AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA: IL PAESAGGIO AFRICANO SENZA L'UOMO Author(s): Lucia Piccioni Source: Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz , 59. Bd., H. 1, Visualizing Otherness in Modern Italy (XIX–XX Century) (2017), pp. 108-123 Published by: {kif}, Kunsthistorisches Institut in Florenz, Max-Planck-Institut Stable URL: https://www.jstor.org/stable/10.2307/26397458 REFERENCES Linked references are available on JSTOR for this article: https://www.jstor.org/stable/10.2307/26397458?seq=1&cid=pdf- reference#references_tab_contents You may need to log in to JSTOR to access the linked references. JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact support@jstor.org. Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at https://about.jstor.org/terms Kunsthistorisches Institut in Florenz, Max-Planck-Institut is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms ____ 1 Fides Testi Stagni, Rifornimento nel deserto, ca. 1931. Trento, Museo Aeronautico Gianni Caproni This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms | 109 Il conflitto tra l’Italia e l’Etiopia, iniziato il 3 ottobre 1935, incarna per Filippo Tommaso Marinetti l’avvento della guerra futura acclamata fin dal 1909 nel primo manifesto del futurismo. La celebre definizione della guerra come “sola igiene del mondo”1 rimane un concetto chiave dell’estetica dell’aerofuturismo, che coincide con la seconda fase del movimento. Se gli storici dell’arte riconoscono il rapporto tra aeropittura e aviazione nel momento in cui quest’ultima diviene l’arma prediletta del regime mussoliniano, i legami ideologici tra futurismo e fascismo restano un argomento tangente.2 L’opinione predominante si allinea con gli studi di Enrico Crispolti, che alla fine degli anni cinquanta conia il termine “Secondo Fu- turismo”.3 Crispolti insiste sul carattere avanguardista dell’aeropittura, in grado di allontanare, a suo parere, il futurismo da ogni implicazione con il regime fa- scista.4 E se egli ammette alcuni “episodi circoscritti di collusione”, quest’ultimi avrebbero avuto, secondo lui, “ben poca importanza rispetto alla positiva azione di difesa della tradizione culturale moderna d’avanguardia compiuta dai futuristi negli anni Venti e 1 Il concetto compare per la prima volta in Filippo Tommaso Marinetti, “Manifeste du Futurisme”, in: Le Figaro, 20 febbraio 1909, p. 1. 2 Cfr. Volare! Futurismo, aviomania, tecnica e cultura italiana del volo 1903–1940, cat. della mostra Milano 2003, a cura di Anna Maria Andreoli/Giovanni Caprara/Elena Fontanella, Roma 2003; Enrico Crispolti, Il Secondo futurismo: Torino, 1923–1938. 5 pittori + 1 scultore. Fillia, Mino Rosso, Diulgheroff, Oriani, Alimandi, Costa, Torino 1961; idem, Futurismo: mostra didattica, cat. della mostra, Roma 1976, pp. 225–246; Futurismo 1909–1944: arte, architettura, spettacolo, grafica, letteratura…, cat. della mostra Roma 2001, a cura di idem, Milano 2001. Cfr. idem, “Svolgimenti del Futurismo”, in: Gli annitrenta: arte e cultura in Italia, cat. della mostra, a cura di Renato Barilli et al., Milano 1982, pp. 175–184. 3 Enrico Crispolti, “Appunti sul problema del Secondo Futurismo nella cultura italiana fra le due guerre”, in: Notizie – Arti figurative, II (1958), 5, pp. 34–51; ripreso in idem, “Il problema del ‘Secondo’ futurismo nella cultura italiana fra le due guerre”, in: Il mito della macchina e altri temi del futurismo, Trapani 1969, pp. 245–267. 4 Ibidem. AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA IL PAESAGGIO AFRICANO SENZA L’UOMO Lucia Piccioni This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms 110 | LUCIA PICCIONI | Trenta”.5 I lavori più recenti concordano con questa tesi, tralasciando generalmente la dimensione politica degli aeropaesaggi a favore di un’analisi formale che si fonda sulla nozione tanto generale quanto imprecisa di ‘avanguardia’.6 Il fervore dei futuristi per la guerra etiope costituisce un caso di studio particolarmente interessante per analizzare il valore politico dell’aeropittura. Malgrado l’importante lavoro compiuto dagli storici che hanno sottolineato le radici storiche, il programma e le implicazioni razziali del colonialismo fascista,7 sporadici rimangono fino a oggi gli studi sulla produzione artistica legata alla guerra etiope. I lavori di Cinzia Sartini Blum e Marja Härmän- maa8 sulla figura di Marinetti hanno analizzato la violenza del suo discorso coloniale, negligendo tuttavia l’importante corpus iconografico aerofuturista degli anni trenta. Gianni Franzone nell’articolo “ ‘L’Africa generatrice e ispiratrice di poesia e arti’ (F. T. Marinetti, 1938)”9 , del 2001, offre una prima importante recensione del tema africano trattato dai futuristi. Egli ricostruisce minuziosamente la loro presenza nelle mostre ufficiali mettendo in luce le convergenze ideologiche tra Secondo futurismo e colonialismo, senza tuttavia analizzare il significato ideologico degli aero- paesaggi. Nel catalogo generale del Museo africano10 (2005), Mariastella Margozzi prende atto della “massiccia presenza degli aeropittori nelle più importanti rassegne artistiche italiane” ma sottolinea il fatto che “né l’opinione pubblica, né la critica né il fascismo” elessero “l’effettiva straordinaria modernità” del futurismo a “fenomeno-guida nell’ambito della cultura italiana, di cui essa rappresentò senz’altro l’aspetto più originale e avanzato”.11 A testimoniare il mancato interesse del regime fascista per il futurismo, Margozzi ricorda che nelle collezioni del Museo africano entrarono solo tre opere futuriste.12 5 Idem, “Appunti sui materiali riguardanti i rapporti fra Futurismo e fascismo”, in: Arte e fascismo in Italia e in Germania, a cura di idem/Berthold Hinz/Zeno Birolli, Milano 1974, pp. 7–61: 54–55. 