UN PAIO Dl OCCHIALI « Ce sta 'o sole... 'o sole! » canticchió, quasi sulla so-glia del basso, la voce di don Peppino Quaglia. « La-scia fa' a Dio » rispose dall'interno, umile e vagamen-te allegra, quella di sua moglie Rosa, che gemeva a letto con i dolori artritici, complicati da una malattia di cuore, e soggiunse, rivolta a sua cognata che si trovava nel gabinetto: « Sápete che faccio, Nunziata? Piu tardi mi alzo e levo i panni dall'acqua ». « Fate come volete, per me ě una vera pazzia,» disse dal bugigattolo la voce asciutta e triste di Nunziata « con i dolori che tenete, un giorno di letto in piú non vi farebbe male! ». Un silenzio. « Dobbiamo mettere delťaltro veleno, mi sono trovato uno scar-rafone nella manica, stamattina». Dal lettino in fondo alla stanza, una vera grotta, con la volta bassa di ragnatele penzolanti, si levó, fragile e tranquilla, la voce di Eugenia: « Mammá, oggi mi metto gli occhiali». C'era una specie di giubilo segreto nella voce mo-desta della bambina, terzogenita di don Peppino (le prime due, Carmela e Luisella, stáváno con le mona-che, e presto avrebbero preso il velo, tanto s'erano 15 persuase che questa yita e un gasügo; e i dUe p-Pasqualino e Teresella ronfavano ancora, ca^ nel letto della mamma). ^ v% «Si, e scassali subito, mi raccomando!» ins- , dietro la porta dello stanzino, la voce sempre irri!^> della zia. Essa faceva scontare a tutti i dispiaceri deli* sua vita, primo fra gli altri quello di non esse* maritata e di dover andare soggetta, come racconta" va, alla caritä della cognata, benche non mancassedj aggiungere che offriva questa umiliazione a Dio. Dj suo, perö, aveva qualche cosa da parte, e non era cattiva, tanto che si era offerta lei di fare gli occhialia Eugenia, quando in casa si erano accorti che la bam-bina non ci vedeva. « Con quello che costano! Otto-mila lire vive vive! » soggiunse. Poi si senti correre l'acqua nel catino. Si stava lavando la faccia, stringen-do gli occhi pieni di sapone, ed Eugenia rinunciö a risponderle. Del resto, era troppo, troppo contenta. Era stata una settimana prima, con la zia, da un occhialaio di via Roma. La, in quel negozio elegante, pieno di tavoli lucidi e con un riflesso verde, meravi-glioso, che pioveva da una tenda, il dottore le aveva misurato la vista, facendole leggere piü volte, attra-verso certe lenti che poi cambiava, intere colonne di lettere dell'alfabeto, stampate su un cartello, alcune grosse come scatole, altre piccolissime come spilü. Questa povera figlia e quasi cecata,» aveva detto s^w" S^ede di commiserazione, alla zia « non nia seHn,U t0g lere le lenti E subito, mentre Euge-Sva le av™ U™ SSabell°> e tutta trepidante, aspet; ß»iSappl,!ft! su^u occhi ™altro Pai0 dl ÄKsSf1 Fianco'e le aveva detto' « °? marciapiede oaL™ * P1Ccol° S^do di gioia. Sul cole del norJST^0' mtidi^me* appena piü p*' con abiti di seta e vTs? n ben v**ite: signot« 81 lnciPnati, giovanotti coi capel" 16 lunghi e il pullo bianca e le mai pomo d'argento automobili che s zeria dipinta in : cante; filobus gl bassati, e dietro mente; al di lä d c'erano negozi \ chi, piene di rob mento; alcuni c stravano dall'est e gialli e delle ra sull'altra e i caf bicchieri grandi ni aperti, perch mate che si mu< pittura azzurra ( cristalli, come c< vano. Una men dore, non avevz zia. La zia, col v< distante dal ban naturale in lei, zo: « Dottö, mi vera gente siam mila lire », per « Due vetri! C « Ecco quandi tore, riponendo guanto « non si alla creatura, mi nove diottrie d volete sapere... Mentre il dol la bambina: Santa Maria in Eugenia, che i occhiali con 1 ti. c i ancora, >mando!» lrisi >ce sempre irritata ti 1 dispiaceri della 10 di non essersi a, come racconta-§ non mancasse di iliazione a Dio. Di parte, e non era i fare gli occhiali a ccorti che la bam-:he costano! Otto-oi si senti correre la faccia, stringen-ugenia rinuncio a mtenta. con la zia, da un negozio elegante, sso verde, meravi- 11 dottore le aveva -e piu volte, attra- intere colonne cii in cartello, alcune ssime come spi ata,» aveva detto one, alia zia << non »ito, mentre Eug trepidante, asp** ti un altro paio* aveva detto: «y\ Ta alzata in p^dh l'emozione, e no grido di gioia- ^n c, appena pin Pl en vestite: sign°\ii wanotti coi cape lunghi e il pullover colorato, vecchietti con la barba bianca e le mani rosa appoggiate sul bastone dal porno d'argento; e, in mezzo alia strada, certe belle automobili che sembravano giocattoli, con la carroz-zeria dipinta in rosso o in verde petrolio, tutta lucci-cante; filobus grandi come case, verdi, coi vetri ab-bassati, e dietro i vetri tanta gente vestita elegante-mente; al di la della strada, sul marciapiede opposto, c'erano negozi bellissimi, con le vetrine come spec-chi, piene di roba fina, da dare una specie di struggi-mento; alcuni commessi col grembiule nero le lu-stravano daU'esterno. Cera un caffe coi tavolini rossi e gialli e delle ragazze sedute fuori, con le gambe una sull'altra e i capelli d'oro. Ridevano e bevevano in bicchieri grandi, colorati. Al disopra del caffe, balco-ni aperti, perche era gia primavera, con tende rica-mate che si muovevano, e, dietro le tende, pezzi di pittura azzurra e dorata, e lampadari pesanti d'oro e cristalli, come cesti di frutta artificiale, che scintilla-vano. Una meraviglia. Rapita da tutto quello splen-dore, non aveva seguito il dialogo tra il dottore e la zia. La zia, col vestito marro della messa, e