San Francesco inmeditazione diCaravaggio aalxaliancescana.oneniaia versounadelmMneseienae „mtantedelsanto.Losfondo nawaleappenexcennalomostra um natura ínandita, in accordo lancheperlainsistemasuun umco cobiel con la contmione delia ligmumana. Caiavaggio twesaalaliadtiionepetlopiú aptoblematica delia 'agiogtalia Itancescana, accantonando ďalua parle I senso di gioiosa armoma tra uomo e naiuta ehe carallerma la predicamne é Francesco e apiendo alla vadmone lurbata delia Conuoíilofma. WÄÄ"flKOMfŕ*ií/^ di. I temi sono spesso quelli delia tradizione francescana: ľumih^T ^1 rispetto aílagrandezza di Dio, i momenti centrali d ■'-inneela passione). U trattarr, fedV liniie i stiana (con prcdile/.ioiie pe. . servato dajacopone a queste tematiche tradizionuu ^ ľ. í/omína tin senso di rabbiosfl irrcquietezza nei confront! delia condizí"*^ na, costantemente ag^redita neIJa sna colpevole superbia; mentre J'aJtez 6 i""* provoca un sentimento di indegnitá e Ja vertigine deJJa distanza. ftSD Za ^' Ľ)i0 lore ii.ssoJuro delia divinitä ogni aJtra cosa perde significato, riducend^03'^ »«■ divinitä si manifesta piuttosto come °Sl a nul Ill.....mi(-i>ni« im|«ieii«l« Hell» Mona i lootľo ľio »p II La c«ntiont romuniettŕti la; maďaítra parte lastessa diviwtä* —sicuro e definibÜe. In talmo SOgno del soggetto che come punto g Ľuomo resta S e un eccesso di luce che coincide con la tenebra, un eccesso di parole che coincide con il silenzio, un eccesso di certezze che coincide con 1 ignoto, e«. La tradizione mistica medievale, espressa soprattutto nella letteratura mediola-tina di orientamento agostiniano, é rivissuta dajacopone con energia e finalita rinnovate. L'affermazione del nulla si abbatte tanto sulla persona del poeta quan-to sulle degradate forme delia societä a lui contemporanea. E anche in questo senso le tematiche jacoponiche si rivelano profondamente rinnovate rispetto alle laudi delle confraternite laiche. Ľio e aggredito nel corpo: Jacopone invoca malattie e sofŕerenze, rove-sciando le consuete richieste devote di protezione dai mali. Ed é aggredito anche nelle sue pretese intellettuali: la polemica antintellettuale di Francesco ráne continuata, e violente e sarcastiche sono le requisitorie contro ľintellettuali-snxu i hisos. anche nelľordine francescano. Non risulta risparmiato neppureil pass,b,lccgoglio.derivabiledallepratiche ascefiche e di automortificazionc.se-offenl dT C maK'a8tó: Ü deSÍdeľÍO Stesso di santitä é colpa che J^ŽZÍ reSpi?ta C°me d™e mondana e pec «~J.......r dl tcmP° ««so la mcalzante nr^ri, ;_______;___i;,,, un ascoltatote da cmotvZV^ " u'u,iZante <««oria jacoponica implica * e P^T^^J^ * «*« «gm forma d, collo scamp0:oaderirvioreSpingerla; 6 perciô ll' problematická a r 3 tutt0 vantaggl0 di una perorazione senza "PWé* MU Im tiumomentorisolutivoe **» "poW'dd'dSetS,^rienzaJac°Ponicaělate' ■a in In effctt sione espressiva. La chiave aotmteUi*h,«1i«*i"I ~, ľw uiaieuo umbro popolare, compw1 * PnSSS*' eSClu?e d riCOTSO a e forme d* f°>» poeta e a defmite ľal,eZ2a di Dio. Ě questa la Una cira i " iw ' M !<> Y, 'V "(> I. ( I :*< ttoalva l,,:'lnu, 1,11«im|. la) deUa Ü Parole Dto, ecc, lediolg. finalitá •i quan questo ettoa] »p íl l,l.m,l. meti ™ i m .lij/líni.- iiss.ii liiiiii.ii.i """''«'"«M'Cviolc I ..... _ • > vil Ml-llti) , ,„ ^ na!>ce I'arili , I" j-'sPr,rn'bilitá iimana c niK'ľito alia I,,. I,.: ' 1H,S,»» brutale ...... lin^uaggio. secondo la lacopone non si acqueta torna insistcntemente esasperato nel lessico ,ri"lizionc sťrithíľ'i brutalc «spnssivi V IU'I1;I la « n r * e "T"0' SemPrc l™ P**»*. • ■ H,V.HS°aalc l> Ji«aC«, mSZa Ľ S1 * Bia notata' a livcll° tematico-tra í"'lli mczzi semplici s^sul'11*1'^0"* risentito ě ottenuto attraverso l'impie-k" «U-I dialetto „ml,,,, l,'SSK''1^ i/ioni elaborate, sopranu^'o'.'01^ ^ ^ contraPPosizione- Ma non mancano so-l'i Dunli latini ,K| domin" ? SOtt° l,roril° sintattico, attraverso