elite; il «dolce» linguag-gio crea una comunicazione tra pochi spiriti privilegiati, «fedeli d'amore». Ma orajjuesto gruppo di eletti non intendeaenruKiinDase a una precisa collocazione sociale: il loro aHeggiamento aristocratico non ě condizionato né da una corte regia (come per i siciliani), né da un contesto comunale e munjcipale (come per i siculo-toscani). Essi si riconoscono soprattutto in una scelta: nella decisione comune di intendere l'esperienza amorosaepoc-tica come un valore assoluto; essi seguono anzitutto una «elezione» ideale e una passione letteraria che, nella loro purezza tendono a svmcolarsi dal le istituzioni o dalle classi o dai ceti a cui i singoli autoři possono apparte-nere. Con lo «stil novo» il «valore» spirituále e letterario si dissocia dai ruo-li sociali. Ji.differenza della «signora» delle cortí e dei castelli provenzali, la donna dello «stil novo» appare improwisamente in qualche angolo della cittä (nelle festivitä e nelle altre poche occasion! di vita sociale a cui partecipa-no le donne): la piú immediata, intensa, assoluta rivelazione del suo «valore» si da proprio in circostanze di questo tipo. Ii rapporto amoroso ě fat-to di fuggevoli incontri ed emozioni che si collocano in un contesto urba-no, e sempre in una dimensione corale che amplifka il loro significato: il poeta ě inserito in un gruppo di amici, di «fedeli d'amore» che gli offrono I solidarietä e sostegno; e la donna é circondata da altre donne sulle quali si irradia ti nŕlesso delia sua bellezza. Questi incontri-apparizíoni produ cono effetti sconvolgenti sul poeta, ehe «esce fuori di sé», vede arrestarsi tutte le sue facoltä fisiche e psichiche. La poesia registra con eura questa dialettica fisiologica e psicologica, utilizzando nozioni offerte dalla filoso fia contemporanea e da antiche teórie e eredenze: gli effetti delľamore vengono consíderati come conseguenza dei movimento di sostanze incor-poree (come giä si é visto a proposito dello «spirare»). Queste entita ae-ree, dotate di una loro autonómia e chiamate spiriti, si spostano e si modi-ficano influendo sulle facoltä dell'anima Lndividuale, e sono anche in gra-do di cambiare sede, allontanandosi dalľindividuo a cui appartengono e seguendo, per proprio conto, ľimmagine della donna di cui egli é inna-morato. Rivelazione subitanea, la donna «stilnovistica» non viene quasi mai rag-giunta, anche se la sua distanza non é quella delle «signore» della poesia cortese. Molie spesso, dei resto, la donna appartiene a iin altro uomo, e 1c inibizioni sociah impediscono comunque di arrivare a lei. L'obiettivo di questo amore non é comunque larealizzazione di un desiderío, ma la con-tinua tensione verso un valore inafferrabile. 1.3.7. Guido Guinizzelli, precursore dello «stil hoto». Scarse e malsicure notizie si hanno su GuiDO GuTNIZZELLI: nato a Bologna intorno al 1240, morí in esilio a Monselice nel 1176 (la sua famiglia, schierata con la fazione ghibellina dei Lambettazzi, fu esiliata nel 74). Do-tato di cultura giuridica, filosofica e letteraria, iniziô la sua attivitä di ri-matore nel piú complicato stile guittoniano; passô poi a uno stile «novo» e «dolce», ma ricco di tensione intellettuale, Nelle sue rime piú esemplari (utilizzate dal Dante piú «stilnovista», cfr. 2.1.4) sono in primo piano il «valore» della donna e lo stupore per il suo mamfestarsi. Ľapparizione della donna ha una forza benefica ehe elimina ogni cattivo pensiero: essa spande attorno a sé splendore e «chiaritä»; ma la sua luce di «stella» in «figura umana» riduce ľamante all'immobilitä. Lo sguardo e il saluto (e qui si crea subito una coincidenza tra saluto e salute, ehe sarä di grande peso anche per Dante) sono i due modi con cui la donna si rivolge alľesterno. La piú aha espressione delľamore dei poeta, ehe pero non dispera di arrivare a una piú diretta e totale comunicazione con ľamata, é la lode ehe egli fa di lei. Guinizzelli raggiunge in aleuni sonetti una nitida e fresca misura melodi-ca, animata dalla gioia per la seoperta dello splendore della donna. Ma forte é anche la sua disposizione dottrinaria e filosofica, di cui é prova la celebre canzone Al cor gentil rempaira sempre amore, utilizzata poi quasi come un «manifesto» delľamore stilnovista. Inserendosi nella dišputa sulla nobiltä, una delle