tenendosi distante dal banco di vetro, con una timidezza poco naturale in lei, abbordava ora la questione del prez-zo: « Dotto, mi raccomando, fateci risparmiare... po-vera gente siamo... » e, quando aveva sentito « otto-mila lire », per poco non si era sentita mancare. « Due vetri! Che dite! Gesu Maria! ». « Ecco quando si e ignoranti... » rispondeva il dot-tore, riponendo le altre lenti dopo averle lustrate col guanto « non si calcola nulla. E metteteci due vetri, alia creatura, mi saprete dire se ci vede meglio. Tiene nove diottrie da una parte, e dieci dall'altra, se lo volete sapere... e quasi cecata». Mentre il dottore scriveva nome e cognome della bambina: « Eugenia Quaglia, vicolo della Cupa a Santa Maria in Portico », Nunziata si era accostata a Eugenia, che sulla soglia del negozio, reggendosi gli occhiali con le manine sudicie, non si stancava di 17 guardare: « Guarda, guarda, bella mia! Vedi u I sa ci costa questa tua consolazione! Ottomir> hai sentito? Ottomila lire, vive vive! ». QUasi ^\ va. Eugenia era diventata tutta rossa, non tarn * rimprovero, quanto perché la signorina della c° Per>l guardava, mentre la zia le faceva quell'osserva^1* che denunziava la miseria della famiglia Si t i °ne occhiali. ' t0lsegli «Ma come va, cosi giovane e giá tanto mi0D aveva chiesto la signorina a Nunziata, mentre fi * va la ricevuta dell'anticipo « e anche sciupata! J^' giunse. So8" « Signorina bella, in casa nostra tutti occhi buo teniamo, questa ě una sventura che ci ě capitata^ insieme alle altre. Dio sopra la piaga mette il sale « Tornate fra otto giorni, » aveva detto il dottore « ve li faro trovare ». Uscendo, Eugenia aveva inciampato nello scalino. « Vi nngrazio, zi' Nunzia, » aveva detto dopo un poco «10 sono sempre scostumata con voi, vi rispon-do e voi cosi buona mi comprate gli occhiali...». La voce le tremava. << Figlia mia, il mondo ě meglio non vederlo che Nunziata nsposto con improvvisa malinconia Zi'NNuř7Ure qUCSta Volta Eugenia le aveva risposto. va nern! ^SSO cosi strana' piangeva e grida-Parte and a tante brutte Parole e' buoni crista 3 mCSSa COn c°mpunzione, era v disgraziato <5na'frquando si tra"ava di soccorrere bis°gnava bad^i SemPre> Piena di cuore* N Da C|u^j • CLe di rapimemn0,Eugenia avev* vissuto in una sp una un Non u dl rapiment gema avev* vissuto in una sp* íele^vrebbero' m attesa di ^ benedetti occhiaj Č C0Se *ei l0rnPermesso di vedere tutte le person* ata avvolta °r° trnuti particolari. Fino allora, e" na nebbia: la stanza dove viveva era il cortile sempre pier cante di colori e di da un velo sottile: : ma specialmente e spesso ci dormiva ii va di notte e, al lun va. La mamma dor vano i denti rotti Teresella, erano se coli, col naso pien( facevano un rumo bestie dentro. Euge a fissarli, senza ca Sentiva confusame sempre piena di pa gabinetto che puz; delle cose belle; e, i gli occhiali, aveva a do, fuori, era belle « Marchesa, oma Questa era la vo< da una camicia str; era stata inquadrat piu. La voce della n ferente, diceva adt « Dovreste farmi « Ai vostri ordin Eugenia sgusció lo il vestito e venne che di prima mattii to, entrava nel bn puro e meraviglk vecchia, i capelli cc ne ruvide, legnosí Oh, se in quel m( marchesa era la, tina di pizzo bian< a mial Vedi che c jne! Ottomila W e! ».Quasi soff0c^ ssa, non tanto per ^ íorina delia cassala quelľ osservazione amiglia. Si tolse g\\ griä tanto miope?» ata, mentre firma-he sciupatal » sog- i tutti ocehi buoni :he ci é capitata... Ta metteil sale...». /a detto il dottore —to nello scalino. va. detto dopo un ~on voi, vi rispon-■ ocehiali... »• non vederlo ehe visa malinconia )v\ e aveva risposto. ^iangeva e grida-parole e, ďaltra mzione, era una di soccorrere un a di cuore. Non 5SUI ssuto in una spe-enedetti ocehiali -tuttele persone Fino allora, era a dove viveva, ä cortile sempře pieno di panni stesi, il vicolo traboc-cante di colori e di grida, tutto era coperto per lei da un velo sottile: solo il viso dei familiari, la mamma specialmente e i fratelli, conosceva bene, perché spesso ci dormiva insieme, e qualche volta si sveglia-va di notte e, al lume della lampada a olio, li guarda-va. La mamma dormiva con la bocca aperta, si vede-vano i denti rotti e gialli; i fratelli, Pasqualino e Teresella, erano sempře sporchi e coperti di forun-coli, col naso pieno di catarro: quando dormivano, facevano un rumore strano, come se avessero delle bestie dentro. Eugenia, qualche volta, si sorprendeva a fissarli, senza capire, pero, che stesse pensando. Sentiva confusamente che al di lá di quella stanza, sempře piena di panni bagnati, con le sedie rotte e il gabinetto che puzzava, e'era della luce, dei suoni, delle cose belle; e, in quel momento che si era messa gli ocehiali, aveva avuto una vera rivelazione: il mon-do, fuori, era bello, bello assai. « Marchesa, omaggi... ». Questa era la voce di suo padre. La spalla coperta da una camicia stracciata, che fino a quel momento era stata inquadrata dalla porta del basso, non si vide piú. La voce della marchesa, una voce placida e indif-ferentej diceva adesso: « Dovreste farmi un piacere, don Peppino... ». « Ai vostri ordini... comandate... ». Eugenia sgusció dal letto, senza far rumore, s'infi-ló il vestito e venne sulla porta, ancora scalza. II sole, che di prima mattina, da una fenditura del caseggia-to, entrava nel brutto cortile, le venne incontro, cosi puro e meraviglioso, illuminó il