ľimmissione lenze liiigiiisiiclie oppoť ' 1 k"js"1" ^ialettale, cosi ehe si realizzano «due vio-1 '"'■UV» (( ontini) I ^ ^ M Calco latino e 1uella della rozzezza verna- si, cambiamaui di solľTu ""T SpC™U' C°n frequenti *asindcli' Mlis" picco di form,. *„ • i Povalenie periodare '-parattatico (con largo im- !aÍ»ŔÔ (d,'c ľro • ľ trOVa le SUe l08íche «PPtcSoni nella struttura a ca- cediment i " ' C10e' elencazioni) e> so»o il profilo costruttivo, nei pro-|H i contrast,,, con Irequenti personalizzazioni: diavoio e anima, vivo ™ W, angell e d.avoli, ecc. La tendenza alia drammatizzazione sfocia in alcu-III c as, m ven e propn dialoghi; e spetta probabilmente a Jacopone il passaggio 'hUK la hnca alla lauda drammatica (o dialogata). Tra i suoi testi piü celebrati e riusciti (íl / tan to della Madonna: «Donna de Paradtso») vi ě appunto un intreccio ill voči: c in questa oggettivazione "teatrale" Jacopone sa trovare accenti teneri e dolcnti, segno di una eccezionale possibilitä di incontro — nella Passione di Cristo — tra condizione umana e altezza divina. Anche la metrica risponde ai diversi intenti espressivi piuttosto che a vinco-lanti leggi interne, «volta per volta modulata su registri ironico-giullareschi, didat-tico-polcmici» (Mancini). Vi ě cioě una sostanziale imprevedibilitä del ritmo e delia struttura strofica, adattati ora alle formule degli "inni liturgici ora ai modi delia Urica profana soprattutto di carattere popolare. I metri prediletti risultano ľ*ottonario, legato alla tradizione della predica popolare, e il "settenario semplice o doppio, con valore desublimante e a volte comico. Lo schema delle rime di -ballata (si ricordj ehe la lauda e, metxicamente, una ballata) adottato da Jacopone íavorisce per la *rima conclusiva di ''strofa, legáta alla "ripresa, ľ*uscita in -ato, di carattere umile e dimesso, ehe compare in ben venticinque laudi (mentre ľuscita raffinata in -cinZA cara ai provenzali si ineontra in una sola lauda). I )estinate a una cerchia certamente assai ristretta di fruiton, le laudi jaco-poniche Circolano in specifici ambienti francescani, senza pero determinate una Lliaone- cosi che ľesperienza di Jacopone resta sostanzialmente solitarta e tso-: I continuauii La poesia, giu all'inŕzio del Trecento, tende a cotnadere z,',u*. , ^ k akre ^ „adenavitae.eneop.e« Probabile data di nascita, a Todi (in umoria,, Jacopone. im .na morte delia moglie Vanna, sposata da un anno e alla conversione minore, appoggiando^ub^spiritaa^ 223 II. Uk^^l,^^,,^^^^^ *p Ii «O iubelo de core» [9] -p rappresentata in questa laitda lapienezza delľ esperienza mistica, ehe comum-Luca la sensazione di essere in diretto contatto con Dio. Qui il rapporto con il dwino e vissuto come evento gioioso ehe provoca manifestazioni inconsuetc di allegria (secondo una tipologia giä presente in Francesco). Gli altri le giudicano secondo un metro ignaro delia causa ehe le determina, ritenendole perciô segni di follia. 1 úntomi delia gioia mistica, cioé del giubilo, sono ricalcati su quelli delia pas-sione amorosa, con ľaggiunta di un sentimento di dismisura e di contrasto ehe deriva dalla tradizione dei mistici. Lo stesso precedente di Francesco si era caratte-rizzato per la utilizzazione di modelli delľamor cortese in ämhito religioso. Ľaccento batte qui in particolare sul bisogno di manifestare attraverso la parola (fino al canto e al grido) ľemozione interna, confermando ľimportanza del nesso tra accensione mistica e linguaggio. METRICA ballata sacra stnitturata in šestine di settenari rimati (o assonanzati) secondo lo schéma ababbx introdolti dalla ripresa (un distico con rime xx). U ritmo incakante delsettenario esprime la pienezza delia gioia e ne rappresenta anche, in certo qual modo, ľaspetto eccessivo e "comico". íIitoponedaTodi. Liudť, cit. O iubelo de core, che fai cantar ďamore! Quanno iubel se scalda, si fa ľomo cantare; e la lengua barbaglia, non sa que se parlare; drento no '1 pč> celare (tanťěgranne!) el dolzore. __„Hentare1" afore tato cecita.0* a(c0o e delia w nel i comPle> a del-resent^1" ter- ecc i og9ett ^item? asclama«'va in-e>'eS»'lľllaude,ube-CCa„en'a'a' la Parola- <*Vwľ?'Cheha valí^ ^^ntenzacon- ~ 1 UOrnrv ,0 Pr°va ' lnnPe's.); e /a Quanno iubel c'e aceso, 10 si fa ľomo clamare; lo cor ďamor ě apreso, ehe no '1 po comportare; stridenno el fa gridare e non virgogna allore. 