6 Claudia Salaris, Storia del futurismo: libri giornali manifesti, Roma 1985, pp. 190–257; Giovanni Lista, “Visions aéropicturales”, in: La ville, art et architecture en Europe: 1870–1993, cat. della mostra, Parigi 1994, pp. 207sg.; Ali d’Italia: manifesti e dipinti sul volo in Italia: 1908–1943, cat. della mostra Bologna 2000, a cura di Maurizio Scudiero/Massimo Cirulli, New York 2000; Giovanni Lista, “Vue aérienne et aéropeinture futuriste: une métaphysique de l’espace”, in: La conquête de l’air: une aventure dans l’art du XX e siècle, cat. della mostra Tolosa 2002/03, a cura di Alain Mousseigne, Milano 2002, pp. 88–115; Futurismo! Da Boccioni all’aeropittura, cat. della mostra Mamiano di Traversetolo 2009, a cura di Stefano Roffi, Cinisello Balsamo 2009; Futurismo e aeropittura: velocità e dinamismo dal Trentino alla Sicilia, cat. della mostra, a cura di Flavio Lattuada/Monica Fornaciari, Milano 2009; Giovanni Lista, “Gli anni trenta: l’aeropittura”, in: Futurismo 1909–2009: velocità + arte + azione, cat. della mostra, a cura di idem/Ada Masoero, Milano 2009, pp. 237–271. 7 Sulla politica colonialista del governo fascista vedi in particolare Renzo De Felice, Mussolini il duce, I: Gli anni del consenso: 1929–1936, Torino 1996 (1 1974); Angelo Del Boca, Gli Italiani in Africa orientale, 2: La conquista dell’Impero, Roma/Bari 1979; idem, L’Africa nella coscienza degli Italiani: miti, memorie, errori, sconfitte, Roma/Bari 1992; Enzo Collotti, Fascismo e politica di potenza: la politica estera 1922–1939, Firenze 2000; Nicola Labanca, Oltremare: storia dell’espansione coloniale italiana, Bologna 2000; Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo: le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940–1943), Torino 2003; Le guerre coloniali del fascismo, a cura di Angelo Del Boca, Roma/Bari 2008. 8 Cinzia Sartini Blum, The Other Modernism: F. T. Marinetti’s Futurist Fiction of Power, Berkeley/Los Angeles 1996, p. 147; Marja Härmänmaa, Un patriota che sfidò la decadenza: F. T. Marinetti e l’idea dell’uomo nuovo fascista, 1929–1944, Helsinki 2000. 9 Gianni Franzone, “ ‘L’Africa generatrice e ispiratrice di poesia e arti’ (F. T. Marinetti, 1938)”, in: Parole e immagini futuriste dalla Collezione Wolfson, cat. della mostra New York/San Francisco/Genova 2001, a cura di Silvia Barisione/Matteo Fochessati/Gianni Franzone, Milano 2001, pp. 50– 64. 10 Per la storia di questo museo cfr. Enrico Castelli, “Dal collezionismo etnografico al museo di propaganda: la parabola del Museo coloniale in Italia”, in: L’Africa in vetrina: storie di musei e di esposizioni coloniali in Italia, a cura di Nicola Labanca, Treviso 1992, pp. 107–121; Alessandra Cardelli Antinori, “Il Museo africano: ipotesi per un Museo storico coloniale”, in: Viaggio in Africa: dipinti e sculture delle collezioni del Museo Africano, a cura di Mariastella Margozzi, Roma 1999, pp. 21–24; Mariastella Margozzi, “Per una storia dell’arte coloniale attraverso le esposizioni: formazione e sviluppo delle collezioni di pittura, scultura e grafica del Museo Africano”, in: Dipinti, sculture e grafica delle collezioni del Museo Africano: catalogo generale, a cura di eadem, Roma 2005, pp. 1–25; Francesca Gandolfo, Il Museo Coloniale di Roma (1904–1971): fra le zebre nel paese dell’olio di ricino, Roma 2014. 11 Margozzi (nota 10), p. 16. 12 Si tratta di due opere di Elio Randazzo (Un ascaro; Pozzo nell’oasi) e un’opera di Mario Rispoli (Atmosfera coloniale). Cfr. ibidem. This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms | AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA | 111 pittura futurista”, in: La Gazzetta del Popolo, 22 settembre 1929, p. 3. Sulla genesi di questo manifesto cfr. Massimo Duranti, “Genesi e interpretazioni del Manifesto dell’aeropittura”, in: Futurismo 1909–1944 (nota 2), pp. 213–221. 16 Filippo Tommaso Marinetti, Marinetti e il Futurismo, Roma et al. 1929. 17 Ibidem, pp. 166sg. 13 Renzo De Felice, Mussolini il fascista: l’organizzazione dello Stato fascista (1925– 1929), Torino 1995 (1 1968). 14 Filippo Tommaso Marinetti, “Prospettive di volo e aeropittura”, in: La Gazzetta del Popolo, 22 settembre 1929, p. 3. 15 Giacomo Balla/Filippo Tommaso Marinetti et al., “Manifesto dell’aeroquindi dalla condizione del volo che obbliga il pittore a ritrascrivere il movimento e a sintetizzare il paesaggio piuttosto che a dipingerne dettagliatamente le forme. Sempre nel 1929 è dato alle stampe Marinetti e il Futurismo, una raccolta che associa riedizioni di testi già pubblicati a scritti inediti.16 L’obiettivo è di storicizzare il movimento e, allo stesso tempo, di rilanciarlo sulla scena artistica contemporanea. Il libro si conclude con un breve testo di Marinetti intitolato “Il futurismo e la conflagrazione futura” in cui il poeta incita la gioventù fascista a prendere parte alla guerra futura in vista della conquista di nuovi territori: Ma bisogna alimentare ancora lo spirito del cittadino eroico, amico del pericolo e capace di lotta, poiché occorrerà improvvisare domani gli indispensabili volontari della nuova guerra. Questa, lo ripeto, è certa, forse vicina. Perciò è sempre vivo il grido futurista: glorifichiamo la guerra sola igiene del mondo! […] Noi Futuristi parliamo d’Impero convinti e lieti di batterci domani. Vogliamo preparare la gioventù italiana ad affrontare imperialmente cioè rapacemente la sicura, forse prossima, certo ferocissima conflagrazione. Parliamo d’Impero, perché è venuto per l’Italia il momento di prendere le terre indispensabili. Quasi tutte le razze temono la guerra. L’esuberanza bellicosa della nostra ci vieta di temerla, anzi ci impone di deside- rarla.17 Queste affermazioni si inscrivono di fatto nella svolta colonialista della politica mussoliniana. Nel 1929 la nomina di Dino Grandi a ministro degli Esteri inaugura una fase di maggiore attivismo in politiL’avanguardismo e la modernità del futurismo sono sufficienti per assolverlo da ogni tipo di implicazione ideologica con il fascismo? Il fatto che il futurismo non sia stato scelto come il movimento artistico fascista per eccellenza libera gli artisti da ogni responsabilità? Gli scritti che Marinetti dedica alla guerra e che si moltiplicano nel 1935, alle soglie della campagna etiope, invitano a ripensare il ruolo attivo dei futuristi nel consolidamento dell’ideologia bellica del fascismo. Lo studio delle presentazioni delle sale futuriste nei cataloghi di mostre e l’analisi di manifesti, poemi e articoli diffusi da riviste d’arte e giornali permette inoltre di ritrovare il significato politico dell’aeropittura