suo viso di piccola vecehia, i capelli come stoppa, tutti arruffati, le manině ruvide, legnose, con le unghie lunghe e sporche. Oh, se in quel momento avesse avuto gli ocehiali! La marchesa era lá, col suo vestito di seta nera, la eravat-tina di pizzo bianco, con quel suo aspetto maestoso e 19 piene di gioielh; ma íl viso non si vedevah e* una macchia bianchiccia, ovále. La sonra t Cne' era delle piume viola. ť ' tremavan0 « Sentite, dovreste rifarmi il materasso del b no... potete salire verso le dieci e mezza?» « Con tutto il cuore, ma io sarei disposto nel nn. riggio, signora marchesa... ». « No, don Peppino, di mattina deve essere. Nel pomeriggio viene gente. Vi mettete sul terrazzo e lavorate. Non vi fate pregare... fatemi questo favo-re... Ora sta suonando la messa. Quando sono le dieci e mezza, mi chiamate... ». E, senza aspettare risposta, si allontanó, scansando accortamente un filo ďacqua gialla che scorreva da un terrazzino e aveva fatto una pozza a terra. « Papá, » disse Eugenia andando dietro a suo pa-dre che rientrava nel basso «la marchesa quanťě buona! Vi tratta come un galantuomo. II Signore glielo deve rendere! ». « Una buona cristiana, questo ě » rispose, con tut-ťaltro significato di quello che si sarebbe potuto in-tendere, don Peppino. Con la scusa ch'era proprieta-ria della casa, la marchesa D'Avanzo si faceva servire continuamente dalla gente del cortile; a don Peppino, per i materassi, metteva in mano una miseria, Rosa, poi, era sempře a sua disposizione per le len-zuola grandi, anche se le ossa le bruciavano si doveva alzare per servire la marchesa; ě vero che le ng *e gliele aveva fatte chiudere lei, e cosi aveva salvato due anime dai pericoli di questo mondo, che pel poveri sono tanti, ma per quel terraneo, dove tutti si erano ammalati, si pigliava tremila lire, non una meno. « II cuore ci sarebbe, sono i soldi che manca-no » amava ripetere con una čerta flemma. « Ogg1' caro don Peppino, i signoři siete voi, che non ave-te pensieri... Ringraziate... ringraziate la Provviden-za, che vi ha messo in questa condizione... che vi ha voluto salvare... ». Donna Rosa aveva una specie di 20 adorazione per \z religiosi: quando í 1'altra vita. La ma diceva, ed esortai zientare e sperart Dal letto, donnj « Le hai parlato? > « Vuole fare il r pino annoiato. Pc per scaldare un p< rientró ancora pe lino. « Non glielo disse. « E un prezzo g « E allora, chi va domandó zi' Nun va, sopra la cami ciabatte. Dalla can grigie come pietre tovagliolo. « Io, pe malata... ». Senza che nes si ciechi di Euge forse sarebbe pa vesse i suoi occh dre, abbandonó in un atteggiam donna Rosa si a « Ci vado io, mi fará bene... « Mammá... » Eugenia le ba Alle otto, e'en Rosa era uscita figura allampan; ne, pieno di mac simili a bastoncii lterasso del h mezza? 7 bambU [I,Spost°nelpome 1 deve essere m , tCte ^ terrae6 atemi questo favo! uando sono le dieci [ontanö, scansando Ha che scorreva da ^ozza a terra, io dietro a suo pa-marchesa quant'e ituomo. II Signore e » nspose, con tut-sarebbe potuto in-sa ch'era proprietäre > si faceva servire Lortile; a don Pep-mano una miseria; 'osizione per le len-ruciavano si doveya e vero che le figüe i cosi aveva salvato to mondo, che pej rraneo, dove tutti si lila lire, non una di 0 i soldi che manca- 1 ta Hemma. « Ogg1' ce voi, che non ave-aziate la Provviden-ndizione... che vi ha aveva una specie di adorazione per la marchesa, per i suoi sentimenti religiosi: quando si vedevano, parlavano sempre del-l'altra vita. La marchesa ci credeva poco, ma non lo diceva, ed esortava quella madre di famiglia a pa-zientare e sperare. Dal letto, donna Rosa chiese, un po' preoccupata: « Le hai parlato? ». « Vuole fare il materasso al nipote » fece don Pep-pino annoiato. Porto fuori il treppiede col fornello per scaldare un po' di caffe, regalo delle monache, e rientrö ancora per prendere dell'acqua in un pento-lino. « Non glielo faccio per meno di Cinquecento » disse. « E un prezzo giusto ». « E allora, chi va a ritirare gli occhiali di Eugenia? » domandö zi' Nunzia uscendo dallo sgabuzzino. Aveva, sopra la camicia, una gonna scucita, ai piedi le ciabatte. Dalla camicia, le uscivano le spalle puntute, grigie come pietre. Si stava asciugando la faccia in un tovagliolo. « Io, per me, non ci posso andare, e Rosa e malata...». Senza che nessuno Ii vedesse, i grandi occhi quasi ciechi di Eugenia si riempirono di lacrime. Ecco, forse sarebbe passata un'altra giornata senza che a-vesse i suoi occhiali. Andö vicino al letto della madre, abbandonö le braccia e la fronte sulla coperta, in un atteggiamento compassionevole. Una mano di donna Rosa si allungö a carezzarla. « Ci vado io, Nunzia, non vi scaldate... anzi, uscire mi farä bene... ». « Mamma... ». Eugenia le baciava una mano. Alle otto, c'era una grande animazione nel cortile. Rosa era uscita in quel momento dal portone, alta figura allampanata, col cappotto nero, senza spalline, pieno di macchie e corto da scoprirle le gambe simili a bastoncini di legno, la borsa della spesa sotto 21 il braccio, perché al ritorno dall'occhialaio av comprato il pane. Don Peppino, con una lunga^ in mano, stava togliendo l'acqua di mezzo al c^ fatica inutile perché il mastello ne dava cont/^' mente, come una vena aperta. Lá dentro c'er^ panni di due famiglie: le sorelle Greborio, del nrn°1 piano, e la moglie del cavaliere Amodio, che av^0 avuto un bambino due giorni