15 Quanno iubelo ä preso lo core ennamorato, la gente ľä 'n deriso, lingua balbetta (barbaglia), non sa ehe (que) dire (se parlare; pseudorifl.l; non puô (no 'I pö; 'I -il, pron. pleon.) nascondere (celare) dentro (drento; con *meta-tesi) la dolcezza (el dolzore; el - il) (tanto ě grande!). Alia neces-sitá di esprimersí si accompagna la percezione dei limiti del linguaggio: Jacopone passa dali uno alľaltro polo del paradosso (il giubilo impone un'espressione w. 3-4' esprimersi non ě possibile, vv 5-6" esprimersi é necessano, w 7-8). Ma r impasse non provoca in questo caso sentiment, d. smarnta impotenza. 9-14 Quando II giubilo e lc e -vi e) acceso, fa ^ramente(s,)gn-dare(c\a™'°)chiloprovai\0™i Teuere einfiammatot jesol^ modo] che non to( = ^''9'"° lol puö contenere (comportarel. \gi"bilo\stndendolo^^Va^ daree altera nonls<\ vergogna. S noti ranacoluto ai w. 13 sg ti Ta espress.one, nello stile laco-IZcc*del senso di dismisura. Stridenno: il gerundio ě riferibile sia al soggetto dell'esperienza di giubilo (ľomo) — e vale in questo caso un arncchimento sinonimico di gridare —, sia. meglio, al giubilo stesso inteso metaforicamente come fiamma — e vale in questo caso un'insistenza sulla forza interna della passione mistica. 15-20 Quando il giubilo ha con-quistato (ä preso) il cuore inna-morato [: che lui fa mnamorare di sei, la gente lo I: il cuorel ha (l'i) in densione fn deriso) |: lo dendel, 227 ^„i M HM--«— pensannoelsoparlato, parlannoesmesurato 20 de que sente calore. OiubeLdolccgaudio, ch'e drento ne kmente. Locordeventasavio. celar so convenente; 25 nonpoessersoffrente chenonfaccia clamore. Chi non ä custumanza te reputa empazzito, vedenno esvaíianza com'om ch'e desvanito. Drent älocor firito, non se sente de tore. ii. Lj lettcrmurí rcligiosai 1, pensandol facendoanennonel* suo dtscorso Ipartatot dato ehe oa-a -partanno = pertando) senza msura IwmMuritol d-côó cw de que : ■ •? 5P-'e 01 IM m guWol Arche *» quests strofe si not-no ■ bruscbi passage t* sog-geno Quanno iubelo •anafora 9 Preso deriso ' ma sjcihana ua lei ch.usa e hl Esmesurarto ehe súpera i conf«i e ľequdtmo fla misurat propri delia razionaaia consueta 50 21-26 O giututo, ooiee ttace-gaudio tma* ch'e t' = e demro la mame! H cuore sareb-deventa • ; savio : ŕ r celar so = sua) condmone iconvenente [ma invece] non poO Ipó) sop-oonare lasser soffrente r emenere onda (ehe non faccia a queito del cuore mistica merne giubdaniei» (Contini). 27-32 On non ha espenenza costumanza | del giubiiol ti [ mpers.) reputa impazzito, veden-oo d comportamento anormale opake Iw 23-2 nerale. sottratl ehe desenve i esvalíanza ~~"eaVcrw(om; im-pers t é fuon d se desvanito lOuesnl ha H cuore femo dentro. Jposiztone pnrv \e\ non perce&sce non se sente ha un valore ge- quel che awiene allestemo (de ú contesto (po*- tam = di fuon). Una distanza irv ) stato opposto ooknablesepara la condizione del- ia normalita da quelia msta s giubilo. cosi da determnars ua * plice tncomunicabtbté gk mm normáli eredono fote ta bJn ese-nenza del giubito. echiépmÉ questa non vede pni i coreac delle proprte manifestazny* e-cessive. cioé non onxtca rx* condo i parametri deb ntnes ed é perc-0 tra ľattro voovxz vedersí daí'estemoe d corrfw* ľimpressione dagf osserviKr* staccati ESERCIZI i Le rr^nrfesiazioni deda gjoa mistica ricalcano quelle delia passione amo^-f. "W'ntet^dieôo^o^pe^n,,^ hrica ďam0re. Indivídua.tajm* le metafore ehe la caranenzzano (nota. per es. ľ.nsistenza sulľarea semant-ca i* st coBega al motivo delia follia? ' S^Äeb^^,ratesp,n,aa,can,oen«^J _S25S!S-SiS?