Purgatorio XXIV PRESENTAZIONE Canto XXIV Bonagiunta da Lucca impara il «dolce stil novo». Forese preannuncia morte e Inferno per il fratello Corso II dialogo di Dante con Forese collega strettamente il canto XXIV con quello che lo precede: senza soluzione di continuitä i due amici proseguono in un colloquio fitto e vario negli argomenti, che sembra recuperare, dopo il pentimento per la tenzone poetica giovanile, motivi nuovi di comprensione reciproca. II presente della penitenza si confronta con il passato e con il futuro. II discorso di Forese si apre infatti con la celebrazione della sorella Piccarda, ricordata da Dante, e si chiude con la profezia fosca che riguarda il fratello Corso. Sono due figure e situazioni antitetiche: da un lato c'e la fanciulla strappata dal chiostro che appare incoronata nel suo trionfo paradisiaco (Dante la incontrerä nel canto III della terza cantica); dall'altro il famigerato capo dei Neri fiorentini, la cui morte per opera di un cavallo imbizzarrito diventa simbolo della dannazione, corsa inarrestabile negli abissi della valle infernale. II passaggio per il Purgatorio e piü che mai, in questo dittico di immagini, spazio intermedio tra gli altri due regni deU'oltretomba: Dante vede da un lato, nella luminosa Piccarda, la propria speranza di redenzione al di lä dell'umiliazione e della sofferenza; dall'altro, nella morte di Corso, il presentimento di una ferocia umana che solo la giustizia divina poträ colpire. Come incastonato tra le varie figure della famiglia Donati, sta il colloquio con Bonagiunta da Lucca, il rimatore che svolse in vita la funzione di tramite fra la scuola siciliana e la poesia duecentesca toscana, ma che awersô la maniera degli stilnovisti. L'episodio é celeberrimo perché da esso si é ricavata la formula definitoria del «dolce stil novo», che é diventata un vero e proprio concetto della storiografia letteraria. L'episodio, nel suo insieme, si inserisce in quella serie di passi della Commedia in cui Dante si presenta come personaggio-poeta (secondo la definizione di Contini), cioé come personaggio che ha svolto, prima di diventare autore della Commedia, un'attivitä letteraria su cui ora riflette. Argomento della discussione sono qui le nove rime che Dante compose al tempo della Vita Nuova, opera a cui Bonagiunta allude attraverso la citazione dell'«incipit» della canzone programmatica Donne ch'aveb intelletto d'amore. La definizione di quella maniera poetica, che Dante enuncia riferendosi a se stesso (/' rni 1 son un...), contiene due aspetti fondamentali: uno, piü evidente, riguarda la fedeltä al «dettato» d'Amore; l'altro, implicito, riguarda la nuova concezione dell'Amore come rinnovamento e tensione morale. Solo il primo aspetto 1 viene colto da Bonagiunta, il I quäle comunque ne vede le conseguenze: il superamento di una linea letteraria che va dai siciüani a Guittone e il collegamento fra questa dedizione all'Amore e la scelta di vocaboli che contengano rarmonia di suoni indicata dall'aggettivo (tratto dal linguaggio tecnico musicale) dolce. Sul fatto che la stagione stilnovistica fosse ormai per Dante, ai tempi della Commedia, definitivamente conclusa, non vi sono dubbi; ma va anche ricordato che quella esperienza lasciava in ereditä una «leggenda di Santa Dante, Virgilio e Stazio di fronte alle anime dei golosi poste sotto il secondo albero della cornice (miniatura giottesca: ms. 276 Cl. IX della Biblioteca Marciana, Venezia). ipCe» destinata a passare {ultima pagina della Vita pm (dove l'autore si riprmnetteva di dire di lei 5gUo che mai di nessun'altra JJuia era stato detto) n'invenzione del poema. . parte del canto dedicata a forese (w. 1-99) e racchiusa fra due similitudini di movimento: quella della nave gospinta da un vento favorevole e quella del cavaliere che cerca la gloria del primo scontro con il nemico. Jfelle ultime terzine, il canto allenta la tensione attraverso momenti rituali: prima i tre viaggiaton trovano il secondo albero della cornice, da cui si levano esempi di gola punita; poi l'angelo della temperanza indica la salita alia cornice superiore cancellando a Dante la P sulla fronte. La citazione della beatitudine che esalta chi ha fame e sete di giustizia e il suggello morale della visita a una cornice che ha messo in campo numerosi motivi autobiografici. Luoghi in cui si svolge l'azione Lungo la sesta cornice, fino al secondo albero, tra le fronde del quale una voce recita esempi di gola punita. Avanzando di oltre mille passi, fino al passaggio per cui si sale alia settima cornice. Condizione delle anime • Cfr. canto XXIII. Anime incontrate ' Bonagiunta da Lucca, rimatore to-scano. • Papa Martino IV (Simone de Brion, che fu tesoriere della catte-drale di Tours). • Ubaldino degli Ubaldini del castel-Io della Pila (nel Mugello), membro di una potente famiglia ghibellina. • Bonifazio Fieschi di Lavagna, ge-novese, arcivescovo di Ravenna. • Marchese degli Argogliosi, di fa-migha forlivese, podestä di Faenza. Custodi e figure allegoriche dell'oltretomba • L'angelo della temperanza, custo-de della sesta cornice. Personaggi nominati o a cui si allude • Piccarda Donati, sorella di Forese, anima del Paradiso. • Gentucca, misteriosa donna luc-chese conosciuta da Dante. • Iacopo da Lentini, poeta della scuola siciliana ('I Notaro). • Guittone d'Arezzo, poeta e prosa-tore toscano. • Corso Donati, fratello di Forese {que, che piii n'ha colpa, cioé che e respon-sabile della corruzione di Firenze). • Eva. " Teseo, vincitore dei Centauri. • Gedeone, giudice di Israele, con-dottiero della guerra contro i Ma-dianiti. La trama in sequenze w. 1-33____.