avanti. Era appUntJja serva della Greborio, Lina Tarallo, che stava sbatten do i tapped a un balconcino, con un fracasso terribi le. La polvere scendeva a poco a poco, mista a vera immondizia, come una nuvola, su quella povera gen-te, ma nessuno ci faceva caso. Si sentivano strilli acutissimi e pianti: era zi' Nunzia che, dal basso, chiamava a testimoni tutti i santi per affermare ch'e-ra stata una disgraziata, e la causa di tutto questo era Pasqualino che piangeva e urlava come un dannato perché voleva andare dietro alia mamma. « Vedete-lo, questo sforcato! » gridava zi' Nunzia. « Madonna bella, fatemi la grazia, fatemi morire, ma subito, se ci state, tanto in questa vita non stanno bene che i ladri e le male femmine ». Teresella, piu piccola di suo fratello, perché era nata l'anno che il re era andato via, seduta sulla soglia di casa, sorrideva, e, ogni tanto, leccava un cantuccio di pane che aveva trovato sotto una sedia. Seduta sullo scalino di un altro basso, quello ch Mariuccia la portinaia, Eugenia guardava un pezzo di giornale per ragazzi, ch'era caduto dal terzo piano, con tante figurine colorate. Ci stava col naso sopra, perché se no non leggeva le parole. Si vedeva un fiumiciattolo azzurro, in mezzo a un prato che non finiva mai, e una barca rossa che andava... anda-va... chissá dove. Era scritto in italiano, e per questo lei non capiva troppo, ma ogni tanto, senza un moti-vo, rideva. « Cosi, oggi ti metti gli occhiali? » disse Mariuccia, affacciandosi alle sue spalle. Tutti, nel cortile, 1° sapevano, e perché Eugenia non aveva resistito alia 22 tentazione di rac< aveva trovato ne famiglia, lei spei « Te li ha fatti sorridendo bona quasi nana, con i quel momento s neri, che le arrivi cose che attestass pettinava lentam di topo, furbi e « Mammá li ě Eugenia con uno mo pagati ottom ě... » stava aggiu zi' Nunzia, affac « Eugenia! ». « Eccomi qua, Dietro la zia, con una smorfia aspettava. « Vammi a co l'una, da don Vi « Si, zia ». Prese i soldi ne nale, e usci lesta Per un vero m alto come una t stava venendo ac rettiere, con la fr dalla bocca gli u la... fresca », stra canto d'amore. £ alzando in alto bagliore caldo, a pero vederla ch intorno. Carret con americani vc finestrino, bici &a Sen*. lei r> I he aveva >Punto la 1 fatten. ° terribi. lta a vera ^era gen-no strilli al basso, iare ch'e-uesto era dannato < Vedete-tfadonna bito, se ci he i ladri la di suo a andato • e, ogni a trovato }uello di an pezzo erzo pia-col naso Ji vedeva rato che ... anda-r questo un moti- ariuccia, jrtile, lo jtito alia tentazione di raccontarlo, e anche perche zi' Nunzia aveva trovato necessario far capire che, in quella famiglia, lei spendeva del suo... e che insomma... « Te li ha fatti la zia, eh? » soggiunse Mariuccia, sorridendo bonariamente. Era una donna piccola, quasi nana, con un viso da uomo, pieno di baffi. In quel momento si stava pettinando i lunghi capelli neri, che le arrivavano al ginocchio: una delle poche cose che attestassero che era anche una donna. Se li pettinava lentamente, sorridendo coi suoi occhietti di topo, furbi e buoni. « Mamma li e andati a ritirare a via Roma » disse Eugenia con uno sguardo di gratitudine. « Li abbia-mo pagati ottomila lire, sapete? Vive vive... La zia e... » stava aggiungendo « proprio buona», quando zi' Nunzia, affacciandosi al basso, chiamo inviperita: « Eugenia! ». « Eccomi qua, zia! » e corse come un cane. Dietro la zia, Pasqualino, tutto rosso e sbalordito, con una smorfia terribile, tra lo sdegno e la sorpresa, aspettava. « Vammi a comprare due caramelle da tre lire l'una, da don Vincenzo il tabaccaio. Torna subito! ». « Si, zia ». Prese i soldi nel pugno, senza piu curarsi del gior-nale, e usci lesta dal cortile. Per un vero miracolo scanso un carro di verdura alto come una torre e tirato da due cavalli, che le stava venendo addosso all'uscita dal portone. II car-rettiere, con la frusta sguainata, sembrava cantasse, e dalla bocca gli uscivano intanto queste parole: « bel-la... fresca », strascicate e piene di dolcezza, come un canto d'amore. Quando il carro fu alle sue spalle, lei, alzando in alto i suoi occhi sporgenti, scorse quel bagliore caldo, azzurro, ch'era il cielo, e senti, senza pero vederla chiaramente, la gran festa che e'era intorno. Carretti, uno dietro l'altro; grossi camion con americani vestiti di giallo che si sporgevano dal finestrino, biciclette che sembrava rotolassero. In al- 23 to, i balconi erano tutti ingombri di cassette fW alle inferriate penzolavano, come gualdrappe }^ vallo, come bandiere, coperte imbottite gialle e ro ^ straccetti celesti di bambini, lenzuola, cuscini e m?' rasse esposti all' aria, e si snodavano le corde H • canestri che scendevano in fondo al vicolo per ritira re la verdura o il pesce offerto dai venditori ambu lanti. Benche il sole non toccasse che i balconi piü ahi (la strada era come una spaccatura nella massa disor-dinata delle case), e il resto non fosse che ombra e immondizia, si presentiva, lä dietro, l'enorme festa della primavera. E pur cosi piccola e scialba, legata come un topo al fango del suo cortile, Eugenia co-minciava a respirare con una certa fretta, come se quell'aria, quella festa e tutto quell'azzurro ch'erano sospesi sul quartiere dei poveri, fossero anche cosa sua. Mentre entrava dal tabaccaio, la sfiorö il paniere giallo della serva di Amodio, Buonincontri Rosaria. Era grassa, vestita di