«r riS0,Ve" "Pľ0blema , p n «Iesü Cristo se lamenta» [29] Jacopone introduce a nevar zione preserte deíU 0,«* ? k *W del Cristianesimo e ad acc** ý so d.retto E uno de, numero^* C™°. immagtnandone "» "S^t degradačné delU Gi£^*>*miä dedL, a colpi* ,iOTfc^KäSA nelle sue forme /fj*>^ 228 ^^rnamorale Ľefficaciad^ i.Tcidi.iWí'. • aJŽ?!?*"' * Omens de/-liSÍ*"» I« Eclesia í."ln9r«t. e viElana U *<*ca(o iportato- ^ . :'s ŕ priši .! - ..V., sustenni s. ^«10 ' ' ap- it-^"» ■ ar,: '----10 lap- ^"«00^?* s. Stenden ^""S Secoodo dovuta m particolare al conlrasto tra i trtor.fi secolari delia fede cristiana e la sua grave cm, „d presente, che rtschta d, rendere tnuttle ,1 meravtgltoso passato. U fattopot cheaparkresta Cristo stesso aggmnge drammattáti al gtud.zto, prortun-ciato con I amino dt uno che st sen ta tradito. rime ) A (k npresa ha due otlonar, m apertura e m chiusura). ľultmo veno d, ogm strofa e delia ripresa ba ilprimo amstiario in rima mn i veru o ilverso precedente. Iesú Cristo se lamenta che 1 'ě engrata e villana de la Eclesia romana, de ľamor ehe li ä portato. «Da po' ch eo priši carne de la umana natura, sustenni passione con una morte dura; 5 desponsai la Eclesia fidelissima e pura, pusi en lei mea eura d uno amore apicciato. Li me' pover'discipuli per lo mondo mannai. de lo Spirito santo lor coraio enflammai. la fede mea santissima per lor si semenai, 10 multi signi mustrai per I'oniverso stato. Vedenno el mondo ceco tanti signi mustrare. a omini ydi'oti tamo saper parlare. for priši ad amiranza. creder e batizzare. issi quel' signi fare, donne sirä ammirato. 15 20 Levôse l'Ydolatria co 1 so pessemo errore, pusese enn arte maica li signi del Signore, encecö li populi, rigi e emperaduri (occisero a ddoluri onne messo mannato). Tant'era lo fervore de la primera fede, occidendone uno. milli lassava rede; stancavan Ii carnifice de fame tanta cede: martirizzata fede vicque per adurato. urľ'allegona Tiptca. la fondazione delia Chiesa é presentata come uno sposalizio tra questa e Cnsto. ritrano nelle sue eure come un fo-coso amante. Ě un'allegona ehe si ntrova tra ľaltro in Dante iPv. XI, 32 sg.í. non insen&bile, p*ü in generale, alla rappresentazione laco-ponica delia purezza onginana e delia successrva depravazione delia Chtesa 7-10 -u mannai r li met povwio4scspo*|: gt Apos«oB I« orol per n1 mondo [: » predka-re il Vangelol, mfiammat^^(enltam-maO í lom cuore (tor ceraM lp»r meno\ dello Sorna Santo, samt-nai ( diffusil oen bene lil = cosi; njftora j a ma wfso (par) km f m* fedesanttssma. mosmmeUm-racot'tMojú = segnňrttuttoimon-p«r ľoniverso stato oniver-so = universo. agg.l 11-14 G»uom»»(«ln>on v » ddoluri .v" -> ■'•-«,» rn.nd.tol \<* Cta «*■ Mfotoi cmt««ll ttroto success« sono nevere nei pnmi seccJi da parte del pote-re romano. entro una crvilté dt-sposta ad accoghore il cnstianesi-mo sok) m forme di supersnzione e d* mágia, e mcapace di assimi-erne ľautentico messagow. YdohV tri* (- ictalatnal. dal gr eiototoiarria (■ veneranone degh idok. aoé delle mmagwn concrete Ml drwinrta). Messo mandato é espressone n-dondante. dato che messo. dal lat. "mttto" (« mando, mviol. srgmhoa appunto 'colui che ě mandato'. 19-22 ŕľra cost oranoTe ftanťt i (to) rervore I: lantuaasmol der -.^primera .-V vť- .-.;.-...>, occidendone v ťyr' .-f..',,1 " f f ŕ.- rede I: nuovi convemtil. > cemefKt si smmweno ď tome I: di cnsnanil ..< .- .-. tanta - v cede del tat. "oaadas"). at todelcnsaa-na] martvioaaj tiansa (latoquat con .v f - per adurato par rl durara). IV 10 „Donnade Paradiso., UltmUpé^mféCoptme, ''«'«^'*'^*"«'«'«fo*itoř(jl li j-W»«»>■ """^rtr"ř' '/ow' "";'J'r'"'■ Jeüa '""J* JnmnZ vi ?