-— Forese indica a Dante varie amine di golosi, fra cui Bonagiunta da Lucca e papa Martino IV. w. 34 - 63 VV. Jl - «u _.__.-jr L'episodio di Bonagiunta: sua prote-zia delľesilio e chiarimenti di Dante sul dolce stil novo. w.64-99 VV. ' yi't Ripresa del colloquio con Forese: nuova profezia circa la fine di Corso Donati e commiato da Dante. w. 100-114_ Apparizione di un altro albero simbo-lico circondato da una turba di golosi. w. 115 - 129_ Una voce recita esempi di gola punita. w. 130-154 L'angelo della temperanza. Figure retoriche salienti • La sunilitudine andatura veloce / nave sospinta da vento favorevole (w. 2-3). • La perifrasi con personificazione ebbe la Santa Chiesa in le sue brac-cia per dire «fu papa» (v. 22). • L'anfibologia pasturô col rocco molts genti, che indica con ambi-guitä ironica «fu vescovo», ma anche «nutri molte persone» (v. 30). • La metafora della piaga per «tor-mento» (v. 38). • La perifrasi non porta ancor ben-da per «ě nubile» (v. 43). • La citazione del primo verso della canzone Donne ch'avete intelletto d'amore, della Vita nuova (v. 51). • La personificazione di Amore-det-tatore (v. 53). • La metafora del nodo per intendere l'ostacolo, l'equivoco artistico (v. 55). • La perifrasi li augei che veman lungo 'I Nilo per indicare «le gru» (v. 64). • La similitudine passo spedito dei golosi / volo delle gru (w. 64-69). • La metafora si spolpa per «si im-poverisce» (v. 80). • La perifrasi la valle ove mai non si scolpa per indicare l'inferno (v. 84). • La similitudine partenza veloce di Forese / cavaliere lanciato al galoppo verso lo scontro (w. 94-97). • La sineddoche porno per »albero» (v. 104). • La similitudine anime dei golosi intomo alľalbero / bambini intorno a chi tiene lontano dalla loro portata l'oggetto desiderato (w. 106-111). • La perifrasi maladetti I nei nuvo-li formati per indicare i Centauri (w. 121-122). • La similitudine Dante scosso dalla voce delľangelo / bestie spaventate durante il riposo (w. 134-135). • II paragone lucentezza dell'angelo / vetři o metalli incandescenti (w. 137-139). • La simihtudine tocco delľala dell'angelo sulla fronte di Dante / vento di maggio prima dell'alba (w. 145-150). • La sineddoche piuma per «ala» (v. 149). • La metafora fuma per indicare lo sprigionarsi del desiderio (v. 153). ^27* Purgatorio Canto xxrv BONAGIUNTA E LO STILNOVO. CONGEDO DA FORESE Canto XXIV 45 57 «Feminina e nata, e non porta ancor benda» cominciö el, «che ti farä piacere la mia cittä, come ch'om la riprenda. Tu te n'andrai con questo antivedere: se nel raio mormorar prendesti errore, dichiareranti ancor le cose vere. Ma di s'i' veggio qui colui che fore trasse le nove rime, cominciando 'Donne ch'avete intelletto d'amore'». E io a hri: «F mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch'e' ditta dentro vo significando». «O frate, issa vegg io», diss' elli, «il nodo che '1 Notaro e Guittone e me ritenne di qua dal dolce stil novo ch'i' odo! Io veggio ben come le vostre penne di retro al dittator sen vanno streite, che de le nostre certo non awenne; e qual piü a gradire oltre si mette, non vede piü da l'uno a l'altro stilo»; e, quasi contentato, si tacette. 43 benda: il velo (delle donne man-tate). La perifrasi: «ed e ancora nubile». 44 ti... piacere: ti rendera gradita. 45 come... riprenda: quantunque se ne sparli. D. stesso aveva raccolto certe maldicenze contro Lucca, come quella di esser ben fornita di barattieri kb.lnf. xxi 40-42). 46 antivedere: predizione. 47-48 se nel mio... vere: se per le parole che ti mormoravo hai eonce-pito qualche dubbio, i fatti ti illumi-neranno meglio (ancor). 49-50 Ma di: si noti la naturalezza con cui Bonagiunta, mutando argomen-to, awia il discorso sugli sviluppi te-matici e stilistici della poesia duecente-sca e sullo stilnovo. - fore... comin-ciando: diede inizio (fore I trasse) a una nuova maniera di poetare in-tonando. II capoverso che segue (v. 51) e quello della prima canzone della Vita Niwua, con cui D. inaugura la «loda» di Beatrice. Nella parte in prosa che precede il testo poetico leggiamo: «Allor di- co che la mia lingua parlö quasi come per se stessa mossa e disse: Donne ch'avete intelletto d'amore» (xix 2); come si vede c'e una precisa corrispondenza fra la Vita Nuova e queste battute di dialo-go fra Bonagiunta e D. 52-54 F... significando: Io sono un poeta di tal fatta: (solo) quando l'A-more mi parla, ne trascrivo le parole e vado esprimendo fedelmente ein che egli mi suggerisce nell'ani-mo. 55 issa: ora (lucchesismo, da ipsa hora). - il nodo: l'ostacolo 56-57 'I Notaro: il Notaio; per an-tonomasia, Iacopo da Lentini, morto verso il 1250, esponente della Scuola Siciliana. - Guittone: dArezzo, nato intorno al 1230 e morto nel '94, prosa-tore di grande importanza storica e il piú notevole rimatore toscano del Due-cento; il suo stile eloquente e artificioso fu imitato in Toscana dai cosiddetti «guittoniani». - ritenne... dal: trat-tenne prima del (cioě: «che a noi tre I . Qsscrva Vorrlbile magrezza ju' eolosi, ehe lo circondano f^,lghati íDoré). impedi di raggiungere il»). - dolce sti] novo: la denominazione dantesca si ě conservata nella tradizione ed ě giunta fino a noi come concetto storico-lette-rario (al di lä delle intenzioni dante-sche). L'aggettivo (force vale per «soa-vemente musicale» e si riferisce a una qualita fonica della poesia; novo indica non solo la novitä della poetica, ma an-che la sua qualitá spirituále, sul mo-dello áelľamor nova («amore puro») provenzale. - ch'i' odo: che (da te) sento (cosi definito). 