nero, con le gambe bianche e il viso acceso, pacifico. « Di' a mammä se oggi puö salire un momento sopra, la signora Amodio le deve fare un'ambascia-ta ». Eugenia la riconobbe alla voce. « Ora non ci sta. E andata a via Roma a ritirarmi gh occhiali». « Io pure me Ii dovrei mettere, ma il mio fidanzato non vuole ». Eugenia non afferrö il senso di quella proibizione. Rispose solo, ingenuamente: « Costano assai assai, bisogna tenerli riguardati »• Entrarono insieme nel buco di don Vincenzo. C e-ra gente. Eugenia era respinta sempre indietro. « Fatti avanti... sei proprio cecata » osservö con un bonario sorriso la serva di Amodio. « Ma zi' Nunzia ora le fa gli occhiali » intervenne, strizzando l'occhio, con aria d'intesa scherzosa, don Vincenzo che aveva sentito. Anche lui portava gli occhiali. « Alla tua etä, » dis« vedevo come un gattc nonna mi voleva seri invecchiato ». Eugenia assenti vaj « Le mie compagn disse. Poi, rivolta alla ] che per don Vincenz una parte e dieci dall' tolineö dolcemente. « Vedi quanto sei fc ridendo, e a Rosaria: « Povera creatura! * mentre Eugenia usch che l'ha rovinata. In q Rosa ha i dolori nellt grosso, e un pacchett « Sarete servita ». « Che mattinata, eh giä Testate ». Camminando piü ; Eugenia cominciö a s: conto, una delle due bocca. Sapeva di limo perduta per la strad contenta, non le imp sarebbe arrabbiata. S riconobbe Luigino. « Sei proprio cecata gli occhiali? ». « Mammä e andat « Io non sono anda perche non ce ne an « Sei pazzo! Oggi Luigino la guarda me un salvadanai zante. r i di cassette fiorite le gualdrappe di ^ bottite gialle e roSSe uola, cuscini e mate' avano le corde dei 3 al vicolo per ritira-iai venditori ambu-che i balconi piu alti -a nella massa disor- fosse che ombra e itro, l'enorme festa ola e scialba, legata :ortile, Eugenia co-»rta fretta, come se -ll'azzurro ch'erano fossero anche cosa >, la sfioro il paniere onincontri Rosaria. gambe bianche e il .alire un momento ; fare un'ambascia- í fare í^oma a ritirarmi gli ma il mio fidanzato quella proibizione. enerli riguardati»-don Vincenzo. C'e-sempre indietro. » osservô con un io. :hi; iali» intervenne, esa scherzosa, don e lui portava gli oc- « Alla tua etä, » disse porgendole le caramelle « ci vedevo come un gatto, infilavo gli aghi di notte, mia nonna mi voleva sempre appresso... Ma ora sono invecchiato ». Eugenia assenti vagamente. « Le mie compagne... nessuna tengono le lenti» disse. Poi, rivolta alla Buonincontri, ma parlando anche per don Vincenzo: « Io sola... Nove diottrie da una parte e dieci dall'altra... sono quasi cecata! » sot-tolineö dolcemente. « Vedi quanto sei fortunata... » disse don Vincenzo ridendo, e a Rosaria: « Quanto di sale? ». « Povera creatura! » commento la serva di Amodio mentre Eugenia usciva, tutta contenta. « E l'umiditä che ľha rovinatá. In quella casa ci chiove. Ora donna Rosa ha i dolori nelle ossa. Datemi un chilo di sale grosso, e un pacchetto di quello fino... ». « Sarete servita ». « Che mattinata, eh, oggi, don Vincenzo? Sembra giä ľestate ». Camminando piú adagio di quando era venuta, Eugenia cominciô a sfogliare, senza rendersene ben conto, una delle due caramelle, e poi se la infilö in bocca. Sapeva di limone. « Dico a zi' Nunzia che ľho perduta per la strada » propose dentro di sé. Era contenta, non le importava se la zia, cosi buona, si sarebbe arrabbiata. Si senti prendere una mano, e riconobbe Luigino. « Sei proprio cecata! » disse ridendo il ragazzo. « E gli occhiali? ». « Mamma ě andata a prenderli a via Roma ». « Io non sono andato a scuola, ě una bella giornata, perché non ce ne andiamo a camminare un poco? ». « Sei pazzo! Oggi debbo stare buona... ». Luigino la guardava e rideva, con la sua bocca come un salvadanaio, larga fino alle orecchie, sprez-zante. 25 J A W «Tutta spettinata... ». Istintivamente, Eugenia si porto una man0 ai pelli. «Io non ci vedo buono, e mamma non ti tempo » rispose umilmente. en« «Come sono questi occhiali? Col filo dorato) s'informo Luigino. «Tutto dorato! » rispose Eugenia mentendo «iu centi lucenti! ». « Le vecchie portano gli occhiali» disse Luigino « Anche le signore, le ho viste a via Roma ». « Quelli sono neri, per i bagni» insiste Luigino. « Parli per invidia. Costano ottomila lire... ». «Quando li hai avuti, fammeli vedere» disse Luigino. « Mi voglio accertare se il filo e proprio dorato... sei cosi bugiarda... » e se ne ando per i fatti suoi, fischiettando. Rientrando nel portone, Eugenia si domandava ora con ansia se i suoi occhiali avrebbero avuto o no il filo dorato. In caso negative), che si poteva dire a Luigino per persuaderlo ch'erano una cosa di valo-re? Pero, che bella giornata! Forse mamma stava per tornare con gli occhiali chiusi in un pacchetto... Fra poco li avrebbe avuti sul viso... avrebbe... Una furia di schiaffi si abbatte sulla sua testa. Una vera rovina. Le sembrava di crollare; inutilmente si di-fendeva con le mani. Era zi' Nunzia, naturalmente, infuriata per il ritardo, e dietro zi' Nunzia, Pasqua-lino, come un ossesso, perche non credeva piu alia storia delle caramelle. « Butta il sangue!... Tieni!-Brutta cecata!... E io che ho dato la vita mia per questa ingratitudine... Finire male, devi! Ottomila lire, vive vive! II sangue mi tolgono dalle vene, questi sforcati... ». Lascio cadere le mani solo per scoppiare in un gran pianto. « Vergine Addolorata, Gesu mio, per le Piaghe del vostro costato, fatemi morire!... ». Anche Eugenia piangeva, dirottamente. « A zi, perdonatemi... 