piú dibattute della cultura dei secolo, Guinizzelli afferma la stret-ta solidarietä tra Amore e «gentilezza». Amore e «cor gentil» sono come due diverse qualitä della stessa sostanza Gli effetti Jell'ajBOrc 146 EPOCA I LA CrVILTA COMUNALE FINO AL 1300 La vita Lapoesia di Cavalcanti Donna nu prega... e si legano ad alcune qualitä naturali. determinate dalle influenze ehe i corpi celesti esercitano sul mondo terreno. L'autentico amore ě insomma aristo craticamente riservato ad alcuni cuori «gentili» predestinati dagli influssi celesti; ma la gentilezza non si identifica con la nobiltä di sangue: chi discende da nobile famiglia, ma non possiede le autentiche qualitä d'anirno (il «co-raggio») derivanti dagli influssi celesti, non puo raggiungere il «gentil valo-re» e I'amore. 1.3.8. Guido Cavalcanti: I'amore che distrugge. Di pochi anni piú anziano di Dame, suo «prinm umico» e compagno di esperienza umana e letteraria, Gtilix) Cavalcanti nacque intorno al 1260 da una číěHěpiú'rieche famiglie delia nobiltä guelfa liorentina. Di lui abbiamo poche notizie biogratiche (spesso si tratta di aneddoti ri-cavati da alcuni aspetti delia sua opera) che mettono comunque in evidenza la sua alterigia di nobile, spregiatore del volgo e amanre delia solitudine, e la sua parteeipazione agli scontri di fazione nella Firen/.e di fine secolo. Sposö una figlia del ghibellino Farinata degli Uberti (che Dante incontreta tiel quinto cerchio dell7«/ťr«o, canto X, insienie al padre di Guido, Cavalcan-te: cfr. t2.1) e fin dalla giovinezza si occupö soprattutto di letteratura volga-re_[imponendosi come il piú prestigioso esponente deila nuova generaiione poetka) e di filosofia (la sua conoscenza del pensiero averroistico diffuse la sua fama di «füosofo naturale», ateo e raiscredente). G Ii Ordinamenti di Giustizia del 1293 lo esclusero, con tutti i magnáti, dalle cariche politiche; ma egli parteeipo ai conflitti tra Bianchi e Neri, schicrandosi con i Bianchi. an che per la sua inimieizia nei conf'ronti di Corso Donati, capo della «parte» nera. Nel '92 intraprese un viaggio verso il santuario spagnolo di Santiago de Compostela, ma giunse solo fino a Tolosa; e sembra che durante questo viaggio subisse un'aggressione da parte di sicari di Corso Donati, della quäle cercö poi invano di vendicarsi a Firenze. Implicato in violenti episodi di lot-ta politíca, ü 24 giugno 1300 fu esiliato, insieme a esponenti dei due partiti, con un prowedimento del priorato di cui faceva pane Dante; dopo un sog-giorno a Sarzana e la revoca del prowedimento di esilio, morí in Firenze il 19 agosto dello stesso anno. La poesia di Cavalcanti sorprende subito per la sua capacitä di creare un movimento melodico soave e «leggero», che puô sembrare anche elementare, ma che nasconde un accuratissimo lavoro retorico. I suoi versi sanno ftssare immagini nel loro subitaneo apparire; essi si succedono con un ntmo di danza, che procede lieve fino al momento in cui si richiude ml-suratamente su di sé. Un caso a parte ě costituito dalla canzone dottrinale uonna tne prega, per ch'eo voglio dire, in cui il ragionamento si fissa, con secchezzaepigrafica, in forme ellittiche. Ardua e difficile, questa canzone e stata oggetto di varie interpretazioni, che le hanno attribuito signiucati ™stantt: la critica piú recente vi ha comunque individuato una impo-stazione tilosofica averroistica, che poggia su precisi elementi tecnici e Im- L3 LA LIR1CA VULGARE ■47 guistíci. Tema della canzone ě 1'azione dell'amore sulle diverse facoltá del-1'anima umana: dalla bellezza della donna 1'amore ricava una immagine in-tellettuale astratta, che agisce sull'anima sensitiva e crea una radicale scis-sione nellesperienza dell'uomo; una potenza minacciosa e incontrollabilc viene cosi a produrre effetti fisici e psichici sottratti al controllo dell*ani-ma razionale. Tutta la poesia di Cavalcanti tende proprio a illuminare questi effetti sconvolgenti dellamore, definiti da un punto di vista dottrinale in Donna me prega; ma il punto di partenza delTintero processo ě sempře 1'esalta-zione del «valore» della donna, prowista di una forza quasi magica, che costringe il poeta a «servire». Questa forza sembra 1'emanazione di una entita separata dalla normále esperienza terrena, che col suo solo rivelarsi crea un invincibile