58-60 le... awenne: le penne di voi (seguaci del dolce stil novo) scrivono tenendosi aderenti ad Amore che detta, il che non si ě si-curamente verificato con le penne di noi altri (siciliani e toscani) I» altre parole: «voi seguite con assoluta fedeltä il dettato di Amore, mentre ncs non ci siamo comportati con altrettanto rigore». 61-62 e qual... stilo: e chiunque a disponga a procedere (gradire, dal- ľinfinito latino gradi) piú a fondo nella questione, non scorge altra diffe-renza tra il nostro e il vostro stile: Bonagiunta non coglie nello stilnovo la superiore qualitá delľAmore (ě il «nuo-vo» della formula dantesca), a cui il poeta deve attenersi, e si limita agli aspetti piú formali ed esterni della fedele «tra-scrizione». 64 li... vernan: gli uecelli che sver-nano. Cintera perifrasi: «le gru». 65 in... schiera: si addensano nel-1'aria 66 in filo: in fila. Analogo paragone a fof. v 46-47 per ía schiera dei lussurio-si che morirono violentemente in seguito alla loro passione. 68 volgendo '1 viso: distogliendo il luo sguardo (da me). 69 e per... leggera: agile sia per Ifl magrezza sia per il desiderio di espiazione (cfr. Purg. xxm 73-74). '0 di... lasso' ě stanco di correre. 71 e si passeggia: e intanto ri-Přende il passo normále. Come li augei che vernan lungo '1 Nilo, alcuna volta in aere fanno schiera, poi volán piú a fretta e vanno in filo, cosi tutta la gente che li era, volgendo '1 viso, raffretto suo passo, e per magrezza e per voler leggera. E come ľuom che di trottare ě lasso, lascia andar Ii compagni, e si passeggia fin che si sfoghi ľaffollar del casso, si lasciö trapassar la santa greggia Forese, e dietro meco sen veniva, dicendo: «Quando fia ch'io ti riveggia?». «Non so», rispuos' io lui, «quanf io mi viva; ma giä non fia il tornar mio tantosto, ch'io non sia col voler prima a la riva; perö che '1 loco u' fui a viver posto, di giorno in giorno piú di ben si spolpa, e a trista ruina par disposto». «Or va», diss' el; «che quei che piú n'ha colpa, vegg' io a coda ďuna bestia tratto 84 inver' la valle ove mai non si scolpa. 72 1'... casso: l'ansare del petto. 73 trapassar: passare oltre. greggia: gregge (delle anime). 74 Forese: e il soggetto di lasciö. - dietro... veniva: camminava piü indietro (rispetto alle altre anime) insieme a me. 75 fia: sarä, awerrä. - riveggia: riveda. 77-78 ma giä... riva: ma certo il mio ritorno (nel Purgatorio) non av-verrä tanto sollecitamente che io non anticipi col desiderio il mio ap-prodo alia sua spiaggia. 79 perö che: perche. - u': dove. La perifrasi designa, owiamente, Fi-renze. 80 di... spolpa: s'impoverisce di virtü. 81 disposto: destinato. Questo pes-simistico giudizio sul futuro di Firenze si collega a tutta la tematica antifiorentina del Purgatorio (cfr. canti VI e xrv) ed a quella che si riferisce alia decadenza e alla progressiva corruzione deU'umanitä (cfr. canti vn e Vlll). Fondamentale e an- che il richiamo al canto ví delYInferno (Ciacco). 82 Or va: Sta pur tranquillo, Parti da qui rassicurato. 83-84 vegg" "io... scolpa: io vedo trascinato dalla coda di un cavallo verso l'abisso dove mai potrá can-cellare il suo peccato (cioě: «verso l'ln-fernon). La profezia di Forese allude per via di perifrasi al fratello Corso Donati, il maggior responsabile (quei che piú n'ha colpa), almeno nel giudizio di D., delle sciagure di Firenze. Podesta a Pi-stoia e a Bologna (dove nel 1293 fu an-che capitano del popolo), spregiudicato capo di Parte Nera e protagonista del ro-vesciamento dei Cerchieschi, presto s'i-nimicó coi suoi e nel 1308 dovette fuggi-re dalla cittá come ribelle. Secondo i cro-nisti del tempo, tuttavia, fatto prigio-niero, mentre lo riconducevano a Firenze cadde da cavallo per tentare la fuga e venne ucciso. Ma 1'immagine dantesca allude anche alla pena dei traditori, tra-scinati al patibolo da un cavallo. 430 431 Purgatorio Canto XXIV BONAGIUNTA E LO STILNOVO. CONGEDO DA FORESE Canto XXIV 45 4f 51 : «Feminina e nata, e non porta aneor benda», cominciö el, «che ti farä piacere la mia cittä, come ch'om la riprenda. Tu te n'andrai con questo antivedere: se nel mio mormorar prendesti errore, dichiareranti ancor le cose vere. Ma di s'i' veggio qui colui che fore trasse le nove rime, cominciando 'Donne ch'avete intelletto d'amore'». E io a lui: «F mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch'e' ditta dentro vo significando». «O frate, issa vegg' io», diss' elli, «il nodo che '1 Notaro e Guittone e me ritenne di qua dal dolce stil novo ch'i' odo! Io veggio ben come le vostre penne di retro al dittator sen vanno strette, che de le nostre certo non avvenne; e qual piü a gradire oltre si mette, non vede piü da l'uno a l'altro stilo»; e, quasi contentato, si tacette. 43 benda: il velo (delle donne mari-tate). La perifrasi: «ed e ancora nubile». 44 ti... piacere: ti rendera gradita. 45 come... riprenda: quantunque se ne sparli. D. stesso aveva raccolto certe maldicenze contro Lucca, come quella di esser ben fornita di barattieri (cfr. Inf. xxi 40-42). 46 antivedere: predizione 47-48 se nel mio... vere: se per le parole che ti mormoravo hai conce-pito qualche dubbio, i fatti ti illumi-neranno meglio (ancor). 