degli anni 1930–1940, quando i pittori futuristi celebrano le sintesi pittoriche degli aeropaesaggi come un atto di conquista e di dominazione che si unisce, il più delle volte, a un sentimento di disprezzo razzista per il popolo etiope. Quando l’arte prepara alla guerra Durante gli anni venti il futurismo era stato messo in disparte da Benito Mussolini. Il Duce aveva in effetti preferito al messaggio rivoluzionario di Marinetti il “ritorno all’ordine” promosso dal gruppo Novecento guidato da Margherita Sarfatti, in accordo con il periodo di ‘normalizzazione’13 e di consolidamento del regime fascista (1922–1929). Nel 1929 Marinetti è nominato Accademico d’Italia e rilancia il movimento futurista sulla scena artistica pubblicando il manifesto dell’aeropittura “Prospettive di volo e aeropittura”.14 Il volo aereo è celebrato come l’esperienza estetica capace di raggiungere “una nuova spiritualità plastica extra-terre- stre”.15 Il carattere astratto degli aeropaesaggi risulta This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms 112 | LUCIA PICCIONI | ca estera.18 I discorsi di Mussolini sulla necessità di trovare una colonia di popolamento si concretizzano all’inizio degli anni trenta, secondo le parole di Angelo Del Boca, in un “programma coloniale di ispirazione sostanzialmente nazionalista, che tende ad assicurare all’Italia un autentico impero coloniale”.19 In vista delle guerre d’espansione, agli inizi degli anni trenta il regime fa dell’aviazione l’arma di punta del fascismo.20 L’aviatore Italo Balbo, nominato nel 1929 ministro dell’Aeronautica, è acclamato come un eroe nazionale dopo aver compiuto la prima traversata italiana dell’Atlantico. Secondo Mario Isnenghi l’aviazione diviene una sorta di metafora del fascismo. Del suo mito, dell’identità in cui idealizza e propaganda se stesso; della sua storia (solo in parte reale, e in più gran parte immaginaria); della sua tensione originaria fra trasgressione e organamento. In tal senso, parlare dell’aviazione vorrà dire parlare, più in generale, del fascismo.21 Marinetti non si lascia sfuggire l’occasione di associare il futurismo all’aviazione. Il tema dell’aereo è presente fin dagli anni di fondazione del movimento ma diviene centrale solo alla fine degli anni venti. Gli aeropaesaggi si distinguono dalle precedenti rappresentazioni dall’alto che troviamo nella storia della pittura per il loro carattere militare. Fin dal Medioevo la ‘visione a volo di uccello’ costituisce un modo di rappresentazione puramente immaginario.22 Più tardi, durante il Rinascimento e in particolare nell’opera 24 Christoph Asendorf, Super Constellation: l’influence de l’aéronautique sur les arts et la culture, Parigi 2013 (1 a ed. tedesca 1997). 25 Filippo Tommaso Marinetti, “La guerra futura”, in: La Gazzetta del Popolo, 20 gennaio 1929, p. 1, ripreso in: Futurismo, 21 (29 gennaio 1933), p. 1. 26 Ibidem. 27 Giulio Douhet, Il dominio dell’aria: saggio sull’arte della guerra aerea, con una appendice contenente nozioni elementari di aeronautica, Roma 1921. Cfr. Marinetti (nota 25). 28 Cfr. Emily Braun, “Shock and Awe: Futurist Aeropittura and the Theories of Giulio Douhet”, in: Italian Futurism 1909–1944: Reconstructing 18 Dino Grandi è nominato il 12 settembre 1929 e rimarrà ministro degli Affari esteri fino al 1932. 19 Del Boca 1979 (nota 7), p. 16. 20 Eric Lehmann, Le ali del potere: la propaganda aeronautica nell’Italia fascista, Torino 2010. 21 Mario Isnenghi, “L’ala fascista”, in: idem, L’Italia del fascio, Firenze 1996, pp. 233–251: 233. 22 Cfr. Giuliana Bruno, Atlante delle emozioni: in viaggio tra arte, architettura e cinema, Milano 2006, p. 160. 23 Giorgio Castelfranco, Il paesaggio di Leonardo, Milano 1953, p. 6. di Leonardo da Vinci, la prospettiva dall’alto diviene una “topografia poetica”.23 Durante il XX secolo, lo sviluppo dell’aviazione trasforma la percezione dello spazio e accende l’interesse degli artisti per il volo: i costruttivisti Kazimir Malevič e László MoholyNagy, il cubista Robert Delaunay e l’architetto Le Corbusier scelgono la vista aerea come fonte d’ispirazione e metafora di un nuovo modo di percepire il mondo.24 L’estetica degli aeropaesaggi futuristi si distingue dalle contemporanee rappresentazioni legate all’aeronautica per il carattere bellico. Nell’articolo intitolato “La guerra futura”25 pubblicato nel 1929 nel giornale La Gazzetta del Popolo, Marinetti dà prova di competenze militari degne di uno stratega. Il poeta si propone di studiare la prima guerra mondiale “per trarne alcuni insegnamenti e poi slanciarsi in una concezione di conflagrazione interamente aviatoria dominata dal tempismo e dalla sorpresa e per questa rapidissima”.26 Egli cita il celebre trattato Il dominio dell’aria (1921) dell’ufficiale dell’aviazione Giulio Douhet,27 uno dei principali teorici del “bombardamento strategico”.28 Secondo le sue teorie, il duplice attacco aereo con esplosivi convenzionali e con ordigni chimici è il mezzo più veloce non solo per dominare il nemico ma per annientarlo. L’evocazione di Marinetti dei principi douhettiani testimonia il suo interesse per gli aspetti tecnici della guerra totale. Egli l’esalta non solo come la matrice della produzione artistica futurista del decennio 1930–1940 ma anche come il fattore capace di accelerare il procesThis content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms | AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA | 113 so di perfezionamento della natura che farà nascere l’“uomo nuovo”.29 Edoardo Sanguineti nota giustamente che “per Marinetti, la guerra industriale non è soltanto l’igiene, ma è la verità del mondo: la verità ultima della natura e della storia”. E conclude sottolineando che “l’apologia estetica della guerra [è] il nodo centrale di Marinetti e di tutta la politica culturale del fascismo (o dei ‘fascismi’), e, per questa via, il compimento dell’arte per l’arte”.30 Colonizzare attraverso l’arte: la guerra d’Etiopia Alla luce del messaggio bellico di conquista che anima il Secondo futurismo, non stupisce la presenza dei futuristi nelle mostre coloniali del 1931 e del 1934/35.31 L’arte è impiegata dal regime fascista per costruire il suo mito