Guido Guinizzelli Io vo’ del ver la mia donna laudare Io voglio veramente lodare la mia donna e paragonare a lei la rosa e il giglio: piu splendente della stella del mattino (Venere) e ciò che bello è lassù in cielo a lei somiglio. La verde campagna a lei rassomiglio, tutti i colori dei fiori, il giallo e il vermiglio, l’oro, i lapislazzuli e le ricche gioie (le pietre preziose) da regalare: lo stesso Amore attraverso di lei si perfeziona. Ella passa per una via bella e così gentile (nobile) che piega l’orgoglio a chi dona il saluto («salute» = saluto e anche salvezza) e converte alla nostra fede chi non crede; e non le si può avvicinare chi sia vile («om», indefinito); e ancora vi dirò che ha un potere maggiore: nessuno può avere pensieri malvagi quando la vede. (testo originale) Io voglio del ver la mia donna laudare ed asembrarli la rosa e lo giglio: più che stella dïana splende e pare, e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio. Verde river’ a lei rasembro e l’âre, tutti color di fior’, giano e vermiglio, oro ed azzurro e ricche gioi per dare: medesmo Amor per lei rafina meglio. Passa per via adorna, e sì gentile ch’abassa orgoglio a cui dona salute, e fa ’l de nostra fé se non la crede; e no·lle pò apressare om che sia vile; ancor ve dirò c’ha maggior vertute: null’om pò mal pensar fin che la vede. Al cor gentile rempaira sempre amore (vv. 1-10) Al cuore nobile ritorna sempre amore, come l’uccello agli alberi nel bosco; né la natura (soggetto) fa amore prima del cuore gentile, né il cuore gentile prima di amore: nel momento in cui c’è sole, tanto rapidamente il suo splendore è lucente, né esiste prima il sole; e amore ha luogo (risiede) nella gentilezza così naturalmente come il calore nello splendore del fuoco. (testo originale) Al cor gentil rempaira sempre amore come l’ausello in selva a la verdura; né fe’ amor anti che gentil core, né gentil core anti ch’amor, natura: ch’adesso con’ fu ’l sole, sì tosto lo splendore fu lucente, né fu davanti ’l sole; e prende amore in gentilezza loco così propïamente come calore in clarità di foco. “Lo vostro bel saluto e ‘l gentil core” Il vostro bel saluto e lo sguardo nobile, che fate quando vi incontro, mi uccidono: Amore mi assale e non si cura se crea peccato o grazia, perché attraverso il cuore lanciò una freccia che da parte a parte lo taglia e lo divide; non posso parlare, perché io soffro (sono in pena) come colui che vede la propria morte. Attraverso gli occhi passa come fa il fulmine (metonimia: la parte per il tutto) che colpisce attraverso la finestra della torre e ciò che trova dentro spezza e divide: resto come statua d’ottone, dove non appare nessuno spirito vitale, ma che mostra soltanto un’immagine d’uomo. (testo originale) Lo vostro bel saluto e ’l gentil sguardo che fate quando v’encontro, m’ancide: Amor m’assale e già non ha reguardo s’elli face peccato over merzede, ché per mezzo lo cor me lanciò un dardo ched oltre ’n parte lo taglia e divide; parlar non posso, ché ’n pene io ardo sì come quelli che sua morte vede. Per li occhi passa come fa lo trono, che fer’ per la finestra de la torre e ciò che dentro trova spezza e fende: remagno como statüa d’ottono, ove vita né spirto non ricorre, se non che la figura d’omo rende.