49-50 Ma di: si noti la naturalezza con cui Bonagiunta, mutando argomen-to, awia il discorso sugli sviluppi te-matici e stilistici della poesia duecente-sca e sullo stilnovo. - fore... cominciando: diede inizio (foreItrasse) a una nuova maniera di poetare in-tonando. II capoverso che segue (v. 51) e quello della prima canzone della Vita Nuova, con cui D. inaugura la «loda» di Beatrice. Nella parte in prosa che precede il testo poetico leggiamo: «Allor di- co che la mia lingua parlo quasi come per se stessa mossa e disse: Donne ch'avete intelletto d'amore» (xix 2); come si vede c'e una precisa corrispondenza fra la Vita Nuova e queste battute di dialo-go fra Bonagiunta e D. 52-54 I'... significando: Io sono un poeta di tal fatta: (solo) quando l'A-more mi parla, ne trascrivo le parole e vado esprimendo fedelmente ci6 che egli mi suggerisce nell'ani-mo. 55 issa: ora (lucchesismo, da ipso hora). - il nodo: l'ostacolo. 56-57 '1 Notaro: il Notaio; per an-tonomasia, Iacopo da Lentini, morto verso il 1250, esponente della Scuola Siciliana. - Guittone: d'Arezzo, nato intorno al 1230 e morto nel '94, prosa-tore di grande importanza storica e il piú notevole rimatore toscano del Due-cento; il suo stile eloquente e artificioso fu imitato in Toscana dai cosiddetti «guittoniani». - ritenne... dal: trat-tenne prima del (cioě: «che a noi tre P. che lo circondano serva l'orribile magrezza liati (Ďoré). impedi di raggiungere il»). - dolce stil novo: la denominazione dantesca si i conservata nella tradizione ed ě giuata fino a noi come concetto storico-lette-rario (al di la delle intenzioni dante-sche). L'aggettivo dolce vale per «soa-vemente musicale» e si riferisce a una qualitä fonica della poesia; novo indica non solo la novitä della poetica, ma an-che la sua qualitä spirituále, sul mo-dello deU'amor nova («amore puro») provenzale. - ch'i' odo: che (da te) sento (cosi definito). 58-60 le... avvenne: le penne di voi (seguaci del dolce stil novo) scrivono tenendosi aderenti ad Amore che detta, il che non si ě si-curamente verificato con le penne di noi altri (siciliani e toscani) 1" altre parole: «voi seguite con assoluta fedeltä il dettato di Amore, mentre ntn non ci siamo comportati con altrettanto rigore». 61-62 e qual... stilo: e chiunque A disponga a procedere (gradire, dal- finfinito latino gradi) piú a fondo nella questione, non scorge altra diffe-renza tra il nostro e il vostro stile: Bonagiunta non coglie nello stilnovo la superiore qualitä deU"Amore (ě il «nuo-vo» della formula dantesca), a cui il poeta deve attenersi, e si limita agli aspetti piů formali ed esterni della fedele «tra-scrizione» 64 li... vernan: gli uccelli che sver-nano. L'intera perifrasi: «le gru». 65 in... schiera: si addensano nel-faria. 66 in filo: in fila. Analogo paragone a Inf. v 46-47 per la schiera dei lussurio-si che morirono violentemente in seguito alla loro passione. 68 volgendo '1 viso: distogliendo il «uo sguardo (da me). 69 e per... leggera: agile sia per la magrezza sia per il desiderio di wpiazione (cfr. Purg. xxní 73-74). '0 di... lasso: ě stanco di correre. I 71 e si passeggia: e intanto ri-Prende il passo normale. Come li augei che vernan lungo '1 Nilo, alcuna volta in aere farmo schiera, poi volán piú a fretta e vanno in filo, cosi tutta la gente che li era, volgendo '1 viso, raffrettö suo passo, e per magrezza e per voler leggera. E come ľuom che di trottare ě lasso, lascia andar Ii compagni, e si passeggia fin che si sfoghi l'affollar del casso, si lasciö trapassar la santa greggia Forese, e dietro meco sen veniva, dicendo: «Quando fia ch'io ti riveggia?». «Non so», rispuos' io lui, «quanf io mi viva; ma giä non fia il tornar mio tantosto, 78 ch'io non sia col voler prima a la riva; pero che '1 loco u' fui a viver posto, di giorno in giorno piü di ben si spolpa, 81 e a trista ruina par disposto». «Or va», diss' el; «che quei che piú n'ha colpa, vegg' io a coda ďuna bestia tratto inver' la valle ove mai non si scolpa. 72 1'... casso: l'ansare del petto. 73 trapassar: passare oltre. -greggia: gregge (delle anime). 74 Forese: e il soggetto di lasciö. - dietro... veniva: camminava piü indietro (rispetto alle altre anime) insieme a me. 75 fia: sarä, awerrä. - riveggia: riveda. 77-78 ma giä... riva: ma certo il mio ritorno (nel Purgatorio) non av-verrä tanto sollecitamente che io non anticipi col desiderio il mio ap-prodo alia sua spiaggia. 79 perö che: perche. - u': dove. La perifrasi designa, owiamente, Fi-renze. 80 di... spolpa: s'impoverisce di virtti. 81 disposto: destinato. Questo pes-simistico giudizio sul futaro di Firenze si collega a tutta la tematica antifiorentina del Purgatorio (cfr. canti vi e xrv) ed a quella che si riferisce alia decadenza e alla progressiva corruzione deH'umanitä (cfr. canti VII e vili). Fondamentale e an- che il richiamo al canto VI deWInferno (Ciacco), 82 Or va: Sta pur tranquilly, Parti da qui rassicurato. 83-84 vegg' io... scolpa: io vedo I trascinato dalla coda di un eavallo verso 1'abisso dove mai potrá can-' cellare il suo peccato (cioě: «verso l'ln-ferno»). La profezia di Forese allude per via di perifrasi al fratello Corso Donati, il maggior responsabile (quei che piú n'ha colpa), almeno nel giudizio di D., delle sciagure di Firenze. Podesta a Pi-stoia e a Bologna (dove nel 1293 fu an-che capitano del popolo), spregiudicato I capo di Parte Nera e protagonista del ro-1 vesciamento dei Cerchieschi, presto s'i-nimico coi suoi e nel 1308 dovette fuggi-re dalla cittá come ribelle. Secondo i cro-J nisti del tempo, tuttavia, fatto prigio-niero, mentre lo riconducevano a Firenze cadde da eavallo per tentare la fuga e venne ucciso. Ma rimmagine dantesca allude anche alla pena dei traditori, tra-scinati al patibolo da un