'a zi'... ». 26 « Uh... uh... uh. spalancata. « Povera creatu dando \\cmo a E scondere la faccia davanti al dispiac sta, Nunzia... caln ni le caramelle? » Eugenia rispos l'altra nella manir nevo fame ». Prima che la zia addosso alia bamt dal terzo piano, ( placidamente, soc « Nunziata! ». Zi' Nunzia levc quello della Mad< capo del letto sue « Oggi e il pri Dio ». « Marchesa, qu mi fanno fare tan ma, io... ». E croll mani di faticaton « Vostro fratell « Povera zia, es, ringrazi... » dicev, tremava. « Sissignora, ec che fino a quel n dietro la porta de ti al fornello dov< « Potete salire? « Mia moglie e genia... io sto bad re, se non vi disp « Allora, mand; stito per Nunzia "lano j ai má Sis filo *at0>, lentend0<»- « Ve lo siete tolto nuovo nuovo! » disse ^uS^n|n piantando il naso sul vestito verde steso sul sota cucina, mentre la marchesa andava cercando u giornale vecchio per involtarlo. La D'Avanzo pensö che la bambina non ci vedeva davvero, perche se no si sarebbe accorta che il vestito era vecchissimo e pieno sorella morta), ma si aster dopo un momento, menti le, domandö: « E gli occhiali te li ha « Col filo dorato. Costa d'un fiato Eugenia, comm ta al pensiero del privile^ sono quasi cecata » aggiu « Secondo me, » fece la dolcezza il vestito nel gi< pacco perche una manica poteva risparmiare. Ho v; un negozio all'Ascension Eugenia si fece di fuocc dispiaciuta. « Ognuno nel mo limitare... » l'aveva se lando con donna Rosa ch« lamentarsi c >rse non erano bu trie... » ribatte timidamer La marchesa inarcö u fortuna non lo vide. « Erano buoni, ti dico. germente piü dura la D\ mia, » disse piü dolceme guai di casa tua. Con s compravate il pane per d A te, che ti serve veder intorno!... ». Un silenzio « Nossignora ». « Qualche volta, invec bro. Anche bugiarda, fi Eugenia non rispose p razione, fissava gli occh « E seta? » domandö s La marchesa la guarc « Non te lo meriti, ma disse a un tratto, e si av si fermava a «Forse non lei se 28 TSe ch* eSs, dirc 0 stupito P^d,^t. 1 Hoi ^ ' e Or^ . e che So^H, ldal naso-o°nr:; r^ marches *• he -osa nel erano fissi fiSsito' >bediente. ,e e nmani fuori la * disse zi' Nunzia, loaquella creatu-to, quanto e vero nto tuttoilsangue 0 devo combatte-andata, lo vede-ate. « A volte, mi >no sfogare, » rime innocenti. A-uando li vedo, e ■ quale a noi... » via una foglia di ie cosa fa Dio »• » disse Eugenia steso sul sofa in va cercando un Ja non ci vedeva >rta che il vestito era vecchissimo e pieno di rammendi (era di sua sorella morta), ma si astenne dal far commenti. Solo dopo un momento, mentre veniva avanti col giorna-le, domando: « E gli occhiali te li ha fatti la zia? Sono nuovi? ». « Col filo dorato. Costano ottomila lire,» rispose d'un fiato Eugenia, commuovendosi ancora una vol-ta al pensiero del privilegio che le toccava « perche sono quasi cecata » aggiunse semplicemente. « Secondo me, » fece la marchesa, involtando con dolcezza il vestito nel giornale, e poi riaprendo il pacco perche una manica veniva fuori « tua zia se le poteva risparmiare. Ho visto degli occhiali ottimi, in un negozio allAscensione, per sole duemila lire». Eugenia si fece di fuoco. Capi che la marchesa era dispiaciuta. « Ognuno nel suo rango... tutu ci dobbia-mo limitare... » l'aveva sentita dire tante volte, par-lando con donna Rosa che le portava i panni lavati, e si fermava a lamentarsi della penuria. « Forse non erano buoni... io tengo nove diot-trie... » ribatte timidamente. La marchesa inarco un ciglio, ma Eugenia per fortuna non lo vide. « Erano buoni, ti dico... » si ostino con la voce leg-germente piu dura la D'Avanzo. Poi si penti. « Figlia mia, » disse piu dolcemente « parlo cosi perche so i guai di casa tua. Con seimila lire di differenza, ci compravate il pane per dieci giorni, ci compravate... A te, che ti serve veder bene? Per quello che tieni intorno!... ». Un silenzio. « A leggere, leggevi? ». « Nossignora ». « Qualche volta, invece, ti ho vista col naso sul li-bro. Anche bugiarda, figlia mia... non sta bene...». Eugenia non rispose piu. Provava una vera dispe-razione, fissava gli occhi quasi bianchi sul vestito. « E seta? » domando stupidamente. La marchesa la guardaya, riflettendo. « Non te lo meriti, ma ti voglio fare un regaluccio » disse a un tratto, e si avvio verso un armadio di legno 29 4 bianco. In quel momento il campanello del ch'era nel corridoio, comincio a squillare ■ 0 d'aprire l'armadio la D'Avanzo usci per riSp *nV| all'apparecchio. Eugenia, oppressa da quelle?^, non aveva neppure sentito la consolante allV^ della vecchia, e appena fu sola si mise a guardnt intorno come le consentivano i suoi poveri 0 Í Quante cose belle, fini! Come nel negozio d[ Roma! E Ii, proprio davanti a lei, un balcone aperj con tanti vasetti di fiori. Usci sul balcone. Quant'aria, quanto azzurro! case, come coperte da un velo celeste, e giu il vicolo come un pozzo, con tante formiche che andavanoe venivano... come i suoi parenti... Che facevano? Dove andavano? Uscivano e rientravano nei buchi, por-tando grosse briciole di pane, questo facevano, ave-vano fatto ieri, avrebbero fatto domani, sempre... sempre. Tanti buchi, tante formiche. E intorno, quasi invisibile nella gran luce, il mondo fatto da Dio, col vento, il sole, e laggiu il mare pulito, grande... Stava li, col mento inchiodato sui ferri, improvvisamente