ítU*> tm /W* M" Giovanni), che Jescrive i van moment, PiSaomeěCris»KUtnt.l*foll*eGesi staso. AI centra Jellattcnzione Tomm soffen** JeUt Madonu eUsiu intesa matenu e camale con Ufifa cmceftsso lespenenzt Jelit mořte Ji Cristo non ě glonficala astratlamenit ^ nppmenltU come estremt conJizione Jel dolore umano: la radicalitá J, j„Vr" ponetmmmictermuuunestlttzione Jella natura Jivina Jel mořen,,- ,ť smfliš é mitsamt h sfettro Jella umanita sua e Je: >.•«u r/>(. rt, I „ .. Mam ě lo speabto temno e J fulcro Jiquesto legame Je, Jue mister, Jt-IU p., nonee JeWlncmtzkme:amperfetta consapevolczza tcologtca e ..'(>.•.>•.. non certo per mzza intnizmne Ji sentiment, come ě stalo spesso riteittita. Ijcnf. ne lonJe neUá fipm Jelit UéJonns i Jue termini commit: net gra nJe ■ sluno Ella ě il doppio temno Ji Cristo (cfr. vv. 1)2-1 }5), con la sua pur,-::: perfettt, e peraó depu Ji m rtpporto Ji/usione con Dio. e con la sua sofian-j. moeente: eiěun mojello Ji umanita reJenta, segnata Jalla svolta Jefinilw: JelUPtssiomeetffiJéUtlUcontiniiitaJelLile:ioneeianií,lii-j( tr /(H-Ili e l2Ssi). !™ílmi,k' .W»a«M*M«iiiM. QuinineJ:seltenartconrimeiuxt «Donalde Paradiso. lotuoojdiolocpreso lesů Cristo beuo. Accunc.donnaende 5 che la gerne lallide; "^chelosocade. tantol'öflageUato». "Co"« essere porna <™ non řece fottia. 10 Crisio.bspenemia, 0011 «-esse pigüaio?» •Madoj,n,,elloětraduto. IudaaUavendmo; 15 fan piu denár' „i,ut0 ^onagranmercato». ■ pr*M> «-7 .Accom^..^., ^,^*«S55SS 8-11 1«* cnenon ■ dbnm no ha- (»1 '"'"f.^-guadagno (mercatol I to ™|,. to per pochi soldi; con a™"ii> Paris di nuovo Giovanni "TZs/f tedetmenle la nanazione o^fr gelo Tnduto: pub "^T^t care 'consegnaio'. dal la1 re", fl senso non cambia 11. 14WiU'r*nir*nlif:ii>N.i LtpocMiinaiiiimiicilitUiiii •tSoccurri, Madalena. ionta m'c adosso piena! Cristo t i^>lio so nun.1. cotno e annunaato», 20 «Soccurre. donna, .uliui.i. ca I tuo tiglioMsputa c la gente lo muta; olo dato a Pilato». «0 Pilato. non tare 25 el tijilio meo tormentare, ch'eti to pozzo mtistrare conio a ttorto e accnsato». iCrucijige. crucifige! Omo che se fa rege, 30 secondo la nostra lege contradice al senatox. «Prego che mm'entennate. nel meo dolor pensate! Forsa mo vo mutate 55 dequeavetepensato*. «Traianfor li latruni. chesiansoicompagnum; de spine s'encoroni. che rege sseclamato!». 40 «Ofiglio,fig«°-fi»Uo; figlio. amoroso gigho. Figlio.chidaconsiglio alcorme'angustiato? *W «Auto tsoccuiril Maö-T^n^óamvgfatioma = giun-la sofferenzaipiena = J^MMol figlK, Cnsto ě porta-|J""«ni««; impers.l. come 9 •nleuato lannunziato' n, 1*"* atto della snuazic- na to !!*rt,,,,>«: una donna gua-^J"»su che lo seguiva Pre-■t,^^''Kione d. Cnsto e •ajjlr"™-é * ptima persona Sne2~Le91' äPPare dopo la re-0»sJ*~ ^nrturuiato nelle Sa-*• Pero"6'secondoIpKi. Man-•tKnJ*** al messaggero ,1 Wo*,.J", Mana Si renderebbe * °»iias.attJ ",e"" la Giovanni. 4l*garnifw ' >en«»" miziali """trasa pero con que- staspiega2,oneilt»rallelisrrK.con f w*30 sg e con i těsto evan-£J"2 .Cnstoéportatovj come sta scnttodilu.-. Mt »WJ 20,23 SccccmMMdo^,. la genre lo porta va (lo m"™ laro. Parla ancora Giovanm.»» ^.respiaga^oniposs^éH aWo.3IUoscamb»noWM ba Tunetretrovanonscontro ^.mnstanl con>eé«cu- no»> *gf"' dl Roma]» M,,, senáty ^ leg«8 „v Ulcillaspinge^JatoaP" fsc_ .„tendateLPä^^OTUnol d, persuadeie la folia circa rmno-cenza del tigt'O 36-39 -L/benamo Itraian for - unarm luon Ida! carcerell I *■ dionMllWiunl). cnesmoisM (Mil compagr.' 1««^""™^! 5pr. quasi W"^" .^oronaro (.••ncoroni) * (del SP> „ d.tor^e(cMlsi*proc*>r.»o S.".tol re/.. La fe-ocia della ornons,plac..».^.™°*™ attr, due particolar. del racconto J ngelicbdella c-oce.issmne , re^,on,e.aco'ona^,sp« (cfi.pes Mr 27.29 eJW^ 4M7 .0 froK). ftgrio. figlio. If JZ^3momo!FQk,.ch,ca» chidaconsiglioal n» fmeol cuom lormenaro l«H>«^ ^£>fVo) un'uni- storicalcanofedelmente ilracconto ^^t^*3'}^**°ámar* evangelico: «Gesü vide sua madre '■ :. --a crmi trna.----.J__i.