eavallo. PRESENTAZIONB Purgatorio Lussuriosi e sodomiti. Due maestri di poesia: Guido Guinizelli e Arnaut Daniel Nel canto dei lussuriosi Dante porta a termine la riflessione, preparata a distanza dal canto XXIV neirineontro con Bonagiunta, sulla propria esperienza letteraria passata, e in particolare sulla stagione giovanile dello Stilnovo. Awiene infatti qui Fincontro con ťindiscusso caposcuola della corrente, Guido Guinizelli. II colloquio ě anticipato da una sequenza descrittiva che raffigura con abilitá pittorica il cammino nel fuoco di una schiera dei lussuriosi, poi il sopraggiungere in direzione opposta di una seconda schiera (quella dei sodomiti). Ma la curiositá di Dante per il rituále compiuto dalle anime si confronta con la curiositá degli spiriti per il suo corpo vivo (ě un incrocio di tensioni che ricorda 1'inizio dell'incontro con Forese Donati nel canto XXIII). Portavoce delle domande dei lussuriosi ě una voce che risuona anonima sin dal verso 16 (O tu che vai...) e di cui si scoprirá Fidentitá solo nel verso 92. La medietá di toni che contraddistingue tutto il canto e che in qualche modo attenua la drammaticitá della scéna di fuoco che la domina si accompagna, nelle parole di Guido, con un'eleganza tutta letteraria di figuře retoriche, che comprende il riferimento esotico agli Indiáni e agli Etiopi, ľallusione storica alľomosessualitä di Césare, il bisticcio imbestib I imbestiate, le coppie di metafore in rima fra loro (parete/rete/marcheI imbarche) e l'uso del termine non comune ermafrodito per indicare la lussuria eterosessuale. Sono tutte spie linguistiche che acquistano significato al rivelarsi di Guinizelli, il quale pert tace del proprio passato letterario, come imponendosi un silenzio penitenziale. Non ě un caso, infatti, che egli sia (come il provenzale Arnaut Daniel) fra le fiamme dei lussuriosi: il dubbio sollevato da Guinizelli nelľultima stanza della sua celebre canzone Al cor gentil rempaira sempře amore, dove il poeta immagina di essere rimproverato da Dio per aver scambiato una creatura terrestre con gli oggetti soprannaturali delľamore spirituále, finisce per avere, nel giudizio dantesco, il valore di un limite morale autentico. E se Dante ritiene di aver completamente superato tale limite con la poesia sacra della Commedia, tuttavia il suo desiderio di lanciarsi, trattenuto solo dal timore fisico delle fiamme, verso il caposcuola dello Stilnovo non lascia dubbi sulľammirazione letteraria che egli conserva intatta per il maestro di una generazione poetica che precede quella sua e di Cavalcanti (il quale, ricordiamolo, ě nominato dal padre in Inferno X). La luciditá di Dante critico letterario si estende, nell'ultima parte del canto anche alia letteratura provenzale. Guido presenta con atto di cavalleresca modestia purgatoriale che ricorda l'episodio di Oderisi da Gubbio fra i superbi (Purg. XI), la figura di Daniel con la splendida metafora del miglior fabbro del parlor materno (poeta in lingua volgare), difendendone la supremazia artistica contro gli estimatori di Guiraut de Bornelh. Arnaut ě il poeta provenzale di cui il giovane Dante ha seguíto il magistera poetico nelle rime «petrose», dove ha cantato, con stile aspro e difficile, non senza ricorrere all'ardua forma metrica della šestina, il tema dell'amore infelice. Le terzine in cui Daniel parla di sé in lingua provenzale, sono non solo un atto di cortesia verso l'interlocutore, ma anche una contrapposizione fra la follia peccaminosa di un tempo (passada folor) e la gioia sperata (Jo joi qu'esper). L'antitesi si traduce in una sorta di contrappasso letterario: l'autore provenzale si esprime in uno stile piano in opposizione al «trobar clus» (poetare difficile) che era stato il virtuosistico vanto della sua opera poetica. La modesta preghiera del penitente sostituisce il compiaciuto „reziosismo del trovatore di \L tempo. I due incontri con guinizelli e Daniel fimscono cosi per ribadire uno stesso motivo: il superamento delle upere umane (qui letterarie jj particolare) nel fuoco che purifica convive con la consapevolezza critica del íalore di quelle opere e di quelle esperienze culturali, che non vengono cancellate neomologate luna all'altra, ma solo giudicate, con piú ,cuto senso morale, sul piano delfeternitá. Uoghi in cui si svolge I'a/ii" Lungo il margine esterno della set-tima cornice, attraverso il passaggio Usciato libera dalle fiamme che si sprigionano dalle pareti del monte. Davanti alle fiamme. Condizione delle anime * I lussuriosi camminano tra le fiamme cantando l'inno Summae Deus dementias e gridando esempi di castitä lodata e di lussuria de-precata Sono divisi in due schiere -gli eterosessuali e gli omosessuali -che avanzano Tuna incontro all'altra (quella degli omosessuali procede, unico caso nel Purgatorio, da destra a sinistra). Quando si incontrano, le anime delle due schiere si baciano fraternamente, prima di riprendere il loro cammino. E evidente il rap-porto analogico, nel contrappasso, frail calore delle fiamme e l'inten-S|ta del desiderio sessuale a cui i lussuriosi obbedirono in vita. La di-rezione da destra a sinistra seguita Ma schiera degli omosessuali, ano-">ala nel Purgatorio, simboleggia il loro peccato contro natura. II canto wmmae Deus clementiae contiene "nmvocazione contro la lussuria. Anime incontrate • Guido Guinizelli. • Arnaut Daniel. Custodi e figure allegoriche delľoltretomba • Nessuna. Personaggi nominati o a cui si allude • Pasife, regina di Creta e moglie di Minosse, che si congiunse con un