coloniale32 e questi due eventi rappresentano, secondo le parole di Nicola Labanca, “un’occasione assai più coinvolgente di ogni conoscenza libresca o pubblicistica [per] ‘avvicinare’ l’Africa”.33 Nel 1931, la I a mostra internazionale d’arte coloniale promuove le ambizioni imperialiste del regime fasci- sta.34 L’evento è organizzato dall’Ente autonomo fiera campionaria di Tripoli per celebrare il ventesimo anniversario della conquista della Libia. La mostra è strutturata in diverse sezioni (storica, artistica, letteraria, artigianale ecc.) e riserva un’intera sala ai futuristi, tra cui espongono Giacomo Balla, Benedetta Cappa, Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Tato e Tullio Crali. Il programma pubblicato nel catalogo precisa gli obiettivi propagandistici di questa prima mostra coloniale. Maurizio Rava, direttore dell’Ente autonomo fiera campionaria di Tripoli, governatore della Somalia e artista, definisce l’arte come “il mezzo più rapidamente suasivo [per] giungere al cuore ed alla mente degli uo- mini”35 e per diffondere fra i giovani “quell’idea imperiale di espansionismo che è retaggio sacro di Roma Eterna ed alla quale sono legati i destini della Patria fascista”.36 Il discorso che il ministro delle Colonie Emilio De Bono pronuncia durante l’inaugurazione insiste sui fini propagandistici della mostra, che attraverso l’arte deve “far apprezzare ed amare le nostre colonie”.37 Riguardo alla partecipazione dei futuristi, De Bono ammette di aver provato inizialmente un “certo senso di tremebonda incomprensione”, ma riconosce che la sala futurista è necessaria “per toglier[si] dalle spalle il rischio di essere tacciato da vecchio passatista rammollito [e] […] perché futurismo vuol dire avvenire e le nostre speranze per le colonie sono specialmente per l’avvenire”.38 La partecipazione dei futuristi risponde quindi a un programma politico ben preciso confermato dalle the Universe, cat. della mostra, a cura di Vivien Greene, New York 2014, pp. 269–283. 29 Sul concetto di “uomo nuovo” nel fascismo cfr. Emilio Gentile, “L’‘uomo nuovo del fascismo’: riflessioni su un esperimento totalitario di rivoluzione antropologica”, in idem, Fascismo: storia e interpretazione, Roma/Bari 2002, pp. 235–261. Sul concetto marinettiano di “uomo nuovo” cfr. in particolare Härmänmaa (nota 8), pp. 280–328; Walter Adamson/Ernest Ialongo, “Introduction: Reconsidering Futurism”, in: Reconsidering Futurism, atti del convegno Boston 2011, a cura di iidem (= Journal of Modern Italian Studies, XVIII [2013]), pp. 389–392; Ernest Ialongo, “Filippo Tommaso Marinetti: The Futurist as Fascist 1929–37”, ibidem, pp. 393–418. 30 Edoardo Sanguineti, recensione di Filippo Tommaso Marinetti, Teoria e invenzione futurista, a cura di Luciano De Maria, Milano 1968, pubblicata in: Quindici, 14 (dicembre 1968), p. 28; testo ripubblicato con il titolo “La guerra futurista” in: idem, Ideologia e linguaggio, a cura di Erminio Risso, Milano 3 2001 (1 1965), p. 39. 31 Per la storia di queste due mostre cfr. Dominique Jarrassé, “Usage fasciste de l’art colonial et dénis d’histoire de l’art: les Mostre d’arte coloniale (Rome 1931 et Naples 1934) ”, in: Studiolo, 13 (2016), pp. 237–261. 32 Sulla politica coloniale italiana si veda Nicola Labanca, “Politica e amministrazione coloniali dal 1922 al 1934”, in: Enzo Collotti/Nicola Labanca/Teodoro Sala, Fascismo e politica di potenza: politica estera 1922–1939, Scandicci 2000, pp. 81–136: 115. 33 “Presentazione”, in: L’Africa in vetrina (nota 10), pp. 1–6: 2. 34 I a mostra internazionale d’arte coloniale, cat. della mostra, Roma 1931. Il comitato esecutivo è presieduto dal ministro delle Colonie Emilio De Bono e formato da Goffredo Pautassi, dal colonnello Rodolfo Giorgi, dal commissario generale Arturo Lancellotti e dal vice commissario, il pittore Ugo Ortona. 35 Maurizio Rava, “Programma”, ibidem, pp. 33–35: 33. 36 Ibidem, p. 34. 37 Emilio De Bono, citato da Aldo Barbaro, “La I a mostra d’arte coloniale inaugurata dal Duce”, in: L’Oltremare, V (1931), p. 400. 38 Idem, citato da Vittorio Gorresio, “Il discorso inaugurale del Ministro delle Colonie”, in: L’azione coloniale, 31 (4 ottobre 1931), p. 1. This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms 114 | LUCIA PICCIONI | continente nero alla conquista della civiltà meccanica, i pannelli riprendono alcuni stereotipi africani (la danzatrice, il guerriero selvaggio, gli animali della savana, i feticci), che interagiscono con i simboli della modernità (gli aerei, la radio, le fabbriche ecc.). Le parole dello scrittore futurista Mario Carli rivelano il valore politico di queste rappresentazioni. Egli riconosce in Prampolini “lo spirito di un fascista imperialista” e nei “principi di simultaneità e di metamorfosi” delle sue opere “l’espressione di una razza dominatrice che non dimentica di aver regnato incontrastata in tutto il Mediterraneo”.42 Gli aeropaesaggi e l’esaltazione futurista della guerra sono al centro della II a mostra internazionale d’arte coloniale (1934/35) che si tiene presso il Castel Nuovo di Napoli. Il critico d’arte Michele Biancale è il responsabile artistico di questa seconda edizione, che, come la prima, riserva alle arti figurative diverse sezioni: al primo piano, due sale accolgono le retrospettive storiche dell’arte italiana a temi esotici del XIV–XV secolo e del XIX secolo; al secondo piano, una sezione presenta le opere dette “documentarie”, che consistono in scene di vita dipinte da artisti contemporanei durante il loro soggiorno nelle colonie finanziato dall’Ente autonomo fiera campionaria di Tripoli. La mostra prosegue con la ricostruzione di un villaggio coloniale nei fossati esterni al castello. Secondo la testimonianza del pittore Tato, organizzatore insieme a Carlo Cocchia delle due sale futuriste, Marinetti pronuncia un discorso inaugurale in cui sostiene che l’Africa deve essere considerata come il naturale dominio dei poeti e dei pittori italiani, che devono amarla 39 Filippo Tommaso Marinetti, “Futuristi italiani”, in: I a mostra internazionale d’arte coloniale (nota 34), pp. 291sg. 40 Delle 40 opere esposte, 26 sono dei paesaggi. 