__ p arrantn l«". :i j:_____i_ £2 <1aTJ o^AXlU'd, icfl lytKi ut ioi ; ;e scura :'ovandosi(tfo-varse nella Istessa) sofferenza afrarrtural madre e \matel figlio ucdso (aHocato. tofse 'softoca-to')!» Fin che...e\ fiato p-jo an-che volet dire 'fino a che non esa-lo l'ultimo resptro; fino alla morte'. 104-111 «101 mamma ad euere affiitto, ti metto neue lentro 'n le. 'n = in) mani dl Giovanni, il mio predfetto imeo etettoi; Ivogfo chel sächematoiappellato) tuotto) fi-gfo. Giovanni, eccoftsto) mia ma- caritate = cama\ — » p ross0 ,16-119 FW^l* =vaiiycm.u. «uesu viae sua maare e accamo a lei il discepolo prefer.- 9»° = sorn'9im'*19, to. Allora disse a sua madre:" Don- Chi la ccui) mi «Jg*^* na. ecco tuo figho". Poi disse al di- Figlio, m ^f^tol! ■ scePoto." Ecco tua madre". Da quel momento il discepolo la prese in ca-f^a st stende per o> . .... .,..'!..'''••:. r a"me «ntiquattro versi de«a lcol chefoprofítÍ22ato Chemogafiglio dunamoneafferratee trox-arseabraccecate matefiglioinipiccato!>> con nom, di parentela. secondo scaSnaanrLanCOrv,TOPes. ,n To-avľvľd:ne-V,?°GeSuba^;nSó: 132-135 ehe mo- ga) fig/© e madre afferrati da un'un-ca (ďuna) morte, trovandosi (tro-varse; ľinf. vale un gerundto, come al v 102) abbracciati (abbrac-cecate mať e apoesc ■ imptecato crocefisso].' ■> GUIDA ALLA LETTURA La Madonna come "doppio" di Crista — , ,■ , lauda impone di affine ^ • , , La ďalogizzazione integrale di questa vere gli awenTmemi ľl ^ d6' PeľSOna"'la funzione dl descri" (prob^ilr^X^n r . Tľ,PľeP0ne 9 dÔ- in Particolare. la voce del nunzio ľosi a MaTľ Mni anni)- Ma qU6S,i n0n si limita a descriv^ i fatli: rivolgen-zľn dmuľ,tľľ t f'6 9'a nella Ulter,0re Prospettiva drammatica aperta dalle rea-°dqrUeSa- tal modo si sviluppano due piani narrativi: ,1 racconto delia Pas-sione di Lnsto e la rappresentazione del dolore delia Madonna. Un tratto decisivo ae.i ongmalita di questo testo consiste proprio nelľaver assegnato al dolore delia Madonna una importanza cosi grande, mettendolo in primo piano; mentre m qual-che modo restano sullo sfondo le vicende dolorose di Cristo. Questa valorizzazio-ne di Mana in collegamento con il terna delia Passione non ě in se stesso nuova: se ne trovano anzi esempi fin dal secolo XI, e Bernardo da Chiaravalle (1091-1153) costituisce un precedente anche qualitativamente molto cospicuo. Ma nuova ě la scelta di rappresentare in Maria la Passione di Cristo facendo delia Madonna un doppio di Cristo. In questa soluzione si rivela la consapevolezza dottrmaria ehe sta alľorigme di «Donna de Paradiso»: solamente attraversando la condizione umana fino al limite estremo delia sofferenza e delia morte, Cristo puô compiere la reden-zione dal peceato originale; e percio la Passione deve essere sperimentata entro la dimensione umana e terrena determinata dalľlncarnazione. Ponendo Maria al centra delľattenzione, Jacopone esalta la natura incarnata di Cristo; e puntando tutto sul dolore umano delia Madonna, fa delia Passione un momento interamente vis-suto da Cristo-uomo, cioě un momento delľlncarnazione. Anche ľinsistenza ossessiva sul termine-chiave «figlio» va letta in questo senso, come un richiamo a\\a persona incarnata delia Trinitä (Cristo). II Vanaelo e il modello francescano ■■ A testimonianza del carattere colto e ronsaoevole del componimento sta anche la utilizzazione costante ma originale ZlnZdeTc evangelico. ricalcato non senza aleune liberta, per esempio nella del modeno evange j tL, riferimenti al Vangelo affiorano a tratt, d,sposiz,one isr^a^^ente con ,a funzione d, ereare un canale immediate in modo assai net» P~bfac||e riconosclblllta. E benché non sia facile d, rapporto con gli ™ ,a socia|e delia destinazione, ľintento lacoponico vaMare I ampiezza e la rjv0|t0 a contestare ľimpegno teocratico delia appare nel comp\esso o re Bonifacio VIII, ľespressione piCi agguemta Chtesa di Roma, fosse gia pap richjam0 al[a centralitä delľlncarnazione rilancia e conservatrice di quel proge _ ^ momento terren0 e tang,bile delia cristia-i programma francescano a a ^ Francesco nella sua variante tragica, nitä; benché poi Jacopone 241 ■ ■ V" ***** <* p^porr*. *d*9«>« dl ^vr* atwa^****® r*n*to d*8* si stanttx** ,u r-\.