to-ro generando il Minotauro. • Beatrice (donna é di sopra che m'acquista grazia). • Giulio Cesare. • Licurgo, re di Nemea. • Isifile (la madre), schiava di Licurgo, condannata a mořte dal re per aver abbandonato il figlioletto di lui, ucciso da un serpente. • Toante ed Euneo, i due figli ge-melli di Isifile (e di Giasone) che sfi-darono le guardie di Licurgo per riabbracciare la madre. • Guiraut de Bornelh (quel di Le-mosi). Cristo. La trama in sequenze w. 1 - 24_ Stupore delle anime di fronte a Dan te vivo: una gli rivolge domande. w. 25 - 51_ Apparizione di una seconda schiera (i sodomiti), che va in senso contrario alla prima (dei lussuriosi): řiti e preghiere al loro incontro. w. 52 - 72_ Dante dice di sé e chiede a sua volta spiegazioni. w. 73 - 93_ II portavoce di prima, rispondendo, si mamfesta per Guido Guinizelli. vv. 94 - 135_ Colloquio di Guinizelli con Dante. vv, 136 -148_ Arnaut Daniel si presenta in lingua provenzale. Figuře retoriche salienti • II paragone fra il desiderio di co-noscenza delle anime dei lussuriosi e la sete patita dagli abitanti delľln-dia e delľEtiopia (w. 20-21). • La doppia sineddoche (qui nella forma del singolare al posto del plurále) Indo ed Etíopo per >>Indiani» ed «Etiopi» (v. 21). • La metafora parete per «ostacolo» (v. 22). • La metafora della rete della morte (rappresentata dunque come un cac-ciatore o un pescatore) (v. 24). • La similitudine manifestazione di affetto fra le due schiere dei lussuriosi / incontro di due schiere di for-miche (w. 31-36). • La similitudine separazione fra le due schiere dei lussuriosi / separazione di due stonni di gru, uno diret-to a nord e ľaltro a sud (w. 43-48). • La doppia metafora acerbe e mature, riferita a membra, per indicare la morte prematura e quella awe-nuta a tempo debito (w. 55-56). • La metafora cieco per indicare ľer-rore morale del peccato (v. 58). • La similitudine stupore delle anime / stupore del montanaro che per la prima volta si reca in citta (w. 67-70). • La perifrasi ciô... s'intese per indicare il peccato di sodomia (w. 77-78). • La perifrasi cofei... schegge per indicare Pasife (w. 86-87). • La similitudine (parziale: ma non a tanto insurgo) figli di Isifile verso la madre / Dante verso Guinizelli (w. 94-96). • La metafora padre per >.) per indicare il peccato (v. 143). 441 Purgatorio Canto XXVI 93 102 105 108 111 Farotti ben di me volere scemo: son Guido Guinizelli; e giä mi purgo per ben dolermi prima ch'a lo stremo». Quali ne la tristizia di Ligurgo si fer due figli a riveder la madre, tal mi fee' io, ma non a tanto insurgo, quanď io odo nomar sé stesso il padre mio e de li altri miei miglior che mai rime ďamor usar dolci e leggiadre; e sanza udire e dir pensoso andai lunga fiata rimirando lui, né, per lo foco, in lä piú m'appressai. Poi che di riguardar pasciuto fui, tutto m'offersi pronto al suo servigio con ľaffermar che fa credere altrui. Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio, per quel ch'ľ odo, in me, e tanto chiaro, che Letě nol puö törre né far bigio. Ma se le tue parole or ver giuraro, dimmi che ě cagion per che dimostri nel dire e nel guardar d'avermi caro». GUIDO GUINIZELLI A COLLOQUIO CON DANTE Un esempio di lussuria (in alto: la moglie di Putifarre) e una di castitá (in basso: Giuditta e Oloferne) in una miniatura francese trecentesca che illustra la Somme des vices et des vertus di Lorens (ms. B. 9. del St. Johns College, Cambridge). E io a lui: «Li dolci detti vostri, ehe, quanto durerä ľuso moderno, faranno cari ancora i loro incostri». «0 frate», disse, «questi ch'io ti černo col dito», e additô un spirto innanzi, «fu miglior fabbro del parlar materno. Versi ďamore e prose di romanzi soverchió tutti; e lascia dir li stolti ehe quel di Lemosi credon ch'avanzi. A voce piů ch'al ver drizzan li volti, e cosi ferman sua oppinione prima charte o ragion per lor s'ascolti. Cosi fer molti antichi di Guittone, di grido in grido pur lui dando pregio, fm ehe ľha vinto il ver con piú persone. Or se tu hai si ampio privilegio, ehe licito ti sia ľandare al chiostro nel quale ě Cristo abate del collegio, falli per me un dir ďun paternostro, quanto bisogna a noi di questo mondo, dove poter peccar non ě piú nostro». Una miniatura trecentesca attribuita a Francesco da Barberino e contenuta nei Documenta d'Axnore rafßgura le allegorie dell'Amore e dett'Innocenza (ms. Barb. Lat. 4007 delia Biblioteca Vaticana, Roma). 91 Farotti... scemo: Tuttavia (hen) soddisferó il tuo desiderio di sapere il mio nome (letteralmente: «Ti faro venir meno il tuo volere quanto a me»). 92 Guido Guinizelli: il celebre poeta bolognese del Duecento, caposcuola dello Stilnovo (almeno nella prospettiva dantesca). 93 per ben... stremo: per essermi pentito prima di giungere al termine (della vita). 94-95 Quali... madre: Come di-ventarono (nelTanimo) i due figli di Isifíle (Toante ed Euneo) rivedendo la madre (in pericolo) nelťira di Li-curgo. Lepisodio ě narrato da Stazio nella Tebaide (v 720 ss.): la schiava Isifíle, colpevole di aver abbandonato il fi-glio del re di Nemea, causando la mořte del bambino morso da un serpente, fu condannata a mořte, ma i figli avuti da Giasone la liberarono sul patibolo, sfi-dando le guardie di Licurgo. Isifile ě ri-cordata in altri due passi della Comme- dia: in Inf. xviii 86-94 ě citata come vit-tima del seduttore Giasone, che la ab-bandono sull'isola di Lemno; in Purg. xxii 112 ě collocata da Virgilio fra le anime del Limbo. 96 ma... insurgo: ma non mi spin-go a un simile punto ďaudacia (per paura delle flamme: efr. v. 102). 