sbigotti-mento: essa fa tremare 1'anima e la espone alla minaccia della mořte, la cui immagine si dipinge nello stesso aspetto del poeta. Una lacerante angoscia si impadronisce del «core»; il poeta ě «dubbioso», «sbigottito», «destrut-to», «desfatto». in předa alla «paura», segnato dalla «disaventura». Ma 1'amore ě tanto forte da spingere a cercare ció che distrugge e fa male, e da riaffermare il «valore» assoluto di ció che porta alla mořte. Questa contraddittorietá non ě di tipo romantico o sentimentale: essa parte dalla concezione (a cui si ě giá accennato in 1.3.6) della pluralita delle facolta dell'anima e delle essenze che agiscono sull'anima. La poesia di Cavalcanti ě fitta di figuře e di personificazioni, di entita insieme fisiche e psichiche, che si scindono, si separano, si aggregano e si intrec-ciano tra loro. La stessa immagine della donna si moltiplica in immagini diverse. Dappertutto si muovono, ossessivi, gli spiriti, il cui numero cre-sce a dismisura. In questa strazíante scissione, la persona della donna amata sembra quasi arretrare e allontanarsi, rimpiazzata da figuře sostitutive, da presenze in-corporee o da dolci apparizioni femminili di livello piú basso: cosi nella bal-lata Era m penser ďamor quanďi írovat, 1'amore per la Mandetta di Tolosa viene evocato dallincontro con due contadinelle «foresette», e nella pasto-rella (cfr. generi e tecniche, tav. 18) In un boschetto trova' pasturella appa-re una sensuale figura di giovinetta. Sintesi dei motivi cavalcantiani puó essere considerata la celebre «balla-tetta» Perch'i' non spero di tornar giammai: il poeta ě fuori di Toscana. lon-tano dalla sua donna ( non si conosce la circostanza in cui il componimento fu seritto), la sua persona ě «distrutta», in předa aí «sospiri», alla «doglia», alla «paura», alla «disaventura», si sente assalita dalla mořte. Per inviare un messaggio all'amata, egli si rivolge direttamente alla «ballatetta» e 1'invita a raggiungere la donna tenendosi lontana da ogni persona «nemica di gentil natura», restando gelosamente nascosta. Alla donna la ballatetta contermera che il poeta continua ad adorare il suo «valore», come fedele «servo d Amo-re». La «voce sbigottita e deboletta» che esce dal cuore crea attraverso il dolce intermediario rappresentato dalla ballatetta una struggente e impossibile comunicazione con la donna lontana. Cavalcanti si rivela cosi teneríssimo poeta della comunicazione indiretta; Gll cffeni ddľ.nuurť Cili spiriti Perch'ľ non spero Ai tornar giammai 14« EPOCA I LA CIVTLTÄ COMUNALE FINO AL 1300 1.3 LA URICA VOLGARE I49 egli ě forse il primo nelle letterature volgari, che riesca ad awertire fino in fondo, con radicak estremismo intellettuale, fisiologico, psicologico, la vio-lenza dell'amore, fantasma assoluto e distruttivo. La ricerca di un valore totale, propria dello «Stil novo», coincide - nella sua poesia - con la disintegrate delle facoltä e dell'unitä della persona. I.3.9 Gli «stilnovisti» minori e Cino da Pistoia. Rispetto all'intensita dell'esperienza di Cavalcanti e di Dante, gli altri poeti a loro vicini si collocano a un livello medio, di piú tranquilla misura. Vanno ricordati LAPO GIANNI, GIANNI AlFANI, DlNO FrESCOBALDI, e so-prattutto ClNO DA PISTOIA (nato verso il 1270, morto nel 1337), legatissimo a Dante e da lui moko stimato. Giurista insigne, studio a Bologna e forse anche a Parigi, e insegno nelle universita di Siena, Perugia e Napoli; fu, come Dante, tra i sostenitori del progetto di restaurazione imperiále di Arri-go VII (cfr. 2.1.2). II suo canzoniere ě il piú vasto tra quelli stilnovistici e consta di 165 com-ponrménti, oltre a varie rime di dubbia attribuzione. Cino subisce un forte influsso dalle Rime di Dante e percorre la via di una poesia «illustre», ma mi-surata, con un suo equilibrio tra pacatezza tecnico-linguistica (priva di illu-minazioni e di sorprese) e impegno intellettuale. In molte rime per l'amata Selvaggia (che apparteneva a una famiglia di parte bianca e mori in esilio tra il 1306 e il 1310) egli rievoca in modo originále la figura della donna e le emo-zioni provate di fronte a lei. Per la sua temperanza stilistica, Cino costituisce il tramite fra lo «stil novo» e il Petrarca: Petrarca troverá in lui il piú vicino punto di riferimento per il proprio modello di poesia amorosa. 