pensierosa, con un'espressione di dolore che la im-bruttiva, di smarrimento. Suonö la voce della mar-chesa, placida, pia. Teneva in mano, nella sua liscia mano d'avorio, un librettino foderato in cartone ne-ro, con le lettere dorate. « Sono pensieri di santi, figlia mia. La gioventu, oggi, non legge niente, e per questo il mondo ha cambiato strada. Tieni, te lo regalo. Ma mi devi pro-mettere di leggerne un poco ogni sera, ora che ti sei fatti gli occhiali». « Sissignora » disse Eugenia frettolosamente, ar-rossendo di nuovo perché la marchesa l'aveva trova-ta sul balcone, e prese il libretto che essa le dava. La D'Avanzo la guardö compiaciuta. «Iddio ti ha voluto preservare, figlia mia! » disse andando a prendere il pacchetto col vestito e met-tendoglielo tra le mani. « Non sei bella, tutt'altro, e sembri giä una vecchia. Iddio ti ha voluto predilige- 30 re, perché cosi non avr santa, come le tue sore Senza che queste pz perché da tempo era g parata a una vita priva stesso un turbamento. 1 che il sole non brillass pensiero degli occhiali vagamente, coi suoi oc mare, dove si stendev colore verde smorto, L pä » proseguiva intan terasso del bambino o telefonáte mia cugina, no ». « Io pure, una volta Eugenia, rianimandos incantata, da quella pa « Si? veramente? ». I per lei quel nome non maestä della sua perse che ancora si voltava ví porta che chiuse adagi Fu mentre scendeva cortile, che quell'ombr te da qualche momen s'aperse a un riso di gio arrivare sua madre. N sua logora, familiäre sedia, e le corse incon « Mamma! Gli occhi « Piano, figlia mia, r Subito, si fece una Mariuccia, don Peppii era fermata a riposarsi ciare le scale, la serva quel momento, e, inuti la, che volevano veder !ungando le mani. lre' e 'So °Veri oS? e aPert0) izzurrof t in il • ^e toJr Vlcolo> ^no? Do-buchi, por. ívano, ave- sempře... orno, qua-da Dio, col de... Stava visamente che la im-lella mar- sua liscia irtone ne- gioventu, londo ha devi pro-che ti sei ente, ar-va trova-dava. La ia! » dis-o e meť L'akro, e redilige- re, perche cosi non avrai occasioni di male. Ti vuole santa, come le tue sorelle! ». Senza che queste parole la ferissero veramente, perche da tempo era giä come inconsciamente pre-parata a una vita priva di gioia, Eugenia ne provö lo stesso un turbamento. E le parve, sia pure un attimo, che il sole non brillasse piü come prima, e anche ii pensiero degli occhiali cessö di rallegrarla. Guardava vagamente, coi suoi occhi quasi spend, un punto del mare, dove si stendeva come una lucertola, di un colore verde smorto, la terra di Posillipo. « Di' a papa » proseguiva intanto la marchesa «che pel ma-terasso del bambino oggi non se ne fa niente. Mi ha telefonato mia cugina, starö a Posillipo tutto il gior-no ». «Io pure, una volta, ci sono stata...» cominciava Eugenia, rianimandosi a quel nome e guardando, incantata, da quella parte. « Si? veramente? ». La D'Avanzo era indifferente, per lei quel nome non significava nulla. Con tutta la maestä della sua persona, accompagnö la bambina, che ancora si voltava verso quel punto luminoso, alia porta che chiuse adagio alle sue spalle. Fu mentre scendeva l'ultimo gradino, e usciva nel cortile, che quell'ombra che le aveva oscurato la fronte da qualche momento scomparve, e la sua bocca s'aperse a un riso di gioia, perche Eugenia aveva visto arrivare sua madre. Non era difficile riconoscere la sua logora, familiäre figura. Getto il vestito su una sedia, e le corse incontro. « Mamma! Gli occhiali! ». « Piano, figlia mia, mi buttavi a terra! ». Subito, si fece una piccola folia intorno. Donna Mariuccia, don Peppino, una delle Greborio, che si era fermata a riposarsi su una sedia prima di comin-ciare le scale, la serva di Amodio che rientrava in quel momento, e, inutile dirlo, Pasqualino e Teresel-la, che volevano vedere anche loro, e strillavano al-Jungando le mani. Nunziata, dal canto suo, stava 31 osservando il vesiko che aveva tolto dal giornal^ „n viso deluso. .... < Guardate, Manucc.a, nu sembra roba vecchi,. ,ai e tutto consumato sotto le braccia! >> dlssea* standosi al gruppo. Ma chi le badava In quel ^ memo, donna Rosa si togheva dal collo del~ Fastucdo degli occhiali, e con cura mfimta 10 ----------cvvtcivctr m qUc mento, donna Rosa si toglieva dal collo del 1'astuccio degli occhiali, e con cura infinita 10 va. Una specie ďinsetto lucentissimo, con due o^il grandi grandi e due anténně ricurve, scintilló in raggio smorto di sole, nella mano lunga e rossa!! donna Rosa, in mezzo a quella pověra gente ammi rata. « Ottomila lire... una cosa cosi! » fece donna Rosa guardando religiosamente, eppure con una specie di rimprovero, gli occhiali. Poi, in silenzio, li posó sul viso di Eugenia, che estatica tendeva le mani, e le sistemó con cura quelle due anténně dietro le orecchie. « Mo' ci vedi?» do-mandó accorata. Eugenia, reggendoli con le mani, come per paura che glieli portassero via, con gli occhi mezzo chiusi e la bocca semiaperta in un sorriso rapito, fece due passi indietro, cosi che andó a intoppare in una sedia. « Auguri! » disse la serva di Amodio. « Auguri! » disse la Greborio. « Sembra una maestra, non ě vero? » osservó com-piaciuto don Peppino. « Neppure ringrazia! » fece zi' Nunzia, guardando amareggiata il vestito. « Con tutto questo, auguri! »• « Tiene paura, figlia mia! » mormoró donna Rosa, avviandosi verso la porta del basso per posare la roba. « Si ě messi gli occhiali per