41 Anche se la tela di Fides Testi non è indicata nella lista dei pittori esposti, essa è riprodotta nel catalogo della mostra alla p. 375, con il titolo Rifornimenti. Nel catalogo il titolo dell’opera di Benedetta è diverso: Dinamismo di sciot algerini (laghi salati). Per un confronto iconografico di questi dipinti con contemporanee opere di aeropittura si veda il volume Volo e pittura: dipinti inediti poco e mal noti raffiguranti il volo, a cura di Bruno Mantura, Roma 1994. 42 Mario Carli, “L’arte negra di Prampolini all’esposizione coloniale”, in: Il popolo di Roma, 22 luglio 1931, p. 3. affermazioni di Marinetti nel catalogo della mostra. Il poeta insiste sul significato ideologico del futurismo coloniale. Egli prende le distanze dalla pittura impressionista francese e dall’arte coloniale di Gauguin e di Matisse e dichiara la nascita di “una plastica africana futurista” che permetta di creare un’“Africa sintetica”: L’abitudine della sintesi, della trasfigurazione, della simultaneità e dello stato d’animo dà un’assoluta superiorità ai pittori futuristi nello sforzo di catturare queste mobili e spesso inafferrabili atmosfere.39 Il termine ‘atmosfera’, ricorrente negli scritti dedicati al tema africano, riduce le singolarità culturali dei popoli africani a una sorta di ambiente enigmatico di cui i futuristi pretendono di avere il segreto e di rappresentare l’essenza nelle loro opere. Anche se l’identificazione delle tele futuriste a soggetto coloniale è ancora in corso d’opera, possiamo affermare sulla base dei titoli e delle recensioni della I a mostra internazionale d’arte coloniale che il paesaggio è il genere predominante.40 Le opere Rifornimento nel deserto di Fides Testi (fig. 1) e Laghi salati algerini di Benedetta Cappa (fig. 2) sono un esempio delle aeropitture sintetiche della terra africana elogiate da Marinetti.41 Se l’opera di Testi è più descrittiva, la pittura di Benedetta si distingue per il suo carattere astratto in accordo con i dogmi dell’aeropittura, quali la prospettiva aerea, la deformazione e l’astrazione delle forme. Il protagonista indiscusso della sala futurista è Enrico Prampolini che presenta al pubblico italiano gli studi per sei pannelli murali che sono esposti nello stesso momento nell’Exposition coloniale internationale et des pays d’Outre-Mer a Parigi (figg. 3, 4). Con il titolo Il This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms | AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA | 115 nella sua varietà, approfondirne le misteriose sensibilità, sforzandosi di cantarla o dipingerla originalmente; cioè, trascurandone le superficiali tipicità e catturandone le essenze.43 In sintonia con questo concetto, la rappresentazione dei paesaggi africani è celebrata dai futuristi come un atto di conquista. I manifesti pubblicati da Marinetti poco prima dello scoppio della guerra etiope ribadiscono il messaggio bellico di dominazione: nel marzo del 1935, sulla rivista Stile futurista appare il manifesto “Poesia plastica musica e architettura africane”. In questo testo firmato anche da Fillia, Tato e Cocchia, il poeta elogia i principi imperialisti su cui si fonda l’arte futurista, invitando gli artisti a “interpretare profondamente e insieme dominare italianamente l’anima diversa di ogni razza colonizzandola nell’arte”.44 Nel manifesto “Invito alla guerra africana: manifesto futurista agli scrittori e agli artisti d’Italia”, pubblicato sempre sulla rivista Stile futurista nel settembre del 1935, appena un mese prima dell’inizio delle azioni militari in Etio- 43 Tato racconTato da Tato [20 anni di futurismo], Milano 1941, pp. 209–211; la citazione è a p. 209. 44 Filippo Tommaso Marinetti et al., “Poesia plastica musica e architettura africane”, in: Stile futurista, II (1935), 6/7, p. 5. ____ 2 Benedetta Cappa, Laghi salati algerini, ca. 1931. Milano, Collezione Marinetti This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms 116 | LUCIA PICCIONI | 48 Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino 1966 (1a ed. tedesca 1936), pp. 19–48. 49 Ibidem, p. 48. 50 Angelo Del Boca, La guerra d’Etiopia: l’ultima impresa del colonialismo, Milano 2010; Simone Belladonna, Gas in Etiopia: i crimini rimossi dell’Italia coloniale, Vicenza 2015. 51 Del Boca (nota 50), pp. 124sg. 52 Idem, “Le fonti etiopiche e straniere sull’impiego dei gas”, in: I gas di Mussolini: il fascismo e la guerra d’Etiopia, a cura di idem, Roma 1996, pp. 117–131. 45 Filippo Tommaso Marinetti, “Invito alla guerra africana: manifesto futurista agli scrittori e agli artisti d’Italia”, in: Stile futurista, II (1935), 11/12, p. 3. 46 Idem, “Nécessité cosmique de la guerre”, in: Stile futurista, II (1935), 11/12, p. 39. 47 Idem, “Estetica futurista della guerra”, in: La Gazzetta del Popolo, 27 ottobre 1935, p. 3. Questo testo è pubblicato anche nella rivista Stile futurista, II (1935), 13/14, p. 9. pia,45 Marinetti invita i futuristi a partire volontari in guerra per combattere e dipingere: la trasfigurazione artistica dei paesaggi è descritta come il modo per italianizzare e dominare la terra africana. In questo stesso numero della rivista, il poeta pubblica un altro breve testo in lingua francese intitolato “Nécessité cosmique de la guerre”. Le difficili condizioni della guerra africana nel deserto con gli insetti e il calore asfissiante sono esaltate come il mezzo per raggiungere “une authentique militarisation, naturiste-mécanique de l’esprit-corps”.46 La meccanizzazione dell’uomo futuro è il tema centrale del manifesto marinettiano “Estetica futurista della guerra”.47 Pubblicato il 27 ottobre 1935 nel giornale La Gazzetta del Popolo, il testo appare anche in diversi altri giornali italiani ed esteri. Il filosofo tedesco Walter Benjamin, allora a Parigi, legge probabilmente una traduzione del manifesto che ritrascrive parzialmente nel suo celebre saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.48 Di fronte all’inno marinettiano alla bellezza della guerra, Benjamin afferma: “ ‘Fiat ars – pereat mundus’, dice il fascismo, e, come ammette Marinetti, si aspetta dalla guerra il soddisfacimento artistico della percezione sensoriale modificata dalla tecnica. È questo, evidentemente, il compito dell’arte per