1.3.10. Lo sviluppo della poesia «giocosa». Dopo le prove di Rustico Filippi si sviluppa in Toscana una produzio-ne di sonetti «giocosi», che raffigurano aspetti deformi o distorti della realtä di ogni giorno; spesso si tratta di aspre caricature di un preciso per-sonaggio; e numerose sono le tenzoni comiche, cioe gli scambi di sonetti tra rimatori, ciascuno dei quali aggredisce l'altro e lo presenta come figu-ra risibile. Sonetti «giocosi» vengono scritti anche da Guinizzelli, da Cavalcanti e dallo stesso Dante, che si impegna in una tenzone comica con Forese Donati (cfr. 2.1.5). Soprattutto a Siena si compongono testi di questo tipo che presentano una vita quotidiana concreta e limitata, facendo propri i modi piü «bassi» del volgare e opponendosi alle ambizioni illustri della poesia cortese e amorosa. Di ricca famiglia guelfa senese, CECCO Angiolifju fu di poco piü an-ziano di Dante, con U quale ebbe uno scambio di sonetti, e mori tra il 13« e il 1313. Vari document! rivelano il suo carattere scioperato, che costituisce lo spunto essenziale su cui egli costruisce il proprio canzoniere comi-co, cercando, a tutti i costi, di ptesentarsi come un «personaggio». I sonetti dell'Angiolieri esibiscono tutto un repertorio di gesti aggres-sivi e dl provocaziom: egli si fa beffa del lavoro, delí onesta. delľamore dei valon familian, della morale corrente nella víta comunale Ma questo «personaggio» non ě né un ribelle né un contestatore, non ha intenzione di rovesciare completamente quex valori che schernisce: si limita a ripete-re fino alla noia un gioco di torva insoddisfazione. La «mahnconia» che spesso Cecco evoca, ě una sorta di ostinata scontentezza, un bizzarro prendere le cose a rovescio, e non ha niente di sofferto e di drammatico come mostrano giä gli inizi di čerti sonetti: ľ bo tutte le cose cb'io non vo-gho, o ľ ho s: poco di quel che vorrei. Tre sono i temi principáli su cui ruotano i sonetti dell'Angiolieri: ľamore per una čerta Becchina, presentato come paródia delľamore stilnovista, in quanto fatto di ripicche, dispetti, litigi, richieste di denaro, tradimenti, e c'ol-locato in una cornice di convulsa vita materiále; ľodio per il padre, vecchio e avaro, con scatti di violenza contro un mondo gretto e minuto, dal quale pero ľautore non si sottrae, tanto che manifesta una gioia trionfale alla morte del vecchio; e il bisogno di denaro, visto come unica fonte di felicitä, uni-co bene capace di garantire la vita godereccia e spensierata alla quale Cecco aspira (questo ideále di esistenza ě riassunto in un celebre sonetto, che indi-ca ne «la donna, la taverna e '1 dado» le tre cose piú amate dal poeta). Nel recitare questo personaggio di scioperato distruttivo, ľAngiolieri costruisce un gioco linguistico vivace e incalzante, infarcito di cadenze po-polaresche, di scatti colloquiali. Ma con tutte le sue pose beffarde, con la sua paródia della lirica illustre, con la sua scontentezza e «malinconia», il personaggio non esce da un orizzonte municipale chiuso e limitato: la sua declamazione comica si attacca a piecok cose, a poche maniere e abitudi ni, meschine per quanto eversive o provocatorie possano sembrare. Cecco ě assai lontano dalla forza dirompente della grande comicitä (e solo uno scherzo e il suo celebre sonetto S'ľ fosse foco, ardere il mondo). 1.3.11. Folgóre da San Gimignano: la vita cortese come immaginario. Assai diversa dalla poesia «giocosa» ě quella di GlACOMO Dl MlCHELE da San Gimignano, detto Folgóre (cioě "fulgore, splendore"), vissuto a cavallo tra il Duecento e il Trecento e morto príma del 1332. Di lui ab-biamo una trentina di sonetti, tra cui si distinguono due «corone» (seritte nei primi anni del Trecento), una di otto sonetti dedicata ai giorni della settimana e 1'altra di quattordici sonetti, piú celebre e suggestiva, dedicata ai mesi delTanno. Queste corone si presentano come «doni» che 1'auto-re offre a nobili signoři e alle loro brigate e deserivono una série di oceu-pazioni piacevoli. Con tenue e cordiale edonismo Folgóre riprende una tradizione pro-venzale, quella del plaier, "elenco di cose piacevoli", e vi aggiunge la pas-sione per il ritmo del calendario, vivíssima in tutta la cultura medievale; ma questi spunti gli servono per creare un'immagine della vita «cortese»