97-98 nomar: nominare, - il... miglior: il maestro mio e degli altri (poeti) migliori di me. - mai: in qual-sivoglia tempo. 99 dolci e leggiadre: soavi (per musiealitá) ed eleganti (per forma e contenuto). E un'ulteriore definizione della poesia ďamore stilnovistica (ri-spetto a Purg. xxrv 49-62). Sul piano prosodico e metrico si puó notáre che 1'mtensitá affettiva dell'incontro e del riconoscimento ě sottolineata anche dal forte «enjambement» fra il v. 97 e il v. 98 che, spezzando 1'unitá sintagmatica di il padre/mio, rende piú intensa alia lettu-ra la parola che chiude il verso e quella che inizia il successivo; peraltro, tutta questa scéna ě ricca di «enjambements». 101 lunga fíata: per molto tempo. 102 né: e tuttavia non. 103 di... fui: mi fui saziato di con-templarlo. 105 con ľaffermar... altrui: con quelľaŕfermazione che induce gli altri a dar fede; confermando (quelle parole) con un giuramento. 106 vestigio: traccia, impronta. 107 in me: nella mia memoria, 108 Letě: il Lete (il mitico fičme del-ľEden che dä ľoblio dei peccati commessi). - far bigio: rendere grigio, sbiadire. 109 ver giuraro: giurarono il vero. 110 che... che: quale ě la ragione per cui. 112 detti: componimenti, poesie. Ľaggettivo dolci indica che queste sono poesie ďamore dal suono armonioso; al-lo stesso modo lo stil novo ě dolce (ob. Purg. xxrv 57). 113 quanto: finché. - 1'uso nw- derno: la letteratura in lingua vol-gare (e nella fattispecie ľitaliana con-trapposta al latino). 114 i loro incostri: gli inchiostri con cui sono vergati, i codici che li conservano. 115 frate: fratello. - černo: indico. 117 fu... materno: fu piú nobile ar-tefice nella (sua) lingua volgare. Costui ě il trovatore provenzale Arnaut Daniel, at-tivo nella seconda metá del secolo xii e maestro (specie per D.) nello stile «oscuro e difficile* (il «trobar clus») utilizzato in par-ticolare nelle rime «petrose» dantesche. 118 119 Versi... stolti: Superů tutti i lirici amorosi (nelle maggiori lin-gue romanze, segnatamente in quella i'oc) e tutti i romanzieri in prosa (specie della letteratura in lingua á'oil). Per le prose di romanzi va ricordato che in Italia numerosi erano i liberi volga-rizzamenti in prosa dei poemi cavallere-schi francesi. 120 che quel... ch'avanzi: i quali ritengono che sia superiore il poeta del Limosino: cioe «che gli antepongono Guiraut de Bornelh» (altro notissimo trovatore provenzale, vissuto fmo al se-condo decennio del xin secolo). 121 A voce... volti: (Questi stolti) guardano alia fama corrente piut-tosto che alia verita: la polemica contra gli stolti e analoga a quella, contro i «seguaci delTignoranza» («ignorantiae sectatores») che esaltano Guittone, svi-luppata da D. nel De vulgari eloquentia (Iivi8>. 122 ferman: fissano-sua: la loro. 123 per lor: da parte loro, 124 fer: fecero. - antichi: uomini della vecchia generazione. - Guittone: d'Arezzo, gia ricordato da Bona-giunta (cfr. Purg. xxrv 56). Gli deve molto anche D., che tuttavia nel Ds vulgari eloquentia lo censuro come scrittore ple-beo e provinciale. 125-126 di grido... persone: di boc-ca in bocca continuando (pur) a tri- butargli lode, finché su quella fama usurpata ha prevalso la veritá gra-zie al confronto con numerosi poeti (della generazione successiva, tanto piů alti di lui). Altri intende con piú persone. «nel giudizio di un maggior numero di uomini». 127 se: giacehé- 128 chiostro: luogo santo (metafora per il «Paradiso»). 129 collegio: comunitä, convento La perifrasi, nel suo insieme, indica il Paradiso come luogo di preghiera e di grazia, dove Cristo ě come il superiore dei beatí. 130 falli... paternostro: per me recita davanti a Cristo (letteralmente: «fagli una dizione di») un Pater no-ster- 131 quanto... mondo: quel tanto che serve a noi anime del Purgatorio (senza cioě il versetto finále: cfr. Purg. XI13-24). 132 nostro: concepibile per noi. \Purgatorio Canto XXVI 93 96 102 105 108 111 Farotti ben di me volere scemo: son Guido Guinizelli; e giä mi purgo per ben dolermi prima ch'a lo stremo». Quali ne la tristizia di Ligurgo si fer due figli a riveder la madre, tal mi fee' io, ma non a tanto insurgo, quanď io odo nomar sé stesso il padre mio e de li altri miei miglior che mai rime ďamor usar dolci e leggiadre; e sanza udire e dir pensoso andai lunga fiata rimirando lui, né, per lo foco, in lä piú m'appressai. Poi che di riguardar pasciuto fui, tutto m'offersi pronto al suo servigio con l'affermar che fa credere altrui. Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio, per quel ch'i' odo, in me, e tanto chiaro, che Letě nol puö törre né far bigio. Ma se le tue parole or ver giuraro, dimmi che ě cagion per che dimostri nel dire e nel guardar d'avermi caro». GUIDO GUINIZELLI A COLLOQUIO CON DANTE _ Canto XXVI Un esempio di lussuria (in alto-ia moghe di Putifarre) e uno di castita (in basso: Giuditta e Oloferne) in una miniatura francese trecentesca che illustra la Somme des vices et des vertus di Lorens (ms. B. 9. del St. John's College, Cambridge). E io a lui: «Li dolci detti vostri, che, quanto durerá 1'uso moderno, faranno cari ancora i loro incostri». «0 frate», disse, «questi ch'io ti černo col dito», e additó un spirto innanzi, «fu miglior fabbro del parlar materno. Versi ďamore e prose di romanzi soverchio tutti; e lascia dir li stolti che quel di Lemosi credon ch'avanzi. A voce piú ch'al ver drizzan li volti, e cosi ferman sua oppinione prima chartě o ragion per lor s'ascolti. Cosi fer molti antichi di Guittone, di grido in grido pur lui dando pregio, fin che l'ha vinto il ver con piú persone. Or se tu hai si ampio privilegio, che licito ti sia 1'andare al chiostro nel quale ě Cristo abate del collegio, falli per me un dir ďun paternostro, quanto bisogna a noi di questo mondo, dove poter peccar non ě piú nostro». Una miniatura trecentesca attribuita a Francesco da Barberino e contenuta nei Documenti d'Amore raffigura le allegorie delVAmore e dell'Innocenza (ms. Barb. tat. 400/ della Biblioteca Vaticana, Roma). 