l’arte.” Benjamin interpreta il manifesto come l’espressione di una umanità la cui “autoestraniazione ha raggiunto un grado che le permette di vivere il proprio annientamento come un godimento estetico di prim’ordine”. E conclude: “Questo è il senso dell’estetizzazione della politica che il fascismo persegue.”49 La riflessione di Benjamin sulla tecnica al servizio dell’annientamento dell’uomo è contemporanea al triste primato dell’aviazione fascista che usa in Etiopia, per la prima volta nella storia, le armi chimiche sulla popolazione civile provocando 17.000 morti.50 Le truppe italiane attaccano l’Etiopia il 3 ottobre 1935, sotto la guida del generale Emilio De Bono. Quattro giorni più tardi, la Società delle Nazioni condanna l’aggressione fascista e impone all’Italia le sanzioni economiche. Tre settimane dopo l’inizio delle operazioni, il 22 ottobre 1935, Marinetti si arruola volontario. In quanto soldato della divisione “28 ottobre”, detta “La Ferrea”, egli è mobilitato fino alla fine del conflitto e partecipa alla prima battaglia del Tembien, durante la quale gli Etiopi mettono in difficoltà l’armata italiana sul celebre Passo Uarieu. Nel novembre del 1935, Mussolini congeda il generale Emilio De Bono e nomina Pietro Badoglio comandante delle operazioni, nella speranza di accelerare la conquista dei territori etiopi. La nomina segna l’indurimento dei combattimenti: se De Bono usa l’aviazione per il riconoscimento, l’attacco delle truppe in movimento e degli accampamenti militari, Badoglio intensifica i bombardamenti aerei contro le città e le strade, non risparmiando nemmeno gli ospedali e gli accampamenti della Croce Rossa.51 Sotto la pressione di Mussolini, che invia numerosi telegrammi richiedendo di mobilitare tutti i mezzi necessari per l’annientamento dell’avversario, Badoglio lancia sull’Amba Aradam tonnellate del letale gas iprite.52 L’iprite, tra i gas più tossici usati in guerra, è generalmente contenuto in una bomba C.500.T, che anticipa attraverso un meccanismo lo scoppio a 250 metri dal suolo e genera una nuvola capace di cospargere vaste porzioni di territorio. Marinetti testimonia This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms | AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA | 117 54 Del Boca 1979 (nota 7), p. 453. 55 Le futurisme: textes et manifestes, 1909-1944, a cura di Giovanni Lista, Ceyzérieu 2015, p. 67. 53 Filippo Tommaso Marinetti, Il poema africano della divisione “28 ottobre”, Milano 1937, p. 15. Il poema è stato recentemente ristampato nel 2012 dall’associazione “Italia Storica” di Genova. questi attacchi ne Il poema africano della divisione “28 ottobre” (1937) scritto di ritorno dal fronte. Definito dall’autore “il primo grande poema di quella simultaneità perfetta propagandata da noi in 29 anni di lotte futuriste”,53 quest’opera si rivela essere, al contrario, secondo le parole di Angelo Del Boca, “una delirante esaltazione del genocidio del popolo etiopico e insieme dei metodi di guerra del regime”.54 Il poema africano della divisione “28 ottobre” è quasi interamente dedicato alla descrizione di paesaggi africani. I titoli dei 59 corti paragrafi che lo compongono iniziano tutti con il termine “simultaneità”: si tratta per lo più di brevi descrizioni senza punteggiatura, ricche di neologismi e ritmate da onomatopee secondo una interpretazione delle parole in libertà detta scripta con- tinua.55 Marinetti descrive le battaglie, alcuni momenti di vita negli accampamenti, le marce militari, i carri armati, ma il principale protagonista rimane il paesaggio: la natura africana non fa solo da sfondo alle battaglie ma è animata e prende parte alle azioni di guerra. ____ 4 Enrico Prampolini, Le tatouage du Soleil, 1931. Opera dispersa ____ 3 Enrico Prampolini, Radio-faune, 1931. Opera dispersa This content downloaded from 147.251.79.247 on Monf:ffff on Thu, 01 Jan 1976 12:34:56 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms 118 | LUCIA PICCIONI | ____ 5 Mario Menin, Combattimento Uarieu vissuto dalla camicia nera futurista Menin, 1936. Collezione privata ____ 6 Mario Menin, Combattimento dell’Uorc Amba, ca. 1936. Milano, Collezione Marinetti This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms | AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA | 119 ____ 7 Alfredo Gauro Ambrosi, Bombardamento in A.O., 1936. Trento, Museo Aeronautico Gianni Caproni ____ 8 Cesare Andreoni, La beffa d’Addis-Abeba, 1936. Collezione privata ____ 9 Ivanhoe Gambini, Le due epoche, ca. 1936. Busto Arsizio, Eredi Gambini This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms 120 | LUCIA PICCIONI | 66 Nel 1937 una legge vieta il matrimonio tra italiani ed etiopi anticipando la campagna razziale contro gli ebrei, ufficializzata nel 1938 con la pubblicazione del “Manifesto della razza”. Sul razzismo coloniale fascista cfr. Luigi Preti, Impero fascista, africani ed ebrei, Milano 1968; Richard Pankhurst, “Lo sviluppo del razzismo nell’impero coloniale italiano (1935–1941)”, in: Studi piacentini, III (1988), pp. 178–183; Luigi Goglia, “Note sul razzismo coloniale fascista”, in: Storia contemporanea, XIX (1988), pp. 1223–1266; Nicola Labanca, “Il razzismo coloniale italiano”, in: Nel nome della razza: il razzismo nella storia d’Italia 1870–1945, a cura di Alberto Burgio, Bologna 1999, pp. 145–164. 67 Su Mario Menin cfr. Edoardo Piersensini, “Filippo Tommaso Marinetti e Mario Menin”, in: Storia dell’arte, 127 (2010), pp. 153–181. 56 Sartini Blum (nota 8), p. 147; Härmänmaa (nota 8), p. 236. 57 Ibidem. 58 Ibidem; Sartini Blum (nota 8), pp. 147–149. 59 Marinetti (nota 53), p. 103. 60 Ibidem, p. 104. 61 Ibidem, p. 96. 62 Ibidem, p. 135. 63 Ibidem, p. 223. 64 George L. Mosse, Le guerre mondiali: dalla tragedia al mito dei caduti, Roma/ Bari 1990, p. 12. 