« >• <~ ■■ -v.- ■ *vid#«-**^^^^HiCnstO ttstinwniai* wofotf*"* d*H* nflO** v»■ ^_ forma vVt*» d*< co»>^>'n^^**^* . ^ j*** vera a pre*"''* ^ ?^?^1ir (L. 54.71 ,^«*n>*nt* •< centro »une (w. 37-75) e segna il presupposto del lamento vero e proprio? Su ehe cosa si concentra il dolore di Maria? (nota ľimportanza ehe assume lo strazio fisico del figlio. le ferite alla carne, il sangue). Sottolinea inoltre. nel lessico e nella struttura del monologo. le espressioni ehe denunciano il motivo chiave del lamento, il desiderio della madre di condividere la sorte del figlio Questa situazione puô suggenre un confronto con un'aspirazione simile in Jacopone? 1 SI 5 1 MUMM II terna della Passione II terna della Passione trova ampia diffu-■sione. nel corso del Duecento e del Trecento, m ambito colto e popolare; né re-sta un terna medievale, giacehé ě desti- nato a protrarsi fino a tutto il XVII secolo. Risale alia tradizione f rancescana l'in> pulso a rappresentare ľaspetto umano e la sofferenza nel corpo di Cristo, valoriz- .ilM»"""! ^f* " ....... II ...color! I"'"''1 It'"" " ««in*».«, zando ,1 ruolo della Madonna come Mater dolorosa (madre addolorata) Questa tematica ispira varie manifesta-zioni della vita religiosa e culturale: le espe-nenze mistiche, a partire da san Francesco basate sulla imitazione della vita di Cristo, i movimenti ascetici penitenziali, come i flagellant., le laudi e le *sacre rappresenta-zioni. Essa influenza profondamente I'im-magmario artistico, trasformando I'icono-graf ia della crocifissione nelle arti figurative. Fino al X secolo la croce non rappresenta un supplizio, ma ha altri significati simboli-ci: segno cosmico, incrocio di spazioe tempo, allude simbolicamente all'intera crea-zione. II corpo di Cristo non vi appare sof-ferente, ma sereno nella sua immobile frontalis, talora incoronato e trionfante. Dopo il Mille, con la diffusione dell'arte gotica, in Italia soprattutto con Cimabue e Giotto (XIII sec.) il corpo di Cristo acquista volume e mo-vimento e sulla croce compare un uomo, una vittima. La passione di Cristo da astrat-to dolore simbolico diventa dramma uma-no che investe i personaggi che vi assisto-no e dá un ruolo fondamentale alle figure femminili, Maria e Maddalena. Non ě un caso che nella basilica di san Francesco in Assisi questotemasia ampiamente raffigurato. Cimabue e I arth t7ContemPoraneoconsideratop,v,c,no a Jacopone e la sua Crocifissione (1277 280) - purtroppo oggi in pess.mo sta o car,cad,energ,aedipass,onechecaratte rizza la scena. Sempre nella basilica di san Francesco la Deposizione di Pietro Lorenzetti (1320-1322) offre I'esempio estremo di questo cambiamento della sensibilita. La Passione diventa qui una tragédia collettiva. La diagonále spezzata del corpo di Cristo at-traversa la scena, collegando i due gruppi contrapposti di personaggi. La tensione drammatica dei corpi ě acuita dal contra-sto delle direttive spaziali: ľesatta e nuda geometria della croce esalta le diagonali delle figure e degli oggetti. Dallo sfondo livido emergono masse corporee inarcate e bloccate dal dolore — in primo piano, obli-quo, il corpo accasciato della Maddalena. La figura di Cristo domina la scena in un clima di intenso pathos. Una versione diversa della Passione ě stata portata in scena da Dario Fo in Mistero Buffo (Commedie, Einaudi, Torino 1977). Frutto di un lavoro di ricerca sulla tradizione popolare medievale, il testo contamina il tema evangelico con gli umori e le reazioni della povera gente e diventa pretesto di identificazione collettiva con sentimenti umani universal! (amore materno e filiale, solidarietä, cru-deltá, odio del mondo). II motivo nuovo portato alia luce ě il risentimento della Madonna contro I'angelo Gabriele e ľinganno dell'Annunciazione, protesta che rovescia il dramma religioso in dramma interamente umano con effetti comici edissacratori. (Or. C. Antoni, Version/ della Passione. E T.S., Pisa 1990) 243 Mílím"-1 umy „..MM......MUNI"»' llľlllltl OCIUI ll mu M.in.i") IM'"'""","' , „umní.