91 Farotti... scemo: Tuttavia (ben) soddisferó il tuo desiderio di sapere il mio nome (letteralmente: «Ti faro venir meno il tuo volere quanto a me»). 92 Guido Guinizelli: il celebre poeta bolognese del Duecento, caposcuola dello Stilnovo (almeno nella prospettiva dantesca). 93 per ben... stremo: per essermi pentito prima di giungere al termine (della vita). 94-95 Quali... madre: Come di-ventarono (nelTanimo) i due figli di Isifile (Tbante ed Euneo) rivedendo la madre (in pericolo) nell'ira di Li-curgo. L'episodio ě narrato da Stazio nella Tebaide (v 720 ss.): la schiava Isifile, colpevole di aver abbandonato il fi-glio del re di Nemea, causando la mořte del bambino morso da un serpente, fu condannata a mořte; ma i figli avuti da Giasone la liberarono sul patibolo, sfi-dando le guardie di Licurgo. Isifile ě ri-cordata in altri due passi della Comme- dia. in Inf. XVIII 86-94 ě citata come vit-tima del seduttore Giasone, che la ab-bandono sull'isola di Lemno; in Purg. XXII 112 ě collocata da Virgilio fra le anime del Limbo. 96 ma... insurgo: ma non mi spin-go a un simile punto ďaudacia (per paura delle fiamme: cfr. v. 102). 97-98 nomar: nominare, - il... miglior: il maestro mio e degli altri (poeti) migliori di me. - mai: in qual-sivoglia tempo. 99 dolci e leggiadre: soavi (per musicalitá) ed eleganti (per forma e contenuto). Ě un'ulteriore defmizione della poesia ďamore stilnovistica (ri-spetto a Purg. xxiv 49-62). Sul piano prosodico e metrico si puó notáre che l'intensita affettiva dell'incontro e del riconoscimento ě sottolineata anche dal forte «enjambement» fra il v. 97 e il v. 98 che, spezzando 1'unitá sintagmatica di il padre/mio, rende piú intensa alia lettu-ra la parola che chiude il verso e quella che inizia il successive; peraltro, tutta questa scéna ě ricca di «enjambements». 101 lunga fiata: per molto tempo. 102 né: e tuttavia non. 103 di... fui: mi fui saziato di con-templarlo. 105 con l'affermar... altrui: con quell'affermazione che induce gli altri a dar fede; confermando (quelle parole) con un giuramento. 106 vestigio: traccia, impronta 107 in me: nella mia memoria. 108 Letě: il Lete (il mitico fiume del-l"Eden che dá 1'oblio dei peccati commessi). - far bigio: rendere grigio, sbiadire 109 ver giuraro: giurarono il vero. HO che... che: quale ě la ragione per cui. 112 detti: componimenti, poesie. L'aggettivo dolci indica che queste sono poesie ďamore dal suono armonioso; alio stesso modo lo stil novo ě dolce (cfr. Purg. xxiv 57). 113 quanto: finché. - 1'uso mo derno: la letteratura in lingua vol-gare (e nella fattispecie ľitaliana con-trapposta al latino). 114 i loro incostri: gli inchiostri con cui sono vergati, i codici che li conservano. 115 frate: fratello. - černo: indico. 117 fu... materno: fu piú nobile ar- tefice nella (sua) lingua volgare Costui ě il trovatore provenzale Arnaut Daniel, at tive nella seconda meta del secolo XII e maestro (specie per D.) nello stile «oscuro e difficile» (il «trobar clus») utilizzato in par-ticolare nelle rime «petrose» dantesche. 118-119 Versi... stolti: Superů tutti i lirici amorosi (nelle maggiori lin-gue romanze, segnatamente in quella d'oc) e tutti i romanzieri in prosa (specie della letteratura in lingua d'otZ). Per le prose di romanzi va ricordato che in Italia numerosi erano i liberi volga-rizzamenti in prosa dei poemi cavallere-schi francesi. 120 che quel... ch'avanzi: i quali ritengono che sia superiore il poeta del Limosino; cioě «che gli antepongono Guiraut de Bornelh» (altro notissimo trovatore provenzale, vissuto fino al se-condo decennio del xni secolo). 121 A voce... volti: (Questi stolti) guardano alla fáma corrente piut-tosto che alla veritá: la polemica con-tro gli stolti ě analoga a quella, contro i "seguaci dell'ignoranza» («ignorantiae sectatores») che esaltano Guittone, svi-luppata da D. nel De vulgari eloquentia (iiVI8). 122 ferman; fissano. - sua: la loro. 123 per lor: da parte loro. 124 fer: fecero. - antichi: uomini della vecehia generazione. - Guittone: d'Arezzo, giá ricordato da Bona-giunta (cfr. Purg. xxiv 56). Gli deve molto anche D., che tuttavia nel De vulgari eloquentia lo censuro come serittore ple-beo e provinciale. 125-126 di grido... persone: di boc-ca in bocca continuando (pur) a tri- butargli lode, finché su quella fama usurpata ha prevalso la veritá gra-zie al confronto con numerosi poeti1 (della generazione successiva, tanto piú i alti di lui). Altri intende con piu persone: | «nel giudizio di un maggior numero di uomini". 127 se: giacehé. 128 chiostro: luogo santo (metafo-J ra per il «Paradiso»). 129 collegio: comunitá, convento.l La perifrasi, nel suo insieme, indica ilj Paradiso come luogo di preghiera e dil grazia, dove Cristo ě come il superiora dei beati. 130 falli... paternostro: per na recita davanti a Cristo (letteralmenl te: «fagli una dizione di») un Pater nm ster. 131 quanto... mondo: quel tanti che serve a noi anime del Purgatl rio (senza cioě il versetto finále: cf Purg. XI13-24). 132 nostro: concepibile per noi.