65 Ibidem, p. 192. Cinzia Sartini Blum e Marja Härmänmaa hanno giustamente notato che ne Il poema africano il nemico fisico è assente.56 “I veri protagonisti dell’opera” – afferma Härmänmaa – “sono l’immaginazione poetica e la natura africana, essendo quest’ultima il simbolo del caos cosmico e fungendo da teatro di battaglia, la quale, prima di essere combattuta tra gli uomini, è una lotta esistenziale dell’uomo contro le forze primordiali.”57 Le due studiose hanno inoltre sottolineato che i rari riferimenti di Marinetti al popolo africano sono razzi- sti:58 “Non erano italiani erano una miscela sporca”,59 così il poeta qualifica gli etiopi. E precisa: “Una tribù dell’Arabia d’origine semitica sulle coste dell’Eritrea si urtò e fuse coi bellicosi abitanti dei laghi bruti violenti e ne risultò un semitismo fallito senza forza progressista né pensiero perfezionatore e talvolta ricco di slancio guerriero.”60 Un pastore abissino è descritto come un selvaggio dal “cranio carbonoso occhietti scuri di quel semitismo arabico che l’incrocio Galla incretinì di rapacità senza progresso e di crudeltà senza eroismo”.61 La violenza delle parole di Marinetti per descrivere la popolazione etiope risulta tanto più atroce quanto essa lascia spazio al tono esaltato con cui narra gli attacchi dell’aviazione contro la popolazione: Una bombardante squadriglia di aeroplani per cieli obliati e tante tante tante calorie compresse contro sassi forre fucili caricatori caschi di energia accese mani di incendiari che danno fuoco a villaggi di paglia conici guggì e subito Scorre [sic] perfido per i lisci canali dell’azzurro in alto un fluido sangue vermiglio liquide fiamme sul puzzo tradizionale blu viola bianco dei fumi europei.62 Marinetti definisce il gas omicida “medicina del cielo”,63 macabra metafora per evocare allo stesso tempo lo sterminio del popolo etiope e la rigenenerazione del corpo sociale dell’Italia fascista. Le parole di Marinetti incarnano quel fenomeno che lo storico George L. Mosse ha definito un “processo di brutalizzazione e di crescente indifferenza per la vita del singolo essere umano, destinato a perpetuarsi nell’ancora maggiore violenza di massa della nostra epoca”.64 Mosse spiega inoltre che la guerra costituisce “un potente fattore di pressione nella direzione della conformità”65 e di rafforzamento degli stereotipi del nemico. L’esclusione e il disprezzo del nemico giocano quindi un ruolo determinante nella radicalizzazione delle teorie razziali, come è il caso della guerra contro l’Etiopia, che diviene un laboratorio dell’ideologia razzista del fascismo, ufficializzata nel 1938 con la pubblicazione del “Manifesto della razza”.66 Marinetti dedica Il poema africano ai ventitré futuristi che partirono in guerra, tra cui i pittori Domenico Belli e Mario Menin. Le opere di Menin sono esposte alla XX Biennale di Venezia del 1936, in cui i futuristi sono riuniti in una sala per celebrare la recente conquista dell’Etiopia. Le sue tele Combattimento Uarieu vissuto dalla camicia nera futurista Menin (fig. 5) e Combattimento dell’Uorc Amba (fig. 6) costituiscono le sole rappresentazioni di scene di guerra presenti in questa Biennale.67 This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms | AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA | 121 71 Sulla mostra cfr. Giovanni Arena, Visioni d’oltremare: allestimenti e politica dell’immagine nelle esposizioni coloniali del XX secolo, Napoli 2011; Guido Abbattista, Umanità in mostra: esposizioni etniche e invenzioni esotiche in Italia (1880–1940), Trieste 2013, p. 397. Sulla retorica del Mare nostrum cfr. Mare nostrum: il colonialismo fascista tra realtà e rappresentazione, a cura di Alessandro Pes, Cagliari 2012. Esse illustrano quasi letteralmente le simultaneità e i dinamismi descritti da Marinetti ne Il poema africano. Le rappresentazioni delle esplosioni delle bombe, dei colpi di cannone e dei soldati in azione traducono visivamente le onomatopee impiegate dal poeta per descrivere le scene di guerra. Le armi rappresentate come estensioni dei corpi trasformano i soldati in camicia nera in uomini meccanizzati. Essi si confondono con il paesaggio arroventato dal sole e dai fuochi della battaglia secondo quel principio di simultaneità tra le azioni di guerra e la partecipazione della natura su cui si fonda l’ideologia marinettiana. Le altre opere esposte alla Biennale sono per lo più dei paesaggi privi della presenza dell’uomo. Vi si possono distinguere due principali tipi di rappresentazione: uno più descrittivo, al quale appartengono ad esempio Bombardamento in A.O. di Alfredo Gauro Ambrosi (fig. 7) e La beffa d’Addis-Abeba di Cesare Andreoni (fig. 8), e uno più astratto come il quadro Le due epoche d’Ivanhoe Gambini (fig. 9). Ambrosi, uno dei più eminenti aeropittori degli anni trenta divenuto celebre per il ritratto di Mussolini aviatore, rappresenta al centro della tela una squadriglia di aerei Caproni mentre sorvola un paesaggio montagnoso. Secondo i principi dell’aeropittura, la prospettiva aerea permette di riunire in un’unica visione il volo e i bombardamenti evocati dal fumo dei villaggi in fiamme. La beffa d’Addis-Abeba di Andreoni fa riferimento a due atti di bravura compiuti dall’aviatore Ettore Muti, che nel 1936 viola lo spazio aereo della capitale etiope e sfiora il suolo dell’aereoporto sotto i tiri dei mitragliatori. Muti diventa una leggenda al punto che Galeazzo Ciano decide di ripetere l’azione sorvolando con lui Addis Abeba in un aereo Caproni Ca.133.68 L’immagine dell’aereo in volo e i colorati volantini stilizzati compenetrano alcune forme organiche e cosmiche che rinviano a una dimensione ultraterrena descritta nel precitato manifesto dell’aeropittura come “una nuova spiritualità plastica extra-terrestre”.69 L’opera Le due epoche di Ivanhoe Gambini raffigura un aereo mentre sorvola un Colosseo immaginario posto nel bel mezzo del deserto a simboleggiare la fusione di due ere, l’era romana rigenerata dal fascismo e quella moderna celebrata da Mussolini e dai futuristi. Il paesaggio africano è evocato dal color sabbia del deserto, il cui effetto atmosferico è amplificato dalla tecnica dell’aerografia. Nel testo del catalogo di questa Biennale, Marinetti celebra il “genio politico e militare” di Benito Mussolini e la “veloce vittoria imperiale”.70 La proclamazione dell’Impero nel 1936 alimenta la retorica della conquista etiope e della romanità. Il tema africano è al centro delle sale futuriste della Biennale di Venezia del 1938, della Quadriennale di Roma del 1939 e della I a mostra triennale delle terre italiane d’Oltremare che si tiene a Napoli nel 1940 e che costituisce un esempio del notevole dispiego di mezzi messo in opera dal fascismo per celebrare la propaganda del Mare nostrum.71 Capitanati come sempre da Marinetti, che contribuisce ai cataloghi con manifesti e dichiarazioni dedicati all’aeropittura, i futuristi partecipano a questi eventi esponendo per lo più degli aeropaesaggi. In occasione della mostra napoletana, il poeta pubblica il testo “Aeropitture africaniste degli aeropittori futuristi”, in cui distingue la plastica innovativa delle “aeropitture africaniste” dal realismo nostalgico della precedente arte coloniale. Marinetti invita gli artisti a “interpretare all’italiana i complessi stati d’animo del- 68 Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano tra le due guerre, cat. della mostra Milano 1993, a cura di Anty Pansera, Bergamo 1993, pp. 106 e 172, no. 239. 