la prima volta. * disse alzando la těsta al balcone del primo piano, dove si era affacciata 1'altra sorella Greborio. « Vedo tutto piccolo piccolo » disse con una voce strana, come se venisse di sotto una sedia, Eugenia-« Nero nero ». « Si capisce; la leňte ě doppia. Ma vedi bene- * chiese don Peppino. « Questo ě 1'importante. Si e 32 messi gli occhiali j rivolto al cavalien nale aperto in m; « Vi a wer to » c aver fissato per u un gatto, Eugenia Ho trovato delle E si allontano cu dove c'era notizia ni, che lo interes Eugenia, semp ni, andö fino al vicolo della Cupí la těsta, e non \ labbra bianche v mutava in una balconi comincia tomila; i carrett addosso; le voci frustate, le colpi si volse barcollai le impressione a cortile, con la pu di miserabili bal lumi brillanti a c ciato bianco di i pezzi di car ta, i gruppo di cristi; rati dalla miseri davano amoros; confondersi, a i so, gridando, ne li- Fu Mariuccia bina stava male perché Eugen si, vomitava. * Le hanno °itodaJ >ra roba ici 5S,I»<>, con due apri curve, scintiu'0^. povera|ente0SSad> di ammi. i-f » fece don na Rosa ^econ una specied, iso di Eugenia, die emo con cura quelle « Mo' ci vedi?» doni, come per paura cchi mezzo chiusie so rapito, fece due ppare in una sedia. imodio. rcro? » osservó com- Nunzia, guardand0 0 questo, auguri 1 moro donna R°sia' >asso per Posa\fa er la prima vc^a e del primo piaIJ llaGreborio. ^ disse con una tia sedia, Eu£ . Ma vedi be^ la 1'importante. frön* messi gli occhiali per la prima volta » disse anche lui, rivolto al cavaliere Amodio che passava con un gior-nale aperto in mano. « Vi avverto » disse il cavaliere a Mariuccia, dopo aver fissato per un momento, come fosse stata solo un gatto, Eugenia « che la scala non ě stata spazzata... Ho trovato delle spine di pesce davanti alia porta! ». E si allontanö curvo, quasi chiuso nel suo giornale, dove c'era notizia di un progetto-legge per le pensions che lo interessava. Eugenia, sempre tenendosi gli occhiali con le máni, andö fino al portone, per guardare fuori, nel vicolo della Cupa. Le gambe le tremavano, le girava la testa, e non provava piu nessuna gioia. Con le labbra bianche voleva sorridere, ma quel sorriso si mutava in una smorfia ebete. Improvvisamente i balconi cominciarono a diventare tanti, duemila, cen-tomila; i carretti con la verdura le precipitavano addosso; le voci che riempivano l'aria, i richiami, le frustate, le colpivano la testa come se fosse malata; si volse barcollando verso il cortile, e quella terribi-le impressione aumentö. Come un imbuto viscido il cortile, con la punta verso il cielo e i muri lebbrosi fitti di miserabili balconi; gli archi dei terranei, neri, coi lumi brillanti a cerchio intorno all'Addolorata; il sel-ciato bianco di acqua saponata, le foglie di cavolo, i pezzi di carta, i rifiuti, e, in mezzo al cortile, quel gruppo di cristiani cenciosi e deformi, coi visi butte-rati dalla miseria e dalla rassegnazione, che la guar-davano amorosamente. Cominciarono a torcersi, a confondersi, a ingigantire. Le venivano tutti addosso, gridando, nei due cerchietti stregati degli occhiali. Fu Mariuccia per prima ad accorgersi che la bam-bina stava male, e a strapparle in fretta gli occhiali, perché Eugenia si era piegata in due e, lamentando-si, vomitava. « Le hanno toccato lo stomaco! » gridava Mariuc- 33 '\^" NT» reggendole la fronte. « Portate un acino ^ cia Nunziata « Ottomila lire, vive vive! » gridava con ai-fuor della testa zi' Nunzia, correndo nel bass °Ccl scare un chicco di caffe in un barattolo sulla °a^ za; e levava in alto gli occhiali nuovi, come pe^1 dere una spiegazione a Dio. « E ora sono anch^ rliati « Fa sempre cosi, la prima volta » diceva tranquil mente la serva di Amodio a donna Rosa. «Noir dovete impressionare; poi a poco a poco si abitua» « E niente, figlia, e niente, non ti spaventare!». ty5 donna Rosa si sentiva il cuore stretto al pensiero di quanto erano sfortunati. Tornö zi' Nunzia col caffe, gridando ancora: «0t-tomila lire, vive vive! » intanto che Eugenia, pallida come una morta, si sforzava inutilmente di rovescia-re, perche non aveva piü niente. I suoi occhi spor-genu erano quasi torti dalla sofferenza, e il suo viso di vecchia inondato di lacrime, come istupidito. Si appoggiava a sua madre e tremava. « Mamma, dove stiamo? ». « Nel cortile stiamo, hglia mia » disse donna Rosa pazientemente; e il sorriso finissimo, tra compassio-nevole e meravigliato, che illuminö i suoi occhi, im-provvisamente rischiarö le facce di tutta quella pove-ra gente. « E mezza cecata! ». « E mezza scema, e! ». « Lasciatela stare, povera creatura, e meravigh* ta » fece donna Mariuccia, e il suo viso era torvo o1 compassione, mentre rientrava nel basso che le pare' va piü scuro del solito. Solo zi' Nunzia si torceva le mani: « Ottomila lire, vive vive! ». INTERNO Anastasia Finizio, la fi Finizio e del fu Ernesto, parrucchieri di Chiaia, e ritirato in un recinto solej tero di Poggioreale, era r sa grande (era il giorno degli Angeli, a Monte di 1 va a togliersi il cappello. Finizio, con la stessa eleg: in contrasto con lo squallc za delle loro figure cavall tro per la camera da letto Anna, non riuscendo a o zione. Solo pochi minuti f e pace, freddezza e rasse donna giunta alia soglia ( perduto, quasi senza accc un bene personále, ed ess niente a una vita da uom» tabilitá, lavoro. Aveva u dove suo padre aveva pet di Napoli, e con quello po 34