*-l-v"l |„.-.M.V««I«1«*-' 1,1 ',„,„,, „U.I...I....... li,',,l,,li,t,K,Vi" iMlrtn/ioMO HmOUísIk:,-! 1ili«v/i/«»o«*/«"(l»'"l!l(,m' lt,i„t)p|)iMt)«iiiiiiinii(li(»..i (.ni.' |nMtn |;) ViKM) /řl.-»íí/í).-H)s|)tl ne familiare che corrisponde a papá o bab- ho ilSOi'ttO i) p.h1lť- , I due termini hanno una etiniologui dl-versa Matf/ederivadallat. "mater, matns" 0l1í>ki foima "colta" dd cuidoiivnno vo ci come materno, matriarcale, maternitě, ecc; mammaderiva invece dal lat. "mamma, mammae" che significa 'petto' (cfr. forme deriváte quali mammella, mam-mografia, ecc.), ma anche 'mamma' nel lin-guaggio infantile: infatti il termine mamma, per la semplicitá della sua articolazione fo-nologica, e in genere la prima parola che il bambino pronuncia. II significato primo del lat. "mamma" mette in luce un aspetto primario del rapporto tra la madre e il figlio: 1'allatta-mento. II seno materno rappresenta infatti per il bambino la madre e il petto di-venta per *sineddoche la mamma. Ció ě verificabile anche nella lauda «Donna de Paradiso», quando la Madonna, rivolgen-dosi al figlio, dice «Figlio [...] perché ťaseundi / al petto o' si' lattato?», defi-nendo se stessa per sineddoche. Attestata, prima di Jacopone, nel Rit-mo di S. Alessio («lu patře co la mamma /lillldil I" " ' " ' '"•"""mo , ,|M:.ll......' " ■■■'•h,! "Ol SUcf,/' tato teorico sul volgare, il De vulgan^ t,uonti.i. Li ......|,,,),,f'^lvülgflr, : lustre in quanto compresa tra |e Pa " f),i,nili'i (inl.iMiih) 6 Nam si vulgare illustre consideres I sola vocabula nobilissima in cribro tuo r«* (I...- • ■■■< .<•• •• 1 "»»»woi...|pur Ha propter sui simphcitatem, ut mamma* babbo, mate e pare [...] ullo modo P0teris ....ni-» «i;.:. in •• ■•• al volgare iiiü stre I. I farai restare nel tuo vaglio i «g vocaboli piü nobili. E nel numero di quest, in in ,-..;r. ...... ■'■■■> iJ(jrre !...) i pueci, per la loro semplicitä, come mamma e babbo, mate e pafe). Ciö non impedisce poi a Dante di uti-lizzare il termme mamma nella Comme-dia in vari luoghi e con sfumature diverse di significato. Neil'Inferno (XXXII, 9) esso sta a indi-care, con babbo, proprio il linguaggio infantile («che non e impresa da pigliarea gabbo / discriver fondo a tutto l'universo, / ne da lingua che chiami mamma o babbo»); nel Purgatorio, mamma e sia la forma infantile di madre («volsimi alia sinistra col rispitto / col quale il fantolin corre alia mamma»; XXX, 44) sia I'origine, il princi-pio ispiratore («dell'Eneida dico, la qual mamma / fummi e fummi nutrice poe-tando»; XXI, 97). C'e poi anche l'uso, in äm-bito dottrinario, del Paradiso, in cui, come segno della «domesticitä» (Bosco) della ter-za *cantica, compare la voce mamme nel significato familiare («forse non pur per lor, ma per le mamme, / per Ii padri e per Ii altri che fuor cari»; XIV, 64). »p Ii «O Signor, per cortesia» [81] ~D ovesciando le consuete preghiere rivolte a Dio per essere preservati dai mali, A\ Jacopone chiede che gli venga scaricato addosso un cumulo interminabile e raccapricáante di malattie e di sciagure, passando in rassegna la patológia medici del tempo. Chiede anche che la deformitä fisica provochi orrore negli altri uominu čosi daessere schivato, emarginato, temuto, maledetto. E tutto ciô non é comun- quesuffictente a espiare la colpa di essere parte della stessa umanitä che ha erocefis-so Lristo. rúJtlTV* MekudÍprÍÚ VÍ°lente e^olgentt, segnateda un impeto che mum con furore frenetico. In una snríl j.. ■ ■ ■