69 Balla/Marinetti (nota 15), p. 3. 70 Filippo Tommaso Marinetti, “Padiglione del futurismo italiano”, in: XX Esposizione Biennale internazionale d’arte, cat. della mostra, Venezia 1936, p. 179. This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms 122 | LUCIA PICCIONI | 73 Hans Robert Jauss, Pour une esthétique de la réception, Parigi 1991 (1a ed. tedesca 1978). 74 François Walter, Les Figures paysagères de la nation: territoire et paysage en Europe (16 e -20 e siècle), Parigi 2004. 72 Filippo Tommaso Marinetti, “Aeropitture africaniste degli aeropittori futuristi”, in: Le Terre d’Oltremare e l’arte italiana contemporanea, a cura di Ugo Ortona, Napoli 1941, p. 136. Cfr. I a mostra triennale delle terre italiane d’Oltremare, cat. della mostra, Napoli 1940, p. 170 (dove la sala futurista è solo menzionata). le varie razze africane” e a “esprimere plasticamente e poeticamente le diverse sensibilità delle diverse regioni d’Africa”.72 La ricostruzione della ricezione critica degli aeropaesaggi, del loro “orizzonte di attesa”,73 del contesto e del tessuto relazionale nei quali essi si iscrivono permette di ritrovarne il significato politico. Al di là del carattere militare evidente a una prima osservazione, l’idea celebrata dai futuristi di un’‘Africa sintetica’ e il concetto di simultaneità costituiscono due temi il cui valore ideologico è stato spesso trascurato. Nel linguaggio marinettiano il concetto spaziale di ‘sintesi’ non rimanda solo a un semplice aspetto formale ma all’idea fascista di unione delle masse a discapito dell’individualità. La nozione di simultaneità, corrispondente temporale della sintesi, è un principio totalizzante in cui il soggetto è diluito in un’idea di collettività anonima cara al fascismo. François Walter in Les Figures paysagères de la nation (2004) dimostra che il processo d’estetizzazione della natura su cui si fonda l’idea stessa di paesaggio si compie parallelamente alla costruzione dell’idea di nazione.74 Gli aeropaesaggi futuristi costituiscono un caso limite del legame che unisce il paesaggio alla forma esasperata di nazione propria del fascismo. Le visioni aeree disegnano prospettive sferiche che annullano la linea d’orizzonte della prospettiva euclidea: il punto di vista individuale dello spettatore è quindi assorbito in una visione globalizzante che rispecchia l’ideologia totalitaria fascista in cui l’individuo è annullato nella massa e sacrificato in funzione dello Stato. Gli aeropaesaggi futuristi a tema africano incarnano questa concezione assolutizzante della natura: letta alla luce delle convinzioni razziste di Marinetti e degli altri futuristi, l’assenza della rappresentazione del popolo etiope partecipa a quel processo di negazione e di dominazione dell’altro che è alla base di ogni politica coloniale. Questo articolo è in parte tratto dalla mia tesi di dottorato intitolata Peinture et politique durant le fascisme italien (1922–1943): “italianités” en conflit, sostenuta nel febbraio del 2015 presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi in cotutela con la Scuola Normale Superiore di Pisa sotto la direzione di Éric Michaud e Mario Pezzella. La sua pubblicazione con le edizioni Les Presses du réel è prevista per il 2017. This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms | AEROPITTURA FUTURISTA E COLONIALISMO FASCISTA | 123 Abstract In 1929 Benito Mussolini reinforced the colonial policy of the Fascist regime through internal propaganda that mobilized the press, advertising, cinema and art. This date coincides with the publication of the futurist manifesto of aeropainting. Upstaged by the Fascist regime during the 1920s, the futurists returned to the scene with aeropainting, aerial views of the landscape, the “synthetic” value of which was pointed out by Filippo Tommaso Marinetti. To rediscover the military significance of aeropainting, it is necessary to contextualize the presence of the futurists in the exhibitions that took place in the 1930s: the international exhibitions of colonial art (Rome, 1931; Naples, 1934/35), the Venice Biennale exhibitions, the Rome Quadriennale exhibitions and the first Mostra d’Oltremare (Naples, 1940). At these events, alongside colonial painting linked to a late nineteenth-century aesthetic, the futurists exhibited the aeropaintings of African lands in which the human figure is mostly absent. In the programmatic texts, the aerial perspectives are described as capable of shaping a “colonial consciousness” and of “summing up the atmosphere” of the African terrain. The term “atmosphere”, which recurs throughout the texts, helps to reduce the historical uniqueness of the African populations to a sort of enigmatic essence not devoid of racial prejudice. This study aims to analyze the aesthetic implications and ideologies of these representations with the colonial policy of Fascism. Referenze fotografiche Da Volo e pittura (nota 41): figg. 1, 2, 7, 9. – Da Peintures murales de Prampolini à l’Exposition internationale coloniale, s.l. 1931: figg. 3, 4. – Da Piersensini (nota 67): figg. 5, 6. – Da Cesare Andreoni e il Futurismo (nota 68): fig. 8. This content downloaded from 147.251.79.247 on Mon, 25 Jan 2021 10:39:53 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms